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Autore: Doe    16/03/2012    3 recensioni
Avevo finito di scrivere questa storia "Delena" l'anno scorso, ma per errore l'ho cancellata da EFP. Convincendomi che "non tutto il male viene per nuocere" ho deciso di revisionarla, ho apportato alcune modifiche e corretto eventuali errori e oggi ho deciso di ripubblicarla. Spero tanto che qualcuno decida di (ri)seguirla e lasciare anche solo un piccolo commento. Aggiornerò rapidamente.
La storia riparte dall'episodio 11 della seconda stagione di The Vampire Diaries, con Elena segregata in casa, con Damon a farle da "balia", e Stefan imprigionato nella cripta insieme a Katherine.
CONCLUSA.
Genere: Science-fiction, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Bennett, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Katherine Pierce, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena, Katherine/Stefan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6 - Fraintendimento

Il buio era ormai calato da un pezzo, quando Elena fece ritorno a casa, quella sera.

Zia Jenna era in casa. Si notavano le luci della cucina e del salotto accese, dall'esterno. Inoltre, la sua auto era sul viale di casa, fortunatamente senza quella di Alaric. Elena non aveva nulla in contrario sul fatto che lui passasse molto tempo con la zia e che spesso dormisse da loro - anzi, era contenta del fatto che la cara Jenna fosse finalmente felicemente innamorata. Ma quella sera non aveva voglia di incontrare persone e affrontare i loro sguardi e le loro domande. Sarebbe stato già abbastanza impegnativo convincere Jenna che stesse bene, figurarsi Alaric.

Fortunatamente Jenna era su di giri, quella sera, e Elena intuì che il merito fosse di Alaric. Durante tutta la cena lasciò che fosse lei a parlare e a raccontarle di dove l'avesse portata e di come fosse stato "terribilmente smielato" con lei, quel pomeriggio, e di come fosse follemente innamorata di lui per questo. Elena cercò di allontanare, almeno per un po', i suoi pensieri per concentrarsi sulla zia ed essere felice per lei.

Finito di cenare si rese conto di essere davvero stanca, probabilmente per gli avvenimenti di quella strana giornata e l'eccessiva tensione che aveva accumulato. Diede subito la buona notte a Jenna, che stava spaparanzata sul divano del soggiorno a guardare una soap opera, e salì le scale con passo pesante, sbadigliando.

Fu quando arrivò in cima alla rampa che fu assalita da una strana sensazione, seguita dalla consapevolezza che, nella sua stanza, qualcuno la stava aspettando.

E capì anche di chi poteva trattarsi.

Un terrore completamente fuori luogo la assalì, e fu tentata di ritornare di sotto, da zia Jenna, e guardare il film con lei. Tutto pur di non doverlo affrontare ancora. Ma si decise che era da stupidi, che per quel giorno aveva fatto abbastanza la codarda e che tanto prima o poi avrebbe dovuto comunque vederlo.

Si diresse, comunque, nella sua camera con passo lento e silenzioso.

Tanto ti sente lo stesso, le disse una voce sarcastica nella sua testa.

Elena aprì la porta, guardando immediatamente dove si aspettava di trovarlo. Ma il davanzale della finestra era vuoto, così come l'aveva lasciato. La tenda svolazzava ancora a causa dei vetri aperti e Elena si avvicinò a grandi passi e li chiuse.

Poi udì un rumore, alle sue spalle, e sobbalzò.

Come pensava, Damon era nella stanza. Se ne stava seduto sul letto, a fissare un lembo della coperta e accarezzarlo con le dita. Sembrava immerso nei suoi ricordi.

Questa volta, Elena decise di salutarlo come le persone normali.

<< Ciao >>, mormorò.

Lui non rispose. Elena si fece nervosa.

Ci fu una lunga pausa prima che Damon si decidesse a parlare. << So che sei stata da Stefan >>, disse.

Elena deglutì. << Te l'ha detto lui? >>

<< No, ho seguito la tua auto fino a vederti parcheggiarla nei pressi del bosco. Ho solo immaginato il resto e tu me ne hai appena dato conferma >>.

Elena non seppe cosa dire. Intuì che lui ancora non fosse a conoscenza di quale fosse stata la sua decisione. Avrebbe trovato il coraggio di dirgliela?

