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Autore: Maricuz_M    14/03/2012    3 recensioni
Sospirai, posando la penna accanto al foglio pieno di frasi appena scritte. Ero su una baita in montagna, ed era la Vigilia di Natale. In quel periodo, forse per la neve che vedevo cadere aldilà della finestra della mia camera o per una semplice casualità, sentivo particolarmente la rinomata atmosfera natalizia, e chissà perché, ne traevo ispirazione inconsciamente. Sentivo il bisogno di scrivere qualcosa di magico e fatato, e quella sera, prima di andare a dormire, mi ero decisa. Non avevo un computer con me, ma carta e qualcosa con cui sporcare il foglio sì.
Piegai leggermente la testa di lato, riprendendo fra le mani la pagina e rileggendo. Non avevo ancora ideato la trama, a dir la verità. L’unica cosa certa era che da quel prologo sarebbe uscito qualcosa di incantato e straordinario. Straordinario nel senso di non ordinario, ovviamente.
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1


Mugolai parole sconnesse continuando a sonnecchiare, rigirandomi nel letto e accucciandomi sotto un semplice lenzuolo. Avevo sognato qualcosa di strano che, a dir la verità, non ricordavo neanche. Poco male, l’avrei fatto anche la notte successiva.
“Ruth! Alzati, forza! Devi andare a scuola!” una voce che non avevo mai sentito prima mi fece aprire gli occhi. Scuola? Io ero in vacanza, diamine! Alzai la testa quel che mi bastava per vedere la donna che se ne stava in piedi ad un metro da me.
“Chi sei..?” chiesi, incerta e assonnata.
“Smettila. Sai benissimo che la scusa della perdita della memoria non funziona con me. Poi con quella che ti ritrovi! Alzati, cambiati, fai quello che ti pare e poi vai a scuola!”
Pensai subito che quella donna fosse pazza. La squadrai: avrà avuto massimo quarant’anni, non era altissima, ma aveva un bel fisico per la sua età. Aveva i capelli esattamente come i miei, solo più corti, e due bellissimi occhi color cioccolato.
“No.. sul serio.. Chi sei?” dire che ero rincoglionita era poco.
“Ok, ho capito. Se sto al gioco magari mi dai retta.. Sono tua madre, Ruth, oggi è l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze estive e se non ti alzi dovrò usare la forza!” ok, in quella stanza l’unica pazza ero io.
“Ah.” Dissi solamente.
“Forza, ti ho fatto dormire dieci minuti in più perché ieri siamo tornati tardi dall’amichevole, ma se non ti muovi fai tardi.” Dichiarò, stavolta più dolcemente.
Scostai dubbiosa il lenzuolo e mi misi a sedere “Amichevole di cosa..?”
“Di pallavolo. Scusa se l’ho omesso.”
Una partita di pallavolo, la memoria che mi ritrovavo, ultimo giorno di scuola prima delle vacanze estive.. Ok, stavo sognando.
 
