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Autore: IamShe    18/03/2012    8 recensioni
Sono passati cinque lunghissimi anni dalla lotta all'Organizzazione. Shinichi è un detective di successo ed ormai, uomo, all'età di 23 anni avrà il compito di affrontare altri problemi. Che siano di carattere sentimentale o no, è certo di una sola cosa: le emozioni che ha provato, al di là del tempo passato e delle sofferenze patite, rimarranno per sempre in lui. In lui, come in lei.
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"La fissava instancabilmente, tanto che la ragazza si perse nell’azzurro di quegl’occhi che tanto le ricordavano il mare e che tanto le piacevano. Non poté fare a meno di arrossire quando le labbra del ragazzo s’incurvarono in un bellissimo sorriso, che gli illuminava il volto, e che risplendeva in quella sala privando le lampade della loro luminosità." [Estratto del 7° capitolo]
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una vita d'emozioni'
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Alcool
Diciottesimo capitolo

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Era sbagliato. Era tutto sbagliato, decisamente. Era sbagliato perché sentiva di aver sbagliato.
Ma cosa aveva nel cervello? I suoi neuroni e relativi processi mentali avevano smesso di funzionare improvvisamente? Non l’avevano avvisata, no. Avevano deciso di andare in ferie proprio quel giorno, proprio quell’ora, proprio in quei minuti che poi sono diventate ore, e da quelle ore è sorto il Sole. Solo la luce accecante della stella li aveva fermati, sennò avrebbero continuato, e per l’eternità. Si erano baciati. E non era stato un errore, non era stato un incidente o un equivoco. Lei l’aveva baciato. Lei l’aveva voluto. L’aveva desiderato proprio come un bambino richiede un lecca-lecca dopo aver fatto la visita dal dottore, proprio come un cane pretende l’osso dopo aver riportato il legnetto.
E lei non aveva combinato nulla di buono prima, nulla. L’aveva difeso, a quello lì. Era scappata dal suo fidanzato per ritrovarsi nella serenità notturna di un viale alberato che adesso profumava del suo peccato. E che peccato.
Era in piedi adesso. Davanti ad una tazzina di caffè dal gusto insipido, ma interminabile.
Non riusciva proprio a berlo, era nauseante. Tutto, sembrava insignificante. Tutto, sembrava sciapo.
L’unico sapore che avvertiva sulle sue labbra era quello forte e mascolino di Shinichi, impregnato nella sua mente, e il gusto dolce di quella lingua che per tutta la notte non aveva fatto altro che giocare con la sua. E poi, riusciva a percepire il sapore del suo sorriso. Quello splendido sorriso che gli illuminava il volto, nonostante si trovassero al buio. Sapeva di vittoria, sapeva di superiorità.
Lui sapeva di essere l’unico per lei, sapeva di essere il primo e l’ultimo. Sapeva che mai nessuno avrebbe potuto sostituirlo, perché mai nessuno ce l’avrebbe fatta.
Perché mi complico la vita, perché?!
Sferrò un pugno sul tavolo della cucina a lei vicino, facendo vibrare il vassoio di frutta appoggiato al centro, dal quale cadde una mela, rossa, lucente. Il frutto del peccato per antonomasia.
Sembrava caduta quasi per ricordarle che lei l’aveva fatto. Aveva tradito Richard. L’aveva tradito con Shinichi, con quel stacanovista che atro non faceva che mettergli in subbuglio la vita, di continuo.
Dannazione!Pensò, stringendo ancora forte le mani in pugni. C’è qualcuno che mi vuole male lassù!
Si accovacciò, afferrando la mela caduta rovinosamente a terra dopo quel piccolo sfogo d’ira.
La poggiò nel vassoio, bloccandosi a pensare. Prima che la sua salute mentale andasse a farsi benedire, prima che ricompiesse atti proibiti, ma desiderati, e prima che decidesse di cosa fare della sua vita, doveva parlargli, doveva rivederlo. Richard non c’era, e lei poteva benissimo chiamarlo e dirgli di venire a casa sua per chiarire. Scosse la testa, scompigliandosi i capelli.
