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Autore: Shari Deschain    12/03/2012    0 recensioni
«Cosa ci fai qui?», domanda il vampiro.
Uno sbuffo ironico è la risposta che ottiene per prima. «Lo sai perché sono qui», aggiunge però Lexi subito dopo, tanto per essere quanto più chiara possibile.
L'altro si limita ad annuire, pur non sapendo se lei possa vederlo o meno. La sensazione di stanchezza torna di nuovo, prepotentemente, a prendere possesso del suo corpo. Non la fame però. O almeno non ancora. Ma anche quella verrà presto.
Stefan posa una spalla contro lo stipite della porta e continua ad osservare la stanza buia, mentre la figura di Lexi si sposta verso le finestre.
«Non ho bisogno del tuo aiuto», mormora sottovoce. Mente sapendo di mentire, ma non può farne a meno.
«Già sentito», ribatte infatti lei, scostando bruscamente le tende.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lexi, Stefan Salvatore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Wanted dead or alive '
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#4 - A Winter's Tale



San Pietroburgo, Dicembre 1935.



Cravings are there, but it's easier.
Lexi's on to her next project... Getting me to laugh.”







Intorno a loro tutto è bianco e perfettamente immobile: un manto di neve che si estende ininterrotto a perdita d'occhio, punteggiato qua e là soltanto da alcuni alberi più testardi ad arrendersi al rigore dell'inverno. La distesa sembra continuare infinita, almeno fino a quando non raggiunge la costa e lì si mescola con il mare, anch'esso immoto ma di un brillante grigio ghiaccio. È un paesaggio così bello da sembrare quasi irreale, come se fossero finiti per caso dentro l'illustrazione di un libro di fiabe.

Lexi si sistema meglio il colbacco, afferrandolo per i paraorecchie e calandoselo ben bene sulla testa. I suoi capelli biondi spiccano quasi brutalmente contro il bianco sia del copricapo che della pesante pelliccia, è quello è l'unico vero tocco di colore visibile per miglia.

Avvolto in una pelliccia simile, ma di un colore indefinito tra il nero e il marrone scuro, Stefan osserva l'enorme distesa bianca di fronte ai suoi occhi, completamente insensibile al freddo gelido che gli frusta la faccia.

Sono arrivati a San Pietroburgo da meno di due settimane, dopo un tremendo e lunghissimo viaggio sulla nuova ferrovia Transiberiana: un'esperienza che Stefan eviterebbe ben volentieri di ripetere, se non fosse che Lexi si rifiuta categoricamente di salire su una nave russa e quindi non ci sono altri modi per lasciare la città. Per quanto bello possa essere, nessuno dei due ha alcuna intenzione di trasferirsi permanentemente in quel luogo.

«Torniamo a casa?», domanda all'improvviso Lexi, e Stefan si volta a guardarla con un sopracciglio alzato, o almeno ci prova, dato che il volto gli si è quasi completamente congelato.

«A quale casa ti riferisci di preciso? A questa alle nostre spalle», e così dicendo indica l'isba che hanno affittato da una famiglia di contadini per il loro breve soggiorno. «O più in generale a quella dall'altra parte del mondo?»

Lexi sorride e scuote la testa, poi gli si avvicina e passa un braccio sotto il suo, stringendoglisi contro.

«Al momento intendevo questa, sì. Però non mi dispiacerebbe tornare in America. Siamo stati lontani per parecchio tempo, non è vero?», sospira.

«Già», concorda Stefan. «Mi spiace», aggiunge dopo un attimo, consapevole che quel viaggio infinito è stato fatto solo per lui.

Per tutta risposta Lexi gli tira un pugno nel fianco. Stefan lo sente appena, protetto com'è da tutta quella pelliccia, ma decide di prenderlo come un invito a smetterla di dire stupidaggini.

«Riserva le tue scuse per qualcuno che ha bisogno di sentirle», lo rimprovera comunque la sua amica. «E non insultare me credendomi una di quelle persone»

Stefan si stringe nelle spalle, e sta quasi per scusarsi di nuovo, quando l'occhiataccia di Lexi lo fulmina sul posto.