Ero stata letteralmente spedita a scuola da quella che era mia madre, a quanto avevo capito, e stavo vagando per i corridoi senza sapere quale fosse la mia classe. In realtà non sapevo quale fosse la mia classe, chi fossero i miei compagni, quali fossero gli orari e, cosa non meno importante, come avrei fatto a tornare a casa senza neanche sapere quale fosse, la casa.
“Ruth!” sentendomi chiamare, mi voltai.
Vedendo i corti capelli chiari che le coprivano le orecchie e gli occhi azzurri della mia migliore amica, tirai un sospiro di sollievo. Qualcosa di normale c’era, allora!
“Grace, Dio, stavo impaz-”
“Yvone.” Disse lei. Aggrottai le sopracciglia.
“Cosa?”
“Il mio nome è Yvone, non Grace. Dov’è finita la tua memoria straordinaria?” rise lei. Yvone? Io non conoscevo nessuna Yvone se non quella della mia storia.
“..Cazzo.” mormorai, facendo due più due. Spalancai gli occhi e guardai Grace. Sì, perché era lei, non c’era altra spiegazione logica “Oh, andiamo! Non prendermi per il culo!” non ero esattamente una ragazza fine, ma parliamoci chiaro: chi lo era? Io ero anche della razza migliore. Le bestemmie, ad esempio, non facevano parte del mio vocabolario.
“Non ti sto prendendo per il culo, Ruth. Ma cos’hai oggi? Sei strana!” disse lei, osservandomi attentamente.
“Cos’ho? Ho che stamattina mi sono svegliata su un letto che non era mio per via di una madre che non era mia e sono qui, in una scuola che non è mia con te, che non sei la mia migliore amica, perché lei è Grace! E sai una cosa? Siete fottutamente identiche, tu e lei, ed è questo che mi fa paura.” Ero isterica? Sì. Ero sveglia da neanche un’ora e non avevo visto niente di familiare se non le sembianze di quella Yvone.
Mi fissava negli occhi, come se volesse leggervi qualcosa dentro.
“Cosa pensi stia accadendo?” mi chiese.
“Penso di aver battuto la testa e di essere svenuta.” Risposi innervosita dalla situazione.
“Sul serio.”
“Gra.. Yvone, quello che penso stia accadendo non ha alcun senso.”
“Parlamene!” insisté. Sospirai. Va bene, le avrei raccontato tutto come voleva, ma non mi avrebbe creduto.
“Ok, allora ieri sera era la vigilia di Natale e avevo voglia di scrivere qualcosa, ma non sapevo cosa! Ho iniziato e sono rimasta sul vago, mettendo solo il nome e la descrizione di qualche personaggio e usando me stessa come protagonista. C’era la migliore amica di Ruth che si chiamava Yvone, e il ragazzo che le piace che si chiamava Kevin, che era un figo della Madonna, o almeno lo immaginavo così, ma chi se ne importa adesso. Dei genitori avevo scritto solo che il padre aveva gli occhi blu e la madre marroni, proprio come la donna pazza che mi ha svegliata stamattina, per quanto riguarda Ruth, ha gli occhi verdi e una memoria disumana. Ebbene, stamattina, come ti ho già detto, mi sono svegliata ed è l’undici Giugno. Il resto lo puoi benissimo capire da sola.” Parlai velocemente e gesticolando molto. Appena ebbi finito, mi guardai intorno e mi ricordai di essere in mezzo al corridoio di un liceo e che avrei dovuto cercare di mostrarmi meno psicopatica. Allargai le braccia guardando la bionda davanti a me.
“Beh? Mi credi?”
“Sì.” Disse semplicemente, scrollando le spalle. Quella stava peggio di me.
“Come.. Come fai a credermi? Neanche io mi credo! Tutto questo è assurdo!” gridai.
Si morse il labbro inferiore e distolse lo sguardo, esattamente come faceva Grace quando mi nascondeva qualcosa, poi sospirò “Non la penseresti così se sapessi.. delle cose.” Mormorò, tornando a puntare gli occhi sui miei. Socchiusi gli occhi e feci per dire qualcosa, ma lei mi afferrò per un braccio “Vieni in classe, tra poco suona e ci faranno l’appello, dopo abbiamo tutto il tempo per parlare. Ah, e tu sei Ruth Styles.” Aggiunse infine mentre cominciava a trascinarmi verso delle scale.
“No, veramente sono Ruth Evanson.” Ribattei.
“Sì, nella tua realtà, non in questa.”
 
