Pirates-L'ombra del tradimento

di Lady Moonlight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il Poseidon ***
Capitolo 3: *** Corvo, Pantera e il rum ***
Capitolo 4: *** Passioni e desideri ***
Capitolo 5: *** Piano di fuga ***
Capitolo 6: *** L'Ombra degli Oceani ***
Capitolo 7: *** Il colore dell'Inferno ***
Capitolo 8: *** Il coraggio necessario ***
Capitolo 9: *** Come fuoco ed acqua ***
Capitolo 10: *** Nuovi incontri ***
Capitolo 11: *** L'Inferno sapeva di pioggia ***
Capitolo 12: *** Il sapore del diavolo ***
Capitolo 13: *** Dolce ossessione ***
Capitolo 14: *** Il Drago Dorato ***
Capitolo 15: *** Il Paradiso Perduto ***
Capitolo 16: *** Un labirinto senza uscita ***
Capitolo 17: *** Avviso ***



Capitolo 1
*** Prologo ***






00

Prologo

 

 

 

Crystal Mary Shevington, era questo il nome che le avevano dato i genitori subito dopo la sua nascita. La sua venuta al mondo era stata una sorta di benedizione, un miracolo di cui i membri della famiglia Shevington andavano maledettamente fieri.
All'età di vent'anni, Crystal si presentava come una ragazza alta, dalla carnagione chiara, lunghi capelli castani e due intensi occhi azzurri.
Alla corte d'Inghilterra, il suo nome era sussurrato con invidia e rispetto, seppur la ragazza ci fosse stata ben poche volte.
Era nata nel freddo inverno del 1698, secondo il calendario cristiano, ed era stato deciso che avrebbe dovuto imparare a cantare, suonare uno strumento e come ogni nobildonna inglese saper scrivere e leggere.
Crystal aveva imparato ben presto che nulla al mondo era più importante se non l'amore per la patria inglese.
A tredici anni, aveva imparato il francese e lo spagnolo ed in seguito le era stato insegnato il latino.
Come unica figlia della famiglia Shevington, il suo compito era quello di portare avanti il buon nome del casato e garantirne la sopravvivenza.

 


Il veliero inglese “Black Rose” si stava dirigendo a Port Aven, un piccolo avamposto britannico su un'isola Caraibica. Contava una quarantina di persone a bordo, marinai compresi.  
Crystal gettò le carte da gioco sul tavolo con un amaro sorriso. Era la terza volta che perdeva e la cosa cominciava ad infastidirla. Afferrò il ventaglio che aveva lasciato sulle sue gambe e cominciò a farsi aria. Aveva il volto arrossato per il caldo e un espressione incredula sul viso.
Si lasciò cadere sulla comoda poltrona di stoffa, mentre la vaporosa gonna del vestito si muoveva sinuosamente. La mano le corse allo stomaco e si rese conto che la terribile nausea che aveva caratterizzato i primi giorni di viaggio si stava attenuando sempre di più, con il passare del tempo.
"... ma se vogliamo considerare i numero di attacchi spagnoli con quelli dovuti alla pirateria, sono certo che...” Stava dicendo Lord Henry, gesticolando ampi cerchi con le mani. Indossava un semplice completo scuro, simile alle divise dei soldati britannici, i capelli grigi erano tirati all'indietro e al polso v'era un sottile braccialetto dorato. Era un uomo di mezz'età, ben in carne e in lui non v'era nulla di simpatico o che ispirasse tale sentimento. Era dedito allo studio, alla ricerca filosofica e al componimento di poesie che puntualmente venivano criticate.
Per qualche arcano mistero però era un caro amico dei genitori di Crystal e fidato consiglieri dei conti.
"Suvvia! Non vorrete farmi credere che gli spagnoli siano più forti di noi inglesi!” esclamò sconvolta la Marchesa Anne Liverich. Indossava un abito da sera elaborato con intricati disegni astratti ricamati sul busto dell'abito, le braccia erano scoperte ed i capelli trattenuti da alcuni fermagli.
Stava per raggiungere i sessant'anni, ma il suo volto non era solcato da alcuna ruga. La Marchesa sosteneva fosse tutto merito delle erbe che coltivava ella stessa e con le quali creava un'ottima tisana anti-rughe.
In realtà, si vociferava dei suoi assidui incontri con un tipo strano, un cinese, che con strani metodi era in grado di garantirle la bellezza. 
Formavano una strana coppia, la marchesa e il barone, e si poteva scommettere che dove stavano loro, era presente anche un dibattito.
"Certamente non vorrete disturbare i sogni della contessina Shevington con tali stupidaggini!” intervenne il capitano Jake Glover, un avvenente ragazzo ventottenne. Indossava la tipica divisa militare inglese: stivali di pelle fino al ginocchio, pantaloni di tessuto bianco e una giubba rosso sangue con una fila di bottoni per chiuderla. Su un fianco destro portava una spada, mentre su quello sinistro uno pistola. Aveva dei corti capelli scuri e gli occhi dello stesso colore.
Si fermò sull'orlo della porta, le braccia incrociate al petto e lo sguardo terribilmente serio. Effettivamente, Crystal non ricordava di averlo mai visto sorridere dalla loro partenza.
La “Black Rose” era in viaggio da più di tre settimane e il suo arrivo a Port Aven era previsto nei successivi quattro giorni. Era stato il padre di Crystal ad organizzare quel viaggio per festeggiare il ventesimo compleanno della figlia.
La ragazza era stata fin da subito reticente, sebbene visitare nuovi luoghi le fosse sempre piaciuto. Il motivo era molto semplice. Crystal detestava viaggiare per mare, non solo per la nausea che le procurava, ma soprattutto per il suo enorme ed incontrollabile terrore nei confronti delle acque.
Da bambina aveva rischiato di soffocare nella sua stessa vasca da bagno, ma la sua balia era riuscita a salvarla prima che fosse troppo tardi.
I giorni precedenti la partenza aveva avuto una lunga discussione con i suoi genitori che le avevano assicurato che nessuna barca era più solida e sicura di una inglese. A malincuore aveva infine accettato di partire per il Mar dei Caraibi.
"Che assurdità!” esclamò contrariato Lord Henry. “Non direi mai nulla che possa disturbare i pensieri di Lady Crystal!” continuò rivolgendosi direttamente all'interessata.
Crystal sorrise distrattamente. “Ne sono convinta, Lord.” intervenne alzandosi goffamente in piedi. “Spero che domani vorrete darmi la rivincita.” chiese, riferendosi alla partita di carte appena conclusasi.
"Con molto piacere!” rispose il barone, alzandosi anch'egli in piedi. “Desiderate che vi accompagni alla vostra stanza?” domandò, mettendo ben in mostra il suo amato braccialetto dorato. La contessina Shevington ricordò all'improvviso che l'oggetto era stato preparato appositamente per il barone a Venezia.
Crystal sorrise gentilmente e rivolse la mano alzata al capitano Glover. “Non preoccupatevi, la Marchesa Liverich ha bisogno della vostra attenzione più della mia.” spiegò. La ragazza chinò lievemente il capo e lasciò che il giovane ufficilae britannico la conducesse sul ponte della nave.
Una leggera brezza le scivolò dolcemente sul volto, portando con sé il sapore salmastro del mare.
"Vedo che negli ultimi giorni siete stata meglio. La nausea non sembra più darvi molto problemi” constatò il capitano Glover indicandole alcuni pesci che nuotavano affianco al veliero.
Crystal annuì, incantata nell'osservare quei piccoli animali colorati.
"Presto sarà notte.” aggiunse il giovane ufficiale. I due ripresero a camminare e Crystal si fermò sulla soglia della sua piccola stanza.
"Credete che domani potrete insegnarmi quel nuovo gioco con le carte?” domandò cortesemente.
Il giovane ufficiale fece un cenno d'assenso, si chinò per baciarle la mano e la lasciò sull'uscio della stanza.
Crystal rimase alcuni istanti ad osservarlo, poi il suo sguardo cadde sul sole che stava tramontando sull'oceano. Sembrava una massa d'oro fuso che si univa al mare. La sua mente vagò con i ricordi alle sere passate in Inghilterra e si rese conto che era valsa la pena intraprendere quel viaggio solo per poter vedere quello spettacolo. Di fronte a quel panorama le leggende di pirati e mostri marini passavano in secondo piano.
Sorridendo si disse che forse i pirati non erano poi tanto male e che magari avrebbe avuto l'occasione di incontrarne uno prima di tornare in patria. Dopotutto, pensò, nessun brigante poteva sperare di sconfiggere l'Impero Inglese.

 

Entrò nella stanza e si lasciò cadere sul letto. Non era stanca, ma la nausea aveva ricominciato ad assalirla. Chiuse un istante gli occhi e poco dopo sentì la porta che si apriva ed una figura femminile invase il suo campo visivo.
"L'aiuto a cambiarsi, signorina?” mormorò la sua domestica con il volto chinato verso il pavimento.
Crystal si mise educatamente a sedere ed attese che Miriam, una ragazza di trent'anni dai corti capelli scuri ed occhi grigi, preparasse il completo da notte.
In seguito si alzò ed aspettò che Miriam l'aiutasse a cambiarsi d'abito.
"Hai mai visto un pirata, Miriam?” le domandò cortesemente mentre la domestica le slacciava il corsetto.
La domestica esitò un istante nel suo lavoro e Crystal poté avvertire il suo tremolio alle dita.
"Sì, ne ho visto uno.” bisbigliò al suo orecchio. “Mi ero recata alle prigioni per prendere mio padre. Sapete, lui beve un po' troppo da quando mia madre è morta, così a volte capita che io o i mie fratelli ci dobbiamo recare dai soldati per poterlo riportare a casa.” S'interruppe un attimo e Crystal alzò le braccia per lasciare che le togliesse il primo strato di vestiti.
"Quel giorno” continuò abbassando il tono di voce “... Alle prigioni stavano eseguendo le condanne a morte. Il pirata doveva essere uno dei primi a salire sul patibolo e ricordo che cominciò ad urlare le più vili bestemmie contro la casa reale.”
Crystal posò il suo sguardo sull'enorme baule di vestiti provenienti dall'Inghilterra e rabbrividì.
"Era inglese e malgrado questo tradì la sua patria. Le giuro signorina che non ho mai visto uno sguardo tanto terrificante. Sembrava appartenesse al demonio!” disse Miriam con un singhiozzo.
Crystal annuì pensierosa e non badò più ai tremolii della serva. Pensò che dovesse essere orribile l'esperienza che Miriam aveva vissuto e non indagò oltre, sebbene la curiosità le suggerisse il contrario.
Quando Miriam lasciò la sua camera, dopo aver finito di prepararla, Crystal si rifugiò sotto le leggere lenzuola del letto e rifletté a lungo su quanto aveva appreso dalla domestica.
La ragazza ascoltò l'infrangersi delle onde sul veliero, il silenzio che regnava sull'imbarcazione era quasi assoluto. Si rigirò nel letto alcune volte, irrequieta.
Quel giorno non riusciva a dormire ed una strana sensazione di angoscia la tormentava. Nemmeno ricordare la sua amata Inghilterra riuscì a tranquillizzarla.
Quando finalmente si addormentò, i suoi sogni furono popolati da creature marine, il frutto delle sue peggiori paure.



Quando si svegliò durante la notte fu per il forte odore di fumo che circondava tutta la nave. Aveva la fronte sudata e gli occhi le lacrimavano. Scese dal letto e inciampando nei suoi stessi piedi si diresse alla porta.
Crystal aveva compreso che c'era qualcosa di terribilmente sbagliato in quella situazione e non appena i suoi occhi incontrarono il luccichio delle fiamme scarlatte , temette di essere sul punto di vomitare.
Il veliero stava bruciando e Crystal non sapeva cosa fare. Davanti a lei un muro di fuoco le impediva la fuga ed unica altra sua salvezza era quella di gettarsi in mare. Crystal tremò al solo pensiero, lei non sapeva nuotare ed abbandonare la nave significava morte certa.
"Aiutatemi!” gridò disperata.
Oltre le fiamme vide alcuni soldati britannici cercare di avvicinarsi ed altri che combattevano di spada contro dei nemici che lei non riusciva ad identificare.
Tossì e mentre lo fece il suo sguardo fu catturato da un veliero affiancato alla “Black Rose” che possedeva vele nere quanto la notte.
Un teschio con sottostanti due spade incrociate brillava sulla bandiera della nave nemica.
Crystal vide il capitano Glover ferire un pirata alle spalle, poi avvertì una mano che le teneva chiusa la bocca. La ragazza tentò di liberarsi dallo sconosciuto ma questo le si parò di fronte e l'ultima cosa che vide prima di svenire furono due occhi verdi smeraldo che le ricordarono le campagne inglesi.
Crystal pensò che in quello sguardo tanto intenso avrebbe potuto affogare, perdersi e mai più risvegliarsi. Certamente quelli non potevano essere gli occhi di un pirata.
Infine le acque del mare li sommersero.

 



 

 News 23/04/12: Un grazie di cuore a  Emma Wright   che ha betato il capitolo! 





Brevi note:
Come avrete capito la storia è ambientata nel 1700, più precisamente nel Mare dei Caraibi. Alcune notizie che fornirò più avanti, pochi accenni, corrispondono a reali fatti storici mentre altri non lo saranno. Nomi come Port Aven ed altre località sono frutto della mia invenzione. Sì, mi sono prese una sorta di libertà poetica, spero possiate perdonarmi! u.u Di conseguenza questa vicenda non può veramente definirsi una storia di carattere storico!
Ai pochi coraggiosi giunti fin qui: Vi ringrazio!!! Se vi va esprimetemi liberamente la vostra opinione ;)

P.S: Ale, il nome della barca è dedicato tutto a te^.^ Auguri!!!!!

 

Next Episode:

"Non avere paura." le mormorò la ragazza pirata. "Io sono Eylin." disse.
[...]Il gracidio di un corvo e l'urlo di un pirata squarciarono il silenzio che si era venuto a creare.
"Volete uccidermi." mormorò Crystal facendo qualche rapido passo verso il parapetto dell'imbarcazione.
[...]Solo in quell'istante si rese conto che il ragazzo, fin troppo affascinante per essere un pirata e con una perfetta pronuncia inglese, era lo stesso che l'aveva portata via dalla "Black Rose".



 

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Capitolo 2
*** Il Poseidon ***






01

Il Poseidon

 


Quando Crystal era rinvenuta ed aveva sputato l'acqua del mare sul ponte di legno del veliero non aveva prestato la minima attenzione alle persone che la circondavano. Spaventata e tremante, si era rannicchiata in un angolo buio, mentre risate di scherno raggiungevano le sue orecchie.
Crystal non s'era sentita così umiliata in tutta la sua vita, ma s'era rifiutata di versare una sola lacrima. Percepiva la vestaglia da notte attaccata alla pelle, i capelli che gocciolavano e l'aria fredda che le penetrava fin nelle ossa.
Incrociò le braccia al petto e chiuse gli occhi nella speranza di vedere sparire quella ciurma di pirati che la stava deridendo.
Quando si decise a riaprirli, non riuscì ad identificare l'uomo che l'aveva salvata dalle fiamme, ma che l'aveva condotta ad un destino ben peggiore.
"Guardate che pulcino indifeso!" esclamò un uomo che dimostrava quarant'anni. Sull'occhio destro portava una benda nera e sulla guancia aveva il tatuaggio di un teschio.
Automaticamente, Crystal strisciò di qualche altro passo all'indietro finendo a sbattere contro una superficie di legno.
Deglutendo, la ragazza comprese solo un attimo dopo che il pirata aveva parlato in spagnolo. Ringraziò i suoi genitori per averle fatto insegnare quella lingua.
L'uomo alla tenue luce di una lanterna ad olio la indicò e Crystal spalancò gli occhi ansimando. Disperata si chiese se lo scopo di quei pirati fosse ucciderla.
"È bella." constatò qualcuno in inglese. "Forse il capitano intende divertirsi un po' con questa ragazzina inglese." ipotizzò. Il resto della ciurma scoppiò a ridere.
Crystal si guardò intorno, ma si rese conto ben subito che tentare la fuga avrebbe significato morte certa. Non aveva speranze.
Il lontananza, poteva vedere la luce di un incendio che si stava estinguendo molto velocemente e i suoi pensieri andarono alla "Black Rose". Per quanto si sforzasse non riusciva a credere che non avrebbe più potuto vedere la Contessa Anne Liverich, Lord Henry, il Capitano Glover e persino Miriam.
Gli occhi le si riempirono di lacrime. Aveva solo vent'anni e la sua vita era perduta per sempre.
Udì alcuni passi alle sue spalle e poi una ruvida coperta che le veniva gettata malamente sulla schiena. Singhiozzando, se l'avvolse sul suo esile corpo.
"Non avete nulla da fare voi?" gridò una voce femminile ed una giovane donna comparve davanti a Crystal frapponendosi, fra lei e gli uomini.
Si chinò verso Crystal con un sorriso stampato sulle labbra e le scostò delicatamente una ciocca di capelli bagnati dal viso. La ragazza sobbalzò e voltò la testa di lato, mentre un espressione di stupore le si dipingeva sul viso.
"Non avere paura." le mormorò la ragazza pirata. "Io sono Eylin." disse.
Crystal la guadò sospettosa e dovette ammettere che Eylin era davvero una bella ragazza. La pelle era piuttosto abbronzata, corti capelli neri le incorniciavano il volto e due occhi verdi la stavano scrutando pensierosa. Indossava una camicia scarlatta di taglio maschile tenuta stretta al fianco con una fascia di stoffa nera. Gli stivali le arrivavano fin quasi al ginocchio e i pantaloni sembravano essere di una taglia troppo grande per i suoi fianchi magri. Crystal non le vide addosso nessuna arma, ma non era certa che non ne possedesse alcuna.
"Tornate al lavoro!" ordinò con un tono che non ammetteva repliche. "Anche tu, Alejandro, vecchio ubriacone!" disse indicando lo spagnolo con l'occhio bendato.
Quando i pirati ripresero le loro mansioni, Crystal si decise a parlare.
"C-Che cosa volete da me?" domandò cercando di alzarsi in piedi. Si avvolse meglio nella coperta traballando ed osservò Eylin venirle incontro per aiutarla a sorreggerla. "Faccio da sola!" intervenne bruscamente. Per un istante credette d'aver visto la ragazza sorridere.
Il gracidio di un corvo e l'urlo di un pirata squarciarono il silenzio che si era venuto a creare.
"Volete uccidermi." mormorò Crystal facendo qualche rapido passo verso il parapetto dell'imbarcazione. La ragazza scosse energicamente la testa, respirando affannosamente. "No... mai... pirati... vita... no!L'Inghilterra, la patria..." disse pronunciando parole senza alcun filo logico. Si guardò freneticamente attorno vedendo che alcuni pirati le stavano andando incontro.
"Io sono figlia dell'Impero Britannico! Voi non mi avrete mai!" gridò. Crystal fece un profondo respiro e piena di un coraggio che non la caratterizzava si lasciò cadere tra le onde del mare.


Faceva male, la sensazione dell'aria che abbandonava i polmoni e lo scontro con le acque marine. Crystal non aveva immaginato che l'impatto con le onde potesse essere tanto doloroso. Aprì gli occhi e malgrado il forte bruciore alla vista che le avrebbe fatto desiderare di urlare si costrinse a tenerli aperti. Se quella era la sua ultima possibilità di vedere il mondo prima di abbandonarlo per sempre, allora desiderava vedere ogni cosa.
Con una forza di volontà che non credeva possedere si spinse verso la superficie del mare. Quando riemerse, sputando acqua salata, il cielo stava assumendo delle tinte più chiare, segno che l'alba stava sopraggiungendo.
"Capitano!" gridò qualcuno dal vascello pirata. Crystal non vi prestò attenzione e prima che le acque la sommergessero nuovamente sentì che qualcuno le stava stringendo con forza il polso. Provò a liberarsi scalciando e muovendo con forza i bracci, ma il ragazzo che l'aveva afferrata non sembrava intenzionato a lasciare la presa.
"Stai cercando di ucciderti?" le urlò.
Crystal si immobilizzò e cercò lo sguardo del giovane che la stava riportando verso l'imbarcazione.
Solo in quell'istante si rese conto che il ragazzo, fin troppo affascinante per essere un pirata e con una perfetta pronuncia inglese, era lo stesso che l'aveva portata via dalla "Black Rose". Il viso era abbronzato, con labbra sottili e due intensi occhi verdi che sembravano più brillanti di due smeraldi. I capelli biondi erano tenuti legati in una coda e la camicia bianca, bagnata, lasciava intravedere il petto muscoloso. Sembrava quasi il viso ed il corpo di un membro dell'aristocrazia.
Fin da bambina Crystal aveva appreso quale fosse il comportamento più corretto da assumere in ogni situazione, ma si era resa conto che non v'era nulla che ricordasse per far fronte a quell'insolita circostanza.
Per prima cosa un uomo non avrebbe dovuto toccarla e stringerla a quel modo per alcun motivo, in secondo luogo le era stato ben spiegato che mai avrebbe dovuto rivolgere la parola ad un qualsiasi pirata.
"Quale che sia stata la mia motivazione, non è certo a voi che devo una spiegazione." intervenne.
Il veliero pirata ormai era a pochi metri di distanza e Crystal fu certa di sentire il suo compagno sbuffare.
"Non vi è dubbio che stavate tentando di uccidervi!" esclamò indignato. "Non avete tentato di nuotare per un solo secondo."
"Certo." lo assecondò Crystal. "Poiché io non so nuotare!" commentò acida e quasi fiera di essere riuscita a prendere alla sprovvista il pirata.
Con la mano del ragazzo stretta intorno alla sua vita, Crystal si lasciò guidare con un amaro sorriso di rassegnazione verso la nave.
"Ehi! Capitano!" gridò un uomo lanciando una fune nella loro direzione.
Crystal smise di respirare. Il ragazzo ventiquattrenne che l'aveva aiutata per ben due volte era anche colui che aveva deciso di rapirla. Il vento le soffiò tra i capelli facendola sussultare. Non aveva più dubbi sul fatto che sarebbe dovuta fuggire da quella ciurma di criminali.
"William!" aveva esclamato Eylin, con le labbra seducenti appena dischiuse. La giovane pirata s'era affacciata dal veliero ed aveva sorriso fiduciosa nella loro direzione.
Fu in quell'istante che Crystal notò il nome dato all'imbarcazione. Un nome che lei trovò perfettamente azzeccato per quella barca pirata.
"Poseidon" mormorò pensierosa, mentre il ragazzo che Eylin aveva chiamato con il nome di William l'aiutava a salire su una sorta di asse, che legata con due funi all'estremità, permetteva di essere issati sul veliero.
La sua mente tornò al periodo in cui aveva studiato la storia greca. Nella mitologia Poseidone era conosciuto principalmente per essere il Dio del mare. Veniva raffigurato con un tridente simbolo della sua forza e del suo potere.
Crystal pensò che chi aveva dato quel nome all'imbarcazione doveva essere certo di poter domare il mare. Qualcuno di talmente presuntuoso da credere di potersi elevare al di sopra degli stessi Dei.
Lei non amava il mare e le acque in generale e stentava a credere che qualcuno potesse esercitare un qualsiasi controllo su quell'elemento della natura. Né inglesi, né pirati potevano credere di sopravvivere alla sua furia distruttrice.
Un nome tanto curioso, quanto insolito, non solo era inadatto per quel veliero, ma rivelava l'eccessiva autostima e disprezzo per le regole di colui che lo guidava.
Osservando l'espressione del viso di William e la presa sicura sul suo corpo, Crystal fu certa che quell'uomo fosse estremamente sicuro delle sue capacità e delle sue attitudini al comando.
Un paio di uomini cominciarono a tirare verso l'alto ed infine i due giovani si ritrovarono sul ponte di legno, bagnati dalla testa ai piedi.
"Ehi, pulcino!" gridò il pirata spagnolo nella direzione della ragazza. "Sei stata coraggiosa!" esclamò in inglese, ma con una strana pronuncia.
Crystal pensò che se si fosse trovata in un'altra situazione avrebbe perfino sorriso. Invece si limitò ad osservare Alejandro che ingoiava dalla sua fiaschetta lunghi sorsi di quello che lei ipotizzò essere rum.
"Io direi che il suo gesto è stato estremamente sciocco." intervenne William, il tono gelido.
Eylin li raggiunse con un paio di coperte e mormorò qualcosa che Crystal non riuscì a capire.
"La marina britannica si metterà presto sulle mie tracce!" esclamò la ragazza. "Mio padre parlerà con il re non appena saprà la notizia!" continuò, stringendo i denti.
"Sempre che per allora tu sia ancora viva!" disse il capitano William. Il ragazzo s'era tirato i capelli biondi all'indietro e uno strano fuoco brillava nel suo sguardo.
Aveva attirato a sé Eylin e la tratteneva al suo fianco.
Crystal sobbalzò, lasciandosi sfuggire un grido di sorpresa. Poi la rabbia prese il posto all'incredulità e la ragazza assunse in viso un colore scarlatto.
"Mi ucciderete?" domandò furiosa, dimenticandosi delle più piccole norme base che un signorina inglese avrebbe dovuto tenere.
"No!" Era stata Eylin a parlare e a fare qualche passo verso di lei. "No, William dovrà passare sul mio cadavere prima di poterti uccidere." spiegò addolcendo il tono di voce.
William alzò il braccio muovendolo elegantemente nella direzione delle due ragazze. Per qualche istante il resto della ciurma si zittì, dimenticandosi di svolgere i propri lavori.
"Non ti uccideremo." disse alla fine, mentre i suoi occhi scrutavano l'orizzonte. "Dopotutto, il destino che ti attende è forse peggiore della morte stessa." concluse.
"Uomini!" gridò. "Fate rotta verso il primo porto disponibile." ordinò ai pirati.
Crystal rabbrividì, non riuscendo ad immaginarsi nulla che potesse essere peggio della morte. Poi le tornarono alle mente storie di schiavi appartenute all'antica Roma, vicende di uomini che assomigliavano più a bestie che ad essere umani.
Tremando di rabbia rifletté che forse esisteva qualcosa di infinitamente peggio alla morte, la schiavitù. Obbedire costantemente ad ordini e capricci di un'altra persona, morire per lei, vivere in funzione del proprio padrone... fino alla morte.
Crystal non si era mai posta un simile problema. Era nata libera, figlia dell'aristocrazia inglese e padrona del proprio destino.
Tuttavia osservando con sguardo critico il ragazzo che aveva di fronte capì immediatamente che i suoi problemi erano appena all'inizio. Quegli occhi verdi che riuscivano a sondarle l'anima erano tremendamente attraenti quanto pericolosi. Erano simili al fuoco, pronti ad inghiottirla alla prima occasione. E come le fiamme, Crystal intuì che l'avrebbero consumata poco per volta, fino a portarla alla distruzione più totale.
"Non dargli retta." intervenne Eylin. "William vuole solo apparire più duro, di quanto in realtà non lo sia." Un pirata fece cenno alla ragazza di raggiungerlo ed Eylin si allontanò di malavoglia.
Crystal tornò a fissare con astio William, che aveva incrociato le braccia e sembrava sul punto di volerle dire qualcosa.
Solo allora si accorse del piccolo ciondolo, che abbandonato sul suo petto, riluceva di una tenue luce violacea. Si trattava di un conchiglia a forma di tronchetto legata ad una catenella d'argento. Crystal socchiuse gli occhi e cercò di ricordare dove avesse visto un oggetto simile, ma non ottenne alcun risultato.
"Cosa guardi?" domandò brusco William.
"N-Niente..." balbettò imbarazzata Crystal, distogliendo immediatamente lo sguardo.
"Voglio che ti sia ben chiara una cosa." continuò il capitano. "Su questo veliero tu non sei un ospite gradito." Crystal abbassò lo sguardo. "Finché resterai qui dovrai lavorare e soddisfare ogni mio più piccolo desiderio. Se lo farai è possibile che la tua permanenza forzata si riveli quasi piacevole per te."
Crystal, indignata, fece per rispondere, ma l'occhiata che le rivolse William la costrinse a tacere.
"Ora non siete più in Inghilterra, Crystal Mary Shevington." La ragazza spalancò gli occhi, chiedendosi come facesse a conoscere chi fosse. William sorrise divertito e riprese a parlare. "Qui non c'è nessuno a cui possiate rivolgervi. Nessuno vi consolerà, quindi evitate altre scenate come quella appena avvenuta." disse indicando la superficie del mare e sottolineando l'episodio da poco avvenuto della sua tentata fuga.
"Ora..." aggiunse passandosi una mano tra i capelli. "Andrò a riposarmi, voi invece potete iniziare a pulire il ponte del Poseidon." concluse in perfetta pronuncia inglese. Crystal spalancò la bocca, stordita dall'ordine appena ricevuto ed osservò il capitano William, mentre con un passo quasi aristocratico scendeva le scale che davano ai piani inferiori del veliero.
"Maledetti pirati" sibilò tra i denti. Non ancora rassegnata al suo triste destino,
Crystal si preparò a pulire le assi di scuro legno.