“No, forse casa mia no... saremmo soli, e...e... meglio di no” pensò, ad alta voce, consapevole di non essere ascoltata.
Magari in un bar, ma casomai fossero passate per caso le sue amiche sarebbero venute a conoscenza di tutto, e non doveva accadere. Neanche la sua dependance era il posto più adatto.
Poi ripensò al suo viso, e le venne da sferrare un altro pugno al tavolo.
“E’ mai possibile che a lui non freghi niente?!” continuò ancora, sbottando. Stava decisamente impazzendo. Ormai parlava anche da sola, davanti ad una mela, davanti a della misera frutta.
Poi un brivido le percosse il cervello. Serrò gli occhi, mettendosi a sedere.
E se l’avesse fatto solo per sfizio personale?Pensò, mentre un senso di malinconia si faceva spazio nel suo cervello. Devo assolutamente parlargli... voglio rivederlo...
Suonò il suo cellulare, mettendosi a vibrare sul tavolo al quale era poggiata. Scrutò il display, sul quale era segnalato il nome del mittente. Non era lui. E rimase delusa, perché non c’era niente di più rassicurante al mondo che ascoltare la sua voce, del quale già sentiva una terribile mancanza.
“Ehi Kazuha” rispose alla chiamata Ran, cercando di mantenere la voce atona. Il tono della ragazza dall’altra parte della cornetta era gioioso e ridente, tanto che il suono metallico della telefonata era addirittura impercettibile.
“Ciao Ran! Che bello risentirti, non sai quanto sono stata bene questi due giorni!”
Vedessi io...schernì se stessa, abbozzando un sorriso.
“Sì è vero, sono stati... belli” tentò di trovarne un sinonimo, ma ci rinunciò. Le venivano in mente solo aggettivi quali ‘eccitanti’, ‘interessanti’, ‘indimenticabili’, ‘incontrollabili’, ma si trattenne dall’esplicitarli.
“Che ne dici se stasera ci vediamo?” chiese Kazuha.
“C-chi?!” sbottò Ran, quasi impaurita.
“I-io e t-te... chi sennò?” le rispose, in modo titubante, secondo la Mouri.
“Ah, ok... per me va bene, allora.”
“Perfect*!” esclamò gioiosa “Ci vediamo alle nove al pub in centro, see you later**!”
Staccò la chiamata, lasciando Ran interdetta, appoggiata al display del cellulare ancora lucente.
Beata lei che è così felice...Pensò la ragazza, poggiando la tazzina di caffè non bevuta nel lavandino.
Comunque, mi farà bene un po’ di svago...
 
 
“Come siamo pensierosi oggi.”
La voce di Heiji fece sobbalzare Shinichi dai tormenti che gli tartassavano il cervello, riportandolo al concreto. Il moro lo guardò scocciato, e sbuffando, lasciò andare sulla scrivania i fogli A4 che aveva tra le mani. Il ragazzo di Osaka li scrutò per benino, leggendoli attentamente. Sembrava un caso abbastanza impegnativo e difficile, dal quale l’amico non riusciva a venirne a capo. Un’unica cosa certa vi era, quel nome: Toichi Kemerl.
“E’ perché ho un sacco di pensieri, oggi... come sempre.”
“E’ per via di questo?” chiese Heiji, mostrandogli le scartoffie da lui gettate.
“Sì... questo tizio sembra un camaleonte!” ammise, sconfortato.
“Oggi sono andato alla redazione dove lavorava... Oltre a leggere una sorta di timore negli occhi dei suoi colleghi, non mi hanno dato nessun informazione interessante. So solo che era un tipo gentile e disponibile, bah!”
“Uno che ha quasi ucciso Eisuke, gentile e disponibile?” gli domandò ancora, un po’ in dubbio.
“Infatti i conti non tornano. E poi, quel soprannome... ‘argento arrugginito’, non so... mi suona strano.”