«Okay, okay», dice allora, alzando le mani avvolte nei guanti in gesto di difesa. «Ho capito: niente scuse. Passando a cose serie... hai fatto scorta di vodka, vero?»

«Oh sì», risponde Lexi, con un sorriso irresistibile e un luccichio di divertimento negli occhi.

Tornano all'isba correndo e incespicando nella neve, spintonandosi ma senza volersi davvero allontanare l'uno dall'altra. Cosa tecnicamente difficile, comunque, dal momento che si tengono per mano tutto il tempo.





La vodka c'è, e ce n'è anche tanta, probabilmente troppa persino per loro. Non che si lascino scoraggiare, naturalmente, anzi entrambi attaccano le bottiglie con grande temerarietà, pronti ad averla vinta su di esse o a perire ubriachi sotto il tavolo.

Il fuoco nel camino scoppietta sullo sfondo delle loro risate, quasi con compiacenza, scaldandoli quasi più di quanto non riesca a fare l'alcool.

Ben presto i discorsi cominciano a perdere qualsiasi senso logico, e a nessuno dei due importa, fintantoché hanno entrambi una bottiglia ancora piena in mano e nessun tipo di tristezza riesce ad infiltrarsi tra le loro parole.

La notte arriva senza che se ne accorgano, portata dolcemente dal vento e accompagnata dal turbinio dei fiocchi di neve che si accalcano sui davanzali della finestre, oscurando ben presto la vista. Non che ci sia poi qualcosa da vedere: a parte un paio di luci solitarie che brillano tenui in lontananza, il buio è totale e perfetto, come difficilmente potrebbe mai esserlo in una città.

Stefan piega la testa all'indietro, posandola sul bracciolo di stoffa, e chiude per un attimo gli occhi, cercando di costringere la propria testa a smettere di girare come una giostra. Accoccolata all'altra estremità del non proprio grandissimo divano, Lexi ne approfitta per allungare le gambe e posargliele in grembo, distendendosi quindi su di lui.

«Comoda?», borbotta Stefan, pizzicandole la caviglia per dispetto.

«Mhmh», annuisce lei, sorridendo.

Per qualche minuto un silenzio confortevole e palesemente ubriaco scende sulla piccola stanza, interrotto solo dallo scrocchiare un po' meno convinto rispetto ad alcune ore prima dei ceppi di legno che ancora bruciano nel camino. La vodka sembra aver riportato una vittoria schiacciante, e in fin dei conti nessuno dei due può dirsi veramente sorpreso della cosa.

«Lexi?», la richiama Stefan dopo un po', seguendo il filo dei suoi pensieri sconnessi che ormai da qualche ora non fanno altro che continuare a tornare ad una e una sola domanda.

«Mh?», mormora l'altra, e il fatto che stia continuando a comunicare a mugugni la dice lunga su quanto terribile sia la sconfitta inflittale dall'alcool. Stefan pensa per un attimo di lasciar perdere, di aspettare che i fumi della vodka si dissolvano, portandosi via anche quella domanda che lo nota solo adesso gli brucia sulla lingua non già da ore, ma ormai da lunghi anni.

Di fronte al suo silenzio prolungato, però, Lexi si rimette faticosamente a sedere, poi si china in avanti, posa il mento sulle dita intrecciate delle mani e fissa il compagno con aria interrogativa.

Stefan si rende conto che è la sua ultima occasione di liquidare quel momento dicendo una sciocchezza qualunque, e finire quindi quella serata così come lei vorrebbe che finisse, ovvero in una risata e un probabile mal di testa.