  




News 30/04/12:
Un grazie di cuore a Emma Wright che ha betato il capitolo!

 

 


 

Eccoci alla fine del primo capitolo. Ringrazio di cuore chi ha aggiunto la storia hai preferiti-seguite-ricordate, siete davvero in molti! Grazie della fiducia^^ Spero di non deludervi! Un bacio anche a chi ha lasciato un commento.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere cosa ne pensate :) A presto^.^

 

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Capitolo 3
*** Corvo, Pantera e il rum ***






02

Corvo, Pantera e il rum

 

 

Il mare è un amico dalle mille facce, mai monotono,
mai ripetitivo, mai uguale. (Susanna Agnelli)

 

 

Crystal non aveva mai avuto motivo per lamentarsi della sua vita. Era nata in una splendida nazione, in una famiglia piuttosto agiata, e non aveva mai conosciuto gli stenti della fame o del freddo. Certo, non aveva provato la gioia di essere chiamata sorella, ma a parte quel piccolo particolare la sua vita poteva essere considerata perfetta.
Naturalmente le cose erano cambiate non appena suo padre le aveva proposto un viaggio nel Mar dei Caraibi. Fin dall'inizio Crystal si era sentita reticente all'idea, ma l'entusiasmo dei suoi genitori l'aveva costretta ad accettare l'offerta.
A malincuore Crystal si era lasciata alle spalle gli agi della sua villa, le verdeggianti campagne inglese e il suo adorato, fin troppo viziato, gatto.
S'era ritrovata sul ponte della "Black Rose" a rimettere ogni pasto per la successiva settimana alla sua partenza ed infine era finita su un veliero pirata.
Le cose per la ragazza non erano mai andate tanto male come in quell'istante.
China sul ponte del Poseidon, era costretta a pulire l'imbarcazione, dove la polvere e la sporcizia sembrava nascondersi dietro ogni angolo.
In Inghilterra non era mai stato necessario che lei facesse simili lavori, dopotutto lei era una nobildonna e v'erano decine di servitori al suo servizio per compiere simili atti.
Crystal sospirò nervosa e lanciò un'occhiata agli abiti che le aveva fatto indossare Eylin. Erano abiti maschili, scomodi e di un tessuto ruvido. Conciata in quel modo doveva apparire come un pirata.
Indossava una camicetta bianca legata in vita da una fascia di stoffa verde, esattamente come l'abbigliamento di Eylin; portava dei pantaloni che le stavano fin troppo larghi. Non aveva la più pallida idea di dove i pirati avessero gettato la sua camicia da notte e non volle indagare su chi fosse stato il precedente portatore dei vestiti che aveva in quel momento.
I capelli lasciati sciolti, in mancanza di nastri con cui legarli, fluttuavano continuamente davanti al suo volto, impedendole una visuale completa. Guardò il colorito rossastro che avevano assunto le sue mani e si morse tristemente il labbro.
Per un istante, le venne da piangere nel vedere come le sue soffici e curate mani stavano lentamente assumendo l'aspetto di quelle di una serva.
Le sfuggì un grido di sorpresa quando le entrò una spina del legno nel dito indice. Sentì dei passi farsi più vicini a lei, ma non vi badò e cercò di valutare quanto in profondità si fosse spinta la spina.
Quando però una mano maschile le afferrò il polso fu costretta ad alzare lo sguardo. Le si fermò il respiro quando il suo sguardo incontrò quello del capitano William.
Il pirata indossava una camicia nera e il ciondolo a forma di conchiglia risaltava enormemente sul suo petto. Crystal si domandò che tipo di significato avesse per il capitano quell'oggetto.
William strinse la presa sul suo polso, invitandola ad alzarsi e lei lo fece. Distolse lo sguardo celeste da quello smeraldo e rimase in silenzio.
"Ti sei ferita." disse in tono assolutamente neutro, William. Era una semplice constatazione e Crystal non sentì il bisogno di rispondergli. Le prese entrambe le mani e le rigirò pensieroso tra le sue.
"Tu non hai mai lavorato in vita tua, dico bene?" le domandò. Crystal emise un lungo sospiro. Se quel pirata pensava di poterla far sentire in colpa si sbagliava di grosso. Non era stata lei a decidere in quale famiglia nascere e ancor meno di finire su quel veliero.
"Certo che no! Sei solo una bambina viziata." commentò acido, alimentando la rabbia della ragazza.
Crystal strinse i pugni, ma non rispose. Non voleva mettersi in guai peggiori di quelli in cui stava sfidando William. Tuttavia la sua vita non era stata tutta rosa e fiori come pensava il ragazzo.
Quand'era bambina era solita osservare i bambini della servitù che si divertivano giocando nel giardino della sua villa. Guardandoli di nascosto Crystal veniva sempre presa da un fiotto di gelosia che non riusciva a capacitarsi. Dopotutto lei aveva splendidi abiti, partecipava a sontuose feste e... era sola. Quando non seguiva la lezione di etichetta, di matematica o di musica era sempre sola.
A nessun bambino della villa era permesso incontrarla, per nessuna ragione al mondo.
Crystal era cresciuta al riparo delle mura domestiche, lontana dalla corte reale e dalle sue spie. A volte capitava che andassero a far visita a qualche altra famiglia aristocratica ed allora otteneva il permesso di giocare con qualche bambino di sangue blu. Tuttavia, escludendo quei rari momenti e le serate di teatro, Crystal era cresciuta in un'accecante gabbia dorata.
La ragazza sospettava che i suoi genitori la tenessero così vicina e sotto la loro ala protettrice perché era stata la loro unica figlia. Non v'erano altri eredi: dopo la sua nascita i medici avevano dichiarato non ci sarebbero stati.
Perdendosi nei ricordi, Crystal tentò d'allontanare le mani dal capitano, che però strinse ulteriormente la presa.
"Capitano, non credo sia il caso che lei continui a tenermi le mani con tale..." lasciò la frase a metà e il respiro le si fermò in gola.
William si era portato il dito ferito alle labbra e con i denti sembrava che stesse cercando di toglierle la spina.
Allarmata per tale gesto, Crystal tirò bruscamente il braccio verso di sé.
"L-Lasciatemi!" balbettò a disagio. Con il volto in fiamme guardò sconvolta il sorriso beffardo di William.
"Tranquilla micetta, non avevo intenzione di mangiarti." mormorò allusivo. Si passò la lingua sulle labbra con fare provocante, poi come se avesse perso ogni suo interesse s'allontanò.
Crystal si chiese quante donne fossero cadute ai piedi di quel pirata. Certo, non poteva negare che fosse affascinante, ma la sua arroganza e maleducazione le davano il voltastomaco. Lo detestava per ciò che aveva fatto e ancora non sapeva il motivo per cui era stata rapita.
"Sicuramente per ottenere un riscatto." ragionò tra sé.
Osservò la posizione del sole, asciugandosi il sudore, e ricordò come il capitano Glover le avesse spiegato che a quel punto nel cielo corrispondesse il mezzogiorno.
Fino a quel punto a Crystal non era neanche passata per la mente l'idea del pranzo, ma quando giunse a quella conclusione si rese conto che il suo stomaco reclamava qualcosa con cui riempirsi. Non sapendo se le fosse permesso chiedere del cibo o ad averne diritto in quanto prigioniera, Crystal si rannicchiò sul ponte del Poseidon, accarezzata dai raggi solari.
Sobbalzò, quando Eylin la raggiunse offrendole della carne essiccata. Le porse il piatto dal colore verdognolo e Crystal si rese conto che non ci sarebbero state posate con cui mangiare. Afflitta da quella situazione ma ancora di più per la fame, si decise ad ingerire qualche boccone.
"Grazie." disse quando la ragazza si sedette al suo fianco.
"Non c'è di che." rispose. Eylin le fece un sorriso incoraggiante e Crystal non poté che ricambiare di fronte alla gentilezza della sconosciuta. "Dev'essere duro per te." intervenne.
Crystal annuì silenziosamente portandosi le mani ai ginocchi.
"Sai, io non sono sempre stata così, un pirata intendo. Mi sono unita alla ciurma dopo che William mi aveva salvata da un gruppo di pirati spagnoli." spiegò con un velo di tristezza nello sguardo.
"Salvata?" domandò Crystal, ora, maggiormente interessata alle vicende di Eylin.
"Sì" proseguì con tono nostalgico. "William mi salvò da un venditore di schiavi che voleva portarmi in America."
"Nelle piantagioni di cacao?" intervenne Crystal.
"Probabilmente." disse mangiando anche lei delle fette di carne. Crystal ne assaggiò una e dovette ammettere che erano piuttosto saporite per non essere cibo britannico.
In quel momento Crystal sapeva che per buona maniera non avrebbe dovuto indagare oltre il passato di Eylin, se questa non avesse proseguito il discorso da sé, ma la curiosità ebbe la meglio e la ragazza fece di tutto per farsi rivelare qualcos'altro. Tuttavia Eylin fu irremovibile e Crystal dovette rassegnarsi.
"Come faceva William a sapere chi fossi?" domandò la ragazza inglese.
Eylin sorrise e scosse la testa. "Pensi che avremmo attaccato un veliero inglese senza sapere prima chi ci fosse a bordo?" chiese.
Crystal si limitò a fissare la ragazza. "Cosa volete fare con me?" domandò, comprendendo le parole di Eylin. "Cercate una ricompensa da mio padre? Certamente non avrà problemi a darvela." rivelò.
"Non so niente di tuo padre, ma so che William vuole affidarti ad alcuni spagnoli in cambio di una sostanziosa cifra." spiegò Eylin, indicando distrattamente il mare.
Crystal tremò. Sapeva bene come venivano trattati i prigionieri inglesi dagli spagnoli e decise che avrebbe trovato un modo per sfuggire a quel destino prima che arrivasse quel momento. Non sapeva come avrebbe potuto fare, ma non aveva dubbi che in qualche maniera lei sarebbe fuggita dal Poseidon.
"Perché?" domandò. "Voi pirati non dovreste saccheggiare velieri e mettervi alla ricerca di qualche antico tesoro?" continuò stringendo i pugni. I capelli castani le caddero sul volto e per alcuni istanti Crystal non ebbe il coraggio di guardare Eylin negli occhi.
"Hai ragione, ma vedi, William..." si portò la mano alla bocca come a volersi impedire di proseguire. "Mi dispiace." Eylin le afferrò la mano e la strinse nella sua.
"Il vostro capitano deve odiare molto gli inglesi." commentò Crystal abbassando il tono di voce.
"È così..." concluse Eylin malinconica.
Restarono sedute, una accanto all'altra, per diversi minuti, ammirando il cielo azzurro unirsi al blu cobalto del mare. Non parlarono di nulla e Crystal rimase un po' delusa dall'improvviso distacco di Eylin.
Curiosa, Crystal si domandò il motivo per cui William disprezzasse tanto l'Inghilterra ed il popolo che l'abitava. Inoltre per qualche strana ragione sentiva d'aver già osservato il pendente che il capitano teneva al collo, ma i suoi sforzi per ricordarsi dove l'avesse visto furono tutti vani.
Un pirata s'avvicinò alla loro direzione e solo quando fu a pochi passi da loro Crystal capì che si trattava di Alejandro. La benda che portava sull'occhio destro doveva essere stata cambiata dal proprietario perché in quel momento non era più nera, ma di un acceso rosso sangue.
Alejandro doveva avere una quarantina d'anni, i capelli lasciavano intravedere qualche ciocca grigia e le mani erano talmente rovinate da far pensare ad un vecchio. Crystal pensò che quell'uomo doveva averne viste di tutti i colori nella sua vita. Si chinò verso di loro con un luminoso sorriso ed offrì la mano ad Eylin che la utilizzò per mettersi in piedi.
"Alejandro! Non vorrai chiedermi di nuovo dove ho nascosto la tua fiasca di rum!" esclamò indignata. "Bevi fin troppo e prima o poi la tua salute ne risentirà." disse.
"Senti chi parla! Se non sbaglio nella nostra ultima gara sei tu che mi hai sconfitto. Una ragazza come te che si beve tutti quegli alcolici!" la interruppe Alejandro con una strana espressione paterna sul volto.
Crystal si lasciò sfuggire un sorriso, constatando che quella ciurma di pirati non era così crudele come aveva immaginato in principio, naturalmente l'eccezione era costituita dal capitano.
"Ehi, pulcino!" gridò l'uomo nella sua direzione. Crystal si strinse nella spalle consapevole che quello era il nomignolo che le era stato affidato da Alejandro.
Non le dava particolarmente fastidio, ma non comprendeva il motivo per cui non la volesse chiamare con il suo nome.
"Corvo!" gridò un pirata. In risposta Alejandro fece un cenno affermativo con la testa.
Crystal trovò il soprannome perfetto per quel pirata. In effetti alcuni suoi movimenti ed il suo volto potevano rimandare ad un corvo. La ragazza ipotizzò che su quella nave tutti possedessero un secondo nome dato dai membri della ciurma.
Alejandro si voltò verso Eylin. "Vogliamo mostrare a questo pulcino come si combatte?" chiese indicando il ponte della nave.
"Certamente. Sarà un onore sconfiggerti di nuovo, Alejandro." disse Eylin portando le mani al fodero della spada.
"Non esserne troppo certa, Eylin. Ho imparato alcuni trucchetti l'ultima volta che abbiamo fatto porto." replicò imbronciato.
Eylin diede una scrollata di spalle, come se la perdita del compagno fosse assolutamente certa.
Crystal invece spalancò la bocca, sorpresa nel constatare come una donna potesse tranquillamente impugnare un'arma a bordo di quel veliero.
Eylin le fece l'occhiolino e Crystal rimase ad osservare i due mentre prendevano posto al centro del Poseidon. La ciurma si radunò attorno in meno di un battito di ciglia, chi acclamando Eylin chi Alejandro.
In un angolo Crystal notò anche William che sembrava avere un'espressione divertita mentre guardava i due lanciarsi occhiate gelide. In particolare il suo sguardo era spesso concentrato sulla figura di Eylin che parava i colpi di spada con estrema maestria. Crystal aveva assistito a numerosi duelli dimostrativi in Inghilterra e da bambina era stata gelosa dei ragazzi, che a differenza di lei potevano impugnare un simile oggetto. Tuttavia i suoi studi le avevano impedito di presenziare ad ulteriori combattimenti e con il tempo aveva perso qualsiasi tipo di attrazione per le armi.
Tuttavia, mentre osservava il corpo agile e scattante di Eylin, provò una fitta di invidia per quella ragazza che aveva potuto vivere esperienze tanto diverse dalle donne comuni. Ricordava che da piccola, quando la sua balia le leggeva le favole per farla addormentare, immaginava di essere una coraggiosa amazzone, come quelle che si diceva fossero esistite in Grecia. Osservando Eylin non poté che paragonarla a una di quelle antiche guerriere.
Alejandro alzò la spada per colpire Eylin ad un fianco, ma la ragazza parò il colpo e contrattaccò mirando alla spalle dell'uomo. La ciurma si lasciò sfuggire un esclamazione di stupore, poi tornò ad acclamare i due contendenti.
"Rivoglio il mio rum, Eylin!" urlò Alejandro, barcollando all'indietro.
"Ah! Allora è per il rum che mi hai sfidata!" dichiarò soddisfatta la ragazza. "Lo sapevo!" sibilò tra i denti.
"Mi hai scoperto." disse Alejandro con uno strano sorriso dipinto sul volto.
Crystal comprese immediatamente il motivo. Era riuscito a far indietreggiare Eylin fino al secchio che lei aveva utilizzato per pulire la nave e stava cercando di farle perdere l'equilibrio. Sebbene avesse voluto gridarle di fare attenzione Crystal si limitò a stringere i denti.
Eylin indietreggiò ulteriormente e come previsto dal pirata scivolò sul vecchio secchio di legno che la fece cadere a terra. Alejandro approfittò della situazione e le puntò la spada alla gola.
Dagli spettatori si levarono alcuni fischi. La ciurma non era soddisfatta del risultato.
"Ho vinto!" annunciò Alejandro levando in alto la spada.
"Imbroglione!" gli disse Eylin all'orecchio, ma con il volto sereno.
"La prossima volta mi batterai, Pantera!" dichiarò Alejandro stringendole la mano.
Eylin si rimise in piedi e ripose la spada nel fodero.
"Ci puoi scommettere Corvo, ci puoi scommettere." concluse. Diede le spalle ad Alejandro e si diresse verso Crystal che la stava osservando con ammirazione.
"Ehi! Ricordati il mio rum!" le urlò dietro il pirata prima di tornare alle sue mansioni.
Crystal lanciò un ultimo sguardo al capitano William, sorpresa di trovarlo intento a guardarla. La salutò con un ghigno dipinto sul volto ed un breve cenno della mano, poi la ragazza lo vide scendere sottocoperta.
"Piaciuto il combattimento?" la interruppe Eylin sfiorandole una ciocca di capelli.
Crystal portò la sua attenzione sulla fanciulla ed annuì convinta. "Sei stata straordinaria!" esclamò eccitata. "Mi piacerebbe moltissimo essere come te!" continuò.
Eylin sorrise dolcemente. "Posso sempre insegnarti qualche mossa." disse.
Crystal s'immobilizzò all'istante. Non poteva imparare ad usare una spada, era proibito ad una nobildonna inglese!
Fece per rifiutare l'offerta, quando all'improvviso ripensò alla situazione in cui si trovava. Se fosse riuscita a difendersi, probabilmente avrebbe avuto qualche possibilità in più per scappare.
"Maneggiare una spada..." bisbigliò poco convinta. "P-Potrei provare." balbettò imbarazzata. Si chiese quante regole avesse infranto da quando aveva lasciato la "Black Rose".
"Magnifico!" intervenne Eylin con gli occhi lucidi. "Vedrai, sarà un'esperienza meravigliosa!"
Crystal annuì, troppo stupefatta di se stessa per rispondere. "Perché ti chiamano Pantera?" domandò, invece, curiosa di conoscerne il motivo.
"Perché è agile come un felino ed è estremamente abile con qualsiasi tipo di arma!" le spiegò un pirata, piuttosto alto e magro che le passò di fianco.
Crystal annuì e tornò a concentrarsi su Eylin. "Quando cominciamo?" chiese impaziente di sperimentare quell'attività.
Eylin le strinse la mano e la luce che Crystal lesse nei suoi occhi fu sufficiente per rispondere a qualsiasi domanda.

 


 

News 16/06/12: Un grazie di cuore a Emma Wright che ha betato il capitolo! 





Un saluto a tutti quelli che mi seguono! Vorrei ringraziare le persone che hanno aggiunta la storia tra preferiti-seguite-ricordate, siete davvero tantissimi*-*
Inoltre un ringraziamento speciale alle persone che hanno lasciato una recensione! Vi ringrazio di cuore^.^
A presto! Fatemi sapere cosa ne pensate!!!

 

 

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Romantico
Pirates-L'ombra del tradimento

Opera National-Ricatto d'amore

Vampiri

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Capitolo 4
*** Passioni e desideri ***






03

Passioni e desideri

 


 

Fino al giorno in cui era salita sul Poseidon a Crystal non era mai sfiorata l'assurda idea d'imparare ad utilizzare una qualsiasi arma per proteggersi. In Inghilterra c'erano al suo fianco le guardie personali assunte da suo padre, mentre a bordo della "Black Rose" era sorvegliata dai membri della marina britannica.
Tuttavia, Crystal non aveva neanche mai ipotizzato che un giorno sarebbe potuta essere catturata da una ciurma di pirati. Di conseguenza aveva cominciato a pensare in una maniera del tutto nuova. Cose che in precedenza avrebbe considerato assurde e comportamenti prima inopportuni ora le sembravano inevitabili e necessarie per la sua sopravvivenza.
In passato aveva avuto dei sogni, sogni che suo padre aveva prontamente deciso di infrangere prima che potessero sbocciare. All'età di otto anni Crystal s'era vista in un teatro di Londra con indosso un semplice vestito celeste, simile a quello che indossava sua madre, che incantava il pubblico con la sua voce. La sua balia, Margaret, le aveva detto che possedeva la voce di un usignolo e che nessuno possedeva una voce tanto limpida. Quando aveva raccontato a suo padre il suo desiderio lui aveva smesso di chiamare la sua insegnante di canto.
A quattordici anni aveva sognato di poter aiutare la gente diventando un medico ed aveva cominciato a leggere numerosi trattati sulla medicina.
"Un medico?" aveva esclamato indignato. Per un istante aveva riposto la sua preziosa pipa sul tavolino ed aveva osservato la figlia come se non l'avesse mai vista davvero fino ad allora. In seguito era scoppiato a ridere ed aveva dato l'ordine di bruciare tutti i libri di medicina presenti nella casa.
Dopo quell'episodio Crystal non gli aveva più rivolto la parola per una settimana e s'era rifiutata d'incontrarlo, qualunque fosse stata la ragione per cui voleva interpellarla.
Aveva abbandonato i suoi sogni in nome della casata Shevington e per volere dei suoi genitori.
In piedi di fronte ad Eylin che sembrava la persona più soddisfatta e felice della sua vita si sentì improvvisamente come una mosca di fronte ad un gigante. Malgrado avesse tutto, in realtà non possedeva assolutamente nulla. Non aveva amici, o meglio, nessuno che potesse considerare tale. Per la prima volta si chiese se Eylin sarebbe potuta diventare sua... amica.
Crystal si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio ed attese che Eylin le porgesse la sua spada. Era un'arma semplice con incisa la lettera del nome della ragazza sull'impugnatura.
Quando la spada finì tra le mani insicure di Crystal, la ragazza la lasciò scivolare lungo le assi di legno. Ansimando e cercando di fare forza sulle gambe provò a sollevarla, ma senza ottenere alcun risultato.
"Q-Quanto pesa!" balbettò ansimante.
Eylin scoppiò a ridere e così fece qualche altro pirata che era rimasto ad osservare la scena.
"Temo che cominciare con l'uso della spada sia troppo complicato." disse Eylin facendo un giro completo intorno a Crystal. "La tua forza fisica è troppo debole per sostenere la lama." spiegò.
Crystal si lasciò sfuggire un sospiro. Aveva sperato troppo presto di riuscire in quell'impresa. In fatto di studio era sempre stata piuttosto brava, ma la stessa cosa non si poteva dire per l'attività fisica. Crystal amava cavalcare, era piuttosto brava, ed una volta un suo cugino le aveva insegnato a tirare con l'arco, ma non poteva dire di possedere una gran forza.
"Tranquilla!" esclamò Eylin distraendo la ragazza dai suoi pensieri. "Anche per me è stata dura all'inizio, ma ammiro molto il fatto che tu voglia provare!" continuò.
"Forse dovrei lasciare perdere." intervenne Crystal.
Sì, pensò, forse avrebbe fatto bene a smettere, come aveva fatto per ogni altro suo desiderio.
"Non dirlo più" commentò Eylin. "Non le sopporto le persone che dicono questo prima di tentare nell'impresa. Potrai dirlo solo, quando e se, ti renderai conto che manovrare una spada va oltre le tue capacità."
Crystal la guardò con un misto di timore e rispetto. "Una volta avrei voluto diventare un dottore."
Eylin la guardò con una strana espressione imbronciata. "Una volta?" chiese. "Non vuoi più diventarlo?"
Crystal sbuffò, osservando la calma piatta del mare. Con il dito cerchiò il contorno del sole e con lo sguardo vacuo ripensò al suo passato. "Questo va contro le regole..." bisbigliò.
Eylin sbuffò e prese in mano l'arma che Crystal aveva lasciato cadere a terra. "Sbagliato!" esclamò, puntando la lama sul collo pallido della ragazza. "Qui non esistono regole.
Dimenticale!" ordinò sbrigativa.

"N-Non esistono regole." ripeté Crystal pensierosa. Un tenue sorriso illuminò il suo volto e si apprestò a seguire Eylin verso il bordo della nave, appoggiandosi al parapetto.
"Posso chiederti una cosa?" domandò all'improvviso.
"Certo." Crystal osservò alcuni piccoli pesci rossi che stavano nuotando al fianco del Poseidon.
"Eri felice dove abitavi, in Inghilterra intendo."
Una folata di vento spinse i capelli di Crystal all'indietro e la ragazza non potè che esprimere una nota di stupore per quell'insolita domanda.
Mille domande s'affacciarono nella mente della ragazza. Era stata felice? Era soddisfatta della sua vita? Si sentiva completa?
"Non ne sono sicura..." mormorò timorosa.