<< Damon, io... >>, iniziò, ma lui non la lasciò finire. Interpretò quei silenzi, quella tensione e quell'insicurezza nella voce di Elena, a modo suo.

Si fece forza per continuare a mantenere sul viso la sua maschera illeggibile e mormorò: << No, non dire niente. Non occorre. Ho... promesso che avrei rispettato la tua scelta e che sarei sparito dalla tua vita. Manterrò la mia promessa. >>

Così dicendo si avvicinò alla finestra, davanti alla quale stava Elena. Non la sfiorò, Elena sapeva che non l'avrebbe fatto, ma si ritrovò comunque a sperare che lo facesse. Desiderò che le accarezzasse una guancia, o baciasse la fronte. O che semplicemente la abbracciasse. Ma tutto ciò che fece fu regalarle un ultimo sorriso, che di allegro non aveva proprio niente. Era forzato, spento e stonava completamente con l'espressione cupa che Damon aveva negli occhi. Elena percepì un bruciore familiare ai suoi occhi.

Poi, Damon si arrampicò sul davanzale e saltò giù dalla finestra, esattamente nel momento in cui Elena, con voce tremante, mormorò << Damon... Aspetta... >>.

Ma lui non la ascoltò, nonostante lei sapesse che l'aveva sentita.

Cercò di aumentare comunque il suo tono di voce, mentre fissava la figura nera che si muoveva nella notte. << Damon! Aspetta, ti prego... >>.

Ancora nessun risultato.

Ma Elena non si sarebbe arresa. Damon doveva sapere. E lei non voleva per nulla al mondo che lui sparisse dalla sua vita così.

Scese le scale di corsa e andò a spalancare la porta, mentre un'allarmata Jenna le chiedeva cosa fosse successo. Uscì in veranda e corse per il giardino urlando il nome di Damon, ma lui era già lontano. E quando si rese conto che Elena lo stava inseguendo, corse via a velocità vampiresca, lontano da lei e da ciò che provava.

Elena, invece, sentì le forze mancarle e si accasciò a terra. Sentiva l’erba umida, sotto di se e vide il fango macchiarle i vestiti, ma non le importava. Lacrime avevano preso a scorrere sulle sue guance, mentre fissava il nulla nell'oscurità. Jenna, alle sue spalle, le urlava di rientrare e sapeva che presto sarebbe uscita lei stessa per riportarla a casa.

Singhiozzando, sussurrò ancora il nome di Damon.

 

 

Damon correva per il bosco ad una velocità inaudita persino per un vampiro. Se avesse avuto la mente lucida, probabilmente si sarebbe meravigliato di se stesso. Sfrecciava, tra arbusti e querce, senza nemmeno sfiorarne un ramo o una foglia.

In tutta la sua lunga esistenza, Damon aveva corso per motivi diversi: per cacciare umani e qualche volta - rarissime volte di cui preferiva non far parola, per non dar soddisfazione al fratello - anche animali; per sfuggire ad attacchi di persone armate di paletti; per andare in soccorso a ragazze in difficoltà, da bravo vampiro-gentiluomo; per riuscire a salvare Katherine, quella terribile notte in cui gli era stata portata via; per riuscire a percepire il vento fresco e violento sulla sua pelle; per provare un senso di libertà; per la potente scossa adrenalinica che ogni corsa gli forniva; per il semplice gusto di farlo.

Ma mai, prima d'allora, aveva corso per dimenticare.

Damon Salvatore voleva dimenticare. Dimenticare di aver conosciuto Katherine e essersene follemente innamorato, più di un secolo prima; dimenticare di aver scoperto cosa lei fosse veramente e aver accettato comunque il suo gioco; dimenticare di averla persa e essere diventato un vampiro, a causa dell'egoismo di suo fratello Stefan; dimenticare di aver scoperto che Katherine gli aveva mentito, che non lo aveva mai amato ma che amava suo fratello.

Ma soprattutto Damon voleva dimenticare di aver conosciuto ed essersi innamorato di Elena Gilbert, in maniera totalmente diversa dal modo in cui aveva amato Katherine: in modo più dolce, più puro, più casto. Un modo così simile al suo vero e proprio essere.

