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Autore: SakiJune    16/03/2012    1 recensioni
In "Fly Little Wagtail" avevamo lasciato Clarissant risvegliata ad una nuova vita e ad un nuovo amore. Qui ritroveremo Bedivere, Lucan, Amren ed Eneuawc; conosceremo Elyan e quel bacchettone di suo padre Bors, Garanwyn e le sue canzoni. E con i loro occhi vedremo il mondo disfarsi, la gloria farsi vergogna, la realtà vacillare."Guardando i propri figli inginocchiati davanti al re, mentre pronunciavano il loro giuramento, Bors e Bedivere sorridevano. Ma non confondete, ecco, questi due sorrisi, badate. L'uno significava dominio, orgoglio, sollievo; l'altro tenerezza, partecipazione, amore."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bedivere
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Itonje reloaded'
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Sono passati sei mesi? Eh, va beh. Guardate, non rileggo neanche, così vi ripago dell'attesa con il divertimento che proverete a trovare erroracci qua e là.
Più vado avanti, più mi convinco che, nonostante il suo aspetto fisico, Garanwyn non sia AFFATTO uke.





La delusione è un'amara compagna, e ancor più quando avevamo riposto ogni nostra speranza in colui che ci ha deluso. In futuro, ripensando a quella situazione, riusciremo a giustificare le sue azioni, e persino a comprendere che eravamo stati noi ad illuderci, ma al tempo presente ci sentiamo incapaci di dare ancora fiducia a qualcuno.
Aline si era sentita presa in giro e usata da Sir Bedivere. Aveva veramente creduto ch'egli non avrebbe mai rinunciato a veder crescere Cailleagh, che la considerasse più una figlia che una nipote, che - questa era stata un'esagerazione della sua fantasia, doveva ammetterlo - per lui fosse più importante del resto della sua famiglia. Se persino Sir Bors aveva rinunciato alla vita monastica per strappare Benwick dalle mani avide di Sir Dinas, perché mai il duca aveva lasciato Lindsey, la terra dei suoi avi, ad un ragazzino come Conn?
Ma soprattutto perché l'aveva obbligata a diventare la moglie di quel ragazzino?
Eppure, quando era giunta a Lincoln aveva provato un'istintiva simpatia per Conn. La sua gentilezza, il suo sorriso ottimista (e non neghiamolo, i suoi occhi così simili a quelli di Lucan) l'avevano conquistata. Se fosse passato più tempo, è possibile che sarebbe giunta ad innamorarsi di lui; ma il matrimonio forzato aveva trasformato quei sentimenti in boccio in dispetto e rifiuto.
In quanto a lui... avete senza dubbio un'idea abbastanza chiara dei sentimenti che in quegli anni avevano albergato nel cuore del giovane duca di Lindsey. Egli s'era infatuato di Aline, ed era stato felice quando gli era stata data in moglie, ma si era anche impegnato a comprenderla e ad aspettarla tutto il tempo necessario. Aveva insomma lasciato che il tempo ricucisse le ferite, piuttosto che causarne di nuove.
Nella sua ingenuità aveva creduto che il dolore fosse come la sabbia di una clessidra, che scende poco a poco fino ad esaurirsi; non sapeva invece che una donna tiene volentieri quella clessidra tra le mani e la scuote perché non resti mai vuota. Aline non avrebbe mai ammesso, anche quando il sole aveva iniziato a fare capolino tra le nuvole, che il suo cuore avesse ricominciato a battere: le sarebbe sembrato un tradimento. Continuava a dirsi che doveva restare fedele al ricordo di Lucan, che non avrebbe mai consumato quel nuovo matrimonio: ma non c'era purezza nei suoi sogni inquieti,
e l'uomo di quei sogni non aveva ormai più un volto.

Conn non avrebbe potuto comportarsi più saggiamente con lei. La coinvolgeva nelle mille faccende quotidiane del ducato, le affidava responsabilità e la faceva sentire importante in ogni momento. Insieme, essi crescevano, acquisivano saggezza, sapevano capirsi e prendere decisioni importanti. E più Aline si distraeva dal suo dolore, più egli ne gioiva, tentando di scalzare una pietra da quel muro ch'ella aveva eretto intorno a sé, sempre però attento a non oltrepassare il limite. Il giovane era affettuoso con Cailleagh, ma senza pretese, poiché comprendeva che sua moglie se ne sarebbe potuta risentire. D'altro canto, Aline cercava di non intromettersi nell'intesa tutta particolare tra lui e il piccolo Haliesin.