La sera aveva portato con sé la pioggia ed Eylin aveva accompagnato Crystal in una piccola stanza che era usata per le provviste. Era uno spazio angusto, illuminato solo da un piccola finestrella posta piuttosto in alto rispetto la parete.
Gli scaffali erano semivuoti e così Crystal comprese il motivo per cui il capitano aveva dato ordine di fare porto il prima possibile.
In un angolo erano state portate alcune coperte e lanciando un'occhiata ad Eylin Crystal capì che sembrava imbarazzata.
"Scusa, è tutto quello che William mi ha concesso darti." spiegò portandosi una mano alla testa.
"Ti ringrazio."
"La stanza di William è quella accanto a questa. Lui vuole poterti tenere sempre d'occhio." spiegò. Le mani le scivolarono inermi lungo i fianchi.
"Come se potessi tagliargli la gola mentre dorme." commentò sarcastica Crystal.
Eylin scoppiò a ridere poi la salutò dicendole che non si sentiva bene.
Crystal perlustrò quella sorta di prigione da cima a fondo. Aveva scoperto la presenza di due ragni negli angoli, il cadavere di una mosca e un immenso accumulo di polvere sotto i ripiani delle provviste.
Alla fine aveva deciso di sedersi e d'ascoltare il rollio della nave cullata dalle onde. Aveva smesso di piovere e Crystal trovò confortante la presenza di qualche tenue raggio lunare filtrare dalla piccola finestra.
S'addormentò facendo sogni agitati e si risvegliò con la fronte sudata quando ancora era notte.
Tremando di freddo e di paura s'impose di restare calma e chiuse gli occhi portando alla mente la sua patria, l'Inghilterra. Ricordò i profumi delle piante, il verde dei prati ed i fiumiciattoli che la percorrevano.
Poi il silenzio fu infranto da alcuni suoni. Sospiri e gemiti di passione riempirono la stanza e Crystal dovette coprirsi la bocca con le mani per evitare di liberare qualche grida inopportuna.
I rumori provenivano dalla camera del capitano e Crystal non ebbe dubbi sul fatto che Eylin fosse con il pirata. Per qualche ragione provò uno strano dolore al petto, ma scacciò immediatamente quella spiacevole sensazione.
"Will..." quel nome pronunciato da Eylin in modo tanto dolce e sincero la fecerò maledire per l'ennesima volta il suo arrivo sul Poseidon.
Quando un grido più alto si udì tra le pareti del veliero Crystal si portò le mani alle orecchie, imbarazzata.
Quello che stava accadendo nell'altra stanza non avrebbe dovuto colpirla più di tanto e si chiese se il perché fosse dovuto al suo rapporto con Eylin.
Naturalmente sapeva bene quello che stava succedendo tra i due pirati. Sua madre le aveva spiegato fin da bambina quello che poteva avvenire tra un uomo ed una donna se questi provavano reciproca attrazione fisica. Crystal non si era mai spinta così oltre, ma era già avvenuto che baciasse un uomo. In verità i suoi baci poteva contarli sulle dita della mano: erano stati cinque, non uno di più e non uno di meno, anche se uno di questi non si poteva considerarlo tale.
Intenta a riflettere non si era accorta che i gemiti erano finiti e finalmente poté tirare un sospiro di sollievo. Le mani le caddero mollemente lungo il fianco, poi si ricoprì velocemente con la coperta.
Non riuscì più a chiudere occhio per il resto della notte e quando i primi raggi del sole spuntarono Crystal cadde nella tentazione di mangiare una mela che aveva trovato nella sua esplorazione della dispensa.
Quando in mano le rimase solo il torsolo si sentì un po' in colpa, ma data la situazione in cui quei pirati l'avevano cacciata non si pentì del suo gesto. Infilò la prova del suo piccolo furto in una tasca dei pantaloni e decise che se ne sarebbe liberata gettandola nel mare.
Fece per alzarsi, con i muscoli che le dolevano ovunque, quando la porta si spalancò, provocando un gran chiasso, e comparve Alejandro.
"Buona giornata, pulcino!" esclamò, mostrando davanti a sé un piatto pieno di una strana sostanza.
Crystal fece un passo all'indietro e si tappò il naso, pronta a rimettere se quella cosa si fosse avvicinata oltre. Dall'odore lo identificò come pesce e se c'era un'altra cosa che Crystal aveva imparato a detestare nel suo viaggio era proprio quella.
I primi giorni a bordo della "Black Rose" aveva potuto mangiare ogni tipo di pietanza, ma con il tempo il cibo principale era diventato il pesce pescato dal veliero.
"Ti ho portato la colazione!" esclamò trionfante, mostrandole per l'ennesima volta il pasto. "Certo mi mancavano alcune spezie, ma sono comunque soddisfatto di..."
"Sei tu il cuoco?" lo interruppe Crystal che in quella brodaglia di pesce non vedeva nulla di promettente.
"Come? Non s'era notato?" domandò Alejandro ironicamente.
"Questa mattina non sto molto bene, credo che dovrò rifiutare." disse, portandosi le mani allo stomaco.
"Oh! Capisco." replicò il pirata con un tono di voce deluso. "Però c'è sempre il pranzo!" commentò entusiasta.
Crystal gli sorrise fiduciosa, facendo un cenno con il capo. Dopo che se ne fu andato si lasciò sfuggire un sospiro e si domandò se avesse il permesso di uscire da quella stanza.
S'avvicinò con cautela alla porta ed aspettò che qualche pirata passasse per chiedergli informazioni. Non aveva il coraggio di bussare alla porta di William e ancora di meno guardarlo in faccia dopo quanto era accaduto la notte precedente.
Giocherellando con una ciocca dei suoi capelli attese pazientemente.
Poi la porta del capitano s'aprì e Crystal sentì il corpo irrigidirsi per la tensione. Era socchiusa e sbirciando la ragazza poté osservare William seduto dietro a una piccola scrivania che scriveva qualcosa su della carta
Crystal notò che per essere un pirata, non solo sapeva scrivere, ma dai movimenti della mano doveva possedere una calligrafia piuttosto elegante.
Trattenne il respiro quando per un attimo temette che William l'avesse vista, ma lui sembrò non farci caso e continuò il suo lavoro.
Lentamente, senza osare fare alcun rumore, Crystal tornò davanti alla porta della sua stanza e dopo pochi minuti vide Eylin raggiungerla.
"Cosa fai qui? Come mai non sei sul ponte? Ti stavo aspettando." spiegò con un aria imbronciata. Quel giorno i suoi corti capelli, neri come la notte, erano legati con un nastro verde e gli occhi sembravano brillare di entusiasmo.
Crystal ipotizzò che quella vitalità fosse dovuta alla notte d'amore che aveva appena trascorso con il capitano.
"Non sapevo potessi uscire." Crystal giocherello con le dita delle mani imbarazzata. Si domandò perché su quel veliero le cose fossero così complicate.
Eylin le fece segno di seguirla e salirono sul ponte del Poseidon. Una leggera brezza soffiava dal nord e Crystal l'assaporò con entusiasmo. Chiusa in quello sgabuzzino per tutta la notte aveva respirato solo aria vecchia ed ammuffita. Con un rapido movimento estrasse il torsolo della mela e lo gettò in mare.
"Credo che possiamo iniziare gli allenamenti." annunciò Eylin accorciandosi le maniche della camicia.
Crystal annuì, sebbene i muscoli delle braccia le dolessero per lo sforzo del giorno prima. La ragazza estrasse dal fodero la propria spada e la consegnò a Crystal che come la volta precedente non riuscì a sostenerne il peso.
"Per prima cosa dovrai irrobustire i muscoli delle braccia." spiegò assumendo un tono di voce più profondo. "Farai cadere a terra la spada ed ogni volta la raccoglierai." continuò, perfettamente calata nel suo ruolo di insegnante.
"Bene." acconsentì Crystal, sebbene il suo volto fosse pallido come un lenzuolo. La ragazza aveva la vaga sensazione che non sarebbe sopravvissuta a lungo con quegli esercizi.
La mattina trascorse con una lentezza insopportabile per Crystal, costretta a reggere l'arma senza mai un attimo di pausa. Quando Alejandro uscì sul ponte per annunciare la pausa pranzo Crystal non era in più in grado di controllare le sue mani che tremavano continuamente per lo sforzo appena compiuto.
"Fra qualche ora passerà." le sussurrò Eylin. Crystal non commentò, troppo preoccupata che le sue mani sarebbero rimaste per sempre in quelle condizioni.
Mentre Alejandro serviva dell'altro pesce alla ciurma, Crystal trovò riparo dietro ad alcuni barili di rum e birra e si nascose dal resto dei pirati.
Era esausta, sola e lontana da casa. Per la prima volta da quando era salita sul Poseidon le lacrime scivolarono lungo il suo viso.
Crystal reprimette un singhiozzo e con la vista annebbiata rimase a fissare il mare.
La sua superficie risplendeva come diamante dov'era colpita dai raggi solari.
"Voglio tornare a casa." mormorò nostalgica.
"Vi siete mai soffermata a pensare che esistono persone senza più una casa?"
Crystal sobbalzò sentendo la voce di William alle sue spalle. Non si voltò per rispondere, ma si limitò a fissare le assi del Poseidon.
"Cos'altro volete da me?" gridò alzandosi in piedi. "Mi avete rapita, mi avete condotta alla vostra nave e presto mi consegnerete a qualche altro farabutto per soldi! Soldi!" esclamò indignata, sfogando tutta la rabbia che aveva accumulato in quei giorni. "Le persone come voi dovrebbero morire tutte!" concluse mordendosi il labbro.
Lo schiaffo arrivò improvviso e lasciò sul volto di Crystal una sensazione bruciante.
"Siete senza cuore!" gridò allora la ragazza, ferita nell'orgoglio.
Gli occhi di William assunsero una sfumatura più scura, dura come se quella frase l'avesse profondamente ferito.
"Su questo avete ragione." le concesse. "Il mio cuore è stato strappato dal mio petto molto tempo fa, ed è stato uno dei vostri cari concittadini inglesi a farlo!" disse adirato. "Su questa nave voi non contate assolutamente nulla, Lady Shevington. Prendetene atto!" continuò. "Che voi stiate bene o male lavorerete come ogni altro membro della ciurma!" ordinò con i capelli al vento.
Crystal spalancò la bocca. Come osava quel pirata rivolgersi così a lei?
"Voi!Voi siete..." lasciò la frase a metà, stringendo i pugni. "Quando la marina britannica verrà per salvarmi, godrò nel vedere la vostra testa appesa ad un palo!" gridò sorpresa di se stessa.
"Vedremo chi avrà la testa di chi." concluse William lasciandola sola.
Crystal sbatté le palpebre un paio di volte per riuscire a comprendere cos'era appena avvenuto. Davanti a lei i pirati della ciurma la osservavano con una sorta di venerazione e rispetto, come se il solo fatto d'aver parlato in quel modo al capitano le avesse garantito un posto d'onore sul Poseidon.
In un angolo Alejandro scuoteva la testa, mentre Eylin era rimasta letteralmente senza parole. Fu lei la prima a ristabilire l'ordine sul veliero.
"Tornate ai vostri posti!" ordinò. "Qui c'è una nave da manovrare!" esclamò levando la spada al cielo.
La ciurma mormorò qualche parola scontenta, ma tutti i pirati ripresero il proprio lavoro.
"Complimenti Crystal!" disse Eylin dandole una pacca sulla spalla. Una smorfia di dolore attraverso il volto della ragazza. "Scusa, scusa!" s'affrettò a dire la piratessa.
"Mi hai davvero sorpresa! Urlare in quel modo a William quasi fosse un bambino!" disse scoppiando a ridere. "Oh, sono certa che sta morendo di rabbia giù nella sua stanza!"
Crystal balbettò alcune scuse veloce, troppo imbarazzata per ribattere.
"Non pensavo avessi tanto fegato!" continuò Eylin stringendole le mani. "William però te la farà pagare in qualche modo, puoi starne certa! Temo che ti aspettano giorni duri!" disse poco rassicurante.
Crystal abbassò il capo, sconfitta ed amareggiata per un atto tanto stupido che aveva compiuto lei stessa. Odiava l'arroganza di William e ancora di più i suoi modi di fare, eppure ricordò con tristezza era stato proprio lui a salvarle per ben due volte la vita.
"Noi siamo amiche?" domandò all'improvviso cercando lo sguardo di Eylin.
La ragazza sorrise, le strinse la mano ed annuì.
"Certo! Sei una delle poche ragazze con cui ho avuto l'onore di parlare." scherzò
Dopo un attimo di esitazione Crystal decise di domandarle una cosa che si portava sullo stomaco da tutta la mattina.
"Tu... Tu e William..." si fermò. "Insomma, voi due state insieme?" chiese leggermente imbarazzata. Eylin sembrò pensarci un attimo.
"Q-Questa notte tu ci hai s-sentito?" balbettò la ragazza, ora più nervosa di Crystal.
"Sì, cioè... No! No, io non volevo, ma..."
Eylin sospirò e le fece cenno di fare silenzio. "Naturale che non sia colpa tua. Diciamo che io ed il capitano ogni tanto ci divertiamo." spiegò abbassando lo sguardo.
"C-Capisco." rispose Crystal torturandosi le mani. "Ti prego di perdonarmi se ti ho messo in imbarazzo." aggiunse velocemente.
"Credo che tra di noi l'unica in imbarazzo sia tu!" replicò Eylin scoppiando nuovamente a ridere.



I giorni successivi Crystal seguiva prima gli allenamenti che le impartiva Eylin, poi aiutava Alejandro nella cucina e puliva il Poseidon, esattamente come le aveva ordinato William. Erano trascorsi quattro giorni dal suo arrivo sul veliero e quel pomeriggio Eylin le annunciò che il giorno successivo si sarebbero fermati per fare rifornimenti su un piccolo isolotto.
Mentre tagliava delle carote per conto di Alejandro annuì grata all'amica e con sollievo pensò al tentativo di fuga che avrebbe potuto mettere in atto. Con un po' di fortuna, si disse, avrebbe trovato qualcuno disposta ad aiutarla tra la gente del posto.
Sul tavolo opposto al suo, circondato da padelle consumate, piatti sbeccati, e decine di pesci diversi, Alejandro stava pulendo alcuni animali per permettergli di cucinarli.
Dopo aver assaggiato per la prima volta uno dei suoi piatti, Crystal aveva dovuto ammettere che il pirata aveva un talento innato per la cucina. Le spezie erano sempre presenti al punto giusto ed il sale quanto bastava per rendere i cibi saporiti.
"Vi lascio alla preparazione della cena!" gridò Eylin con un breve saluto della mano.
"Attenta pulcino!" esclamò Alejandro allarmato. "Così finirai per tagliarti un dito!"
Crystal lasciò cadere il coltello automaticamente e notò che effettivamente avrebbe potuto tagliarsene uno senza nemmeno rendersene conto.
Tirò un sospiro di sollievo e ringraziò il pirata per averla avvertita in tempo.
"Ora aiutami con questo pesce."
"Hai sempre fatto il cuoco Alejandro?" gli domandò curiosa di sapere altre informazioni sullo spagnolo.
"Prima di unirmi alla ciurma? No, ero un pescatore. Non hai ancora notato la mia passione per il pesce?" Un'ombra passò sul suo viso e Crystal s'affrettò a cambiare argomento.
"Allora, come dicevi che si cucina questo tipo di, di... Com'è che si chiamava?"
Il Corvo sorrise e tornò a spiegarle la sua ricetta segreta.

 

 

Devo dire che sono piuttosto soddisfatta di questo capitolo, per di più, per ora è sicuramente il più lungo che abbia scritto. Grazie mille a chi ha recensito e aggiunto la storia tra preferiti-seguite-ricordate!
Se avete qualche minuto, sarai davvero onorata se vorreste leggere la nuova storia di genere romantico che ho pubblicato: qui
A presto^.^


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Capitolo 5
*** Piano di fuga ***






04

Piano di fuga

 

 

Nelle prime ore del giorno Crystal rimase rannicchiata sul ponte del Poseidon gustandosi quei pochi attimi di tranquillità che precedevano l'inizio dell'attività piratesca. La solitudine aveva scavato un baratro profondo nel suo cuore e neanche la compagnia di Eylin o di Alejandro riuscivano a scuoterla dai suoi pensieri.
La Black Rose era un ricordo persistente che la sommergeva di tristezza. Non sapeva se i passeggeri a bordo si fossero salvati, ma se considerava l'incidente che era accaduto non vedeva molte speranze per loro.
L'idea che potesse essere sua la causa di quelle vittime le scuoteva l'anima in maniera sconvolgente.
S'impose di respirare con più tranquillità e di guardare l'orizzonte davanti a sé. L'alba era comparsa da pochi minuti e la luce del sole si faceva via via più intensa.
Le vele nere del Poseidon si muovevano lentamente, mosse da una leggera brezza, e Crystal pensò come quel veliero emanasse una sensazione di disagio. Non solo per il nome che gli era stato dato, ma anche per la sua aria tetra, con le assi scure, l'equipaggio bizzarro e il terribile capitano William.
Si ritrovò a chiedersi quale fosse il soprannome che era stato dato a William e se possedesse un cognome.
Osservò l'uomo di vedetta in cima all'albero maestro che s'era messo in allerta e poco dopo lo sentì gridare a gran voce: "Terra!"
Quella parola si prolungò per un tempo che a Crystal parve infinito e lei lasciò che il suo significato più profondo mettesse radici nella sua mente. Nascondendo un brivido d'eccitazione decise che quella era la sua occasione per tentare la fuga.
I suoi pensieri andarono subito all'Inghilterra e alla gioia che avrebbe ritrovato una volta abbandonato quei mari.
Quando vide che ogni membro della ciurma, compreso William era salito sul ponte e che nessuno le stava prestando attenzione, Crystal sgattaiolò furtiva nella stiva della nave. Con le mani che le tremavano ed il passo incerto si diresse nell'unico luogo dove era sicura di potersi procurarsi un'arma, della carta e dell'inchiostro.
Il cuore le batteva così violentemente che per un attimo temette che qualcuno avrebbe potuto udirlo.
Scendendo le scale scricchiolanti e camminando sulle assi malferme finalmente trovò la porta che stava cercando. Era stato Alejandro a parlarle di quel posto e Crystal non poté far altro che essergliene grata.
L'unica fonte di luce proveniva da una minuscola apertura sul fianco del veliero e Crystal dovette fare un grande sforzo per individuare il chiavistello che teneva chiuso la porta.
Quando le sue mani si chiusero sull'impugnatura di ferro, Crystal iniziò a spingere con tutta la forza che possedeva. Dovette fare alcuni tentativi, ma alla fine la porta si spalancò permettendole di vedere l'accumulo di tesori ed armi che i pirati tenevano nascoste sul fondo del Poseidon.
Deglutendo per la sorpresa s'incamminò lungo una fila di anfore antiche, riempite di gioielli e pietre preziose fino all'orlo, e si diresse nell'angolo dove erano state accatastate armi di ogni sorta. Spade, pugnali, pistole, polvere da sparo ed anche dei cannoni si trovavano nello spazio più buio di quella stanza che odorava di muffa. Torcendo il naso per il disgusto, Crystal, afferrò un paio di pugnali e li nascose tra le pieghe dei suoi vestiti.
Pensando alla sua fuga decise che avrebbe fatto bene a portare con sé anche del denaro e tornò indietro per prendere qualche oggetto d'oro e delle monete.
Infilò la mano in una delle anfore colme di ogni ricchezza e fece per portarsela in una tasca. Fu in quell'istante che sentì il freddo metallo di una punta di spada sfiorarle il collo ed osservò un rivolo di sangue macchiare la sua camicia verde.
Paralizzata dalla paura ci mise qualche secondo per rendersi conto della situazione in cui era andata a cacciarsi.
Deglutì, consapevole che un qualche pirata l'aveva trovata mentre stava rubando il bottino che apparteneva al Poseidon e alla sua ciurma. Terrorizzata si domandò quale sarebbe stato il suo fato. Pensò che probabilmente sarebbe stata uccisa. Non avrebbe più potuto rivedere l'Inghilterra e sarebbe morta in mezzo al mare. S'immaginò sul fondo delle acque, circondata da pesci di ogni genere e dimensione.
Prese un profondo respiro e si costrinse a tornare alla realtà. Dopotutto possedeva due pugnali con sé e forse sarebbe riuscita a fuggire dal Poseidon in un modo o nell'altro.
Crystal avvertì il respiro di un uomo solleticarla vicino all'orecchio.
"Vi avevo avvertito che sareste dovuta rimanere al vostro posto" bisbigliò William.
"Mi state minacciando, signor capitano?" chiese Crystal cercando di mantenere fermo il suo tono di voce.
"Ti sembro forse il tipo che minaccia delle giovani donne?" le chiese ironicamente avvicinando il suo volto al suo.
"Temo che sia così, in effetti. Altrimenti per quale assurdo motivo un gentiluomo come voi mi starebbe puntando una spada alla gola?"
"I motivi sono molti. Ad esempio, sareste in grado di spiegarmi perché vi trovate in questa zona della nave e perché state cercando di rubare il bottino dei miei uomini?" replicò lui.
I suoi capelli biondi sfiorarono la guancia di Crystal e la ragazza si ritrovò a pensare a quanto fossero soffici.
"M-Mi sono persa.” rispose, consapevole che quelle parole sembravano false persino a lei.
William la prese per le spalle e la fece girare nella sua direzione. Come le era capitato
ogni volta che aveva dovuto guardarlo negli occhi, Crystal, avvertì una strana sensazione che la imbarazzò. Osservare quelle iridi verdi era ogni volta una tortura. Era come guardare uno squarcio di Inghilterra e poi essere rimandati con violenza nella situazione che stava vivendo.

Quando i loro corpi furono così vicini da potersi toccare Crystal emise un lungo sospiro.
"Non credete che in una tale situazione, un uomo potrebbe facilmente abusare di voi?” chiese malizioso, accorciando ulteriormente la distanza che separava i loro visi.
Crystal sentì il battito del suo cuore accelerare quando avvertì il fiato di William sulle sue labbra. Velocemente girò la testa di lato e premette le mani sul petto del pirata nel tentativo di allontanarlo da lei.
"Non vorrete mettervi ad urlare, lady Shevington.” disse William portandosi una ciocca dei suoi capelli castani alle labbra.
Crystal scosse energicamente la testa, cercando una qualunque scusa che potesse separarla dal capitano. Tremando frugò tra i suoi vestiti alla ricerca di uno dei pugnali che aveva nascosto.
"C-Capitano.” balbettò la ragazza, indietreggiando di un passo.
William si allontanò con un cenno della mano ed infilò il braccio in un anfora piena di gioielli. Quando lo distese era ricoperto di perle, rubini e zaffiri.
Crystal gli rivolse un’occhiata dubbiosa. Non riusciva a capire quel gesto improvviso e quasi temette quello che avrebbe sentito pronunciare dalla bocca del pirata.
"Quando siete entrata qui, non vi siete chiesta come il Poseidon sia entrato in possesso di questi tesori?” domandò, giocherellando con alcuni rubini.
Crystal annuì, lo sguardo rivolto al pavimento e le mani chiuse a pugno. Naturalmente aveva fatto alcune supposizioni, le peggiori riguardavano la possibilità che quei preziosi manufatti e gioielli provenissero da navi mercantili inglesi. Certamente i pirati avevano commesso molti atti infami e crudeli per poter ottenere quel ricco bottino. Non s’era illusa pensando che sotto quei meravigliosi sorrisi, Eylin non nascondesse nulla. Aveva sperimentato lei stessa le sue abilità con la spada.
"Me lo sono chiesta.” convenne Crystal.
"Dunque vi rendete conto che tentare di rubare oggetti che ci appartengono o provare a fuggire sia un’inutile perdita di tempo.” continuò William, rimettendo a posto i gioielli.
Il pirata fece scivolare la spada sul pavimento e vi s’appoggiò sopra con i gomiti riprendendo a fissare la ragazza.
"Non volete sapere quanti cittadini inglesi ho ucciso?”disse, poi s’interruppe un istante. “O forse, avete paura di saperlo?”chiese beffardo.
Crystal fece per ribattere, ma si limitò a mordersi le labbra. Non aveva intenzione di stare al gioco di William che tentava di umiliarla continuamente.
"Ma quanti ufficiali inglesi hanno dato del filo da torcere a voi ed ai vostri uomini?” commentò, infine, compiaciuta.
Esultò quando vide William serrare la mascella. Il suo sguardo, freddo e letale quanto quello di un leone, la fece indietreggiare nuovamente.
Ci fu un fruscio ai loro piedi. Crystal s’appoggiò alla parete mentre osservava con crescente disgusto un grosso topo passeggiare nella stanza. Cercando di tenersi il più distante possibile s’accorse che l’animale era diretto nella sua direzione.
"Portatelo via!” urlò a William che fece palesemente finta di non averla sentita.
"Se ne andrà, o uno dei gatti verrà a dargli la caccia.” commentò il pirata.
Crystal deglutì non ricordando di aver mai visto un solo felino all’interno della nave fino a quel giorno.
"Aspettate! Non lasciatemi sola!” gridò Crystal, vedendo che William s’era allontanato di qualche passo.
Il pirata parve apprezzare la situazione perché le rivolse un sorriso d’incoraggiamento. “Sono certo che il topo non vi mangerà.” disse. Crystal rabbrividì al solo pensiero che uno di quegli animali potesse anche solo sfiorarle i vestiti.
Fu proprio mentre stava pensando a quella spiacevole situazione che un secondo ratto sbucò all’improvviso da dietro un vaso di ceramica e si trascinò lentamente e squittendo verso la nobildonna.
Crystal si lasciò sfuggire un grido d’orrore e con un balzò si spostò in avanti. Si rese conto troppo tardi del suo errore: scivolando nei suoi stessi piedi era finita a terra tra le braccia di William che la fissava stupefatto.
Ansimando ci mise qualche minuto per rendersi conto della posizione in cui si trovava. Era pericolosamente appoggiata al petto del pirata, i capelli le erano scivolati in avanti coprendo il volto di William e Crystal ringraziò il cielo per non riuscire a scorgere il suo volto. Sotto di lei poteva sentire il corpo irrigidito del giovane uomo.
In imbarazzo balbettò le prime parole di scuse che le vennero in mente, cercando nel contempo di allontanarsi da William. Con una velocità sorprendente spostò una prima mano lungo il pavimento del Poseidon ed alzò il volto per liberare il pirata dai suoi capelli. La gamba si mosse subito dopo, mentre con uno sguardo fugace vide gli occhi di William brillare di una strana luce.
Deglutendo, cercò di non pensare a quello che le avrebbe potuto dire suo padre se l’avesse vista in una situazione simile. Pochi istanti dopo, notò con sollievo che William era riuscito a rotolare di lato e che si stava mettendo nuovamente in piedi.
"Avete mai pensato di mettervi a dieta?” chiese William con l’intenzione di offenderla.
Crystal fece finta di non aver sentito quell’ennesima presa in giro del pirata. Si rimise in piedi, sistemandosi distrattamente i vestiti. Troppo tardi si rese conto che i due pugnali che aveva nascosto erano scivolati fuori dai suoi vestiti.
"Siete una donna inglese o molto stupida o troppo avventata.” le girò intorno come un avvoltoio studiandola attentamente. “ O forse, vi ritenete coraggiosa? Sappiate che il coraggio non ha mai ripagato gli eroi. La maggior parte di loro è morta prima del tempo.” commentò acido.
"Non credo di appartenere a nessuna di queste categorie.” si lasciò sfuggire Crystal.
"Vi concedo il fatto che siete interessante.” annunciò.
"Le vostre parole dovrebbero, forse, farmi sentire meglio?" domandò esasperata.
"Sì." fu l’unica parole che disse.
Alcuni passi che s’avvicinarono distrassero Crystal dai suoi pensieri. La porta si aprì cigolando ed Eylin entrò con un espressione di sollievo sul volto.
"Vi stavo cercando. Temevo che vi foste uccisi a vicenda.” commentò per alleggerire la tensione che si respirava in quel posto.
Crystal si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo e s’avvicinò alla ragazza. Eylin le posò un braccio sulla spalla e le sorrise incoraggiante. “Alejandro ha chiesto se potevi dargli una mano in cucina.” spiegò.
Crystal annuì e s’affrettò a lasciare quel luogo. Prima di allontanarsi lanciò un’ultima occhiata al pirata.