Mai aveva desiderato tanto e, se solo fosse stato possibile, si sarebbe soggiogato da solo. Ma sapeva che, l'unica alternativa che aveva, era imparare a convivere con i ricordi e con il dolore che essi racchiudevano in se.

Quando aveva iniziato a correre, il suo unico obiettivo, oltre a dimenticare, era fuggire. Via, lontano da lì, lontano da Mystic Falls, quel maledetto paese che l'aveva visto nascere, poi morire e rinascere nuovamente. Quel disgraziato paese in cui aveva conosciuto prima Katherine e poi Elena e in cui, a causa di quest'ultima, volente o nolente, avrebbe lasciato il suo cuore.

Ma pensare alle uniche due donne che aveva amato nella sua vita, gli fece ricordare il motivo per cui non poteva essere felice.

Perché loro amavano un'altro. Loro amavano il suo fratellino.

Pensare a Stefan, fece gonfiare Damon di una furia pericolosa. Durante la corsa, sentì gli occhi bruciargli e un dolore atroce ma familiare all'interno della bocca, in cui due canini, grossi e affilati come vere e proprie zanne, fremevano per uscire allo scoperto. E Damon li lasciò fare, lasciandosi alle spalle anche quella parte d'umanità che Elena aveva riscoperto in lui.

Che cosa aveva Stefan più di lui? Ma certo. Lui era il buono della situazione. Damon era stato, ormai da tempo, etichettato come "il cattivo" e niente avrebbe potuto togliergli di dosso quel nominativo. Sarebbe rimasto lì per sempre, come se ce l'avesse tatuato in fronte.

Damon il Cattivo, pensò. Beh, visto che è così che mi vedete, terrò fede alla mia etichetta. E, ancora con un ghigno nel volto, si diresse all'ingresso della pensione dei Salvatore.

Entrato, udì dei rumori provenire dal salone. Bicchieri di cristallo che si scontrano, del whiskey che sgorga dalla bottiglia depositandosi sul fondo del bicchiere... Damon sentì la rabbia salire ancora di più.

Stefan stava brindando.

Anche questa battaglia l'aveva vinta lui. Aveva avuto la ragazza che entrambi amavano, di nuovo.

Il suo primo istinto fu quello di piombare, come una furia, in salotto e ucciderlo. Era accecato dalla rabbia, voleva solo fare fuori tutto ciò che si trovava sul suo cammino. Ma decise di elaborare e mettere in atto un piano più sensato, degno di lui.

Con molta nochalance, entrò in salotto e si appoggiò allo stipite della porta, ad osservare Stefan che, di spalle, sorseggiava il suo drink.

<< Stefan che beve? >>, osservò con finto stupore nel volto. << Mio Dio, che universo parallelo è mai questo? >>.

Damon, che si aspettava almeno uno sghignazzo da parte del fratello, fu notevolmente infastidito dal suo silenzio e dal fatto che continuava a dargli le spalle. La rabbia era ancora in lui, nascosta sotto quel finto ghigno che aveva sul viso.

<< A meno che non bevi per dimenticare, certo. Cos’è, Bambi si rifiuta di fornirti il suo sangue perché gli hai ammazzato il cugino? >>.

Damon non avrebbe smesso di provocare finché non avesse ottenuto ciò che voleva, e cioè una reazione di Stefan che potesse sfociare in una vera e propria guerra.

Non dovette aspettare poi così tanto.

<< Smettila, Damon >>, sibilò Stefan tra i denti, mentre si voltava a fissare per un attimo il fratello.

Se Damon non fosse stato così accecato dalla rabbia avrebbe capito subito. Avrebbe certamente notato l’espressione di Stefan – un misto di dolore e vera e propria furia– e forse non avrebbe continuato a provocarlo…

Oppure lo avrebbe fatto comunque, per il semplice motivo che era ciò che faceva da circa 145 anni.

Ma Damon era cieco, in quel momento, e anche se i suoi occhi socchiusi continuavano a fissare, pieni di rabbia, il volto del fratello, era come se non lo vedesse davvero. Nella sua testa, di fronte ai suoi occhi, c’erano solo immagini di lui e di Elena, solo Elena e Stefan, insieme. Per sempre.