“Cioè?”
“Mi sembra che mi dovrebbe dire di più di quello che mi dice. Il problema è che non mi dice un bel niente.”
Heiji divenne pensoso, assumendo, insieme a Shinichi, la solita espressione del detective in azione. Corrugarono la fronte e strofinarono con le dita il mento, fissando il vuoto. Sembravano proprio fratelli, in quella posizione. Sembravano nati dalla stessa mente geniale che li aveva partoriti con lo scopo di fare un regalo alla giustizia del mondo. Invidiavano loro stessi per ciò che erano insieme, per ciò che riuscivano a progettare. Divisi erano bravi, ma insieme erano formidabili.
“Vabbè, non pensarci adesso” gli disse Heiji, mettendogli una pacca sulla spalla.
Shinichi inarcò un sopracciglio, mentre vide nascere sul viso dell’amico un ghigno di soddisfazione. Aveva progettato qualcosa, sicuro quanto la morte.
“Perché?”
“Beh perché il tuo fratellone ti vuole taaaanto bene, e fa di tutto per renderti felice” recitò con voce incredibilmente dolce, che fece rabbrividire l’amico.
“Mi fai paura quando fai così. Che hai combinato?” gli chiese, quasi speranzoso, ma intuì in un istante dove volesse andare a parare. Dopotutto avevano la stessa mente, quindi le azioni di Hattori erano alquanto prevedibili, purtroppo.
“Visto che tu non riesci a combinare niente con Ran, fai fare all’esperto qui.”
Ecco, appunto, Ran. Non l’aveva più sentita né vista dopo quel bacio. Dopo quei baci. Al solo pensiero gli batteva forte il cuore. Non aveva dormito neanche per un minuto quella notte, ma non si sarebbe mai fermato se avesse potuto. Non si sentiva stanco, ma emozionato. Non si sentiva forte, ma infinitamente eccitato. Riusciva a percepire nitidamente ancora le gambe della ragazza appoggiate alle sue, quel corpo perfetto, in forme e curve, aderire al suo. Si credeva uno stupido, un imbranato, ed un ragazzino. Eppure non era mai successo fino ad allora che al solo tocco con la schiena fredda di una ragazza percepisse il suo corpo andare in tilt, drogandosi del fugace e passionale tocco delle labbra della giovane con le sue. Dannazione, come era stato bene quella notte. Avrebbe dato di tutto per ripeterla, avrebbe fatto di tutto per riaverla.
“Punto primo...” si schiarì la voce Kudo tossendo “chi ti ha detto che non riesco a combinare niente?”
“Punto secondo... tu saresti l’esperto?” asserì, ridacchiando.
Heiji sgranò gli occhi, portando le mani al viso, sorpreso. Poi gli afferrò le spalle e lo scosse violentemente.
“No, aspetta, fammi capire! Mi sono perso qualcosa?”
“Sì, ma toglimi le mani di dosso!” sbottò, scrollandolo da sé.
“Comunque, non sono affari che ti riguardano, questi” asserì, cercando di rimanere serio.
“Non fare lo scontroso...” lo punzecchiò l’amico, sogghignando.
“Piuttosto, perché hai detto che volevi aiutarmi?” gli chiese incuriosito Shinichi.
“Non te lo dico se non mi dici cosa è successo” ribatté Heiji, forte della sua posizione. Socchiuse gli occhi, quasi in attesa che il giovane detective gli rivelasse per filo e per segno ciò che era successo. Poi li riaprì, osservandolo assottigliare gli occhi.
“Neanche tu mi hai detto cosa è successo con Kazuha” replicò, partendo in offensiva.
“Ma io non ho bisogno di nessun aiuto con lei... sai, stiamo di nuovo insieme” continuò, ridendo. Sentiva di averlo in pugno e questo lo rendeva onnipotente. Per lui Shinichi Kudo rappresentava il detective per eccellenza, il suo mito d’adulto, la sua fonte d’ispirazione. Nonostante avessero la stessa età, Heiji ammetteva a se stesso la superiorità dell’amico riguardo l’investigazione e da lui continuamente cerca di prendere esempio. Però, quando si trattava della giovane Mouri, quello sbruffoncello perdeva tutta la sua lucidità e razionalità, agiva d’istinto e di pulsioni. Era forse quello il suo punto debole, o probabilmente la sua unica forza.