 

 

Mentre le due ragazze parlavano, William, era rimasto in silenzio e s’era chinato per raccogliere i due pugnali che Crystal aveva tentato di rubare. Aveva stretto la loro presa e gli aveva lanciati contro le pareti di legno non appena la ragazza inglese s’era allontanata.
Poi le sue mani s’erano chiuse a pugno ed avevano sfiorato la zona del viso che era stata sfiorata dai capelli di Crystal.
Il pirata chiuse un istante gli occhi e si concentrò sul dolce profumo che l’aveva assalito quando la sua prigioniera gli era caduta addosso.
Infuriato decise che si sarebbe recato nei suoi alloggi e non sarebbe uscito per il resto della giornata. Come aveva osato quella ragazzina inglese, sfidarlo tanto apertamente? Pensava davvero che sarebbe riuscita ad ingannare lui ed i suoi uomini?
A passi decisi si diresse verso l’uscita, quando la presa di Eylin sulla spalla lo riscosse dai suoi pensieri e lo costrinse a fermarsi.
"Che altro succede adesso?” chiese esasperato.
Eylin scosse la testa e mormorò qualcosa che lui non riuscì a capire.
"In questi giorni sei nervoso.” disse dopo un momento di pausa. “Non riesco a capire questo tuo comportamento. Crystal ha risvegliato in te brutti ricordi? Il passato ti assilla nuovamente?”
William si allontanò malamente dalla ragazza e la fissò sofferente. A volte dimenticava che Eylin conosceva il suo passato, bene quasi quanto lui.
"Non è questo.” rispose troppo velocemente. “Quella ragazzina è una vipera!” esclamò sibilando. “Sai cosa stava cercando di fare?”
Eylin scosse la testa e si fece più attenta.
"Ha preso due pugnali e dell’oro. Pianificava di fuggire dal Poseidon.”
"Una mossa furba, non credi?” replicò, inaspettatamente Eylin.
William non seppe come risponderle e s’incamminò sbattendo la porta alle sue spalle. Con passo deciso si diresse nei suoi alloggi.
Chiuso nel suo piccolo rifugio personale si mosse lungo una serie di mobili e da un piccolo cassetto afferrò una bottiglia contenente del rum. Ne bevve avidamente un sorso, poi si trascinò fino alla sua scrivania dove osservò con noncuranza un libro aperto a metà.
Appoggiò la bottiglia e guardò fuori dalla finestra la striscia di terra che si vedeva all’orizzonte. Si chiese che tipo di villaggio avrebbero trovato i suoi uomini.
Poi, intinse la penna d’oca nell’inchiostro, ma si rese conto di non ricordarsi ciò che avrebbe voluto scrivere.
"Dannazione!" esclamò battendo i pugni sul tavolo. I fogli si sparsero sul pavimento e William non fece nulla per raccogliergli.
Il pirata si portò una mano alla testa e socchiuse gli occhi quando udì la risata di Crystal mescolata a quella dei suoi uomini. Una nuova ondata di rabbia lo invase e si ritrovò a stringere con forza la colonna a forma di conchiglia che portava sempre con sé. Per qualche assurdo motivo provava una strana attrazione per quella donna inglese, ma allo stesso tempo non poteva fare a meno di odiarla.
"Sciocchezze." mormorò bevendo altro rum.
Lasciò che la bevanda gli scivolasse lungo la gola, calmando i suoi pensieri ed i suoi ricordi. Aveva bisogni di tranquillità, tempo per riflettere, tempo per...
"Vendetta." concluse ad alta voce i suoi ragionamenti.
Stringendo maggiormente la presa sul ciondolo s’immerse nel fiume dei suoi ricordi, ripercorrendo le scelte che l’avevano condotto a vivere quella vita.

 

 

 

Eccomi di ritorno con un nuovo capitolo. Mi scuso con voi per il ritardo e ringrazio tutte le persone che continuano a seguire questa storia!
Questo capitolo in verità non era previsto, mi è balzato in testa in questi ultimi giorni ed ho deciso di scriverlo. Devo dire che mi è piaciuto molto scriverlo. u_u
Spero che anche voi l'abbiate apprezzato!
I prossimi capitoli, saranno incentrati su Crystal ed i suoi sforzi per tentare la fuga. Ci riuscirà? Vi informo già da ora, però, che potrei tardare, causa esami di maturità. T.T Incrociate le dita per me! XD
Con la speranza di sentirci presto, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Grazie fin da
ora a tutti coloro che lo leggeranno e commenteranno :)

By Cleo^.^


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Capitolo 6
*** L'Ombra degli Oceani ***






05

L'Ombra degli Oceani

 

 

Nei minuti di intensa attività che si stavano verificando sul Poseidon per permettere all'imbarcazione di attraccare e fare porto sulla piccola isola che si vedeva all'orizzonte, ogni membro della ciurma fu particolarmente attento nello svolgere i compiti che gli venivano impartiti.
La giovane nobildonna inglese, Crystal Mary Shevington, si ritirò in disparte in una porzione del ponte non interessata al completamento di quelle manovre. Si chiese come avrebbero reagito la gente di quel piccolo villaggio, scoprendo che il veliero era un covo di pirati. Riusciva ad immaginare i bambini mentre correvano spaventati nelle proprie camere piangendo ed invocando infantili maledizioni contro i membri della ciurma. Le giovani donne si sarebbero rinchiuse in casa per il timore d'incontrare uno di quei malviventi e gli uomini avrebbero passato notti insonni per tentare di controllare le attività piratesche.
Crystal era talmente sicura che le cose sarebbero andate in quella maniera che non prestò particolare attenzione alle altre due navi, dalle vele nere, ormeggiate nel porto.
Fu solo quando vide alcuni marinai, nativi del luogo, correre in aiuto dei membri del Poseidon che una spiacevole idea si fece largo nei suoi pensieri.
"Un villaggio che lavora con i pirati." sussurrò, mentre le sue parole venivano trasportate lontane dal vento. Pensandoci attentamente, Crystal, dovette ammettere che dal punto di vista degli abitanti quella collaborazione, con i predatori degli oceani, risultava piuttosto vantaggiosa per entrambi. I pirati ottenevano cibo ed altri rifornimenti per i loro velieri, la popolazione guadagnava grandi ricchezze ed aveva salva la vita.
Crystal incrociò le braccia al petto e scosse tristemente la testa. Se aveva ipotizzato di riuscire a chiedere aiuto, in quel momento, si rese conto che l'unica possibilità di salvezza era rappresentata da se stessa. La sua mente elaborò velocemente le nuove informazioni che aveva appreso e sebbene una parte di lei le sussurrasse che ormai era finita, che il suo destino era quello di diventare una merce di scambio, nel suo cuore c'era ancora la speranza di riuscire a fuggire.
Mentre una passerella di legno veniva posta sul molo, costituito da travi traballanti, la ragazza fissò la ciurma del Poseidon scendere a terra, certa che il capitano non le avrebbe mai permesso di scendere dal veliero.
Dopo l'evento imbarazzante che aveva condiviso con William, Crystal era stata grata del fatto che nelle ore successive al loro incontro non l'avesse ancora visto. L'idea di dovergli rivolgere nuovamente la parola la spaventava. Il fatto che il ragazzo, poi, avesse lineamenti del volto tanto decisi, quanto affascinanti non faceva altro che metterla a disagio. Inoltre, aveva realizzato che i sentimenti del capitano mutavano tanto velocemente quanto i capricci del tempo. C'erano giorni in cui il suo volto era avvolto da una calma quasi irreale, ma ve n'erano altri in cui il suo animo era agitato da terribili tempeste ed in quel caso anche Eylin preferiva tenersi alla larga da William.
Il rapporto che univa la ragazza ed il capitano era ancora un mistero per Crystal, che aveva preferito non approfondire la questione.
"Ehi, pulcino!" la chiamò Alejandro che stava per scendere, anche lui, dal Poseidon.
Crystal decise di ignorarlo e si voltò dall'altra parte. Detestava sentirsi chiamare "pulcino". All'inizio l'aveva trovato un soprannome quasi carino, ma quando il pirata aveva cominciato a chiamarla solo usando quel nome, Crystal, aveva cominciato ad odiarlo.
"Crystal!" esclamò Eylin, andandole incontro. I suoi corti capelli neri, rilucevano di tenui sfumature violacee alla luce intensa del sole. La ragazza l'afferrò per un gomito e la portò in disparte con un enorme sorriso stampato sul volto.
"Che aria cupa." disse a Crystal senza smettere di sorridere.
Quell'eccessiva felicità sul volto della piratessa non fece altro che aumentare il cattivo umore di Crystal.
"Ho una buona notizia!" continuò agitando le mani in aria. "William mi ha dato il permesso di portarti con me sull'isola." si avvicinò con aria cospiratrice alla giovane inglese e le sussurrò qualcosa all'orecchio. "Che resti tra noi, ma mi ha detto di comprarti degli abiti più adatti al tuo rango ed anch'io credo che i miei abiti non vadano bene per te."
"Perché dovreste spendere il vostro oro in questo modo?" intervenne Crystal che non riusciva a trovare in quella risposta una valida spiegazione. Non che le dispiacesse avere degli abiti nuovi, ma proprio non riusciva ad intravedere il senso di quella decisione.
"Bhe, sai è..." Eylin sembrava imbarazzata nel rispondere e continuava a roteare gli occhi da una parte all'altra.
"Oh." sussurrò Crystal alla fine. "Capisco." disse con un nodo alla gola. Era stata stupida a non pensarci prima. "È per quando avverrà lo scambio con i marinai spagnoli." concluse tristemente.
"Ma perché chiedere un ricatto alla Spagna e non all'Inghilterra? Mio padre possiede un grosso patrimonio e..." le parole le morirono sulle labbra.
"Per umiliare l'Inghilterra." spiegò Eylin con lo sguardo addolorato. "Quando gli spagnoli, chiederanno il ricatto agli inglesi, questi lo vedranno come una terribile offesa. Dovresti sapere che non è mai corso buon sangue tra il tuo paese e la Spagna." commentò.
Crystal si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchia e annuì controvoglia. Per l'ennesima volta la sua mente cercò un modo per riuscire a fuggire da quella ciurma di pirati.
"Su, andiamo..." la spronò Eylin spingendola verso la passatoia di legno.

 

Il villaggio, che Crystal aveva scoperto si chiamava Holono e che era stato denominato in quel modo da un gruppo di indigeni che aveva abitato precedentemente la zona, era costituito principalmente da piccole e basse abitazioni fatte di rocce e fango. La popolazione contava persone di origini francesi ed inglesi, ma la lingua parlata era principalmente l'inglese, con grande sollievo di Crystal.
Mentre camminava lungo le strette e polverose vie del villaggio, la ragazza rimase attaccata al fianco di Eylin, timorosa degli altri pirati che avevano ormeggiato le navi al porto. Uomini ubriachi, sporchi e maleodoranti vagavano senza meta per Hoolono, spesso importunando le giovani ragazze del posto che correvano alle proprie abitazioni disgustate.
Una locanda dal nome "Redbell" era affollata da uomini e da cameriere dagli abiti piuttosto scollati e con un bustino talmente stretto che Crystal si stupiva del fatto che riuscissero ancora a respirare. Donne che si offrivano agli uomini per denaro, ma per cui Crystal non riusciva a provare altro che compassione.
Eylin le indicò una piccola casa, dall'altro lato della via, con finestre quadrangolari ed una porta dal colore rosso sbiadito. In principio, agli albori della sua esistenza, doveva apparire piuttosto carina, ma in quel momento l'abitazione aveva un aspetto trascurato e malmesso. La scritta sbiadita sul muro, indicava che fosse una piccola bottega di stoffe e vestiti.
La porta si aprì cigolando, rivelando una serie di scaffali pieni di stoffe ed abiti di ogni tipo. La proprietaria, una signora anziana con qualche ciuffo di capelli bianchi, andò loro incontro con un sorriso speranzoso sul volto.
"Benvenute signorine. In cosa posso esservi utile?" domandò la donna.
Eylin diede una rapida occhiata al negozio, poi, con grazia, fece qualche passo in avanti.
"Questa lady inglese..." annunciò, indicando Crystal. "...Ha bisogno di abiti nuovi. Potrebbe essere così gentile da farci vedere alcuni modelli?" domandò, tirando fuori una sacca che fece tintinnare davanti al viso dell'anziana.
La proprietaria del locale le fece procedere in un angolo del negozio e s'affrettò a portare ad Eylin alcuni abiti già pronti per essere indossati.
"Non penserete che la mia compagna possa indossare un vestito tanto volgare!" esclamò improvvisamente Eylin. In mano teneva un abito dal colore rosso acceso, piuttosto semplice, ma che si addiceva molto di più alle cameriere della locanda che avevano da poco superato, piuttosto che a Crystal.
Crystal guardò con fin troppa poca grazia quell'orrendo capo d'abbigliamento che le era stato proposto.
"Portateci la vostra merce migliore. Non abbiamo alcun problema di soldi!" esclamò Eylin con aria minacciosa. Crystal dovette trattenersi dal ridere di fronte a quella scena.
Per un istante i suoi pensieri andarono ai giorni in cui in Inghilterra, provare e scegliere abiti era una semplice routine per lei. Riusciva a vedere le sarte di Londra mentre si complimentavano con lei per la scelta appena effettuata e la elogiavano per la sua ottima forma fisica. Certo, erano lodi che porgevano ad ogni cliente che si rivolgeva al loro negozio di alta sartoria, ma Crystal le trovava ugualmente gratificanti. Ripensare ai grandi ed ampi saloni di Londra, illuminati dalle numerose finestre, che contenevano centinaia di abiti all'ultima moda, le provocarono l'ennesima fitta di nostalgia per la sua patria.
L'anziana proprietaria si scusò una decina di volte, ed in seguito si recò nel retro della bottega per prelevare altri vestiti.
"Eylin." la chiamò Crystal con imbarazzo. "A te non viene mai voglia di provare ad indossare abiti femminili?" domandò.
La ragazza si voltò con un'espressione indecifrabile sul volto, poi dopo qualche minuto scosse energicamente la testa. "Semplicemente non fanno per me." rispose con una scrollata di spalle.
Afferrò un vestito celeste con sfumature più chiare e lo lanciò nella sua direzione. Goffamente Crystal lo prese e se lo rigirò tra le dita.
"Prova questo." disse, indicando un piccolo camerino nell'angolo opposto al negozio. Crystal sospirò, ma fece come le venne chiesto.
Qualche minuto dopo tornò da Eylin e considerò che una volta indossato, il vestito non appariva tanto brutto da come aveva pensato in precedenza.
Era un abito semplice. Dei ricami di pizzo bianco erano posizionati sul corpetto, le maniche erano corte, quel tanto da coprire le spalle e la gonna era poco voluminosa, ma necessitava di essere rivista in alcuni punti poiché era troppo lunga.
L'anziana la fece salire su uno sgabello e cominciò a riempire il vestito di spilli, mentre nello stesso momento una commessa accorciava il vestito dove ve n'era bisogno.
Fu in quel momento che, in piedi di fronte alla finestra, Crystal vide William uscire con eleganza da una bottega. In mano reggeva alcune casse di legno che apparivano piuttosto pesanti. Anche Eylin lo notò e lo salutò con un cenno della testa. Crystal, invece, indugiò per un istante sui suoi occhi, poi quando vide che il capitano stava facendo lo stesso distolse frettolosamente lo sguardo.
Un'altra scena catturò la sua attenzione e di sfuggita vide William voltare la testa in quella stessa direzione.
Un bambino di circa dieci anni era stato gettato a terra da un pirata che sulla guancia aveva il tatuaggio di un teschio. Il ragazzino aveva un grosso livido viola sul braccio destro e zoppicava su una gamba nel tentativo di scappare. L'uomo, piuttosto robusto e completamente calvo, si affrettò a riprenderlo e a gettarlo contro un muro.
Crystal riuscì a sentire i lamenti del ragazzo e fu costretta a mordersi le labbra per impedire alla sua voce di chiedere un qualsiasi aiuto. Eylin le strinse la mano, come avesse capito quello che provava, ma non fece nulla per impedire quelle violenze.
Fu William quello che intervenne, dopo un tempo che a Crystal parve infinito, ed allontanò con forza il giovane dal pirata completamente ubriaco.
"Sono certo che potremo risolvere il problema tra uomini adulti." intervenne William, stringendo la presa sulle spalle dell'uomo. "Vattene ragazzo!" esclamò.
Il bambino non se lo fece ripetere due volte e scomparve dietro una serie di vie secondarie.
"Quella piccola peste, è un ladro!" piagnucolò l'uomo, allontanando William con la forza.
"E cosa vi avrebbe rubato di tanto prezioso da meritare di essere ucciso a botte?" domandò allontanandosi di qualche passo.
"Una moneta di rame." spiegò l'uomo con un sorriso, che rivelò una serie di denti neri.
"Una moneta di rame!" gli fece eco William con un tono di voce più minaccioso. "Tenete!" disse lanciandogli tre monete . "Il ragazzo ha pagato il suo debito." concluse, facendo segno al pirata di andarsene. Indeciso, l'uomo annuì più volte prima di decidersi a sparire.
William afferrò le sue casse ed in silenzio s'avviò verso il Poseidon.
Meravigliata da quell'intervento, Crystal rimase immobile per alcuni secondi e non prestò subito attenzione alle lamentele di Eylin.
"Deve sempre mettersi in mostra." la sentì borbottare sconsolata.

 

Quando uscirono dal negozio, Eylin aveva acquistato tre abiti per Crystal ed alcune camicette per lei. Era pomeriggio inoltrato e la ragazza propose di andare a dare un'occhiata alla bottega in cui era stato anche William.
Crystal la seguì incuriosita, mentre attraversarono la strada ed entrarono nel piccolo emporio. Il locale era pieno di scaffali e di merci di ogni tipo. C'erano poche finestre e lo spazio risultava piuttosto scuro, ma alcune candele illuminavano l'ambiente interno.
Crystal fu avvolta da una nube di delicati profumi: alcune spezie e diversi tipi di erbe mediche erano facilmente riconoscibili dall'odore e conferivano al negozio un aspetto più rassicurante di quanto, in realtà, dava a vedere.
La ragazza curiosò tra gli scaffali, soffermandosi a guardare alcuni vecchi libri impolverati. La mano le scivolò sulla copertina di un volume che trattava di medicina e per un istante cercò di ricordare le poche nozioni di quella materia che era riuscita ad apprendere all'insaputa di suo padre.
"Cosa c'è scritto?" le domandò Eylin, che si era avvicinata a lei curiosa di scoprire cosa stesse facendo.
"Non sai leggere?" rispose, invece, Crystal. Eylin scosse la testa e la ragazza spostò lo sguardo imbarazzata. Con incertezza prese il volume ed indicò il titolo alla piratessa.
Crystal si ritrovò a pensare a quanto fosse assolutamente normale che Eylin non conoscesse la scrittura, dopotutto solo le persone di un certo rango sociale avevano la possibilità di studiare.
"C'è scritto: “De corpore humano”che significa “Sul corpo umano”. Penso sia un volume molto vecchio, non l'ho mai sentito nominare." spiegò Crystal. "Ti piacerebbe imparare a leggere e scrivere?" le domandò all'improvviso.
Eylin sembrò esitare, poi fece un breve cenno del capo affermativo. "Sì, vorrei poter riuscire a..." s'interruppe imbarazzata. "Lo compriamo!" esclamò decisa indicando il libro.
Crystal si lasciò sfuggire un sorriso ed Eylin la imitò. Poi la piratessa s'aggirò furtiva per il locale e tornò da lei con un grazioso pugnale. Nell'elsa era incastonata una piccola pietra rossa e Crystal lo trovò molto elegante.
"Un mio piccolo regalo per te." intervenne Eylin.
Il proprietario della bottega si dimostrò alquanto cordiale e fece pagare qualcosa di meno ad Eylin che se ne andò soddisfatta.
Fuori era sopraggiunta la sera e sebbene il cielo non fosse ancora scuro, Eylin propose di cominciare ad avviarsi al Poseidon.
Crystal si rese conto di essere piuttosto impacciata con il suo nuovo abito e per un momento si domandò se vivere qualche giorno in mare le avesse fatto dimenticare cosa significasse abitare nella "civiltà".
Si fermarono qualche minuto ed Eylin ne approfittò per nascondere il pugnale tra le pieghe del suo vestito.
"Non capisco." mormorò Crystal confusa. "Perché mi dai un pugnale?"
"Avrai notato che questo non è un posto ideale per le ragazze." commentò. "Finché staremo qui mi sentirò più a mio agio sapendoti in compagnia di un'arma al tuo fianco."
"Oh, grazie." fu l'unica cosa che riuscì a dire.
Per qualche minuto rimasero in silenzio, poi a Crystal venne in mente una cosa che le avrebbe fatto piacere sapere da tempo. Prima di riuscire a trovare il coraggio necessario si sistemò alcune pieghe del vestito.
"Eylin, sul Poseidon il tuo soprannome è Pantera, mentre quello di Alejandro è Corvo, giusto?" intervenne. "Posso sapere che nome utilizzate per indicare William?" proseguì, ogni muscolo teso nell'attesa di conoscere la risposta.
Eylin sorrise, ma in quell'espressione c'era qualcosa di così triste che Crystal, quasi, si pentì di averle fatto quella richiesta.
"Sai... Mi ero chiesta, quando sarebbe arrivato il momento in cui tu mi avresti posto questa domanda."
Crystal la guardò confusa, mentre distrattamente Eylin si era messa a giocare con i suoi capelli, attorcigliandoli tra le sue dita.
"Shadow of the Oceans, questo è il nome pirata con cui è noto." disse in un sussurro.
Crystal rabbrividì ed una spiacevole sensazione di terrore l'avvolse. Conosceva quel nome. L'aveva sentito così tante volte a bordo della Black Rose che era impossibile potersi sbagliare. La mano le tremò leggermente, prima che potesse riprendere il controllo dei suoi pensieri.
"Il Flagello dei mari..." mormorò a se stessa, ricordando le parole con cui aveva definito William la Marchesa Anne Liverich.
"Oh, ma non devi dare credito a tutti i pettegolezzi che girano su di lui. Per esempio: non è assolutamente vero che è stato con più di trecento donne e nemmeno che ha ucciso a sangue freddo i bambini che si sono messi sulla sua strada ed anche il fatto che..."
Crystal perse velocemente il filo della conversazione, che Eylin aveva cominciato sui fatti riguardanti William, smarrita com'era nel ricordare le notizie riguardanti il pirata Shadow.
"Non ti sembra che sia troppo silenzioso?" osservò dopo qualche minuto.
"Già, questo silenzio è strano. Anche la locanda è piuttosto tranquilla. Sarà meglio tornare al Poseidon, Crystal." l'afferrò per il braccio ed insieme si misero a correre.
Il cielo stava diventando più scuro, quando all'improvviso un colpo di cannone interruppe la quiete di Holono. Crystal si gettò a terra terrorizzata, mentre un'altra esplosione risuonava intorno a loro.
Gli abitanti del posto uscirono dalle proprie abitazioni urlando e correndo da un luogo all'altro in preda al panico. Eylin fu l'unica che mantenne una parvenza di calma in quella confusione generale..
Crystal cercò il suo sguardo in preda all'ansia. Holono era nel caos e loro si trovavano al centro di quel tumulto.

 

 

 

Ciao a tutti, vi prego di perdonarmi il ritardo, ma a causa maturità ed altri impegni non ho proprio potuto aggiornare prima! Vorrei precisare che il nome Holono e quello del libro sono puramente inventati.
Vi anticipo che dal prossimo capitolo ci sarà un po' di azione e William farà nuovamente la sua comparsa *_* Cosa dite, la storia sta prendendo una piega interessante? Fatemi sapere cosa ne pensate, le vostre opinioni mi spronano a dare il meglio di me^.^ Ringrazio tutte le persone che hanno aggiunto la storia tra i preferiti-seguiti e ricordate!
Di seguito troverete un immagine -non mia- che nella mia testa s'avvicina molto al personaggio di William! -Qui-
Infine dedico il capitolo ad Ale ed Hideko che credo attendessero il capitolo con ansia! Spero di non avervi deluso! XD
A presto!