<< Oppure stai brindando, eh Stefan? >> La rabbia di Damon fremeva nell’attesa di venir fuori. Il vampiro si avvicinava, in modo spavaldo, al fratello. << Stai brindando a qualcosa, fratellino? A Elena, forse? >>.

Nell’esatto momento in cui Damon pronunciò il nome della ragazza, la testa di Stefan scattò e, per la prima volta, Damon si accorse dello stranissimo sguardo del fratello.

Non era per nulla felice, gioioso… trionfante. Ma Damon non ebbe il tempo di fermarsi a riflettere oltre.

<< Ti ho detto di smetterla! >>, urlò uno Stefan dall’aria posseduta, mentre mostrava il suo vero volto – quello con gli occhi circondati da pesanti ombre e socchiusi, e canini lunghi e affilati – a un Damon visibilmente sorpreso.

Poi gli diede un potente spintone, facendolo sbattere contro la parete e atterrare per terra, stordito.

Quel gesto fece perdere completamente quel poco di senno rimasto in Damon, che dimenticò il viso sconvolto del fratello e, non appena si riebbe, si avventò su di lui, dando inizio a quella guerra tanto bramata.

<< Allora, Stefan… Brindi a Elena, è così? >>

Un ringhio, un altro spintone.

Questa volta Damon si riprese prima di toccare la parete. Si avvicinò a Stefan a velocità disumana e lo afferrò per la gola, scaraventandolo lontano.

<< Rispondi! >>, tuonò.

Ma tutto ciò che Damon ebbe in risposta fu un pugno allo stomaco, che lo fece piegare in due e diede la possibilità a Stefan di avventarsi sulla sua gola. Damon urlò, sentendo i canini penetrargli la pelle.

Con un abile gesto, riuscì a spingere via il fratello e si allontanò per qualche istante, riprendendo fiato. Poi, con tutta la forza che aveva in corpo, si avventò su Stefan, facendolo schiantare contro la finestra, che finì in frantumi.

Damon raggiunse il corpo del fratello fuori casa. Stefan si alzò di scatto, prendendo le distanze da Damon.

<< Rispondimi! >>

<< Che cosa vuoi?! >>

Stefan non urlava nello stesso modo di Damon. La voce di Damon era rabbia pura, o almeno questo era ciò che faceva trapelare. Quella di Stefan, invece era… sofferenza. Il viso da vampiro di Stefan era rigato di lacrime, mentre inveiva contro il fratello.

Damon non capì. Ma il dolore nello sguardo del fratello fece risalire in superficie il suo, che invano aveva cercato di nascondere, per l’ennesima volta, dietro quella maschera da duro e insensibile.

Fuori pioveva. Né Damon né Stefan ci fecero molto caso, nonostante fossero, ormai, entrambi bagnati fradici. Era come se tutto intorno a loro fosse scomparso, svanito nel nulla. C’erano solo loro due. Due fratelli vampiri che piangevano, inveivano e si facevano la guerra l’un l’altro perché amavano la stessa donna, come una volta.

Damon non aveva ben compreso il significato del detto “Il passato ritorna sempre”, fino a quel giorno.

<< Hai vinto! >>, urlò. << Hai vinto tu, di nuovo! Hai ottenuto quello che volevi! Ma non mi ingannerai di nuovo con la storia del “io sono il vampiro buono e tu il cattivo”. Nemmeno tu la meriti. L’hai ferita! E non capisco perché lei ti abbia perdonato. >>

Dallo sguardo sconvolto e bagnato di Stefan, uscirono altre lacrime. << Perdonato? Perdonato, Damon? Lei non mi ha perdonato. Lei mi ha lasciato, Damon! Mi ha lasciato per te, per colpa tua! Ha detto che non è più sicura di ciò che prova per me, che crede che nemmeno io provi più ciò che provavo prima, per lei. Che le cose sono cambiate e che crede di provare qualcosa per te. >>

Damon non sapeva cosa dire. La sua espressione non era mutata. Era diventato di pietra, come ogni volta che qualcosa lo sconvolgeva. Fissava il fratello con occhi sgranati, tentando di mettere in moto il cervello e comprendere il significato delle sue parole.