“Bastardo.”
Shinichi chiuse gli occhi, sospirando.
“Ci siamo baciati, contento?” pronunciò, quando un sorriso spontaneo gli nacque sul viso.
Heiji sorrise a sua volta, ma non gli rispose subito. Gustò l’ansia dell’amico che cresceva nel sapere il suo piano, che indubbiamente l’avrebbe ricondotto a Ran, se i conti erano giusti.
E quei conti tornavano, anche perché se sull’Olimpo Cupido schiocca frecce, a Tokyo, Heiji e Kazuha creano occasioni. E di questo ne era certo Shinichi, che al sorriso rassicurante dell’amico, già s’immaginava insieme alla sua Ran.
“Sai che ti dico? Prepara la tua lingua ed i tuoi ormoni, stasera la rivedi.”
 
 
Le luci dei lampioni stradali illuminavano la città dall’oscurità della notte, creavano atmosfere magiche e surreali, nel quale era più che semplice perdersi. Seduta al tavolo di un pub, con lo sguardo immerso nella finestra di fronte al suo volto, Ran osservava lo scorrere della vita, tra passeggiate in centro e chiacchierate prolungate da risa che scoppiavano sul volto dei passanti. Appariva così serena la gente vista da lì. Gli occhi erano persi nel vuoto, ma sembravano cercare un qualcosa di indefinito, che sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro, apparire da uno svincolo o magari camminare beato sul rettilineo che aveva davanti. Moriva dalla voglia di rivederlo, ma ansimava dalla paura di incrociare di nuovo quegli occhi, dopo quel bacio. Non poteva immaginare che Shinichi era più vicino di quanto pensasse.
“Signorine, volete ordinare?” domandò gentile un cameriere accostatosi al tavolo delle ragazze. Ran si voltò verso di lui, accingendosi ad annuire e ad indicargli le pietanze che avevano scelto, ma la voce repentina di Kazuha la bloccò.
“No, no... stiamo aspettando due nostri amici” disse, mentre l’amica serrava le palpebre dalla sorpresa.
“Ok, allora ripasso dopo.”
Kazuha sorrise al cameriere per poi voltarsi verso Ran, che la guardava stupita.
“A-amici?” chiese la Mouri, inceppando le nelle parole. Sperò vivamente che non stesse per accadere ciò che pensava, anche perché Kazuha sarebbe finita presto all’altro mondo, se fosse vero. No, non poteva rivederlo adesso. Non si era preparata, non avrebbe saputo cosa dirgli.
“E-ehm..” cercò di rispondere Kazuha, sulla difensiva “Sai Ran, ho detto ad Heiji se voleva venire con noi stasera! Ti dispiace?”
“Non mi interessa di Heiji!” sbottò, allarmata. “Spero vivamente per il tuo bene che l’altro non sia...”
Non riuscì a completare la frase, nel tentativo di non pronunciare quel nome.
“S-sì, c’è anche S-Shinichi” le rivelò, cercando di distanziarsi da lei, intimorita.
“COSA?!?” urlò, in preda al panico.
Cominciò a tremare, immaginandosi lei dinanzi a lui. Dove avrebbe trovato il coraggio di guardarlo negli occhi dopo averlo baciato, e per tutta la notte per giunta? Dannati amici, dannato destino. Giunse alla conclusione che quel fato non andava contro loro due, ma proprio contro lei. Gli stava antipatica, probabilmente.
“N-no... e ora?” cominciò a delirare, staccandosi dall’amica. Kazuha la guardò stranita, chiedendosi perché la presenza del detective le causasse tutto questo torpore. Cercò di sollevarle il viso per rassicurarla, ma le si distanziò.