By Cleo^^

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Pirates-L'ombra del tradimento
Opera National-Ricatto d'amore

Vampiri
Contratto di Sangue-L'ombra del principio

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Capitolo 7
*** Il colore dell'Inferno ***


 

Capitolo dedicato a tutte le splendide persone che con le loro parole, mi spronano a continuare questa storia. Grazie mille!
P.S: Per chi volesse, consiglio di provare a leggere il capitolo con questa musica in sottofondo: Dreammaker

  



 


06

Il colore dell'Inferno

 

 
 

Crystal si strinse le mani intorno al corpo ed osservò disperata il caos che si era generato nel piccolo villaggio di Holono. Il rombo dei cannoni risuonava per le piccole vie e tra le abitazioni, che sembravano tanto fragili da poter essere spezzate via da un soffio di vento. Gli abitanti si muovevano da una zona all'altra nel tentare di capire cosa stava succedendo e i capitani dei velieri pirata ordinavano ai loro uomini di tornare alle imbarcazioni.
I bambini piangevano aggrappati al petto delle madri, mentre alcuni cani abbaiavano spaventati, tenendo la coda tra le gambe e le orecchie pronte a captare il più piccolo segnale di pericolo.
L'ennesimo colpo di cannone la prese alla sprovvista, distruggendo la casa alle sue spalle e facendola rotolare a terra.
Crystal tossì, mentre la sabbia le impediva di respirare pienamente e di vedere lo stato della situazione alle sue spalle.
Si rimise in piedi da sola, e con passo insicuro si mise alla ricerca di Eylin chiamando in preda all'ansia il suo nome.
Dell'abitazione colpita rimanevano solo macerie. L'esplosione aveva fatto delle vittime: un anziano che era stato colpito da un sasso alla testa ed un ragazzo che era stato trafitto al petto da un bastone che era balzato in aria durante lo scontro.
Lì, dove il giovane era steso si stava formando una pozza di sangue e poco più in là c'era il principio di un piccolo incendio.
Crystal si dovette appoggiare al muro di una casa per riuscire a sopportare la vista di quella scena. La testa aveva cominciato a dolergli e le gambe sembravano non voler più sostenere il suo peso.
"Eylin!" gridò Crystal con il cuore che le batteva furiosamente. La ragazza si portò una mano alla gola, desiderosa di poter bere qualcosa per spegnere il bruciore che la stava attanagliando.
Mentre tentava di riprendersi, un uomo l'afferrò violentemente per le spalle urlandole qualcosa in una lingua sconosciuta e cercando di trascinarla via con sè.
"Mi lasci! Mi lasci andare!" ordinò Crystal, cercando di allontanare l'uomo.
Lo sconosciuto l'afferrò per i capelli e la gettò a terra con violenza.
Crystal si lasciò sfuggire un grido di dolore e di sorpresa, mentre si riparava il volto dall'imminente pugno che l'individuo sembrava intenzionato a darle.
"Che cosa vuole da me?" provò a domandare in spagnolo, mentre tentava di sfuggirgli trascinandosi sul terreno.
L'uomo alzò maggiormente la voce, permettendo alla ragazza di vedere la pistola che teneva al fianco destro.
"Lasciami andare!" urlò Crystal, mentre disperata cercava un oggetto che le permettesse in qualche modo di difendersi. Quando le sue dita avvertirono la fredda e spigolosa superficie di una roccia non esitarono ad afferrarla ed a lanciarla contro lo sconosciuto, che cadde al suolo privo di sensi.
Crystal si ritrovò a constatare che l'incendio era divampato e numerose abitazioni stavano venendo coinvolte in quella scia di distruzione.
Il rombo dei cannoni si era fatto più lontano e lei ipotizzò che il motivo fosse dovuto ad
una battaglia in in corso tra i velieri pirati e l'ignoto nemico.

Tremante avanzò alla ricerca di Eylin.
Intravide il suo obiettivo poco più avanti. La giovane piratessa stava aiutando i membri di una famiglia a lasciare la propria abitazione, ormai, completamente invasa dalle fiamme.
"Cosa sta succedendo, signorina?" le domandò un bambino aggrappandosi ai suoi pantaloni.
"Vieni qui, Jean." ordinò una donna, allungando la mano verso il piccolo. "Tuo padre sarà qui a momenti. Non possiamo dividerci, lo capisci, bambino mio?" continuò stringendo il braccio del figlio.
Crystal si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo quando poté accertarsi che Eylin non aveva subito alcuna ferita, ma che, anzi, stava bene. Al contrario, Jean, aveva riportato una brutta bruciatura sulla gamba sinistra.
Fece per spiegarlo alla madre, che lo stava trascinando verso una fitta boscaglia, quando all'ennesimo sparo di cannone Eylin la portò via con sé in tutta fretta.
Crystal faticò non poco a tenere il passo veloce della compagna.
"Che sta succedendo?" domandò, senza fiato.
"Non ne sono sicura." rispose Eylin evasiva. Una nuvola di fumo le avvolse per qualche istante e furono costrette a cercare riparo dietro alcune macerie.
"Dobbiamo raggiungere la costa. Il Poseidon verrà a prenderci." aggiunse.
La gente di Holono però fuggiva nella direzione opposta a quella suggerita da Eylin e Crystal si domandò se la scelta della ragazza fosse davvero la più giusta. I suoi occhi vagarono sulle macerie del villaggio, sul fuoco e le fiamme che lo stavano consumando e per una frazione di secondo ebbe la sensazione che andare in quel punto avrebbe significato cadere in mani nemiche. Scosse la testa, consapevole che solo rimanendo al fianco di Eylin avrebbe avuto una qualche possibilità di salvezza. Da sola appariva come una pecora smarrita di fronte ad un branco di lupi affamati.
Sentì Eylin stringere la sua mano e guidarla lungo i confini più esterni del villaggio, dove le fiamme non erano ancora riuscite a lambire le abitazioni. Crystal si portò la mano libera sulla bocca e cercò di inalare la minor quantità di fumo possibile.
"Pensi che gli abitanti si salveranno? Saranno al sicuro nella selva?" domandò con il viso accaldato.
"Non lo so." Eylin le fece cenno di rimanere in silenzio. "Non pensarci. Devi preoccuparti solo per te stessa ora. Questa è la prima regola da seguire se desideri sopravvivere in questo strano mondo."
Crystal rimase in silenzio mentre osservava la compagna voltarle nuovamente le spalle e percorrere con maggior attenzione il tratto del villaggio che rimaneva da attraversare.
Una persona le sorpassò nella direzione opposta e gridò loro di fuggire. Eylin rispose con una scrollata di spalle come a voler dire che per lei non c'era assolutamente nulla da temere, Crystal, invece si portò una mano tremante al cuore e sperò di poter sopravvivere a quella notte.
In un breve momento di lucidità si ricordò che anche in un lontano passato aveva provato una paura simile, ma più cercava di far riaffiorare i ricordi di quell'antica sensazione più essi si allontanavano da lei.
Confusa e spaventata si rese conto solo dopo alcuni minuti che lei ed Eylin erano giunti al confine di Holono e che davanti a loro si stagliava la costa e l'oscurità delle acque oceaniche.
Puntando lo sguardo sul Mar dei Caraibi, Crystal provò l'immediato bisogno di voltare le spalle e fuggire. Era più forte di lei, l'urgenza di scappare da quella massa d'acqua salata che allo stesso tempo l'attirava a la terrorizzava.
Infine, riuscì a vederli i velieri pirati che stavano combattendo al largo.
Due imbarcazioni piratesche stavano fuggendo, mentre altre tre stavano combattendo con due velieri sconosciuti. Tra quelli Crystal non identificò il Poseidon e si domandò se William avesse deciso di abbandonare lei ed Eylin al loro destino.
Si impose di non lasciarsi andare alle lacrime e si concentrò sull'identificare i velieri nemici, ma con sua grande frustrazione non riuscì nel compito che si era imposta.
"Eylin?" chiamò Crystal con voce tremante.
"Cosa succede?" chiese bruscamente la ragazza quasi con rimprovero.
"Ho paura." confessò Crystal in un sussurro. "Voglio andare via di qui." proseguì con più coraggio.
Strinse i pugni e pensò a quanto dovesse apparire penosa. Lo era in quel momento, esattamente come lo era stata in Inghilterra, in un periodo di tempo che non le era più molto chiaro. Era talmente debole che provava vergogna per se stessa.
Eylin incurvò le labbra in un leggero sorriso ed il suo tono di voce si addolcì. "Dove vorresti essere?" le chiese, ordinandole nello stesso momento di abbassarsi.
Crystal aprì la bocca per rispondere che naturalmente l'unico posto in cui voleva essere era in Inghilterra, ma immediatamente si rese conto che quella non era la verità. Qual'era per lei il posto in cui fare ritorno?
Scosse la testa, turbata di non conoscere la risposta ed allo stesso tempo impaurita dal saperla fin troppo bene.
"Inglesi." sussurrò in un secondo momento la piratessa.
"Come?" le domandò Crystal che non credeva di aver afferrato il senso di quella parola.
"Sono imbarcazioni inglesi quelle che hanno attaccato Holono." confermò con un cenno del capo. "Riconosco subito lo stile dei velieri inglesi!"affermò sprezzante.
Crystal si chiese quale fosse la ragione per cui Eylin e William odiassero tanto l'Inghilterra. Tuttavia non prestò molto attenzione a quel pensiero perché un altro più importante le vorticava nella mente.
Soldati fedeli all'Impero Britannico erano giunti in quel luogo sperduto e se fosse riuscita a parlare con loro, non aveva dubbi, sarebbe stata certamente portata in salvo dai pirati che l'avevano rapita.
Una sensazione di gioia crescente si impadronì di lei, facendole dimenticare che al suo fianco stava una ragazza appartenente alla ciurma che l'aveva rapita. Si rimise in piedi, disubbidendo all'ordine che le aveva impartito Eylin di rimanere accovacciata sul terreno. Il suo sguardo scivolò lungo la spiaggia, scorgendo infine due figure che si stavano avvicinando al luogo in cui si trovavano lei e la piratessa.
"Cosa stai facendo?" domandò Eylin tirandola verso di lei e afferrandola bruscamente per un braccio.
Se avesse prestato attenzione, Crystal si sarebbe accorta della nota di panico nella voce della compagna, ma la sua mente era troppo occupata ad escogitare un modo per raggiungere i vascelli inglesi per rendersi conto della sfumatura impaurita nella ragazza al suo fianco.
"Devo andare." bisbigliò a se stessa.
"Cosa stai dicendo? Quelli sono uomini inglesi!" esclamò Eylin, rendendosi immediatamente conto dell'errore che aveva appena commesso.
"Esatto!" rispose Crystal con negli occhi una luce che la ragazza non aveva mai visto in precedenza. "Loro sono qui per me! Mi salveranno da voi e mi riporteranno a casa! Rivedrò l'Inghilterra!" annunciò emozionata.
Sì, Crystal era certa che sarebbe andata in questo modo. Sarebbe potuta tornare in patria e avrebbe dimenticato la brutta avventura vissuta nel Mar dei Caraibi. Già poteva immaginarla, la grande festa che i suoi genitori avrebbero dato per il suo ritorno!
Fece un passo in avanti, ma qualcosa le impedì di procedere oltre. Dietro di lei, Eylin la fissava con un'espressione compassionevole, mista a rabbia.
"Lasciami andare!" ordinò Crystal con una forza che non credeva di possedere. "Ho detto lasciami!" ripeté, accorgendosi che la stretta di Eylin si era fatta più forte.
"Non posso farlo." mormorò la ragazza. "Ho giurato a William che ti avrei protetto ed intendo mantenere questa promessa." insistette.
Crystal aprì la bocca stupita da quella strana confessione, ma non smise di osservare le due sagome scure che si stavano avvicinando.
"Loro sapranno proteggermi in maniera più adeguata." osservò, indicando le figure all'orizzonte.
"Sono passati solo pochi giorni dalla tua scomparsa. È inverosimile credere che gli inglesi abbiano già saputo dell'affondamento della Black Rose e della tua prigionia. Non ti aiuteranno Crystal. Ti crederanno solo una povera sventurata che cerca il loro aiuto per approdare al prossimo porto."
"C-Cosa significa ciò?" chiese Crystal vacillando per un istante.
"Guardati." proseguì Eylin con un sospiro. "I tuoi vestiti non assomigliano a quelli di una nobildonna inglese ed anche il tuo aspetto è trascurato. Quei soldati non crederanno mai alla tua storia."
"Lo faranno invece!" replicò Crystal, sentendosi sempre più insicura.
"Ti avverto che non è piacevole finire nelle prigioni inglesi, soprattutto se si è una giovane, ragazza carina, come te. Tu non hai idea..." lasciò la frase a metà, osservandola attentamente. I suoi occhi che nella notte apparivano più simili a quelli di un felino sembrarono scongiurarla di non andare. Erano di un verde talmente intenso, ma così diversi da quelli di William, che per un momento Crystal sentì quasi il bisogno di accettare la sua proposta solo per scacciare la disperazione che vi scorgeva.
Crystal, deglutì, mentre lentamente riprendeva il controllo di sé.
"Devo andare." sussurrò con una strana sensazione di gelo al petto. Sapeva che però Eylin glielo avrebbe impedito, così prendendola di sorpresa raccolse una manciata di sabbia tra le mani e prima che la sua compagna potesse reagire gliela gettò sugli occhi.
Immediatamente Eylin la lasciò andare, senza concedersi nessun tipo di esclamazione di sorpresa o di irritazione.
Raccogliendo la gonna tra le mani, Crystal si mise a correre lungo la spiaggia.

 

 
Respirare non era mai stato difficile come in quel momento. Crystal aveva quasi la sensazione che l'aria entrasse ed uscisse dal suo corpo senza nemmeno raggiungere i polmoni, tanto le facevano male.
Le calzature, consumate e rovinate, erano zuppe dell'acqua marina che le lambiva le caviglie. Tuttavia, il bruciore che provava alle pelle non era nulla se paragonato a quello che sentiva nel cuore.
Fu con grande sollievo che si fermò a riprendere fiato quando le figure erano ad una sessantina di metri da lei. Le labbra si incurvarono in una smorfia di soddisfazione. Alcune lacrime le scivolarono sul volto, quando ebbe la certezza che quegli uomini l'avrebbero, infine, condotta verso la salvezza.
Il pianto di un bambino le arrivò indistinto alle orecchie e prima che potesse cercare la direzione dal quale proveniva, un ragazzino di dodici anni si frappose tra lei e la strada che l'avrebbe condotta alla sua libertà.
Durò un brevissimo istante. Il giovane gridò qualcosa ai due soldati, che lei non riuscì a capire, alzò una mano che impugnava un pezzo di legno e si scagliò contro di loro. Un colpo di pistola e il suo corpo a terra fu il risultato di quell'attacco improvvisato sul momento.
Crystal spalancò gli occhi, mentre il sangue fuoriusciva veloce dalla ferita del ragazzo. La sua bocca, aperta in una muta richiesta d'aiuto, ed il suo sguardo terrorizzato lasciarono la ragazza paralizzata.
Crystal rimase immobile anche quando gli inglesi proseguirono come se nulla fosse nella sua direzione. Il più alto, quello che aveva sparato, stava rimettendo la pistola al suo fianco, mentre quello più basso, che era anche il più giovane, aveva un colorito pallido e dipinta sul volto un'espressione disgustata.
Le gambe le cedettero, mentre stupidamente si domandava se qualcuno avrebbe rimpianto la scomparsa del ragazzo o se il soldato che non aveva sparato provasse lo stesso disgusto che anche lei provava.
Si rese conto di stare tremando e che non era dovuto al freddo. Aveva conosciuto il significato della parola fiducia all'età di cinque anni e lo rammentava perché quello stesso giorno suo padre le aveva regalato un gattino.
Quel giorno, in quel piccolo villaggio del Mar dei Caraibi, aveva compreso fino in fondo il significato di tradimento.
Era delusa per il tradimento degli ideali che fin da piccola le erano stati impartiti e si sentiva impotente di fronte agli eventi che si erano susseguiti fino a quel momento.
Inginocchiata sulla sabbia non si rese conto di quello che le chiese l'uomo che aveva sparato il colpo finché non lo sentì pronunciare la frase in uno spagnolo stentato.
Fece finta di non comprendere ciò che le aveva chiesto e l'inglese, alto venti centimetri più di lei, la ricompensò con uno schiaffo sulla guancia.
"S-Sono i-inglese." riuscì, infine, a balbettare. Cercò con gli occhi il ragazzo più giovane e lo supplicò con lo sguardo di crederle.
Crystal si portò una mano alla guancia e rimase ad osservare in preda all'ansia i suoi interlocutori. Loro dovevano crederle!
"Non hai risposto alla mia domanda quando ti ho parlato in inglese." fece notare il più anziano dei due, sputando a terra. "Il tuo nome?" chiese, afferrandola malamente per il braccio e rimettendola in piedi.
"Crystal." sussurrò la ragazza, tremando.
"Non credo di aver sentito bene. Tu hai sentito, Cedric?" domandò al ragazzo.
"Lasciala andare, Alan. La ragazza non ha fatto nulla per cui meritare un simile comportamento da parte tua." intervenne il giovane inglese. "Perché ti trovi su quest'isola? Lo sai che è un covo di pirati?" continuò, rivolgendosi a Crystal ed ignorando i commenti offensivi che gli stava rivolgendo il compagno.
"Sono stata rapita." riuscì a formulare la ragazza. "Stavo viaggiando a bordo di un veliero, quando questo è stato attaccato da un gruppo di pirati." spiegò titubante.
"Siete veramente inglese?" la interruppe Cedric.
Crystal studiò con maggior attenzione i tratti di quel ragazzo. Era alto all'incirca come lei, aveva corti capelli biondo scuro e ricci ed una bocca dai contorni ben delineati. Gli occhi erano castani e l'unico elemento che stonava, in quel viso apparentemente delicato, era il naso, piccolo e fin troppo allungato.
"Sì, signore." rispose Crystal con maggior educazione. Notò che la divisa che indossava non presentava li stessi segni di logoramento che invece si potevano individuare su quella di Alan. La spiegazione doveva essere o che Cedric apparteneva ad una classe sociale più elevata rispetto a quella di Alan, oppure che quest'ultimo fosse uno di quegli uomini che si erano arruolati nella marina esclusivamente per poter viaggiare ed ottenere denaro facile.
"Sei solo una povera cagna che cerca l'aiuto di noi inglesi!" proruppe Alan all'improvviso, facendo sobbalzare Crystal. "Scommetto che in realtà sei una delle ragazze che lavoravano alla locanda di questo villaggio!" disse, indicando un punto impreciso alle sue spalle.
"Siete tutte così patetiche! E raccontate sempre la solita storia!" continuò, mostrando una dentatura talmente brutta che Crystal dovette distogliere lo sguardo. La risata che scaturì dalla sua gola, assomigliava più al verso di un animale che ad una voce appartenente al genere umano.
Crystal dovette stringere la mano a pugno fino a ferirsi, per impedire che la sua bocca dicesse parole di cui in seguito si sarebbe potuta amaramente pentire.
"E tu cosa vuoi?" domandò, mangiandosi le lettere ed evidenziando un accento tipico delle regioni del nord dell'Inghilterra. "Anche tu cerchi un po' di compagnia inglese?" proseguì con un sorriso disgustoso dipinto sul viso.
"Alan." lo richiamò all'ordine il compagno. "Ora smettila!" comandò autoritario.
"Se ogni tanto provassi ad utilizzare il cervello, avresti già capito che questa signorina è un pirata." spiegò, estraendo la spada dal fodero. "È evidente che la ragazza diceva la verità." continuò facendo un cenno nella direzione di Crystal.
"Mi commuovo sempre nel vedere la stupidità di voi inglesi." osservò Eylin alle spalle di Crystal.
"Mi chiedo cosa possa avere spinto una bella ragazza come voi ad entrare in una ciurma di pirati." commentò Cedric, prendendo posizione di difesa.
Alle sue spalle, Crystal sentì il tocco rassicurante di Eylin e immediatamente il senso di colpa per averla tradita si fece largo in lei. Solo in quell'istante si rese conto del terribile sbaglio che aveva commesso andandosene. Allo stesso tempo, però, si maledì per aver pensato che stare con il Poseidon sarebbe stato migliore che andarsene con i due ufficiali inglesi.
Si chiese dove fossero andati a finire tutti gli insegnamenti sulla fierezza di appartenere all'Impero Britannico. In quei giorni, sembrava che la sua vecchia esistenza e le sue precedenti certezze dovessero essere messe entrambe in discussione.
"Quando ti darò il segnale, voltati e corri nella direzione dalla quale sei venuta." bisbigliò Eylin al suo orecchio.
Crystal scosse la testa, le lacrime che minacciavano di rigarle nuovamente il volto. "Non posso farlo." rispose. "Non se non mi prometti che verrai anche tu."
La sentì sbuffare, ma poco dopo giurò che l'avrebbe seguita e Crystal sentì un senso di sollievo invaderla.
Nello stesso istante Alan aveva estratto la pistola, ma Cedric gli ordinò bruscamente di riporre l'arma.
"Combatteremo faccia a faccia. Lama contro lama." sibilò al compagno.
"Come vuoi." borbottò Alan, rivelando ancora una volta i denti neri e marci.
Eylin fece allontanare Crystal di alcuni passi e mentre Cedric si preparava ad attaccare ed Alan la osservava con una luce negli occhi, di cui lei conosceva fin troppo bene il significato, si permise di sorridere ai due avversari. Quante possibilità poteva avere di riuscire a cavarsela in quello scontro, considerando che doveva anche badare a Crystal?
Scosse la testa e si rivolse ai nemici con voce calma e limpida. "Signori! È stato un piacere fermarmi a parlare con voi, ma la mia ospite ha urgenza di andare a letto. disse. "Voi capirete! Non è consigliabile che una nobildonna si faccia notare a tarda notte con due sconosciuti dalla dubbia moralità." precisò la ragazza con una scrollata di spalle. "Al prossimo incontro!" concluse strizzando un occhio ed incitando Crystal a seguirla.

 

 
Crystal si lasciò guidare da Eylin mentre con il cuore in gola s'affrettava a mantenere il passo. La mano che la stringeva era calda, a differenza della sua che assomigliava maggiormente ad un pezzo di ghiaccio.
Alle loro spalle poteva sentire gli insulti che provenivano da Alan e gli ammonimenti di Cedric che gli imponevano di fare silenzio.
"Non ce la faremo!" gridò Crystal, osservando che i due ufficiali inglesi stavano guadagnando terreno ad ogni minuto.
"Risparmia il fiato" replicò Eylin.
Prima che potesse rendersene conto, Crystal si ritrovò con il volto tra la sabbia ed i capelli davanti agli occhi. Mentre sentiva l'urgenza di Eylin che l'aiutava ad alzarsi ed il forte dolore ai muscoli delle gambe, uno sparo interruppe i suoi gemiti affannati. La prima cosa che notò fu l'intensa macchia scarlatta che si stava lentamente espandendo sul petto di Eylin, la seconda la smorfia di dolore sul viso della piratessa.
"No!No!" urlò, mentre cercava di sostenere il peso della ragazza.
"Aiutatemi!" continuò guardandosi in giro. "Aiuto!" disse, adagiando il corpo di Eylin sulla sabbia. "Per favore... qualcuno..." le sue parole rimasero in balia della notte.
Facendo appello ai suoi ricordi di quando aveva studiato medicina, Crystal chinò le braccia sulla ferita e con le mani cercò di tamponare la lesione.
Eylin tossì ed afferrò la mano di Crystal.
"Devi fuggire."
"Non ti lascio qui. Non ti abbandonerò." annunciò, mentre il suo abito azzurro si tingeva di cremisi.
"D-Devi farlo Crystal." balbettò Eylin, mascherando piuttosto male una fitta di dolore.
La ragazza inglese scosse insistentemente la testa, mentre sentiva la voce di Cedric accanirsi contro Alan, che a quanto pare aveva sparato contro i suoi ordini.
"Aiutami ad alzarmi." comandò Eylin.
"Non puoi. La ferita potrebbe peggiorare e..." La mano macchiata di sangue di Eylin si posò sulle sue labbra e Crystal comprese che non avrebbe potuto fare nulla per far cambiare idea alla compagna. Si sarebbe alzata comunque con o senza il suo aiuto.
Mentre avvertiva il sapore del sangue sulla bocca ed il peso di Eylin sul fianco, Crystal si costrinse a mettere un piede davanti all'altro.
"Eylin..." sussurrò esausta.
"Shh... Me la caverò." bisbigliò così piano che Crystal dovette fare uno sforzo enorme per riuscire a sentirla. Il suo corpo stava perdendo velocemente calore e Crystal non poté evitare di lasciarsi andare alla disperazione. Piangeva ed era scossa dai singhiozzi.
"N-Non temere, i felini hanno sette vite." intervenne Eylin, prima di cadere rovinosamente al suolo.
"No! Resisti! Non abbandonarmi!" ansimò Crystal.
"Eccoti qui, piccola cagna rognosa!" sibilò la voce di Alan alle sue spalle, gettandola malamente sul terreno. Crystal strisciò sulla sabbia e si voltò in tempo per vedere il soldato gettare un calcio alla piratessa svenuta.
"Lasciala stare!" esclamò la ragazza in preda al panico. "Ti prego..." sussurrò, avvicinandosi ai suoi piedi. Lo afferrò alle gambe e lo osservò negli occhi.
Neri. Erano più profondi ed intensi dei baratri infernali.
Il calcio che le diede la fece rotolare sulla schiena e le fece provare così tanta rabbia ed odio che temette di venirne sopraffatta.
"Sei sua complice." borbottò soddisfatto, facendo segno a Cedric, lontano qualche metro, di raggiungerlo.
"Imbecille!" tuonò la sua voce. "Sei così stupido!" aggiunse, sferrandogli un pugno nello stomaco. "Mai una volta che rispetti un semplice ordine!" continuò. "Questa volta ti manderò davanti ad un tribunale!" sbottò infastidito.
"Tu, che cosa?" intervenne Alan. Nella sua mano destra comparve un pugnale ed i due rotolarono nelle acque delle mare cercando di avere il sopravvento l'uno sull'altro.
Sconvolta, Crystal, tornò ad occuparsi di Eylin, cercando di fare una fasciatura provvisoria utilizzando le stoffe dell'abito che lei le aveva appena fatto avere.
Quando l'urlo soffocato di Cedric l'avvertì che alla fine Alan aveva avuto la meglio sul compagno, Crystal si mise in piedi pronta per affrontare quel mostro.
Tremante si mise davanti al corpo della ragazza priva di sensi e strinse le mani sul piccolo pugnale che Eylin le aveva regalato precedentemente. Il sangue che aveva sulle mani le impediva di avere una presa sicura sull'arma e si ritrovò a pregare affinché un qualche miracolo l'aiutasse a sopravvivere a quello scontro.
Poi, il segno di speranza che aveva tanto atteso le si mostrò, ma non nel modo in cui lei aveva sperato si manifestasse.
Davanti a lei vide il volto di Alan farsi estremamente pallido e la sicurezza che l'aveva animato fino ad un attimo prima scemare lentamente.
"Il Flagello dei mari" sussurrò flebilmente.
Crystal sobbalzò e si voltò, in tempo per vedere William a pochi metri da lei puntarle contro una pistola.
"Questo non sarebbe dovuto accadere... Crystal."
Il suo nome, sussurrato da lui, sembrò acquisire un nuovo significato. Paralizzata dalla sorpresa e dalla paura, Crystal rimase in balia di se stessa mentre guardava il pirata stringere il dito sul grilletto e fare fuoco.
Il dolore che provò in quel momento era qualcosa che nessun libro l'aveva mai preparata a sopportare.