«Perché?», domanda invece, non riuscendo a trattenersi. È una cosa che non riesce a capire, che non ha spiegazioni logiche, almeno non ai suoi occhi. Forse adesso, dopo anni e anni di conoscenza, lui e Lexi possono considerarsi davvero amici lui di sicuro la considera un'amica, ma d'altronde Stefan è quello a cui quell'amicizia giova di più e pesa di meno , ma all'inizio... all'inizio per lei non era altro che un mostro assetato di sangue, sciocco e violento, uno sconosciuto pericoloso e decisamente più facile da eliminare che da redimere.

Eppure Lexi aveva deciso che lui valeva la pena di essere salvato, e si era accollata quella missione che tutto sembrava, ai suoi stessi occhi, tranne che facile o piacevole.

«Solo... perché?», ripete, con un soffio di voce a stento udibile.

Lexi capisce benissimo il senso di quella domanda, ma non risponde, non subito. I suoi occhi si fanno improvvisamente lontani e distanti, e quel senso di vuoto che Stefan vi riesce ora a leggere dentro ha ben poco a che fare con l'ubriachezza. È qualcosa di antico e triste, qualcosa che l'altro vampiro può riconoscere facilmente come il peso di un ricordo doloroso o una perdita troppo importante perché il tempo ne curi la cicatrice, o forse entrambe le cose.

Aspetta in silenzio, indeciso su come comportarsi. Da una parte vorrebbe dirle di lasciar perdere, scusarsi per quella domanda che sembra toccare una sfera forse troppo intima perché lui ne possa già reclamare l'accesso, dall'altra sa che non riuscirebbe mai e poi mai a togliersi di testa quell'interrogativo, che sta diventando quasi un'ossessione, e in fondo non è stata la stessa Lexi a dirgli che non le deve alcuna scusa, mai, per nessun motivo?

Dopo una indefinita quantità di tempo gli occhi di Lexi perdono quella sfumatura di lontananza e tornano a focalizzarsi su di lui, abbandonando il passato in favore di quel presente. Forse tenta di sorridere, forse no, Stefan non saprebbe dirlo. Sa che sta per rispondergli, però, è questo lo tranquillizza più di quanto credeva possibile.

«Ho fatto una promessa», racconta pacatamente Lexi, mentre le ombre gli danzano sul viso, seguendo i movimenti leggeri delle fiamme del camino. «Due promesse a dire il vero. Una sola riguarda te, l'altra l'ho fatta a me stessa, secoli prima che tu nascessi».

Stefan annuisce, le labbra piegate appena in un sorriso di circostanza, che è l'unica cosa che gli riesce di mettere insieme di fronte a quell'argomento che sembra rivelarsi più scomodo di quanto non pensasse all'inizio.

«Della prima non ho intenzione di raccontarti, perché non è compito mio», chiarisce subito la vampira, e quando lui fa per interromperla alza una mano per bloccarlo e scuote la testa. «Mi spiace, Stefan, prendere o lasciare. Sarà qualcun altro a farlo, se mai deciderà di volerlo fare», spiega.

Nel sentire quel qualcun altro Stefan pensa immediatamente a Damon, poi si dà dell'idiota perché le probabilità che Damon c'entri qualcosa in tutto quello sono totalmente sotto lo zero. Ma chi altri avrebbe mai potuto chiedere a Lexi di fare una promessa su di lui? Non ha più alcun legame con nessuno, se non con suo fratello, e anche questo non per loro scelta.

«Posso dirti della seconda, però. Se ti interessa», continua Lexi, interrompendo il filo dei suoi pensieri.

Davanti a quella proposta Stefan spalanca appena gli occhi. Nonostante lei lo conosca probabilmente meglio di se stesso, fino a quel momento Lexi si è sempre gentilmente astenuta dal raccontargli qualcosa sulla sua vita passata, e soprattutto non ha mai accennato della sua vita da essere umana.

«Mi farebbe molto piacere», risponde allora il vampiro, trattenendo a stento la propria curiosità. «Anche se forse dovremmo aspettare domani, quando saremo entrambi meno ubriachi»

«No», sorride Lexi. «Se non fossi così ubriaca non te lo racconterei. E lo sto facendo solo perché mi aspetto che domani tu abbia dimenticato completamente quello che sto per dirti. Il passato mi piace quando rimane tale, senza disturbare il mio presente. Chiaro?»