Maryel li compativa e benediceva entrambi. Avrebbe desiderato per suo figlio un amore più semplice, una donna tenera e senza ombre, ma sentiva che dopotutto Aline era quella giusta e che con il tempo qualcosa sarebbe cambiato.
Al contrario, Armelle era inquieta e non ne faceva mistero. Smaniava letteralmente dall'urgenza che il duca e sua moglie avessero un bambino per conto loro. Non sopportava le attenzioni di Conn per Haliesin: non ne era soltanto preoccupata, ma contrariata al massimo grado. Temeva che suo figlio gli si affezionasse troppo, che lo considerasse come un padre e magari, in futuro, sviluppasse il desiderio di diventare suo erede. Sarebbe stata una follia, una tragedia forse... gli eventi di Camelot, e anche quelli di Benwick, insegnavano.
Così, ad un certo punto, prese a tenerselo stretto dovunque andasse, causandogli un gran dispiacere - ma ella credeva che questo ne avrebbe evitato uno più grande a tutti loro.

Questi erano pressappoco gli strani e fragili equilibri tra gli abitanti del castello, che sembravano destinati - se non a restare immutati - a modificarsi molto lentamente. Ma giunse qualcosa di nuovo a cambiare il risultato di dadi già lanciati.
Anche Conn si era sentito tirare in un'altra dimensione, in una visione che l'avviluppava in una ragnatela dolce e invitante.
La creatura nei suoi sogni aveva molto più che un volto, e molto meno che un nome.

Cominciò una notte, una di quelle notti di velluto stellato che profumano di fiori e sospiri, solo che Conn era al chiuso e non vedeva né stelle né cielo; inoltre se ne stava sdraiato sulla paglia, nella stalla del suo cavallo preferito, e potete ben capire come l'odore non fosse precisamente di fiori.
In quel momento pensava a mille piccole faccende, nessuna delle quali riguardava Aline, e si addormentò senza avvedersene. Lo stalliere, abituato alle stranezze del giovane padrone, si accoccolò poco distante e sprofondò nel sonno a sua volta.
Sembrava la più graziosa e dolce fanciulla che avesse mai visto, quella che gli veniva incontro cavalcando. Tutto in lei era desiderabile, perfetto. Occhi, capelli, labbra, non c'era nulla che non gli piacesse. Eppure... eppure... la sua espressione non era quella di una vergine, né di una maliarda. Era il cipiglio severo e amareggiato di un cavaliere suo pari.



Quell'inverno era stato inspiegabilmente rigido. Pareva che l'armonia avesse abbandonato Camelot, che persino la natura avesse iniziato a rifiutarsi di concedere la propria indulgenza più a lungo. Il clima in Britannia non sarebbe stato mai più come un tempo. La pioggia aveva preso ad accompagnarsi stretta ad ogni stagione, e lentamente sparivano creature che sino ad allora avevano abitato i boschi e i cieli di Logres.
Come un demone sarcasticamente pietoso, quell'inverno, mentre il vento sibilava attraverso le feritoie malchiuse con il suono di serpenti attirati dal latte, si era portato via ciò che restava della famiglia di Garanwyn - in un modo così plateale da far invidia alla più tragica delle tragedie greche.
L'avevano trovato accanto al pozzo dove Celemon si era affogata insieme al suo segreto, come un vecchio cane che si rintana nel bosco per sfuggire agli sguardi pietosi, la brina ad imbiancare le braci spente dei suoi capelli. Non si sapeva come fosse riuscito ad arrivare in cortile, considerato che si trovava a letto da alcuni mesi; né come ne avesse trovato le forze, né come nessuno dei servi se ne fosse accorto. Ma si può immaginare che un suo ordine fosse vangelo ai loro occhi ben più di quanto lo fosse la parola di re Constantine, perciò le domande si persero tra lo sgomento e la rassegnazione.
E Garanwyn, ormai diventato l'ombra del re, il primo e il più feroce dei suoi cavalieri, ritornò bambino per un poco, a piangere le sue lacrime di figlio, ripromettendosi che sarebbero state davvero le ultime. Amren stesso avrebbe faticato a riconoscere il suo tenero e fragile amante; Eneuawc non avrebbe osato rivolgere la parola all'amico e confidente di un tempo. La sua presenza non suscitava più sguardi derisori o compassionevoli, ma soggezione e una vaga invidia tra i suoi pari.
Lo ritroviamo quindi ad occhi socchiusi, davanti ad una tomba che reca incise le parole Cai ap Ector. Si lascia sfuggire una frase, che insieme al fiato gelido si dissolve apparentemente inascoltata:
- Non sono riuscito a trattenervi ancora...
Un braccio robusto circonda le sue spalle, inducendolo gentilmente a voltarsi. - Davvero avresti desiderato vederlo soffrire più a lungo? Forse non aveva vissuto abbastanza?
Nessun padre vive abbastanza, avrebbe voluto rispondere Garanwyn, ma non volle mostrarsi più debole di quanto già non sembrasse agli occhi del re. - Avete ragione. - Sospirò e i due s'incamminarono insieme verso il castello. - Dovete comunicarmi qualcosa d'importante, non è vero?
Constantine sospirò. - Questa volta non potremo più evitare lo scontro. Tutti i porti di Logres sono presidiati, ma i Sassoni riusciranno a trovare un'altra strada.
- Da est?
- Non certo dalla Cornovaglia! - scattò il sovrano. - Non si avvicineranno allo stretto. Certo che arriveranno da est, e troveranno un fiorente ducato di agricoltori, pastori e nessun soldato! Sir Bedivere ha affidato le sue terre ad un poppante. Un bamboccino con cui però ho un piccolo debito in sospeso: gli promisi che avrei ucciso Sir Melehan con le mie mani, ma qualcuno - e qui fissò Garanwyn con finta severità - mi ha preceduto... ora, se gli ordinassi di radunare un esercito, avrebbe tutte le ragioni per rifiutarsi. Non ascolterebbe un messaggero qualsiasi, ma tu...
- Rifiutarsi? I nemici potrebbero sbarcare sotto la sua finestra e lui resterebbe a guardare! - ribattè Garanwyn, esterrefatto. - Partirò immediatamente.