 

 

 

 

Scusatemi! Vi prego di perdonarmi per il ritardo, ma è stato un periodo piuttosto impegnativo! Spero che con questo capitolo, più lungo dei precedenti, possiate perdonarmi. Spero sia stato gradito!
Inoltre, ringrazio profondamente le persone che seguono questa storia e ringrazio chi ha recensito il precedente capitolo! Ben 10 commenti! Mi viene da piangere! T.T Grazie infinitamente! Provvederò a rispondere quanto prima!
A presto

http://i56.tinypic.com/2w5q9sy.pngVi lascio il banner del mio forum-archivio se vi va di passare a dare un'occhiata.
  

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Capitolo 8
*** Il coraggio necessario ***


 


Musica consigliata: Starvation



 

07

Il coraggio necessario

 

 


Il dolore fisico che provava in quel momento non era nulla paragonato a quello psicologico. Odiava se stessa e non riusciva a smettere di farlo.
I libri non l'avevano preparata ad affrontare un dolore così grande e insostenibile.
Alan era morto. E se l'esistenza di quell'uomo era finita e quella di Eylin era appesa ad un fragile filo era solo a causa della sua stupidità.
Anche se non aveva premuto il grilletto della pistola era lei la sola e vera assassina.
Le sue mani erano macchiate di sangue, e che questo fosse innocente o meno non aveva importanza.
L'oblio, in quell'istante assunse una prospettiva piuttosto allettante. Azzerare ogni pensiero, ogni frammento di sogno, dimenticare ogni cosa vissuta fino a quel momento...
Crystal si guardò le mani e rabbrividì. Si chiese quanto tempo sarebbe dovuto passare affinché quel macabro spettacolo abbandonasse i suoi pensieri. Troppo. Una tortura così amara che per un attimo si ritrovò ad essere invidiosa della sorte destinata all'ufficiale britannico.
Vagamente si rese conto del dorso della mano di William che le stava sfiorando il volto con delicatezza. Cercò il suo sguardo in una muta richiesta d'aiuto.
Mentre le lacrime scivolavano implacabili sul suo viso ed un maschera di ghiaccio copriva il suo cuore, Crystal s'aggrappò alla manica della camicia di William con tutte le sue forze. Era certa che se lui l'avesse lasciata sarebbe crollata a terra come una bambola di pezza.
Oltre le spalle del ragazzo riusciva a scorgere alcuni pirati che stavano prestando soccorso ad Eylin. Era così pallida che per un istante, finché non la vide socchiudere gli occhi, Crtsyal credette fosse già morta.
Il dolore tornò con una fitta più acuta che le mozzò il respiro in gola. Aveva paura. Una paura folle di morire, ma anche di continuare a vivere. Che futuro poteva avere? William non aveva più parlato dei progetti che aveva in serbo per lei, ma la sua mente immaginava un mondo di stenti e schiavitù.
Una schiava di pirati. Rabbrividì al pensiero di cosa avrebbe dovuto fare per gli spagnoli. Con ogni probabilità sarebbe diventata una delle tante ed anonime sgualdrine di bordo. Scosse la testa. Poteva riuscire ad accettare tutto, ma non un simile trattamento.
La presa sulla veste di William si fece più incerta. L'avrebbe abbandonata? L'avrebbe considerata solo una delle tante prigioniere che avevano camminato sul ponte del Poseidon?
Indietreggiò, comprendendo che quella prospettiva le provocava dolore. Eppure, malgrado quella consapevolezza desiderava che il pirata tornasse a sfiorarle il volto. Voleva vedere la sua bocca pronunciare parole che la potessero consolare e che le donassero maggior coraggio. Aveva bisogno di lui...
"Capitano!" esclamò un uomo della ciurma interrompendo il silenzio che si era venuto a creare.
Wiiliam scattò in avanti mettendosi davanti a Crystal e facendole scudo con il suo corpo. La ragazza si sentì il sangue gelarsi nelle vene, quando lo vide estrarre la spada, seguito dal resto dei compagni.
Prima ancora di notare il gruppo di uomini che stava risalendo la costa, Crystal comprese che uno nuovo scontro stava per avere inizio.
Davanti a lei William aveva assunto una posa guardinga e la mano che reggeva l'elsa della lama era tesa in avanti. Il braccio libero, invece, era rivolto nella sua direzione in un gesto quasi protettivo.
"Francesi." mormorò, mentre la sua bocca esprimeva una smorfia.
Crystal si portò una mano al petto ed assottigliò la vista. Non solo quegli uomini erano di origini francesi, ma erano anche pirati!
La ragazza guardò all'indietro e vide che anche gli uomini del Poseidon avevano portato le armi alle mani. Indietreggiò, senza rendersene conto, e si ritrovò con la mano di William che la teneva stretta per il polso.
"Seguite la costa e riparatevi vicino al molo. In seguito, dovrete nascondervi nei pressi delle imbarcazioni dei pescatori di Holono." spiegò velocemente, incitandola con una leggera spinta a correre nella direzione che le stava indicando.
Crystal lo osservo esitante. Non aveva voglia di allontanarsi nuovamente dall'unica persona che sembrava in grado di difenderla. Inoltre era stanca e la terrorizzava l'idea di cosa avrebbe potuto trovare una volta raggiunto il molo.
"Il mondo è un posto pericoloso." commentò William, conscio dei timori della ragazza. "Se volete sopravvivere signorina Crystal, dovete imparare a difendervi, sia che il pericolo provenga da un'arma o dalle parole di un uomo." continuò, inasprendo il tono di voce. "Usate l'astuzia se non volete combattere. Sono certo che questo genere di cose ve le abbiano insegnate in Inghilterra." concluse con un gesto vago della mano.
Crystal sobbalzò, mentre la sua mente cominciava ad elaborare il vero significato di quelle
parole. Le tornarono alla mente gli insegnamenti della Marchesa Anne Liverich e fu quasi tentata di sorridere, ma ben presto quell'espressione appena accennata si trasformò in una smorfia. Lei e Lord Henry non avevano avuto nessuna possibilità di difendersi contro l'attacco a sorpresa del Poseidon. Per l'ennesima volta da quando aveva cominciato quella bizzarra avventura si chiese quante fossero le possibilità che i due fossero sopravvissuti.

Tuttavia, allontanò ben presto quei tristi pensieri e tornò a concentrarsi su quel drammatico presente. Lei aveva avuto la possibilità di vivere e non poteva lasciarsi scappare quell'occasione che il destino le aveva concesso.
Prima di poter cambiare nuovamente idea, si voltò, e reggendo il vestito zuppo di sangue si mise a correre.
Alle sue spalle si lasciò un manipolo di pirati e la consapevolezza che forse non avrebbe più avuto altre opportunità per rivedere il capitano del Poseidon. Quel pensiero, per quanto assurdo, le provocò una strana fitta di dolore che non seppe spiegarsi.
Eppure lui sarebbe tornato, lo sentiva. Esattamente com'era consapevole che ogni giorno il sole sarebbe sorto all'orizzonte, sapeva che lui sarebbe tornato per lei.
"William..." sussurrò più o meno conscia di ciò che stava facendo.

 

 

Esausta di correre e con i piedi che si trascinavano a stento sulla sabbia, Crystal si fermò per riprendere fiato. Si sedette scompostamente sul terreno, mentre l'acqua le lambiva le caviglie, e si diede una veloce ripulita alle mani ed al volto.
Aveva l'impressione che l'odore del sangue le fosse penetrato fin dentro la pelle, negandole il più piccolo dei sollievi.
Fece alcuni respiri profondi, perché sentiva che altrimenti sarebbe scoppiata a piangere come un neonato di pochi mesi.
No, si corresse, nemmeno il bambino più piccolo si sarebbe lamentato tanto quanto stava facendo lei in quel momento.
I rombi dei cannoni si erano attutiti, segno che i vascelli pirati si stavano allontanando dall'isola. Il crepitio delle fiamme che avvolgevano Holono, però, era ancora ben udibile e feriva le orecchie più di quanto avessero potuto fare i cannoni.
All'orizzonte, dove il confine tra cielo e mare era piuttosto labile, le stelle stavano lentamente lasciando il posto al sorgere del sole.
Crystal si alzò, traballante sulle gambe e riprese a camminare incerta nella direzione che le aveva suggerito William.
Davanti a lei, restava ben poco di ciò che fino a qualche ora prima era stato il molo di Holono. Il ponte di legno oscillante che collegava la spiaggia ai primi metri del mare era sprofondato nelle acque marine. I resti delle travi galleggiavano come unici testimoni di quello che era accaduto.
Crystal s'affrettò a distogliere lo sguardo e cercò le barche dei pescatori dell'isola. Si trovavano pochi metri più avanti rovesciate all'ingiù, in modo tale che l'interno risultasse rivolto verso il terreno.
Sparse un po' ovunque c'erano conchiglie dalle forme più disparate e resti di pesci maleodoranti. Si chinò per raccoglierne qualcuna, che fece scivolare prontamente nelle tasche dell'abito.
Un lieve sorriso comparve sulle sue labbra per essere immediatamente sostituito da un'espressione di sospetto, quando sentì alcuni grugniti dirigersi nella sua direzione.
Crystal si guardò attorno in cerca di un riparo e si gettò a terra carponi. Gattonando si mosse verso le barche dei pescatori e per poco non le si fermò il cuore quando vide la
sagoma di un volto spuntare da sotto quelle imbarcazioni.

Dalla grandezza del cranio lo sconosciuto doveva essere un bambino. I suoi profondi occhi castani si muovevano febbrilmente da un luogo all'altro, agitati. Quando i loro sguardi si incontrarono, Crystal ebbe la certezza di averlo già conosciuto. Non ci mise molto a comprendere che quello era lo stesso ragazzino che William aveva salvato in precedenza dal suo aguzzino.
"Dove ti sei nascosto, moccioso?" tuonò in un confuso inglese un uomo.
Crystal si immobilizzò. La domanda le era giunta dalle spalle e la voce era molto più vicina di quanto si aspettava. Ringraziò il cielo per essere al riparo dietro dietro ad una piccola duna di sabbia.
Il bambino le fece cenno con la mano di raggiungerlo e Crystal s'affrettò ulteriormente. Arrivò con il fiatone fino alla barca, poi con l'aiuto del ragazzo riuscì a scivolare con le ultime forze sotto quell'improvvisato riparo.
Mentre si tergeva il sudore dalla fronte sentì il suo compagno sospirare di sollievo.
Là sotto era troppo buio per vedere il colore dei suoi capelli o per distinguere i tratti del suo viso.
"Qual'è il tuo nome?" bisbigliò con voce roca.
"Jake" rispose prontamente. Si voltò e le loro mani si sfiorarono.
Crystal non si sorprese nel constatare che il braccio del bambino tremava. Scioccamente si chiese se quella reazione fosse dovuta più per il freddo o per la paura.
Rimasero in assoluto silenzio, mentre all'esterno l'uomo continuava ad inveire contro Jake. La ragazza strinse la presa sul pugnale, anche se sperava di non arrivare al punto da utilizzarlo.
"Chi è? Cosa vuole da te?" domandò, soffocando un colpo di tosse.
Jake giocherellò con la sabbia per alcuni secondi, prima di risponderle. "È mio padre." farfugliò con le labbra arricciate all'insù. "Vuole vendermi ai pirati." continuò come se la cosa non lo riguardasse.
Crystal trattenne un gridolino d'orrore. Si portò una mano al viso e si morse i contorni delle gengive. Strinse la mano di Jake e ripensò a quanto fosse stata fortunata la sua vita prima di quelle settimane.
Stando sul Poseidon era venuta a conoscenza di così tante realtà e modi di vedere il mondo differenti che si era spesso domandata se ciò che lei sapeva poteva bastarle.
Per così a lungo era rimasta imprigionata in una prigione di cristallo che forse aveva perso i contatti con il resto della società. O, più probabilmente, non aveva mai avuto contatti con il mondo reale.
Eppure, il suo cervello si rifiutava di accettare una realtà in cui i figli venivano venduti in cambio di soldi dai propri genitori e dove gli uomini venivano uccisi per ideali egoistici e meschini.
"Lo odio." lo sentì mormorare Crystal. "Ha ucciso la mamma e ha costretto la mia sorellina ad andare a lavorare in quel brutto locale."
La ragazza non aveva bisogno di conoscere il nome del locale per capire il tipo di lavoro che la sorella di Jake era stata costretta a fare.
Rabbrividì, mentre l'urlo disumano dell'uomo si avvicinava inesorabilmente al loro nascondiglio.
"Dove siete, William?" mugolò spaventata. L'aria cominciava a mancarle e il tanfo che c'era in quella barca stava divenendo insopportabile.
"Vieni fuori!" gridò il padre di Jake. "Lurido bastardo!" esclamò, dando un calcio ad una delle imbarcazioni vicine. "È inutile che scappi. Ti troverò. Ti troverò sempre piccolo Jake." continuò come una sorta di cantilena.
Crystal non voleva neanche pensare a cosa quell'uomo avrebbe potuto farle se l'avesse trovata in compagnia del figlio. Strinse la presa sul pugnale che le aveva dato Eylin e pregò che quelle poche lezioni che la piratessa le aveva impartito fossero sufficienti per permetterle di fuggire insieme al bambino.
Il silenzio fu interrotto dagli improvvisi starnuti di Jake che inutilmente si era portato una mano al volto per soffocare il rumore.
"Ti ho trovato." sibilò il loro aguzzino. Crystal intravide una nota di compiacimento in quella fredda voce maschile.
Deglutì e fece cenno a Jake di mettersi alle sue spalle. Doveva essere furba ed usare l'intelligenza che le era stata donata. Aveva i muscoli tesi e doloranti, ma pronti a reagire al minimo segnale di pericolo.
Dalla fessura creata tra la sabbia e il fondo della barca intuì la posizione in cui si trovava lo sconosciuto. L'uomo stava cercando di sollevare l'imbarcazione ed era solo una questione di minuti prima che riuscisse a raggiungere il suo obiettivo.
Il legno scricchiolò sotto la presa dell'individuo, ma prima che il padre di Jake riuscisse a liberarsi di quel fardello, Crystal si gettò con tutto il suo peso in quella stessa direzione.
Ansimando per lo sforzo si concesse solo un fugace attimo di gloria, perché la barca non era affatto riuscita a far barcollare all'indietro quell'energumeno, facendolo crollare su se stesso. Sbarrò gli occhi ed incitò il piccolo Jake a scappare verso il mare.
"Chi diavolo sei, puttana?" inveì l'uomo, afferrandola per la caviglia. Crystal crollò rovinosamente a terra con la bocca piena di sabbia. Scalciò e tossì nella vana speranza di staccarsi quelle luride mani di dosso.
"L-Lasciatemi!" balbettò, dimenandosi alla cieca. Era conscia di star sprecando energie preziose, ma la paura sembrava aver più controllo di lei sulla sua mente.
Mentre si liberava la bocca dagli ultimi granelli di sabbia, afferrò una manciata di quest'ultima e la gettò sul volto dell'uomo che gridando furioso la lasciò andare.
Rotolando e zoppicando Crystal si fece largo sui ciocchi di conchiglie e sassi che le ferirono il dorso delle mani.
"Torna qui, cagna rognosa!" esclamò, sputacchiando.
Era così sconvolta che nemmeno si concesse del tempo per ideare degli insulti adatti a rispondergli. Raggiunse Jake che era intento a fissare il mare.
"Che stai facendo?" domandò allarmata, mentre con la mano libera lo trascinava via con sé.
"Ha paura dell'acqua. Lui ha paura dell'acqua." spiegò, mentre i raggi del sole colpivano i loro volti, rivelando la bellissima chioma rosso fuoco del bambino. "Dobbiamo nuotare." continuò deciso.
Crystal scosse la testa. La paura dello sconosciuto era paradossalmente anche la sua. Nemmeno lei sapeva nuotare e dubitava che in quel momento ci fosse William pronta a salvarla.
"Ci prenderà!" esclamò terrorizzato Jake guidandola verso l'acqua. Crystal rimase immobile, mentre alle sue spalle poteva quasi avvertire il fiato puzzolente del suo inseguitore.
"Vai." sussurrò. "Vai!" ripeté nuovamente con maggior urgenza.
Jake inclinò la testa di lato, indeciso di fronte a quella reazione.
"Ma... Tu vieni con me?" domandò con una tale ingenuità che fece salire un groppo in gola a Crystal.
"Certo." replicò, riuscendo a sfoderare uno di quei falsi sorrisi che la sua balia le aveva insegnato. "Non temere. Ti raggiungerò fra qualche minuto." Era certa che Margaret sarebbe stata fiera delle sue doti recitative in quel momento.
"Lo prometti? Non mi lascerai da solo?"
"È una promessa. Mi prenderò cura di te." disse Crystal stringendogli la mano. "Va ora!" gli ordinò, scompigliandogli i capelli.
Jake indugiò qualche istante, poi con un lieve cenno del capo le diede le spalle e corse nelle acque del mare. Crystal lo osservò finché non scomparve tra le onde e pregò che riuscisse a cavarsela anche da solo.
Si morse il labbro inferiore, frustrata di aver mentito a quel ragazzino che l'aveva fissata tutto il tempo con sguardo adorante.
Poi si voltò e corse quel poco che le sue gambe ancora le consentivano. Ora doveva pensare a lei.

 

 

"Dannata! Fermati!" continuava a ripetere il padre di Jake. Crystal era consapevole che non sarebbe riuscita a distanziarlo ancora a lungo. Perlomeno non nelle condizioni in cui si trovava in quel momento. Era sfinita, ma la paura le dava ancora la forza necessaria per sfuggire al suo aguzzino.
A malapena era consapevole della presenza del pugnale nel suo braccio sinistro. L'avrebbe raggiunta e lei gli sarebbe svenuta tra le braccia, osservò sconvolta.
Scosse la testa. Doveva rimanere lucida.
Tornò ai resti del molo e all'improvviso le passò per la mente un piano tanto pericoloso quanto folle. Ansimando si gettò sul primo pezzo di legno che trovò, una tavola larga quasi un metro, e si gettò nell'agitato Mar dei Caraibi.
L'acqua salata le scivolò sulle ferite e Crystal trattenne a stento un grido di dolore.
Ansimando si aggrappò alla trave e fece forza nei muscoli delle gambe affinché l'aiutassero a fuggire.
Si voltò una sola volta e fu con orrore che osservò quell'uomo attuare la sua stessa idea. Dovevano avere entrambi un bel coraggio per aver tentato una simile impresa.
Dell'acqua le entrò nella bocca e lei la sputò immediatamente fuori. Si maledì per la sua totale mancanza di coraggio. Si domandò se sarebbe riuscita a sconfiggere quell'uomo anche restando a terra. Era evidente che per lui la sua cattura era diventata una questione di orgoglio.
"Torna qui, puttana."
Crystal fece una smorfia sentendolo mentre la chiamava nuovamente con quell'appellativo.
Gli uomini non hanno fantasia.
Fu il suo ultimo pensiero prima di avvertire una mano gelida che le afferrava la gamba e che la tirava prepotentemente verso l'abisso.

 

 
 

  

Capitolo dedicato a Hideko. Per il suo compleanno e per aver utilizzato il mio nome nella storia che ha creato, vincendo tra l'altro anche un premio! Grazie^.^ 

 

Eccomi! Dopo due mesi di assenza, di cui mi scuso profondamente, sono tornata ad infestare questa sezione con questa storia. Vi sono mancata? E Crystal, William & Co.? Ringrazio tutte le persone che seguono questa storia e che mi regalano le loro importanti impressioni sulla vicenda! Grazie anche a chi mi ha inserito tra i propri autori preferiti!!! *_* Siete troppo buoni u_u
Vi ha sconvolto la fine del capitolo? Povera Crystal T.T *piange quando è tutta colpa sua * Sono sadica, lo so! XD
Vi auguro di passare un nuovo splendido e felice anno! Che dite, il 2012 sarà l'ultimo anno che vivremo? XD
Come buon proposito mi impegno ad aggiornare con maggiore regolarità, ma a causa di impegni universitari e delle altre storie in cui sono impegnata non garantisco nulla, mi spiace T.T Se vi va passate a dare un'occhiatina anche a quelle... non potete che rendermi felice!
Mi raccomando! Fatemi sapere cosa ne pensate! :) Per me è molto importante saperlo! Ringrazio tutti in anticipo!!
By Cleo^.^ 



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Capitolo 9
*** Come fuoco ed acqua ***


 

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08

Come fuoco ed acqua

 

 

 

Acqua. Tantissima acqua e freddo. Un terribile freddo che riusciva a mozzarle il respiro in gola. Sembrava quasi che quell'enorme massa di acqua scura si stesse prendendo gioco di lei.
Allungò le sue piccole mani da bambina cercando invano di aggrapparsi alle rocce ed ai tronchi d'albero abbattuti che galleggiavano in quella interminabile striscia d'acqua.
Aveva paura. Una sensazione di cui non riusciva a liberarsi. Era dentro di lei, su di lei, ed aveva assunto le spaventose fattezze di un'onda che prometteva di travolgerla con tutta la sua forza, inghiottendola per sempre nel suo ventre.
Doveva respirare. Sapeva di doverlo fare, così prese un bel respiro ed attese che l'acqua le passasse attraverso, lasciandola poi nuovamente libera di urlare.
I pesci non avevano paura dell'acqua, quindi nemmeno lei poteva averne.
Perché allora era così terrorizzata? Lo era così tanto che non riusciva a smettere di tremare o di piangere.
Se la mamma l'avesse vista in quello stato l'avrebbe messa in castigo per una settimana. Non doveva piangere. Una signorina come lei non doveva mai piangere. Era segno di debolezza e lei non poteva essere debole.
Non riusciva a vedere con chiarezza il paesaggio davanti a lei. La pioggia ed i fulmini la distraevano, minacciando di farla scivolare sul fondo del fiume. Doveva costantemente ricordarsi di muovere un braccio davanti all'altro per non sprofondare in quell'acqua fangosa.
Il gelido vento autunnale la spingeva dalla parte opposta alla corrente, quasi volesse darle una mano nel raggiungere nuovamente la sua famiglia.
"Crystal." Qualcuno la stava chiamando.
Lei la stava cercando.

 

 

 ***

 

Mentre stringeva la presa sul pezzo di legno che la teneva a galla, un brivido di terrore attraversò la sua mente. Non riusciva a dare un senso al ricordo che aveva visto. Quand'era accaduto quell'evento?
Un gemito di dolore le uscì dalle labbra, quando avvertì la mano dell'uomo afferrarle brutalmente la caviglia sinistra. L'acqua salata del mare le riempì i polmoni e faticò non poco a riemergere per poter respirare liberamente.
Il padre di Jake la stava trascinando sul fondo marino. Era troppo forte e troppo pesante perché lei potesse riuscire a liberarsene.
La presa sul suo piede si fece più ferrea e l'uomo nella foga di catturarla scivolò negli abissi trascinandola con sé. Un banco di pesci si disperse alle loro spalle, spaventati da quell'intrusione.
Tenere gli occhi aperti si rivelò una tortura. Il sale irritava la sua pelle e l'ossigeno che aveva a disposizione scemava sempre più. Il suo aggressore, preso dal panico aveva cominciato a trascinarla con sé e per quanto sforzi lei facesse per liberarsi di quel peso, l'uomo non voleva saperne di lasciarla andare.
Crystal si portò una mano alla gola, mentre cominciava ad avvertire un forte bruciore all'altezza dei polmoni. Doveva liberarsi di quell'uomo.
Frugò tra gli abiti del vestito, riuscendo infine a ritrovare il pugnale che Eylin le aveva regalato. Non aveva tempo per pensare ad altre altre soluzioni. Stava soffocando e non aveva intenzione di morire in quel modo dopo l'estenuante giornata a cui era sopravvissuta.
Socchiudendo leggermente gli occhi, strinse l'elsa dell'arma e piegatasi in avanti lacerò la carne del braccio nemico. In una frazione di secondo l'acqua si intinse del colore del sangue. Immediatamente l'uomo le lasciò andare la gamba e Crystal ricambiò il suo sguardo scioccato, sorpresa lei stessa per ciò che era riuscita a fare.
In compenso il pugnale nella sua mano sembrava essere diventato estremamente pesante. La presa sull'elsa si fece incerta e la ragazza si affrettò a riporre l'arma tra le pieghe dell'abito.
Si concesse solo un ultimo sguardo verso l'abisso scuro in cui l'uomo era sprofondato, poi allungò le mani verso la superficie.