<< Perciò, Damon, sei tu quello che dovrebbe brindare. Avanti, Damon, brinda! Hai vinto. Ce l’hai fatta, finalmente. Hai ottenuto ciò che volevi. Che aspetti? Festeggia la tua vittoria. >>

Damon aveva smesso di ascoltare nel momento stesso in cui Stefan aveva detto che Elena provava qualcosa per lui. Sentiva, solo lontanamente, l’eco delle parole pronunciate dal sofferente Stefan, di fronte a lui.

Hai vinto. Hai ottenuto ciò che volevi.

E d’un tratto capì che in quel momento niente gli importava. Non gli importava di Stefan, sconvolto e col cuore spezzato – come quello di Damon era stato per tanto tempo; non gli importava della pioggia che continuava a picchiettare su di lui e inondarlo; non gli importava nemmeno di festeggiare il suo trionfo.

C’era una sola cosa di cui gli importava, una sola persona che in quel momento avrebbe voluto vedere.

E così Damon riprese la sua corsa, questa volta non per fuggire o dimenticare. Damon correva semplicemente per amore. Per raggiungere il suo amore e implorarla di perdonarlo in tutti i modi possibili e immaginabili, per il modo in cui si era comportato con lei quella sera, per essere stato così ottuso e aver frainteso tutto.

Sei un’idiota, Damon, si disse.

E, mentre sfrecciava per il bosco, non riuscì a trattenersi dal sorridere, lasciandosi sfuggire lacrime di gioia.

 

 

Elena uscì dalla doccia e indossò il suo accappatoio. Mentre tamponava i capelli fradici con l’asciugamano, fissò il suo volto allo specchio: gli occhi erano gonfi e arrossati, le guance ancora bagnate, ma non per via della doccia.

Pettinò i capelli e si diresse in camera, desiderosa solo di indossare il suo pigiama e sprofondare al caldo e al sicuro in un bel sogno che la allontanasse da quella triste realtà.

E lo stupore sul suo volto fu palese, quando trovò la figura di Damon ad attenderla, seduto sul suo letto.

Non appena la vide, Damon si alzò in piedi di scatto. Si fissarono per secondi, minuti, forse ore o giorni. Il tempo pareva scorrere lontano da loro. Elena si sforzava di trattenere le lacrime.

<< Mi dispiace >>, sussurrò Damon con occhi imploranti.

E allora lei capì che lui sapeva e niente riuscì più a trattenere il suo pianto. Lucciconi scesero a rigarle le guance mentre lui, in pochi passi, toglieva la distanza che c’era tra loro e la stringeva forte a se.

In quel momento, Elena si sentì finalmente serena. Si sentì a casa, come non accadeva da tempo. Si sentì completa.

Se prima credeva che il suo desiderio maggiore era quello di abbandonarsi al sonno, tra le braccia di Morfeo, adesso dovette ricredersi. Le braccia di Damon erano decisamente meglio.

Elena si abbandonò completamente a lui, lasciandosi stringere e cullare, mentre la sua voce sussurrava scuse inutili, visto che lei lo aveva già perdonato nel momento stesso in cui l’aveva visto seduto sul suo letto.

<< Scusami, scusami, scusami… >>, sussurrava comunque lui.

Tra le lacrime, Elena sorrise.

Damon, quel vampiro dagli occhi del colore del cielo, all’apparenza duri e freddi come il ghiaccio, ma che nascondevano un animo capace di vero amore, era tutto ciò di cui lei aveva bisogno.

 

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L'Angolo dell'Autrice

Spero vi sia piaciuto, il mio capitolo preferito :) Dolce l'abbraccio finale, non trovate? Personalmente, adoro gli abbracci. Quelli tra Elena e Damon, poi...

Ringrazio chi ha recensito e anche chi continua a seguirmi in silenzio :)

Ah, ringrazio anche una mia cara amica, conosciuta proprio quì su EFP, che nell'ultimo capitolo della sua Fan Fiction ha pubblicizzato le mie storie. Voglio ricambiare allo stesso modo. Lei è Elen91 e sta scrivendo 2 splendide lonf-fic: Can you immagine that love? (Delena) e Breathe me (Nian). Ha davvero talento e, chi non l'ha già fatto, dovrebbe leggerla.

E adesso corro a vedere l'episodio 16 della 3 stagione di TVD *-*

Besos,

Lisa

   
 
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