“Adesso potremmo parlare?” chiesi abbastanza ansiosa. Tra una cosa e l’altra era passata mezz’ora e ancora non mi aveva spiegato un bel niente. Per fortuna eravamo compagne di banco ed era l’ultimo giorno, altrimenti chissà quando avremmo discusso.
“Si, certo.” Si voltò completamente verso di me ed io feci lo stesso, mettendomi più comoda possibile.
“Allora” con voce non troppo alta, cominciò a parlare “prima di tutto non voglio illuderti: non ho la minima idea del perché ti sia successo quel che ti è succes-” la fermai.
“Si, ma che mi è successo?”
“Un attimo, fammi parlare.” Annuì e la incitai a parlare con un movimento della testa, così riprese “Dicevo, non so darti una spiegazione, ma.. So cosa ti è successo, o almeno so esattamente quello che sai tu. Vedi io sono.. sono un elfo.”
La guardai negli occhi per interminabili secondi, cercando di capire dalla sua espressione se stesse scherzando e si stesse burlando della mia poca lucidità o se fosse seria. Aprii la bocca, ma parlai solo dopo qualche attimo “E questo, nel caso fosse vero, e sono molto scettica al riguardo.. Che c’entra?”
“Non dovresti essere scettica, visto quello che mi hai raccontato.”
Touché.” Dissi “Rispondi alla mia domanda, ora.”
Mi rimproverò con lo sguardo, probabilmente perché continuavo a non crederle –ma ero alquanto giustificata-, poi iniziò la vera spiegazione “Gli elfi sono creature in grado di leggere il pensiero delle persone attraverso gli occhi di quest’ultime. So che hai notato il modo in cui ti fissavo. Ti stavo leggendo. Ovviamente ho letto anche quello che ti è successo ieri e stamattina, ed è molto, molto insolito.”
“Scusa ma..” mi venne spontaneo un quesito “perché mi fai le domande se già sai la risposta guardandomi negli occhi?”
“Leggo il pensiero, mica entro nella mente. Se non ti pongo la domanda come fai a rispondere?”
Annuii, capendo cosa stesse dicendo. Fantastico, una cosa molto interessante “E hai altri poteri?”
“Certo, ma non è importante adesso.”
“Ci sono altre creature immaginarie in città?” continuai con il mio interrogatorio.
“Sicuro. Ma adesso dobbiamo parlare di altro.” Asserì severa “Non sappiamo come hai fatto ad arrivare qui, e di conseguenza non sappiamo neanche come farai a tornare indietro. Non sappiamo se hai ancora la tua capacità. Non sappiamo se Kevin ti piace anche adesso, nonostante tu ci abbia creato, anche se mi fa strano dirlo perché ho vissuto tutta la mia vita credendo che mi avessero creato i miei genitori. Non sappiamo tante cose, ma tu devi saperne altre per passare inosservata, diciamo.”
“Ovvero?” inclinai la testa leggermente.
“Ovvero è come se tu avessi perso davvero la memoria, come ha detto tua madre. Devi innanzi tutto sapere le cose principali come i nomi, i posti, alcune vicende, date, impegni.. Ed è meglio iniziare subito. Quando torni da scuola dovrai superare la prima prova.” Prima prova? Così sembrava un videogioco. E poi imparare tutto questo in cinque ore era possibile?
“Tranquilla, ti ricordo della tua capacità.” Mi tranquillizzò dopo avermi fissato.
“Che intendi per prima prova..?”
“I tuoi genitori. Dai, iniziamo.” E si sistemò meglio sulla sedia, prendendo un foglio.
 