 

 

Accolse con estrema gioia la leggere brezza che aveva preso a soffiarle tra i capelli. Respirò a pieni polmoni, agitando convulsamente le braccia nel tentativo di rimanere a galla. Ogni cinque secondi di ritrovava con il capo sommerso dal mare ed i suoi goffi tentativi di coordinare i movimenti di braccia e gambe avevano solo l'effetto di sfiancarla maggiormente.
"A-Aiuto!" riuscì a farfugliare mentre si liberava dell'acqua che le era entrata in bocca.
Davanti a lei una sagoma indistinta si affacciava contro la luce del sole che stava nascendo. Fu costretta a chiudere gli occhi e sperò con tutta se stessa di non aver avuto un miraggio. Secondo alcune leggende gli uomini che cadevano in mare erano accolti tra le braccia di deliziose sirene che li ammaliavano con il loro canto, ma lei aveva avuto la sfortuna di nascere donna. Se fosse morta o annegata non avrebbe avuto nessun compagno al suo fianco che l'avrebbe cullata in un dolce abbraccio. Non un cavaliere su un cavallo bianco, né un principe dal sorriso sfavillante. Sarebbe scivolata sul fondo del mare, circondata da pesci e coralli, e quel luogo sarebbe diventato la sua tomba.
Se si sforzava riusciva quasi a immaginare tutta la scena nei minimi particolari. William avrebbe ripreso il largo con il Poseidon, il piccolo Jake sarebbe tornato a vivere nel distrutto villaggio di Holono ed Eylin si sarebbe lentamente ripresa dalle ferite, ricordandola come una breve comparsa nella sua vita.
Riaprì gli occhi e vide l'ombra farsi sempre più vicina. Il tocco di una mano sconosciuta sul suo braccio la indusse a riprendere il controllo su quei pensieri incoerenti.
"Jake." mormorò riconoscendo il ragazzino. Una fitta al petto la indusse a distogliere immediatamente lo sguardo. Aveva ucciso suo padre. Aveva ucciso un uomo e non sentiva alcun tipo di rimorso, solo la paura per aver agito d'impulso.
Jake le aveva portato il pezzo di legno su cui si era precedentemente aggrappata e senza rendersene conto lei si era lasciata scivolare sopra.
Gli strinse la mano riconoscente per l'aiuto e cominciò a muovere le gambe verso la riva. Era estremamente lenta, ma il bambino rimase sempre al suo fianco, perfettamente a suo agio nell'acqua.
"Tuo padre è morto." ammise. Era forse il senso di colpa ad averla spronata a rivelare quella notizia?
Jake diede una scrollata di spalle e grugnì qualche parola che lei non riuscì ad identificare. Non sembrava dispiaciuto per la morte del padre e la cosa non riuscì in alcun modo a farla sentire meglio.
"Io sono debole." farfugliò Jake con un mesto sorriso. "Ho quasi dodici anni." rivelò di fronte alla curiosità di Crystal, che spalancò la bocca sorpresa. "Se fossi più coraggioso, sarei fuggito si casa molto tempo fa." continuò.
"Dovresti essere in collera con me. Ho ucciso tuo padre!" esclamò Crystal con un singhiozzo.
"Tu non sei di queste parti." la interruppe il ragazzino.
Crystal scosse la testa, facendogli intendere che avesse ragione. "Allora non preoccuparti troppo. Mi ricordi la mia sorellina." spiegò mettendogli il palmo della mano su una guancia.
Crystal non obiettò. Raggiunsero la costa dopo un tempo che a lei parve interminabile e quando finalmente poté rimettere i piedi sulla soffice sabbia dell'isola si rannicchiò su se stessa. Poco distante da lei, Jake si lasciò scivolare sulla schiena e rimase a fissare gli ultimi bagliori delle stelle.
"Voglio tornare a casa." si lamentò Crystal, portandosi le gambe al petto. "Voglio tornare a casa..." ripeté con scarsa convinzione.
"Hai promesso di prenderti cura di me." intervenne Jake, avvicinandosi a lei gattonando.
Lei lo abbracciò d'impulso. Non voleva più rimanere sola, non voleva più vedere tutto quel sangue che era stato versato quella notte. Lo vide arrossire e per una breve frazione di secondo si rese conto di come doveva apparire a quel ragazzino in quei vestiti stracciati e macchiati di gocce cremisi.
"I-Il tuo nome..." balbettò imbarazzato, grattandosi la nuca.
Crystal sorrise. Nella confusione della fuga non gli aveva mai rivelato quale fosse il suo nome.
"Crystal Mary Shevington." si presentò con un certo orgoglio nella voce. Era sempre stata abituata a portare quel nome con fierezza e dignità. La sua famiglia era una delle più prestigiose d'Inghilterra e vantava una discendenza di ben quattrocento anni.
"I tuoi occhi sono molto belli" le disse, allontanandosi dalla sua stretta soffocante. "Hanno lo stesso colore del cielo e del mare."
Crystal distolse lo sguardo. In famiglia suo padre possedeva splendidi iridi grigie, mentre sua madre aveva occhi castani con sfumature leggermente dorate. Lei era l'unica tra i suoi parenti ad aver ereditato quel colore freddo. I suoi occhi mettevano soggezione alle persone con cui parlava. Da bambina era solita specchiarsi. Per ore rimaneva ad osservare quelle curiose macchie celesti, mentre sua madre intratteneva gli ospiti nel salotto con fumanti tazze di the e pasticcini.
"Lo sai, qualcuno disse che gli occhi sono lo specchio dell'anima." spiegò, cercando di ricordare chi fosse stato l'autore della frase. Se la memoria non le giocava brutti scherzi doveva essere stato Platone ed esporre quell'opinione.
"E cosa significa?" la interrogò Jake.
Delle ombre si proiettarono sulla sabbia ed entrambi si voltarono nella direzione da cui provenivano i leggeri fruscii che avevano sentito.
"Significa che il Poseidon attende il nostro ritorno." William aveva uno sguardo duro, quasi adirato, ma quale fosse la ragione Crystal non lo sapeva. "Non avete idea di quanto tempo ho impiegato per ritrovarvi." borbottò avanzando di qualche passo.
I capelli biondi scendevano disordinati fino alle spalle ed i vestiti erano lacerati in alcuni punti. Il braccio destro impugnava ancora la spada, mentre la pistola era stata riposta sul fianco sinistro.
Crystal lo osservò rinfoderare l'arma e rivolgere un breve sguardo a Jake. Automaticamente le spalle si rilassarono per il sollievo di averlo rivisto vivo e incolume. Fino a quel momento non si era resa minimamente conto di essere in pensiero per le sorti del capitano del Poseidon.
William la fissava accigliato e Crystal non riuscì a far altro che scoppiare a piangere. Azzerò la distanza che li separavano e si aggrappò alle sue spalle con tutta la forza che aveva. I singhiozzi minacciavano di soffocarla, ma lei non vi badò. Sentì il corpo di William irrigidirsi per quell'improvviso contatto fisico, ma poiché lui non fece nulla per allontanarla rimasero in quella posizione.
"Mi avete abbandonato!" lo accusò Crystal tempestando il suo petto di pugni, che però non sembravano sortire il minimo effetto sul pirata. "Non fatelo più." lo pregò, deglutendo.
William fece per allontanarla, ma lei lo strinse con maggior decisione. In quel momento non le importava nulla del decoro e della buona etichetta. Voleva solo essere consolata. Consolata da William, si rese conto sorpresa.
Si accorse di star tremando, ma non era sicura che quella reazione fosse dovuta esclusivamente alla paura. Appoggiò il capo sulla spalla di William, assaporando il pungente sapore di sale che la sua pelle trasmetteva.
Era strano osservare come quell'odore che le ricordava tanto il mare riuscisse ad esercitare un potere così calmante su di lei.
"Va tutto bene. Ora andrà bene." le sussurrò William, carezzandole la schiena.
Il suo tocco era gentile, quasi premuroso. Nei punti in cui le aveva sfiorato la pelle nuda delle spalle, a Crystal sembrò quasi che le sue mani fossero bollenti.
Il suo cuore cominciò a battere più velocemente e per un istante riconsiderò l'idea di darsi un contegno. Eppure, in quel momento, non desiderava altro che quelle rassicuranti carezze da parte di William.
"Ho ucciso un uomo." confessò dopo qualche minuto. "Ho ucciso un uomo." ripeté, riprendendo a piangere silenziosamente.
Sentì William sospirare, quando le afferrò le braccia per poterla guardare negli occhi. Sembrava preoccupato e stanco quasi quanto lei.
"L'ho lasciato affogare pur sapendo che non era in grado di nuotare." continuò a raccontare non riuscendo a trattenersi. "Non sapeva nuotare, proprio come me. Odiava l'acqua quanto me. Lui non..." William le passò un dito sulle labbra, scuotendo mestamente il capo.
"Non dovete più preoccuparvi." sussurrò il pirata, cercando il suo sguardo. "Vi avrebbe uccisa se voi non aveste agito preventivamente."
"Ma..." ancora una volta si bloccò ad un cenno del capitano.
"Voi siete viva. Non siete felice di essere viva?" domandò con una semplicità che la lasciò spiazzata.
Annuì, affogando nello sguardo smeraldino di William, così intenso e meraviglioso che poteva ferire solo ammirandolo.
"Anche io lo sono. Sono contento di essere riuscito a ritrovarvi." concluse il pirata.
Provava uno strano benessere rimanendo al suo fianco. Anche se una parte di lei sapeva perfettamente che quello era il giovane uomo che l'aveva rapita e costretta a vivere su un veliero pirata, non riusciva a fare a meno di desiderare la sua presenza.
Si rese conto che voleva sapere di più su William e sui suoi misteriosi segreti. Desiderava conoscere ogni cosa, scoprire la motivazione che l'aveva spinto a scegliere quella vita all'insegna dell'avventura e del pericolo.
Ma il motivo che la spingeva a volere ciò le era ignoto. Semplice curiosità? Una scusa mascherata da buone intenzioni per evitare il trascorrere monotono delle ore a bordo del Poseidon?
Devo tornare a casa.
Quel pensiero la travolse con violenza, facendola sentire in colpa. Aveva bisogno dell'Inghilterra, così come aveva bisogno di risposte per il ricordo confuso che aveva riportato alla luce in un angolo remoto della sua mente. Perché improvvisamente aveva riesumato una memoria così lontana del suo passato? Era stato solo a causa dello shock subito o c'era un'altra spiegazione?
"S-Siete ferito." sussultò, vedendo la macchia scarlatta sulla spalla di William.
"Non è sangue mio." la rassicurò.
Imbarazzata, Crystal allontanò le mani dal petto di William e fece qualche passo all'indietro. Quando fu certa di poter riprendere a respirare normalmente, chinò la testa sul terreno.
"Dobbiamo andare." disse lui voltandogli le spalle, già pronto per ripartire.
Crystal non si mosse, nuovamente conscia della presenza di Jake alle sue spalle. Trovava alquanto curioso che quel bambino avesse lo stesso nome del capitano Jake Glover, l'ufficiale inglese a bordo della Black Rose.
"Hai detto che ti prenderai cura di me." sussurrò il ragazzino, tirandola per l'orlo dell'abito.
Crystal si morse il labbro inferiore, annuendo.
"Se vi chiedessi un favore personale, voi lo fareste?" gridò in direzione di William che si era già voltato per guardarla.
Il pirata fece schioccare il palato, come a voler dimostrare che quella richiesta lo infastidiva.
"Ho ucciso suo padre." farfugliò Crystal indicando Jake. "Il villaggio è distrutto e..." si fermò, vedendo l'espressione incredula del pirata. "Non ha più nessuno, non potrebbe..." deglutì. "Non potrebbe venire sul Poseidon?" concluse mordendosi la lingua.
William si limitò ad incrociare le braccia al petto. Se fosse stato sorpreso da quella richiesta, di certo non lo diede a vedere.
"Fatemi capire bene." disse, scandendo bene ogni parola. "Voi mi state chiedendo di portare questo ragazzino sulla mia nave?" domandò.
"S-Sì."
"Disprezzate tanto i pirati da voler far diventare quel ragazzino uno di noi?" continuò riferendosi alla ciurma. "Non trovate sia una contraddizione piuttosto evidente?"
Crystal non rispose, chiudendo la mano a pugno. Lo sapeva che quella richiesta era assurda, ma non esistevano altri modi per portare Jake con lei.
"Forse non sono una persona così coerente." obiettò lei, sapendo che c'era un pizzico di verità in quelle parole. Dopotutto si sentiva attratta da un pirata che non vedeva l'ora di liberarsi di lei.
"Niente da fare." fu la secca sentenza di William.
"Allora non vi seguirò. Dovrete portarmi di peso fino alla vostra barca!" esclamò, quasi ferita da quel rifiuto.
"Bene. Come volete." commentò William, raggiungendola ed alzandola di peso.
Crystal si lasciò sfuggire un grido di sorpresa. Ci mise un breve istante per comprendere che William aveva seguito il significato della frase alla lettera. Scalciò e si agitò, riuscendo a trascinarlo sulla sabbia insieme a lei.
Tossendo strisciò fino a Jake, che molto gentilmente l'aiuto a rialzarsi. Ansimando, osservò l'espressione divertita di William, e fu come se mille lame le avessero trafitto il cuore.
Era innegabile che quel pirata possedesse una bellezza disarmante. Il suo sorriso era la cosa più reale che Crystal avesse mai visto in quegli anni. Tutto di lui sprizzava gioia ed energia. Agli occhi di un estraneo dovevano apparire come fuoco ed acqua, due persone così diverse che non si poteva fare a meno di domandarsi che tipo di legame li unisse.
"Lasciatela stare." sibilò Jake mettendosi davanti a Crystal.
L'espressione di William non mutò. "Sei coraggioso, piccoletto." disse tranquillamente. Alzò le mani, quasi volesse dimostrare di essere disarmato.
"Sarete responsabile di ciò che farà." aggiunse in direzione di Crystal. "Non voglio che rechi fastidio al resto della ciurma." riprese.
Il volto di Crystal si distese in un'espressione sollevata. Automaticamente cercò la mano di Jake stringendogliela rassicurante. Il ragazzo ricambiò la stretta, soffocando un'esclamazione di gioia.
"Dovrà lavorare. Non sopporto gente inutile a bordo del Poseidon. Dato che Eylin è ferita servivano comunque un paio di braccia in più." osservò.
Crystal si rabbuiò. Per un attimo aveva scordato la situazione della ragazza che a causa sua era rimasta gravemente ferita.
Strinse maggiormente la prese sulla mano di Jake, indifferente alle lamentele del bambino. Era colpa sua.
"Si riprenderà?" disse, alzando lo sguardo su quello di William.
Lui non le rispose e lei intuì che la situazione era davvero grave. Al suo fianco, Jake aveva cominciato a correre allegro intorno ad alcuni uccelli. Non sembrava preoccupato di dover andare a lavorare su un veliero pirata. Effettivamente era piuttosto felice e sereno.
Eppure quando l'aveva trovato, le era sembrato spaventato dalla prospettiva di poter essere venduto ad una ciurma di bucanieri. Sbuffò. Era l'unica a non amare l'idea di tornare a bordo del Poseidon?

 

 

La piccola imbarcazione di legno traballò e Crystal si affrettò a stringere la presa sui lati della barca. Al suo fianco Jake stava canticchiando qualcosa, ma lei non riuscì a coglierne il significato.
"Dovrebbe rilassarsi." le suggerì William, intento a remare.
Crystal serrò le labbra, leggermente seccata. Per lui era facile parlare, non aveva problemi a nuotare, a differenza di lei che faticava solo per rimanere a galla.
"Tra poco saremo nuovamente sul Poseidon." continuò, pensieroso.
Alle sue spalle una decina di pirati commentarono il suo comportamento con parole sprezzanti. "Eylin è già lì." disse, lanciando un'occhiata ammonitrice ai suoi uomini. "Prenda esempio dal ragazzino. È dieci volte più coraggioso di lei ed ha la metà dei suoi anni." le fece notare.
Crystal ruotò la testa, decisa ad ignorarlo. Sapeva bene anche lei che quella paura per l'acqua era irrazionale ed insensata. La sua balia le ripeteva sempre che avrebbe dovuto imparare a nuotare per poter sconfiggere quell'emozione negativa. Tuttavia Crystal non riusciva a vedere altro che pericolo in ogni pozza d'acqua profonda. Per quello si era
rifiutata di intraprendere il viaggio a bordo della Black Rose.

La sensazione che quella paura dipendesse dall'episodio che aveva ricordato si fece sempre più forte. Avrebbe rammentato anche il resto di quelle memorie perdute?
"Ehy, ragazzino!" esclamò un uomo della ciurma. Jake smise di canticchiare, concentrandosi sull'individuo che l'aveva chiamato. "Non hai paura di noi?" chiese
ghignando, imitato a ruota dai compagni.

La ragazza si voltò verso Jace che sorrideva in un modo quasi innaturale ai suoi interlocutori. "No." disse, cominciando a fischiettare una melodia malinconica.
"Vuoi dire che non hai paura dei pirati?" intervenne un altro, mostrando il pugnale che penzolava alla sua cintura.
Esasperata da quel comportamento, Crystal fece per alzarsi, ma la mano di William sul suo braccio la costrinse nuovamente a sedersi.
"No." ripeté nuovamente Jake, ora visibilmente seccato da quelle continue interruzioni. Gli occhi castani erano stranamente attenti ad ogni movimento improvviso che avveniva sulla barca. Sembravano gli occhi di un predatore. Eppure il fisico del ragazzo suggeriva tutt'altro che quello appartenente ad un cacciatore.
"Finché ci sarà la signorina Crystal, andrà bene. Non ho paura visto che lei è al mio fianco."
Crystal spalancò la bocca, piacevolmente sorpresa e lusingata per quelle parole. In uno slanciò di euforia si staccò dalla imbarcazione per poterlo abbracciare.
Attorno a loro i pirati erano scoppiati a ridere sonoramente, dandosi ognuno una pacca sulle spalle per sottolineare quanto avessero trovato patetica quella scena.
Solo William era rimasto in silenzio, osservando con interesse il recente acquisto fatto dal Poseidon.
"Attenta. Non vorrete finire in acqua." fu il suo ultimo commento, godendo alla vista di una Crystal spaesata e confusa, dal volto terribilmente pallido.
"Il mare ne ha avuto abbastanza di me, per oggi." lo zittì Crystal con una nota sarcastica nella voce.

 

 


OoOoOoOoOoOoOoOoOoOoOoOoO

 

 

 

Eccomi con un nuovo aggiornamento! Questa volta ho avuto più tempo a disposizione quindi sono di nuovo qui ad infestare la sezione! xD
Pensavate che avrei fatto intervenire William in aiuto di Crystal, confessatelo! Non l'ho fatto perchè la ragazza deve imparare a difendersi da sola ed a contare solo sulle sue forze. u.u
Ditemi... siete soddisfatte/i? Qui c'è decisamente molto William! *_* Vi ho incuriosito nella prima parte con i ricordi perduti di Crystal? Mi auguro di sì! u_u
Ringrazio tutte le persone che continuano a leggere e a commentare, spronandomi a dare sempre il massimo! Grazie anche a chi ha aggiunto la storia tra seguiti-preferiti-ricordate e me tra gli autori preferiti! Che gioia! *W*
Prossimamente ci saranno più scene Crystal/William ed i misteri saranno lentamente portati a galla u.u Tuttavia dovrete pazientare! :)
A presto!
By Cleo^.^

Storie in corso:
Romatico

Pirates-L'ombra del tradimento
Opera National-Ricatto d'amore

Angeli&Demoni

Contratto di Sangue-La Guerra Celeste

Storie concluse:
Vampiri

Contratto di sangue-L'ombra del principio

Sovrannaturale

La rivincita delle acque 

 



 

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Capitolo 10
*** Nuovi incontri ***


 

 

Musica consigliata: Ocean Princess




 

 

 09
Nuovi incontri 

 
 

 
 

Crystal era esausta. Erano trascorse quasi ventiquattr'ore, le più intense della sua vita, e lei non aveva potuto chiudere occhio. Non aveva potuto abbandonarsi a quel sonno ristoratore che tanto agognava.
La piccola imbarcazione di fortuna che avevano trovato ad Holono barcollò e lei si portò le ginocchia al petto in un inutile tentativo di farsi coraggio. Jake stava dormendo al suo fianco, sfinito e con il pollice in bocca. Aveva un'espressione buffa dipinta sul viso, l'innocenza-non totalmente scomparsa- di un bambino sull'orlo dell'adolescenza.
William era scomparso dalla sua visuale, nascosto dal resto dell'equipaggio del Poseidon che era tornato sull'isola per cercare lei ed Eylin. Il salvataggio però si era rivelato un fallimento. Eylin era rimasta gravemente ferita e lei era riuscita ad infilarsi in un pericolo dietro l'altro.
La barca sussultò nuovamente quando entrò in contatto con la possente mole del Poseidon. Crystal alzò appena lo sguardo, sentendosi osservata da qualche membro del gruppo.
Effettivamente c'era qualcuno che la stava studiando. Era un giovane uomo, un ragazzo che a prima vista doveva avere all'incirca la stessa età di William. Era scompostamente seduto nell'angolo opposto della barca, l'espressione annoiata tipica di chi avrebbe presumibilmente meglio da fare.
I capelli, neri quanto la statua di lava che sua madre teneva in uno dei salotti di casa, gli
scendevano ondulati fino alle spalle, arruffati come se si fosse appena svegliato dopo una lunga dormita. Gli occhi erano grigi con sfumature marroni che ricordavano vagamente il colore del caffè, bevanda che lei non poteva soffrire. Il solo odore riusciva a provocarle una leggera nausea e, ricordò con una smorfia, la prima volta che l'aveva assaggiato aveva pensato che quella bevanda non era neanche lontanamente paragonabile al suo adorato tè.

Il pirata indossava una sgualcita camicia celeste e delle braghe di grezza stoffa marroncina. Alla cintura non portava alcuna pistola, solo un pugnale la cui lama si incurvava verso la punta.
I lineamenti del volto erano delicati, non si presentavano rozzi e deformi come quelli degli altri uomini. Perfino la pelle era luminosa e priva di qualsiasi imperfezione come cicatrici o macchie.
Le rivolse un cenno della mano e Crystal ricambiò il gesto automaticamente. Le venne spontaneo, fin troppo, rispondere al saluto con un tenue sorriso. In precedenza, sul Poseidon, non lo aveva mai notato, o forse, si disse, non gli aveva mai prestato troppa attenzione.
Lui mormorò qualcosa, ma da quella distanza lei non riuscì a capire e ad interpretare ciò che le disse. Scuotendo la testa lo sconosciuto le rivolse un sorriso radioso e per un breve istante Crystal credette che tutta la luce si fosse concentrata sulla sua figura.
Lei distolse velocemente lo sguardo e quando lanciò un'occhiata furtiva nella direzione precedente si accorse che il pirata stava conversando con un altro membro della ciurma. Lo studiò qualche minuto, poi si concentrò su William.
Il capitano del Poseidon le si era avvicinato senza che lei se ne accorgesse ed ora la guardava incuriosito. Sul petto la collana, che come ciondolo aveva una bellissima conchiglia, dondolava pigramente avanti e indietro.
La familiare sensazione di aver già visto da qualche parte quel piccolo oggetto si fece nuovamente largo in Crystal che si liberò di quell'idea non appena Jake si alzò in piedi sbadigliando pigramente al pirata.
William sospirò, come se quella mancanza di educazione in qualche modo l'avesse infastidito, il che era ridicolo se si considerava il fatto che lui era un pirata.
"Dopo di voi." fece William accennando alla scalinata posta sul fianco del Poseidon.
Crystal deglutì amareggiata. Per raggiungere il ponte dell'imbarcazione avrebbe dovuto
arrampicarsi sulle sporgenze che erano state sapientemente dislocate sulla fiancata. Si permise esclusivamente di spalancare la bocca in una muta richiesta d'aiuto.

Richiesta che naturalmente non venne accolta dal pirata. Le mani le tremarono nello sforzo di issarsi a bordo. I muscoli protestavano ad ogni movimento, mentre lei si muoveva impacciata.
Era quasi arrivata in cima, quando i piedi scivolarono nel vuoto. L'urlo che lanciò le morì in gola non appena avvertì le mani di qualcuno afferrarla da oltre il cornicione.
"Ehy!" esclamò la burbera voce di Alejandro. "I pulcini non dovrebbero essere in grado di volare!"
A Crystal diede estremamente fastidio quel paragone infelice. L'idea di fare un altro tuffo nel mare non la entusiasmava per nulla.
La paura di cadere nel vuoto scemò poco a poco, complice la solida pavimentazione di legno. Era la prima volta che Crystal vedeva il Poseidon e si sentiva così felice. Nelle ultime ore aveva rischiato più volte di morire ed era nata in lei la consapevolezza che avrebbe potuto avere nuove possibilità per tentare la fuga e tornare in Inghilterra.
Prendendo un breve slancio si gettò su Alejandro, facendo finire entrambi a terra. Le lacrime che si era sforzata di trattenere scivolarono sul suo viso, macchiando l'indumento dell'uomo, che preso alla sprovvista non poté far altro che sostenerla per le spalle.
"Q-Questo è... uhm... questo..." Alejandro si grattò la nuca, incapace di trovare i termini adatti.
"Una situazione imbarazzante." concluse per lui un altro membro della ciurma.
Crystal smise immediatamente di piangere e si lasciò scivolare accanto ad alcuni barili. Sì, la situazione doveva apparire davvero imbarazzante, soprattutto per Alejandro. Lo vide passarsi una mano sulla benda dell'occhio destro, come a sincerarsi che quel pezzo di stoffa nera fosse ancora al suo posto.
Crystal si rannicchiò su se stessa, sistemandosi come poteva i resti del vestito che indossava. Sembrava impossibile credere che quell'abito fino a qualche ora prima fosse nuovo di zecca.
Solo in un secondo momento la ragazza si rese conto che la persona che aveva parlato era il ragazzo dai capelli scuri e lo sguardo metallico. Prima che potesse chiedergli quale fosse il suo nome, il pirata la lasciò alla sola compagnia di Alejandro.
"Ti senti meglio pulcino?" le domandò l'uomo al suo fianco.
"Devi smetterla di chiamarmi così, Alejandro." intervenne Crystal con un sospiro. "Non sono dell'umore adatto per simili giochetti. Sono stanca e tu..." disse puntandogli il dito al petto. "... Non mi hai ancora detto nulla di Eylin." lo accusò, mordendosi il labbro inferiore.
Nel pronunciare il nome della ragazza un brivido gelido le salì lungo la schiena. Il tormento per quanto era accaduto non riusciva ad abbandonarla. Si sarebbe ripresa?
L'avrebbe accusata per quanto era accaduto?

Crystal attese con crescente nervosismo che Alejandro le dicesse qualcosa. Sarebbe andata bene una qualsiasi notizia, purché la informasse sulle condizioni di Eylin.
"Signorina! Signorina Crystal!" chiamò la voce squillante di Jake.
Appoggiandosi ai barili, Crystal fece forza sulle braccia e si tirò in piedi. Alejandro la fissò sospettosa, quasi accusandola pure lui di avergli taciuto qualcosa.
Il ragazzino la raggiunse saltellando, afferrandole la mano sinistra e stringendola nella sua. Quella di Jake era tiepida, piena di vita, a differenza della sua che appariva più come un cubetto di ghiaccio.
"Un nuovo ospite?" le domandò in spagnolo, accarezzandosi il tatuaggio sulla guancia destra.
Crystal scosse la testa, regalando un affaticato sorriso al giovane Jake. "Un vostro nuovo compagno." replicò la ragazza.
Alejandro inclinò la testa di lato ed intrecciò le braccia all'altezza del petto. La cosa parve divertirlo perché se ne uscì con diverse esclamazioni spagnole che Crystal non riuscì a comprendere.
"Straordinario." mormorò tra sé. "Riesci a sorprendermi ogni volta, pulcino." continuo, utilizzando volutamente quel nomignolo che le aveva affibbiato.
"E quale sarebbe il nome di questo giovanotto?" chiese in inglese, girando attorno a Jake come un felino sul punto di afferrare la preda.
"J-Jake." balbettò l'interessato nascondendo il volto tra le pieghe dell'abito di Crystal.
"Non è certo un nome da pirata!" esclamò Alejandro, fermandosi all'improvviso.
"Così, ora, esisterebbe pure una lista di nomi adatti per la vostra attività da fuorilegge?" Crystal alzò gli occhi al cielo.
"La nobile arte della pirateria." controbatté l'uomo, indicando prima se stesso e poi il Poseidon.
"Certo, certo." commentò Crystal con un vago cenno della mano. "Su questo ci sarebbe molto di cui discutere." aggiunse con un filo di voce. Solo Jake sembrò afferrare le sue ultime parole.
Di sfuggita, Crystal individuò la chioma bionda di William dall'altra parte del ponte. Stava conversando animatamente con lo sconosciuto che aveva individuato precedentemente. Sembrava furioso e sul punto di prendere a schiaffi il suo sottoposto. Viceversa, l'altro pirata era piuttosto tranquillo ed un sorriso di scherno gli attraversava il volto.
"Potremmo chiamarti Nano, che ne dici?" propose Alejandro. "Sei basso ed hai una corporatura fragile." si difese, vedendo l'occhiata sconvolta che gli aveva rivolto Jake.
"Che sciocchezza." intervenne Crystal in aiuto del bambino. "Mi appare una assurdità questa mania che hai di cambiare il nome alla gente."
Il pirata alzò le spalle, come se quel pensiero non avesse alcuna importanza.
"Andrebbe bene Jack?" si intromise Jake.
Alejandro sembrò rifletterci. La mano passò sull'elsa dell'enorme spada che portava al fianco destro, poi con uno scatto improvviso levò l'arto al cielo e sbatté un pugno sul barile facendo sobbalzare Crystal.
"Perdinci! Il cane della mia infanzia si chiamava Jack!" si entusiasmò l'uomo. "Ricordo che gli mancava un'orecchia e zoppicava ad una delle zampe anteriori, ma che cane! Ne sapeva una più del diavolo quel vecchio sacco di pulci!"
"Quindi..." tentò di parlare la ragazza.
"D'ora in poi ti chiamerai Jack, ragazzo! Tieni!" disse, passandogli la sua fiaschetta di rum. "Alla salute!" brindò, svitandogli il tappo.
Prima che Jake potesse portarsi alle labbra quel liquido Crystal restituì velocemente il contenitore al suo legittimo proprietario.
"Potrà bere questo genere di bevande solo quando avrà raggiunto almeno i quindici anni!" decretò.
"Mi spiace." sbuffò l'uomo guardando Jake con aria dispiaciuta. "L'Oracolo ha parlato." concluse dando una pacca affettuosa sulla spalla del giovane.