Conn non riusciva ancora a capacitarsi di come la fanciulla apparsa nei suoi sogni si fosse rivelata un cavaliere giunto da Camelot per costringerlo a scendere in guerra. Lui proprio non aveva che uomini mandare, senza togliere braccia all'agricoltura: opzione, questa, che gli sembrava un'idiozia. Ma non poteva sottovalutare l'offensiva dei Sassoni, né sopravvalutare l'esercito di Logres. C'era persino il rischio che, essendo i porti a nord e ad ovest del Kent controllati e presidiati, ai nemici venisse in mente di sbarcare davvero da quelle parti.


- Posso capirvi, Sir Garanwyn. Anch'io persi mio padre quand'ero molto giovane.
- Quand'eravate... ah, ah! Perché ora cosa siete? No, non capite, non capirete mai. Avete versato le vostre lacrime, d'accordo, ma su una notizia giunta da lontano...Voi non sapete cosa significhi vederlo spegnersi come un tizzone consumato... e poi rendersi conto che ogni giorno, ogni parola, ogni suo respiro sono stati un regalo del destino!
Non aveva avuto obiezioni. E aveva già predisposto l'addestramento di un certo numero di giovani delle campagne, proprio ciò che si era ripromesso di non fare. Lentamente il fascino inconsapevole di Garanwyn lo stava plasmando. Lui non poteva saperlo, ma la canzone che il cavaliere intonò per la prima volta nella sala grande, accompagnata dal crepitio del fuoco,

Tu sei cresciuta come un fiore in primavera,
non hai dovuto lottare contro il gelo.
Da vergine a regina, non è stato senza nuvole,
ma nessuna mano ti ha spezzata.
Noi, i cardi e le rose, sentiamo gridare
la pelle graffiata dal nostro stesso amore