“Ran, ma che succede? Perché non vuoi vederlo?” le domandò, mentre la vide alzarsi di scatto.
“Non importa io vado adesso, inventati una scusa con loro.”
Prese la borsa che precedentemente aveva poggiato sullo schienale della sedia, e s’infilò il copri spalle, pronta ad andarsene via. Incominciò ad allontanarsi, mentre Kazuha l’afferrò per un polso.
“Ran dove vai? Mi dici che hai?!”
L’amica cercò di svincolarsi dalla presa, ma portando lo sguardo alla porta d’entrata del pub, vide arrivare sornione e con passo lento Heiji. Capì che erano arrivati, quando rimase fissa a guardare l’entrata di Shinichi, apparso dalla soglia della porta dietro l’amico.
Ed ora?
Si girò verso l’amica, afferrandola per il braccio e trascinandola via verso il bagno. Camminò velocemente, giusto il tempo di non permettere ai due di farsi vedere. Arrivarono nella toilette in una manciata di secondi, e si chiusero dentro, bloccando la serratura.
“Ran, incominci a farmi paura.”
“Ok, stammi a sentire” cominciò irritata “qualsiasi cosa c’entri con Shinichi Kudo tu mi devi avvisare, ok?!”
Il suo tono straripava di paura ed ansia. Kazuha la fissò, cercando di capire il perché si comportasse in quel modo. Poi la vide allontanarsi, mentre con il capo alzato cercava qualcosa di indeterminato.
“Mi spieghi perché?”
“Per dove posso fuggire?!”
“Eh?!?”
“Secondo te ci passo per di lì?” asserì, mentre Kazuha portò lo sguardo alla piccola finestra che si trovava in alto, sopra lo scarico. Ignorando il fatto che fosse relativamente minuscola per far passare un corpo d’adulta, agguantò l’amica con le mani e la sbatté contro il muro.
“Ok, adesso calmati. Ritorna in te!” cercò di confortarla, trattenendola dolcemente. “Parla, cosa è successo?”
Ran rimase zitta, abbassando il capo. Sembrava restia a parlare, e ciò fece spazientire l’amica, che tentò di essere ancora più rassicurante.
“Ehi, sono tua amica. Puoi fidarti di me.”
“Ci siamo baciati” le rivelò, portando lo sguardo nel suo. “Al campus, e per tutta la notte.”
“Ah.”
Kazuha staccò la presa, un po’ sorpresa dalla notizia. Poco le importava se la ragazza avesse tradito Richard, però ancora non riusciva a capire perché aveva così tanta paura di rivederlo, nonostante il bacio.  
“Ok, e allora?” le chiese, cercando di sdrammatizzare.
“Come ‘e allora’?! Ho tradito Richard, capisci!?” sbottò, con occhi lucidi.
“E poi... non avrei il coraggio di guardarlo dopo quello che è successo... sai...”
“Perché? Ti sei lasciata andare, non è successo niente, dai.”
“Invece sì, è successo” continuò Ran,  imbarazzata ed arrossita. “Io non riesco a stare vicino a Shinichi senza provare certi tipi di emozioni, quindi sarebbe meglio tenermi a distanza.”
Kazuha continuò a guardarla sconcertata. Quel discorso non aveva né capo, né piedi. Come poteva tenersi lontano da lui solo perché non ci riusciva?
“Ran penso che tu debba parlargli, e chiarire la questione. Non puoi avere paura di avvicinarlo, anche perché prenderesti in giro te, lui e quel povero del tuo fidanzato. Devi capire cosa vuoi realmente, e poi agire.”
L’amica sembrò toccata dalle parole serie di Kazuha, che tentava in qualunque modo di offrirle dei consigli utili. Poi si fermò, pensante. E’ vero, si stava comportando da vigliacca. Si stava comportando da bambina. Eppure l’aveva pensato la mattina stessa di doverlo rincontrare per chiarire, ma si sa che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Però, in quel momento, non poteva proprio tirarsi indietro. Doveva affrontarla quella questione, e smetterla una volta per tutte. Finirla con questi inutili piagnistei mentali, che altro non facevano che rovinarle la salute.