Stefan annuisce, intuendo sia il rimprovero che la minaccia nascoste dietro quelle parole apparentemente divertite.

«Avevo un fratello», inizia quindi a raccontare Lexi. «Un fratello a cui ero molto legata, e che avevo promesso di proteggere da qualsiasi cosa, a qualsiasi prezzo. Diventare un vampiro mi sembrava un ottimo modo per adempiere alla mia promessa»

«Ti sei trasformata volontariamente?», domanda Stefan, leggermente sorpreso. Una risata amara accompagna il sospiro di Lexi.

«Era il diciassettesimo secolo, non uno dei migliori per una ragazza orfana e non benestante. Inoltre ero giovane ed ero innamorata. Sì, di un vampiro, prima che tu me lo chieda. Dovresti sapere che esercitano un certo fascino sugli esseri umani, no?»

«Non proprio su tutti gli esseri umani», mormora Stefan, mentre il ricordo del volto furioso di suo padre gli passa come un lampo davanti agli occhi. Lo caccia via con rabbia, e torna a concentrarsi sulla sua amica. «Quindi hai lasciato che ti uccidesse?»

«Non prima di avermi promesso il mondo, l'eternità e poteri sovrannaturali che mi avrebbero permesso di proteggere l'unica persona che amavo oltre a lui», sorride Lexi, recuperando intanto una delle bottiglie di vodka ancora piene. «Ero sciocca, Stefan. Lo siamo tutti a vent'anni»

L'altro vampiro non sa come rispondere se non annuendo di nuovo.

«Per un po' le cose andarono bene», prosegue Lexi, facendo saltare via il tappo con un'abile mossa e portandosi la bottiglia alle labbra. Un po' di liquore gli scivola via dall'angolo della bocca e lei lo raccoglie con un dito, prima di decidersi a continuare a raccontare. «Sono stata più fortunata di te, questo è certo. Non so se il vampiro che mi ha creata mi abbia mai davvero amato, ma mi è stato accanto durante quel primo periodo, il più difficile, e mi ha insegnato come muovermi in quella nuova vita. Quando poi gli ho detto addio mi ha lasciata andare, anche se avrebbe potuto non farlo»

«Un vero gentiluomo», considera Stefan con un pizzico di sarcasmo.

«Lo era più di quanto potresti pensare, credimi», replica Lexi, e l'altro non può fare a meno di notare il continuo uso del passato.

«Non l'hai più rivisto?», domanda, protendendosi ad afferrare la bottiglia che lei tiene ancora tra le mani. Prima di passargliela Lexi ne beve un sorso così lungo che gli occhi le si riempiono di lacrime.

«Una sola volta dopo quel giorno, e per non più di qualche minuto. Giusto quanto bastava per trafiggergli il cuore con un paletto di legno», risponde poi, con semplicità.

Stefan non si permette alcun commento.

Lexi si arrotola una ciocca dei lunghi capelli intorno alle dita, e si volta a guardare il fuoco come se stesse cercando l'ispirazione o la forza per andare avanti.

«Che ne è stato di tuo fratello?», la precede Stefan, intuendo che è proprio quello il punto della questione.

«Morto. In un incendio», risponde velocemente Lexi. «Il mio insegnante si era dimenticato di dirmi che se non invecchi nemmeno di un giorno e rimani nello stesso luogo per anni, prima o poi la gente comincerà a farsi domande. E a darsi risposte. A quel tempo di solito la risposta migliore consisteva in una sfilata di fiaccole e forconi».

«In questo le cose non sono cambiate poi molto, durante gli ultimi trecento anni», commenta Stefan.

«Già», sbuffa Lexi, e poi, con lo stesso tono sbrigativo di poco prima, conclude: «Io sono riuscita a scappare. Mio fratello no. Aveva sedici anni».