era la prima a scaturire dalle sue labbra dopo tanto tempo. La voce si era dispiegata dapprima incerta e arrochita, poi via via più squillante, mentre lo guardava negli occhi; le dita sfioravano le corde di quell'arpa appartenuta alla defunta duchessa Cailleagh, moglie di Corneus.
Quei versi erano un omaggio a madamigella Eneuawc, ora imperatrice d'Oriente e di certo, ormai, lontana anche con il pensiero dal passato in cui essi ancora indugiavano.
Conn sorrise ammirato, quasi soggiogato. Aveva ascoltato con gratitudine quel perfetto, incantevole ritratto dell'amata cugina, ma non poteva riconoscere in sé la rabbia ed il rimpianto delle ultime parole della strofa:
- Che cosa intendete per "i cardi e le rose"? Non conosco questa metafora.
Garanwyn sbirciò di sottecchi il duca di Lindsey, a sincerarsi che fosse realmente interessato alla sua poetica e non stesse solo cercando di blandirlo in quanto emissario del re, ma si rese conto che difficilmente Conn sarebbe stato in grado di recitare una parte. Si rigirò quel pensiero nella mente come una trovata buffa, un guizzo ironico che, accompagnandosi alla ballata appena conclusa, inaugurava la sua lenta ripresa dal recente lutto. Sì, quel ragazzo era una creatura senza malizia, come nemmeno lui era stato durante i suoi anni ad Estangore. Forse non era un guerriero, né aveva mai dimostrato atti di coraggio, ma la malafede era da escludere.
- Una rosa è bella, ma fragile. Il fiore del cardo è insignificante, ma resistente al freddo. Entrambi hanno spine che li difendono dai nemici e nel contempo allontanano chiunque si avvicini.
- Dunque voi siete una rosa. Chi avete graffiato? Quanti cuori avete spezzato?
Sul punto di ricordare a Conn che si stava prendendo un po' troppe libertà con domande del genere, tuttavia Garanwyn dichiarò con fierezza: - Mai! Non sono mai stato amato senza ricambiare con tutto me stesso.
- Dunque siete voi a portare quei graffi. - Così parlando, sul filo di una sfida alquanto sciocca e alquanto rischiosa, Conn si sentiva ebbro. Il vino di Neustria, di cui aveva consumato una quantità abbondante ma che il suo ospite aveva cortesemente rifiutato, ne era una delle ragioni, ma non l'unica.
- Non riesco a capirvi. Siete tanto giovane, quanti anni avete? Diciassette? Diciotto? Siete già sposato, siete sopravvissuto a Camlann ma non sapete nulla sul come difendere la vostra stessa terra, e in tre giorni, dacché sono qui, non mi avete mai chiesto come mai uno storpio abbia potuto ricevere l'investitura!
Conn lo fissò. - Sono deluso, Sir Garanwyn. Anch'io non riesco a capirvi, ora: perché mostrare tanto vittimismo? Avevo semplicemente dato per scontato che la vostra fosse una ferita di guerra...
- Una ferita di guerra? Davvero? - Garanwyn si alzò, trasudando sarcasmo, i riflessi del fuoco che tingevano i suoi capelli di nuove sfumature. - D'accordo, siete un giovane senza preconcetti. Ma non posso aggiungere "senza malizia". Sono forse una bella fanciulla, che mi guardate a quel modo?
Conn arrossì, colto in flagrante. Secondo la sua limitata esperienza, l'attrazione tra due uomini era un affare da consumarsi nel retro di una taverna, tra odori immondi e spasmi dolorosi. Era la prima volta che, provandola, l'associava a qualcosa di tanto... delicato.
- Non desidero mancarvi di rispetto...
L'altro scosse la testa, divertito dalla timidezza di Conn che in un gioco di ruoli gli restituiva la sua stessa immagine, in un tempo diverso. Allungò la mano a toccarlo appena sotto la spalla, quasi volesse assicurarsi che il suo cuore continuasse a battere.
- Non scusatevi. È vero, sono più vecchio di voi. Ma chi sono per giudicarvi sul vostro modo di governare? Sono qui per un'emergenza, per guidarvi in un frangente difficile che riguarda l'intera isola... non per svilirvi o farvi sentire inferiore. In realtà ho capito che eravate degno del vostro titolo dal momento in cui vi ho guardato negli occhi, e trovo inutile continuare a mostrarmi come ciò che non sono... Vi debbo io delle scuse, semmai.
Conn gli sorrise, rassicurato e insieme infiacchito da quelle parole. Se gli era passato per la mente di essere ubriaco, ora ne aveva la smentita: quell'allusione ai suoi occhi era giunta da monito. Non sarebbe mai stato amato per quel che era, non totalmente... lui era solo una pallida imitazione dei suoi più nobili e leggendari parenti. I suoi non erano gli occhi di Conn, ma di Corneus, di Lucan, di Amren...
E in quel momento indovinò il motivo di tanto interesse. Ricordò i toni entusiasti con cui Eneuawc aveva sempre parlato di lui, e di come ogni volta non riuscisse ad evitare di sorridere al fratello, mentre raccontava. E comprese perché avesse richiesto in maniera esplicita in quali camere alloggiare, sebbene fosse chiaro che non aveva mai messo piede in quel castello.
Fece per scostarsi, in un impeto d'orgoglio e frustrazione, quando si accorse che Garanwyn era impallidito d'improvviso, irrigidendosi; qualcuno era entrato nella sala.

- Perdonate, avrei dovuto farmi annunciare, o quanto meno bussare... non vi disturberò oltre. Vi auguro la buona notte.

Con un inchino, come la più umile delle serve, la duchessa di Lindsey scomparve così com'era venuta, lasciando il marito stupefatto ed il suo ospite in un confuso imbarazzo.



   
 
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