Tirò un lungo sospiro, riuscendo ad abbozzare un sorriso.
“Hai ragione” le disse, ed insieme uscirono dal bagno. Cominciarono a percorrere il corridoio, da quale s’intravedevano Shinichi ed Heiji seduti al tavolo dal quale lei, precedentemente, aveva cercato di fuggire. Spostò tutta la sua attenzione sull’investigatore, trovandolo davvero bellissimo. Definì con lo sguardo i suoi lineamenti, partendo da quelle labbra che la notte precedente l’avevano fatta impazzire.
Portava un jeans stretto dalle tonalità scure, tendenti al blu, abbinato ad una camicia bianca, attillata e a mezze maniche, che metteva in risalto i suoi muscoli. Si fermò per un attimo, bloccando l’amica per il polso.
“Come sto?” le chiese, portandosi una mano nei capelli, pettinandoli.
Kazuha sorrise, e ricominciò a camminare. “Stai benissimo.”
“Ma che fine avevate fatto?” chiese Heiji, ridendo.
“Siamo andate un attimo in bagno” gli rispose la fidanzata, posizionandosi vicino a lui, lasciando Ran sola, obbligata a sedersi vicino a Kudo.
Il ragazzo le sorrise, mentre lei non accennava ad alzare il capo dall’imbarazzo. Non riusciva proprio a guardarlo negli occhi, anche perché il suo sguardo andava diretto verso le sue labbra, che ancora bramava di possedere. Si sentì in colpa per quei pensieri, ma non poté fare a meno di assecondarli. Desiderava davvero baciarlo di nuovo, anche davanti a tutti. Si sentiva così donna nei suoi confronti. Si sentiva così dannatamente eccitata nell’averlo accanto. Non ci avrebbe messo molto a spogliarlo se avesse potuto, ma doveva mantenere alta la sua dignità, e il suo contegno.
Ran, resisti. Cerca almeno di resistere!
“Che prendi?” le domandò dolcemente lui, indicandogli il menù. Ran tentò di non guardarlo e istintivamente poggiò il dito a caso, scegliendo inconsapevolmente la sua pietanza.
“Da quanto bevi alcolici?” le chiese, sorpreso per la scelta della ragazza. La giovane rimase interdetta, ma poi osservandolo il menù capì cosa aveva ordinato, un Sex on the beach***. Arrossì violentemente, soprattutto per quel nome. Sembrava quasi che il destino la volesse prendere in giro per i pensieri che qualche istante prima le avevano attraversato il cervello.
 “E-ehm, n-no ver-” cercò di negare, ma venne interrotta bruscamente.
“E’ vero, ha ragione Ran. Prendiamo quattro cocktail” dichiarò Heiji, rivolgendosi al cameriere.
“No, no.. io n-” cercò di fermarlo la ragazza, inutilmente. Kazuha aveva già acconsentito, mentre il fidanzato si apprestava a scegliere l’alcolico da consumare.
Come sono sfortunata...
“E lei signorina?” chiese gentile.
“Io e la ragazza prendiamo due Sex on the beach” intervenne Shinichi, sorridente. Ran non poté fare a meno di annuire, porgendo i menù al cameriere, che si affrettò a registrare l’ordinazione.
“Bella scelta, ma cosa ti piace il cocktail o il nome?” le sorrise, ammiccante.
Ran si ritrovò il viso colorato di rosso fuoco, mentre l’imbarazzo le bloccava l’intero corpo. Tra tanti alcolici, proprio quello con quel nome doveva scegliere? Non bastava già averlo vicino e doversi trattenere da eventuali pulsioni, ma doveva sopportare anche le sue frecciatine che altro non facevano che puntare verso un solo punto. La situazione diventata sempre più difficile da sostenere.
“Il c-cocktail” cercò di dire, evitando il suo sguardo.