Entrambi lasciano che quell'ultima frase cada nel silenzio. Stefan passa di nuovo la bottiglia all'amica, e lei la svuota senza pensarci due volte. Ormai la notte è già entrata nella sua seconda metà, quella più vicina all'alba, e perfino la tormenta di neve si è assopita.

Stefan non dice che gli dispiace. «Ancora non capisco», mormora invece. «Hanno dato fuoco alla tua casa, hanno ucciso una persona che amavi e probabilmente ti hanno dato la caccia. Quando è successo a me, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era la vendetta».

«Lo stesso valeva per me. Abbiamo semplicemente scelto due modi diversi per vendicarci», spiega Lexi, e Stefan ripensa al vampiro che l'ha trasformata e che lei non ha mai chiamato per nome, come se bastasse quello ad offenderla.

«E comunque io ho imparato a controllare le mie emozioni amplificate molto prima che venissero messe alla prova così violentemente. A te ne è mancata l'occasione, e i primi sentimenti che hai provato dopo la trasformazione sono quelli che ti hanno travolto e segnato, e da cui, come avrai notato, è difficile liberarsi», aggiunge Lexi.

Stefan le è mentalmente grato per aver detto difficile e non impossibile.

«Ma cosa c'entra tutto questo con me?», non può fare a meno di domandare ancora il vampiro.

Lexi piega la testa contro lo schienale del divano e socchiude gli occhi, chiaramente esausta ed assonnata.

«Mi ricordi lui», sussurra con un filo di voce. «Non so neanche io bene il perché, ma mi ricordi lui»

Stefan non sa proprio cosa replicare di fronte a quella confidenza. Così non dice nulla e lascia che lei si addormenti lentamente, con le gambe ancora posate sulle sue e la bottiglia vuota stretta al petto.

Cercando di disturbarla il meno possibile, Stefan si china in avanti, le toglie la bottiglia dalle mani e, dopo una leggera esitazione, le posa un brevissimo bacio sulla guancia.





Il giorno successivo si rivela essere uno dei momenti più confusi, caotici e tremendi del loro viaggio. Appena sveglia Lexi decide che la Russia non le piace, che la vodka è orribile, che la neve è fastidiosa e che quella parte del mondo, in generale, non ha più alcuna attrattiva. Si ritrovano quindi a fare i bagagli e a correre da una parte all'altra del paese, seduti su carretti sbilenchi e circondati da persone che non capiscono una parola di quello che dicono, cercando di raggiungere, in un modo o nell'altro la stazione ferroviaria in tempo per prendere il primo e ultimo treno della giornata.

Finalmente si ritrovano sani e salvi all'interno del vagone gelido, seduti su sedili che sembrano fatti di ghiaccio scolpito, con la prospettiva di giorni e giorni da passarci dentro prima di poter raggiungere un posto un po' meno inospitale delle pianure russe. E dopo una mattinata intera passata a litigare anche per le più piccole cose, non possono fare a meno di guardarsi negli occhi e scoppiare a ridere, così forte da attirarsi dietro i rimbrotti degli altri viaggiatori.

«Ora che siamo riusciti a tirare fuori di nuovo il tuo lato umano, c'è solo un'altra cosa da fare», dice Lexi, ad un certo punto, quando finalmente riescono a calmare le risa.

«Ovvero?»

«Cercare di far emergere anche il tuo senso dell'umorismo», risponde seriamente Lexi. «E so che sarà un'impresa ancora più difficile della prima, ma»

Stefan le lancia addosso il proprio cappello, cercando di zittire la sua risata.

Fuori dal finestrino il paesaggio scorre veloce, macchie confuse di bianco e di grigio, mentre il treno continua a correre ad una velocità folle lungo binari che si estendono per una lunghezza tale che è difficile persino cercare di immaginarsela.

Le ultime settimane dell'inverno fuggono via quasi con la stessa rapidità di quel treno, e quando infine Lexi e Stefan tornano a casa è di nuovo primavera.

   
 
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