Accompagnata segretamente da Yvone, arrivai a casa. Ripassai mentalmente tutte le cose che mi aveva detto la ragazza e sorrisi soddisfatta. La mia memoria era davvero incredibile. Aprendo la porta, sperai che i miei genitori parlassero solo di cose di cui ero a conoscenza e che mi erano state spiegate.
Mi feci forza, mi schiarii la voce ed urlai “Sono a casa!”
“Ruth! Sono in cucina! Vieni!” riconobbi la voce di mia madre –che si chiamava Dianne- e ricordandomi il tragitto fatto quella mattina arrivai nella stanza.
“Salve!”
“Ciao tesoro! Come è andato l’ultimo giorno?” domandò, mentre mescolava il sugo con cui avrebbe condito le paste.
“Non abbiamo fatto niente, quindi bene!” lei annuì sorridendo, poi alzò il mestolo e me lo porse “Assaggia e dimmi se va bene il sale.” Eseguii ed alzai il pollice. Buono.
“Bene. Ti ricordi dove dobbiamo andare stasera, vero?”
“No.” Si voltò verso di me con gli occhi spalancati.
“Come no? Ruth, l’hanno detto anche ieri. La cena della società.”
“Giusto, giusto.. E ci saranno tutte le squadre?” chiesi con finta curiosità, mentre invece volevo semplicemente capire di cosa si trattasse questa cena della società.
“Ovvio.” Rispose allegra. Il che significava che, al 99,9% sarebbe stato presente anche quel famoso Kevin. Il solo pensiero, mi fece venire il batticuore. Perché? Perché era come se mi piacesse nonostante non avessi presente come fosse fatto esattamente? Dio, la Ruth che avevo immaginato era davvero persa per quello lì. Non avevo mai provato niente del genere neanche nel mondo reale.
“Capito..” mormorai.
“Vai a chiamare tuo padre, che tra cinque minuti è pronto. E’ in salotto.” Mio padre: Dorian. L’unica cosa che sapevo di lui fino a quel momento era che aveva gli occhi blu. Mi voltai e andai alla ricerca di quel dannato salotto in cui non ero mai stata. Dopo un minuto di ricerca, lo trovai. Un uomo era seduto sul divano, di spalle, mentre guardava la tv.
“Ruth.” Mi chiamò all’improvviso, e sussultai. Mi aveva sentita.
“Non mi saluti?” domandò, mentre girava la testa verso di me e, porca vacca, quello era mio padre. Dianne doveva esser stata una ragazza molto intelligente e furba per essersi presa un uomo del genere. Capelli castani, ma più chiari dei miei e di quelli di mia madre, e viso che rasentava la perfezione. Rasentava perché aveva comunque quarant’anni. Complimenti davvero. Nonostante i miei pensieri, non mi sentii affatto in imbarazzo o a disagio.
“Dovresti darmi il tempo! E’ quasi pronto.” Dissi tranquilla, sedendomi accanto a lui e dandogli un bacio sulla guancia. Era una cosa che mi era venuta abbastanza spontanea.
Lui annuì sorridendo, poi cominciò a chiedermi anche lui come fosse andata a scuola. Giusto per mettermi in difficoltà, fece domande più specifiche rispetto a quelle di Dianne, ma per fortuna seppi dare a tutte una risposta sensata e credibile. Quei pochi accenni sulla mia vita scolastica di Yvone mi tornarono molto utili. Proprio mentre raccontavo, mi arrivò un messaggio da parte di quest’ultima.
 

Alle quattro sono da te, così continuiamo. ;)

 
Menomale. Per quella sera mi sarei dovuta preparare molto bene.
 


Buonsalve. :)
Eccoci con il primo capitolo della "avventura" vera e propria, se così si può definire. 
Ruth Evanson viene catapultata nel mondo scritto (e non ancora ben definito) da lei stessa e si ritrova nei panni di Ruth Styles.

Ringrazio che ha letto, chi ha messo tra le seguite e chi tra le preferite! :)
Un grazie enorme a chi ha anche recensito rassicurandomi un po' (viva l'ansia -.-) e a chi mi ha dato fiducia una seconda volta venendo dalla mia altra fanfiction "Amore al primo tweet". Grazie davvero. Voi lo sapete quanto sono fissata con i ringraziamenti. ahaha

A questo punto non so più che dire!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che continui a incuriosirvi la storia. :)
Nel prossimo aggiornamento (tra 4 o 5 giorni, devo vedere) ci sarà il primo incontro con Kevin, quindi per chi è curioso di sapere com'è, resistete ancora che lo scoprirete presto. ;)
Grazie ancora, veramente!

Un mega abbraccio

Maricuz
   
 
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