“Non è male neanche il nome, non pensi?”
“E-e-hm, n-non mi interessa come si c-chiama!” replicò, in balbettii, cercando di deviare quel discorso.
Shinichi sorrise, percependo l’imbarazzo che provava la ragazza. Non riusciva a spiegarsi perché si comportasse in modo così timido dopo essersi baciati così passionalmente la notte precedente, ma restò a guardarla, cercando di rompere quel ghiaccio che stupidamente si andava interponendo tra loro.
“Che fine ha fatto il tuo fidanzato?” le chiese, con una punta di fastidio.
Ran lo guardò stupita, evidentemente sorpresa dalla domanda.
“Mi chiedi dov’è Richard?”
“Ehm, sì? E’ un segreto?” le domandò lui, mettendosi a giocare con il porta fazzoletti, appoggiato al bancone.
“No, è in America, per lavoro” gli rispose lei, lanciando lo sguardo altrove.
“Che uomo” replicò ironicamente Shinichi, mettendosi a ridere.
“Perché lo odi così tanto? Non ti ha fatto niente.”
“Chiedile a lui queste cose” replicò Shinichi. “A me sembra che sappia un po’ troppo su noi due.”
Ran incominciò a lasciarsi andare, e con il corpo si voltò verso quello dell’investigatore. Diede uno sguardo ad Heiji e Kazuha, impegnati nella loro conversazione, assicurandosi di non essere ascoltata.
“Non sa niente di noi due” replicò convinta. “Neanche del bacio.”
“Ma va’?” la schernì Shinichi, sorridendo, e poi maliziosamente aggiunse: “E poi non sa dei baci... perché non me ne hai dato solo uno, ti vorrei ricordare.”
Che faccia tosta! Pensò Ran, arrossendo.
“Ecco a voi.”
I quattro si voltarono verso il cameriere, che si accingeva a poggiare i cocktail sul tavolo, distribuendoli uno ad uno. I ragazzi pagarono il conto, mentre Ran e Kazuha assaggiavano l’alcolico da loro ordinato. La ragazza di Osaka bevve un sorso, per poi lasciare andare il bicchiere sul tavolo, prendendo fiato.
“E’ fortissimo!” asserì, mentre il fidanzato ridacchiava.
“Attenta che il nostro è ancora più forte” l’avvisò Shinichi, sorridendo. Ran lo guardò con occhi di sfida per poi prendere il bicchiere e berne metà in un solo sorso. Lasciò i presenti stupiti, con occhi spalancati. Non era certo una bambina che non sapeva reggere un simile cocktail.
“Sono abbastanza grande da reggere l’alcool” disse, mentre incominciava a sentire già la sua testa sbattere. Non aveva mai bevuto alcolici fino a quel momento, e se non fosse stato per quell’occasione, avrebbe senza dubbio rinunciato. Però in quel momento un po’ di alcool le serviva, anche per sciogliere quella tensione che sentiva nell’avvicinarsi a Shinichi. Doveva parlargli, e al più presto.
“Piano con questo, ti può girare la testa” cercò di avvertirla Shinichi, ignorando che la giovane già sentiva il capo fin troppo pesante.
“Già mi gira...” gli rispose, ridendo di se stessa. Ma non volle fermarsi, prese nuovamente il bicchiere, e ne bevve l’altra metà, in un soffio. Il suo cocktail era finito, prima di qualunque altro.
“Hai visto come sono brava?” lo schernì, ridacchiando.
“Sì, ma forse è meglio se esci fuori, adesso.”
“Sì, effettivamente mi serve un po’ d’aria.”
Si alzarono dal tavolo, lasciando Heiji e Kazuha alle loro smancerie amorose, allontanandosi velocemente. Shinichi prese per mano l’amica, conducendola verso l’esterno del pub. La ragazza si lasciò trascinare, deliziandosi del tocco della mano del ragazzo, sublime e incantevole.
Gli strinse forte il palmo, mentre sentiva man mano la temperatura del suo corpo alzarsi per via dell’alcool. Essendo da soli, avrebbero finalmente potuto parlare di quella questione e chiarire quell’incidente. Quel meraviglioso ‘incidente’.
Usciti dal pub, si incamminarono verso la moto di Shinichi che sostava nel parcheggio del locale. Il ragazzo la fece adagiare sul sedile, mantenendola per le gambe.
“Va meglio così?” le chiese, dolcemente.
“Sì, molto.”
Non sentiva più quel profondo imbarazzo nei suoi confronti, ma solo una voglia fortissima di avvicinarlo a lei e baciarlo, proprio come aveva fatto qualche ora prima. Moriva nell’immaginarsi nuovamente tra le sue mani calde e morbide, avvinghiata al suo corpo perfetto. In quel momento, Richard era un pensiero che non le sfiorava neanche di striscio il cervello. In quel momento, c’erano solo lei e Shinichi.
“Comunque i baci te li sei fatti dare, tu” riprese il discorso dapprima interrotto dall’arrivo del cameriere, lei. Shinichi sogghignò, per poi circondarle la schiena con le braccia.
“Perché avrei dovuto rifiutare?” le rispose sorridente, sorpreso dall’incredibile cambiamento di atteggiamento della giovane. Prima sembrava intimidita e silenziosa, adesso lo provocava e si divertiva.
“Non lo so” gli rispose, per poi scendere dalla moto con un salto.
“Qui non si può parlare liberamente...” constatò lui, nel girarsi attorno, ritrovandosi in un corridoio di persone che entravano ed uscivano dal pub. Ran assecondò lo sguardo di lui, ed essendo in accordo con ciò che aveva detto ebbe un’idea. Forse era l’alcool, forse era solo il suo istinto. Forse era perché poco riusciva a ragionare, forse era perché non voleva ragionare. L’idea che le balenò la mente la fece arrossire, ma allo stesso tempo la stuzzicò talmente tanto che non riuscì a trattenersi dal riferirgliela.
“Perché non mi accompagni a casa?”
Era il momento di andare fino in fondo alla questione.

 
 
*Perfetto!
**Ci vediamo dopo!
***E’ un cocktail che penso più o meno tutte conosciamo. Comunque per maggiori informazioni andate qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Sex_on_the_Beach
 

 
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Questa fan fiction preme per essere seguita! Ed io, che di voglia di studiare ne ho pochissima, non faccio altro che accontentarla. Dire che mi sta dando soddisfazioni è poco, ma non è propriamente lei, ma voi.. che continuate a recensirmi, e ciò mi rende orgogliosa! ^_^
Bene, bene... qui le cose si fanno serie... Ran ha chiesto a Shinichi di accompagnarla a casa... per parlare... sì... :D Che dite, gli farà vedere il suo nuovo mobilio? Secondo me sì XD
Ditemi cosa ne pensate di questo diciottesimo ed attente al diciannovesimo! ;)
Ah, ci terrei a precisare che io non sono un’ubriacona, non ho mai bevuto alcolici! XD Solo che il nome di quel cocktail mi ispira parecchio xD Inoltre, vi rivelo un’altra cosa... la fan fiction è leggermente basata sulle mie esperienze personali, come ad esempio il siparietto dei ragazzi con il cameriere.
Ricordo che una volta andammo io, il mio ragazzo e due amici ad un bar e loro mi convinsero ad ordinare cocktail. Quando lo dissero al cameriere, si rivolsero a lui con queste parole: “ci faccia quattro cocktail, ma devono essere colorati, molto colorati!”
Il cameriere ci guardava stupito e poi disse: “Siete sicuri di non aver bevuto prima di venire da noi?” XD
Ok, basta, a nessuno interessano le mie vicende personali O_____O XDDD
Beh, come al solito devo ringraziare i recensori del 17esimo chapter:
Yume98, Martins, ciccia98, frangilois, totta1412 e PaV! *___*

Bene, ci vediamo al prossimo!!! Un bacione a tutte ^__^

Tonia =)
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