 

 
La stanza era avvolta dalle tenebre, solo qualche spiraglio di luce filtrava dalla piccola finestra rettangolare. L'aria che si respirava era pregna dell'odore del sangue e del mare.
Stesa sopra una coperta madida di sudore, Eylin giaceva sofferente. Il viso era pallido ed i corti capelli neri non facevano altro che rafforzare quell'immagine spettrale della piratessa.
"La conosci?" le bisbigliò Jake all'orecchio.
Crystal si limitò ad annuire con il capo. Si lasciò scivolare a terra, accanto al corpo febbricitante di Eylin. Il suo respiro era irregolare e fievoli lamenti di dolore interrompevano continuamente il silenzio di quel luogo.
All'esterno, il resto della ciurma aveva cominciato ad intonare una canzone con una melodia allegra, non adatta allo scenario che stava vivendo Crystal.
"Portalo fuori." ordinò con un tono di voce basso ma deciso.
Alejandro annuì, trasportando via di peso il piccolo Jake che si dimenava tra le sue braccia come un'anguilla. La porta scricchiolante si chiuse alle sue spalle, attutendo le lamentele del bambino e le parole del pirata.
Crystal si chinò su una ciotola d'acqua ed immerse la pezza al suo fianco nel liquido trasparente. Dopo averla strizzata la passò delicatamente sul collo e sulla fronte di Eylin. I muscoli della ragazza si rilassarono impercettibilmente e Crystal soffocò un singhiozzo.
La ferita era stata bendata non appena la piratessa era giunta sul Poseidon, tuttavia le garze erano già pregne di sangue.
"Non posso fare nulla." sussurrò affranta. Scostò un ciuffo di capelli dal volto della piratessa e le sfiorò il braccio. Qualcuno entrò nella cabina, ma lei non ci badò certa che fosse Alejandro di ritorno dopo essersi liberato di Jake..
"Guarirà, vero?" domandò alla presenza alle sue spalle.
"Non tentate di cercare in me la risposta che desiderate ottenere." l'avvertì la voce distaccata di William.
Crystal sobbalzò, ma non si girò per guardarlo. Come ogni volta in cui aveva il piacere o la sfortuna di conversare con lui, anche in quel momento era rimasta spiazzata di fronte alla risposta che le aveva fornito.
"Qualunque fosse stata la mia risposta voi avreste distorto le mie parole a vostro unico vantaggio." osservò il pirata. "Vi sentite in colpa e cercate un modo, uno qualsiasi, per liberarvi di questo fardello."
"Vi sbagliate." si difese. "Non è di questo fardello che cerco di liberarmi." osservò tristemente. Le mani si chiusero a pugno e per qualche secondo nessuno dei due osò replicare a quel commento.
Un leggero spostamento d'aria alle sue spalle le suggerì che William si era avvicinato.
"Dunque, cosa vi portate sulla coscienza?"
"Molte cose, invero. Non per ultima la morte di quell'uomo." svelò, mentre il volto del padre di Jake le compariva nella memoria. "Di voi cosa mi dite, William?" chiese voltandosi nella sua direzione.
Crystal colse una nota di sorpresa ed una di disappunto sui lineamenti del suo salvatore e carceriere. L'angolo destro della bocca gli si incurvò verso il basso, mentre il sopracciglio sinistro ebbe un leggero fremito verso l'alto.
Per un breve attimo, Crystal fu certa di aver avuto tra le sue mani il cuore di William, ma quella sensazione svanì non appena il pirata proruppe in una fredda risata priva di qualsiasi emozione.
"Nulla che voi non abbiate già ipotizzato sul mio conto." tuonò e le sue parole suonarono simili ad un rimprovero. "Non illudetevi. Se anche voi foste provvista di una fervida immaginazione non potreste, neanche lontanamente, avvicinarvi alla verità nascosta nel mio passato."
"Tuttavia, lei è a conoscenza dei vostri segreti." obiettò, indicando Eylin che aveva preso ad agitarsi. Crystal si affrettò a stringerle una mano ed ha rinfrescarle il corpo con quella libera. Era giunta a quella conclusione dopo aver studiato lo strano rapporto che univa il capitano alla ragazza.
I piedi di William presero a picchiettare sul rivestimento in legno del Poseidon come se quella conversazione lo stesse infastidendo.
"Questa è una vostra idea." replicò senza confermare o negare nulla.
"Ovviamente." gli concesse Crystal mascherando un sorriso soddisfatto.
"Voi state bene?"
Sospirò, quasi chiedendosi se fosse il caso di rispondere. Doveva apparire piuttosto evidente che era distrutta e nessuno meglio di William poteva saperlo. Tuttavia, sospettava che lui glielo avesse chiesto più per premura che per intenti meno nobili. O, almeno, a lei piaceva pensarla in quel modo.
Crudeltà e gentilezza. Era allarmante vedere come categorie di comportamenti così distanti convivessero in un'unica persona.
Era difficile inquadrare la personalità di William e, forse, era per quel motivo che lei se ne sentiva così attratta.
Scosse la testa, percependo solo in quel momento tutta l'umidità che si sentiva addosso. La stanchezza tornò a farle visita, quasi in risposta alla domanda postale dal pirata.
Toccò a lei, quella volta, uscirsene con una risata stridula e gracchiante.
"Naturale." farfugliò con mani tremanti. "Dovrei forse sentirmi male?" continuò con voce insicura.
Per qualche secondo i suoi occhi si specchiarono in quelli di lui, intravedendo un lampo di compassione che tuttavia lasciò presto il posto ad uno di collera. Se quella rabbia fosse diretta a lei o a lui stesso, Crystal non fu in grado di capirlo.
"Sono lieto di sapere che state bene. Noto con piacere che non avete bisogno di riposarvi." concluse tagliente.
Se ne andò ancora prima che lei potesse controbattere, spintonando all'indietro Alejandro che era si era affacciato alla porta. L'uomo borbottò qualcosa riguardo alla sua mancanza di educazione e qualcos'altro sul rum.
Si chinò su di lei gettando un pezzo di stoffa pulito nella ciotola d'acqua che mandò schizzi ovunque.
Crystal gli lanciò un'occhiataccia, accusandolo silenziosamente di una colpa che non aveva. Con un moto di stizza annotò che avere una conversazione civile con il capitano del Poseidon era qualcosa di impossibile.
"Ehy, pulcino!" si intromise Alejandro, gesticolando con le mani. "Hai proprio un brutto
aspetto." infierì, guadagnandosi alcuni grugniti animaleschi da parte della interessata.

"Ti ringrazio." mugolò Crystal. "Tu si che sai come far sentire meglio le persone." ironizzò esausta.

 

 

***

 

 

Chino su una scrivania e intento a scrivere alcune lettere da indirizzare in Inghilterra, Lord Henry si passò una mano sul volto. Gocce di sudore gli scivolarono sulla pelle, ma lui non se né curò né diede segno di essersene accorto.
"Madame!" esordì con un sorriso tirato. "La prego di far tacere quel vostro amico cinese."
La marchesa Anne Liverich si passò una mano tra i capelli, gesto che in quella settimana si era ritrovata ad eseguire più volte del dovuto.
Il cinese in questione, conosciuto come Akihiro, non diede segno di aver compreso le parole di Lord Henry, che si era alzato dallo scrittorio per raggiungere il divanetto su cui era seduta la donna.
"Lo lasci parlare!" esclamò scontenta la marchesa che aveva preso a farsi aria con un ventaglio. "Piuttosto, ha finito di scrivere le lettere?" domandò con un tremito nella voce.
"Come posso finire di scriverle se quel... Quel tipo." indicò il cinese. "Continua a distrarmi con quei suoi borbottii incomprensibili?"
"Si chiama Akihiro." puntualizzò la donna, sorridendo in direzione del cinese.
"Perché lo avete portato con noi sulla Black Rose?" volle sapere Lord Henry, visibilmente scocciato per tutta la situazione che si era venuta a creare.
"Secondo voi chiederanno un riscatto?" lo interruppe Anne, mentre si alzava in piedi per raggiungere una finestra che mostrava il porto. Non diede alcun segno di volersi scusare per il brusco cambio di argomento.
"È naturale che chiederanno un riscatto. I pirati pensano esclusivamente al denaro." le fece notare lui, lisciandosi i vestiti.
"Non hanno fatto sapere ancora nulla."
"Crederanno che siamo morti nell'incendio." osservò l'uomo, accomodandosi su una poltrona. "E fidatevi, marchesa. Per noi e per la contessina Shevington ciò non può che essere un bene. Fintanto che ci crederanno morti avremo tutto il tempo per organizzare le ricerche di Crystal."
"I suoi genitori l'avevano affidata a noi." farfugliò la marchesa, spalancando la finestra. "Deve essere terrorizzata. Sola, in preda a uomini incivili e selvaggi."
"Non credo che oseranno farle del male se sperano in una lauta ricompensa." spiegò il barone.
"Spaventoso." fu il commento di Anne, seguito da altre imprecazioni del giovane Akihiro.
Il fruscio delle foglie nel giardino si attutì, quasi il vento avesse inteso la gravità della situazione che i tre personaggi stavano vivendo.
"Il capitano Jake mi ha assicurato che sta facendo il possibile per ottenere l'appoggio della popolazione locale."
"Selvaggi." mormorò la marchese con un'evidente nota di disprezzo. "Non sono meglio dei pirati. Non mi stupirebbe scoprire che collaborano con quest'ultimi."
"Sciocchezze." ribatté l'uomo.
"Quel giovane soldato è incapace di condurre una spedizione di salvataggio. La sua inesperienza è stata la nostra rovina." aggiunse la donna, rivolgendo una fugace occhiata ad Akihiro.
Il cinese sbuffò, puntando gli occhi al soffitto.
Lord Henry pensò a quanto doveva essere frustrante per quel giovane uomo d'Oriente vivere quell'assurda situazione in compagnia di persone che non capivano assolutamente nulla della sua lingua e cultura.
"Non ci rimane che sperare che tutto ciò finisca nel modo migliore." bisbigliò la marchesa.
"Cosa possiamo fare?"

"Forse, potremmo pregare."
"Non mi pare che sia nulla di concreto." lo rimbeccò lei con voce strozzata.
Akihiro sorrise, quasi volesse appoggiare la sua alleata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccomi qui! Che ne dite del nuovo capitolo? Io mi ritengo abbastanza soddisfatta per come è venuto! u_u
Cosa ne pensate del nuovo misterioso membro della ciurma? E la parte finale?
Ihih! Adoro il trio composto da Lord Henry, la marchesa e Akihiro! *_*

Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuto! Se vi va di lasciarmi una vostra opinione vi assicuro che non vi mangio! :)
Se volete fare due chiacchiere con me, o avere spiegazioni di ogni genere sulle mie storie, mi trovate: Qui

NOTA: Sono in cerca di una beta per questa ed altre storie. Se qualcuno è interessato mi contatti tranquillamente tramite efp! A presto!

 

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Capitolo 11
*** L'Inferno sapeva di pioggia ***



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10

L'Inferno sapeva di pioggia

 

 

 

 
Alcuni raggi di sole lo accecarono per alcuni istanti e lui si portò una mano sul volto nel tentativo di ripararsi da quella luce. Il bagliore non si attenuò ed il capitano del Poseidon si lasciò sfuggire un grugnito insoddisfatto.
In piedi, di fronte alla finestra del suo alloggio, William osservava il mare. L'immensa distesa d'acqua che gli rimandava i riflessi del sole era calma. Il vento cullava dolcemente le vele nere del veliero, spingendolo verso sud.
Fosse stato per lui sarebbe rimasto immobile ad osservare quello spettacolo per ore, ma naturalmente quella era una cosa impossibile. Come capitano aveva delle responsabilità nei confronti dei suoi uomini, sebbene quelle gli apparissero sempre più come macigni che rischiavano di trascinarlo sul fondo dell'oceano.
Catene invisibili che lo rendevano nello stesso tempo schiavo e carceriere.
La scrivania barcollò sotto la potenza del suo calcio e i fogli che vi erano adagiati sopra scivolarono sulla pavimentazione, insieme all'inchiostro. Gli elaborati caratteri della scrittura si confusero tra le piccole macchie scure provocate dalla tintura.
L'aspra imprecazione che gli fuoriuscì dalle labbra, tuttavia, non sembrò turbare più di tanto l'uomo che era entrato silenziosamente nella cabina. In verità, sarebbe stato sorpreso del contrario.
Dopo lunghi ed interminabili viaggi per mare, c'erano momenti in cui si dimenticava con che tipo di gente aveva a che fare. Non che lui fosse poi tanto diverso dal resto dei suoi uomini. Giorno dopo giorno gli ultimi echi del suo passato scomparivano dalla sua anima. Spesso si era chiesto se quel cambiamento fosse un bene o un male.
Alejandro aveva un fastidioso sorriso che gli aleggiava sul volto. Inclinò di poco la testa mostrando i primi segni di rughe sulla pelle, resa scura dal lavoro all'aperto.
"Abbiamo un ragazzino a bordo." dichiarò lo spagnolo.
William non replicò, non avrebbe saputo cosa dire. Lui stesso era rimasto sorpreso nel aver concesso a Crystal quel bizzarro favore.
Schiuse le labbra, scacciando dai suoi pensieri gli occhi celesti che sembravano riuscire ad esercitare uno strano effetto su di lui. Tuttavia il viso afflitto di Crystal non se ne andò. Rimase lì, quasi volendogli ricordare la durezza con cui l'aveva trattata qualche ora prima. Eppure, in quello sguardo non c'era solo delusione, ma anche un sentimento che non si vedeva rivolgere da anni. Determinazione.
C'era forza e coraggio in quegli occhi.
William non era certo che Crystal se ne rendesse conto. La ragazza che aveva salvato dalla violenza delle acque possedeva doti straordinarie. L'ambiente in cui era cresciuta le aveva tarpato le ali sul nascere, ma esattamente come un uccello in gabbia il suo cuore continuava a desiderare il cielo.
"Gli ho già trovato un soprannome." continuò Alejandro, massaggiandosi le tempie.
William si chiese se fosse il caso di fargli notare che al momento le sue maggiori preoccupazioni andavano alle condizioni di salute di Eylin e non al nuovo membro che era entrato a far parte della ciurma del Poseidon.
"Immagino sarà perfetto." gli rispose, accontentandolo. Sperava vivamente che non lo avesse disturbato solo per riferirgli quella sciocchezza.
"Jack..." mormorò. "Che ne dici capitano? Un bel nome?" proseguì il pirata, gettandosi su una sedia. "Da bambino avevo un cane con lo stesso nome." spiegò, notando l'occhiata insofferente che gli aveva rivolto William.
"Avete tracciato la rotta per Port Aven?"
Alejandro annuì. "Sei sicuro che sia saggio tornare lì così presto?
William si chinò per raccogliere alcune delle carte che erano scivolate a terra prima di rispondere. Era solo questione di saggezza il fatto di poter tornare o meno a Port Aven? No, non lo credeva. Desiderava avere nuove notizie dall'Inghilterra sulle tracce dell'uomo a cui stava dando la caccia da quasi dieci anni. L'unico modo per ottenerle era recandosi a Port Aven. Tuttavia il motivo principale che l'aveva spinto a tornare in quell'avamposto britannico era Eylin.
"Eylin ha bisogno di un dottore. Lì possiamo trovare chi può prendersi cura di lei. Inoltre, il Poseidon ha bisogno di qualche riparazione."
"Dovremo riuscire a raggiungere la città nel giro di quattro giorni. Credi che riuscirà a resistere fino ad allora?" lo interrogò, riferendosi ad Eylin.
"Resisterà." lo rassicurò, stringendo i pugni. Si voltò di scatto, dando nuovamente le spalle ad Alejandro. "Ricordi quando ci siamo incontrati la prima volta?"
Il pirata sospirò pesantemente, agitandosi sulla sedia.
"Ricordo, sì." farfugliò l'uomo, portandosi le braccia la petto.
William si voltò con cautela, conscio di aver risvegliato brutti ricordi nella mente di Alejandro. "E rammenti ciò che ti promisi durante quel giorno di pioggia?"
"Mi avresti aiutato a trovare l'uomo che aveva sterminato la mia famiglia se in cambio io fossi diventato un membro del Poseidon. Tuttavia, William..." proseguì Alejandro. "Non hai mai voluto spiegarmi perché insegui quell'individuo con tanta tenacia." Il suo sguardo si incupì, mentre memorie di sangue e pioggia vorticavano nella sua mente. Scosse la testa, quasi quel gesto avesse avuto il potere di cancellare quei pensieri funesti.
"E non intendo farlo." obiettò il capitano. "Tuttavia sono vicino a scoprire la vera identità del nostro comune obiettivo." Si girò nuovamente, puntando gli occhi in quelli del suo compagno. "È solo questione di tempo, ormai."
Un silenzio carico di sottintesi calò nella cabina. Sugli scaffali e sulle mensole erano ammucchiati un gran numero di fogli e di libri. Alejandro li guardò, mascherando una smorfia di fastidio, chiedendosi il motivo per cui William si portasse con sé quel genere di oggetti. L'unica cosa degna di nota in quella stanza era il pugnale dorato appeso ad una delle pareti, accanto al disegno del progetto del Poseidon. Era un'arma elegante più adatta alla mostra che ad un vero e proprio uso in combattimento.
Distolse lo sguardo, riportandolo sulla disordinata scrivania che si trovava davanti. I fogli portavano tutti una calligrafia raffinata. Lui non sapeva leggere, ma riuscì ugualmente a riconoscere tra le lettere i segni di alcuni numeri.
"Che cosa eri venuto a dirmi, Alejandro?" lo richiamò all'attenzione William.
"Gli uomini vogliono dare una festa. Alcuni di loro sono riusciti a racimolare un ricco bottino negli scontri avvenuti ad Holono." lo avvertì, stringendosi nelle spalle. "Chiedono il tuo permesso." precisò, prima di essere colto da un attacco di tosse.
"Non mi piacciono le loro feste." ammise William.
"Lo so." fu la risposta, farfugliata in spagnolo da Alejandro.

 

 
"Una festa?" La voce di Crystal esitò nel ripetere per la terza volta quella parola. Dal suo punto di vista non c'era nulla che valesse la pena festeggiare, ma naturalmente le altre persone a bordo del Poseidon non la pensavano allo stesso modo.
"Abbiamo un nuovo compagno, no?" spiegò Alejandro indicando il giovane Jack. "E non abbiamo forse respinto i soldati inglesi?" la interrogò con aria critica.
"S-sì." farfugliò Crystal, indecisa se fosse il caso di ammettere la sconfitta dell'Inghilterra.
"Dunque dobbiamo festeggiare!" esclamò il pirata, facendole fare una rapida giravolta.
"Sono stanca, corvo." rispose, chiamandolo con il suo nomignolo.
"Allora riposati. Mi prenderò cura io di Eylin." la interruppe con un brusco cenno della mano. "Hai bisogno di rilassarti, ragazza mia."
Crystal sospirò, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita. Con aria critica annotò che avevano perso la loro consueta lucentezza. In quel momento ricordavano maggiormente un colore nero, a discapito del suo naturale castano-ramato.
Tenne per sé i commenti che avrebbe voluto rivolgergli. Come poteva credere che una festa su un veliero pirata avrebbe potuto aiutarla a placare i suoi timori?
Jack, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, domandò al pirata se anche lui poteva partecipare.
"Naturale ragazzo! Ormai fai parte della ciurma!" lo rimproverò con un sorriso. Poco dopo scoppiò a ridere guadagnandosi occhiate perplesse da parte dei due.
Il bambino inclinò la testa di lato e non appena Alejandro si fu allontanato, richiamò l'attenzione di Crystal su di sé.
"Siamo una famiglia?" chiese con il volto arrossato.
Aveva portato le braccia dietro la nuca, fischiettando una melodia dal ritmo piacevole. Crystal si chinò alla sua altezza e per qualche istante strinse la presa sulle sue spalle. Un rivolo di sangue le scivolò sul mento e solo in quell'istante si rese conto di essersi morsa, con eccessiva violenza, il labbro inferiore.
"Ascolta, Jack. Io non..." Le parole le morirono in gola quando notò lo sguardo sognante che le stava rivolgendo. Come poteva spiegare ad un bambino che la studiava con occhi così speranzosi che lei era una prigioniera?
"N-Non..." esitò. Jack sbuffò e prima che potesse terminare il discorso lo guardò mentre tempestava di domande ed insolite richieste due uomini che stavano armeggiando con le funi delle vele.
Si fermò ad osservare il mare, rendendosi conto che aveva cominciato a chiamare Jake con il nome che Alejandro gli aveva affibbiato. Appoggiò la testa alla balaustra del Poseidon e si concesse il lusso di lasciarsi sopraffare dai ricordi, ignara che qualcun'altro la stava osservando.

 

 

Il vestito che aveva indossato nella sua breve permanenza su Holono giaceva in un angolo, un ammasso contorto di stoffa chiara mischiato al colore del sangue. Era irriconoscibile, nessuno vedendolo avrebbe potuto ipotizzare che in un passato recente era stato un abito. In altre circostanze Crystal non si sarebbe fatta alcuno scrupolo nel gettarlo in mare, ma le era passata per la mente l'idea di poter utilizzare il tessuto come strumento dove poter scrivere un messaggio di aiuto. Il problema era come poter recuperare dell'inchiostro dalla camera del capitano. Infine, avrebbe dovuto cercare una bottiglia in cui inserire il messaggio e sperare che le correnti lo trasportassero in mano di persone affidabili.
Mentre rimuginava su quel piano, si infilò in un altro degli abiti che Eylin le aveva acquistato ad Holono. Stringere il corsetto si rivelò un'impresa non da poco e le richiese diversi minuti.
Il vestito le lasciava le spalle e le braccia scoperte, mettendo in risalto la sua carnagione chiara. Era di stoffa rossa con l'aggiunta di qualche pizzo nero sulla parte bassa del ventre ed ai lati della gonna. La parte finale aveva il bordo leggermente arricciato all'insù, ma nonostante questo il tessuto si trascinava sulle assi di legno.
Con un nastro celeste si legò i capelli, lasciando libera solo qualche ciocca ribelle che sfuggì alla sua presa. Si sfiorò il collo, sentendolo esposto e vulnerabile.
Il frastuono provocato dai pirati -occupati nei festeggiamenti- le giunse alle orecchie, ricordandole che nel pomeriggio era crollata in un sonno ristoratore che le aveva permesso di recuperare parte delle sue energie.
La mano le tremò quando aprì la porta del piccolo ripostiglio che le faceva da stanza. Non trovò nessuno ad attenderla oltre la soglia e si diede della stupida per aver creduto di poter trovare un accompagnatore.
Per l'ennesima volta ricordò di non trovarsi più a Londra, ma nella pancia di un pericoloso vascello pirata. Alejandro si stava occupando di Eylin, mentre di Jack aveva perso le tracce.
Quando uscì, trovò la porta dello studio di William chiusa e nessun rumore che lasciasse intendere se il capitano fosse all'interno della cabina o meno.
Crystal distolse velocemente lo sguardo, decisa a trovare con le sue sole forze il posto scelto dalla ciurma per festeggiare la vittoria del Poseidon.
Seguire il rumore delle risate e delle grida scontente dei pirati si rivelò più facile del previsto. Crystal scese la stretta scalinata, entusiasta e timorosa al tempo stesso. Aveva bisogno di svagarsi, ma si chiese se l'idea di partecipare a quella serata fosse davvero la scelta più saggia. La festa a cui si apprestava ad andare non aveva nulla a che fare con i grandi ricevimenti di Londra. Lì non ci sarebbe stato alcun rappresentante della nobiltà o del clero, solo un gruppo di uomini che sopravvivevano alle spalle di altri loro consanguinei.
Avrebbe trovato solo i parassiti della civiltà, un'umanità distante e in declino.
Con un balzo saltò gli ultimi gradini e percorse il breve corridoio che svoltava a sinistra. Era buio, ma una tenue luce filtrava da sotto la porta che le si trovava di fronte. Il forte rumore di un applauso sovrastò per un attimo l'incessante brusio dei pirati che ripresero a parlare con un tono di voce più alto.
La maggior parte di loro aveva un perfetto accento inglese, delle zone più a nord dell'Inghilterra, altri conversavano in spagnolo e francese.
Facendo un profondo respiro Crystal appoggiò il palmo della mano sulla porta ed entrò.

 

 
Il chiacchiericcio cessò nell'istante stesso in cui Crystal si chiuse la porta alle spalle.
Volti magri e affilati si volsero nella sua direzione, studiandola allo stesso modo in cui i bambini osservano un raro esemplare di animale.
Borbottii irritati e sguardi malevoli si alternavano a fischi infastiditi e imprecazioni a stento trattenute.
Istintivamente Crystal fece un passo all'indietro mentre cercava tra quel piccolo gruppo di persone un viso familiare. Lo trovò poco dopo.
La chioma bionda, pettinata all'indietro, risaltava come una lucciola nell'oscurità di una notte primaverile, nella compagnia del tavolo centrale.
William mantenne un'espressione neutra ed un silenzio assoluto quando con un cenno della sua mano zittì gli uomini raggruppati nella stanza.
"Il nostro ospite può partecipare a questa riunione." commentò con voce fredda.
Crystal notò con un moto di delusione che i suoi occhi non si erano soffermati nemmeno un'istante su di lei. Sembrava che William fosse perso in altri pensieri, questioni più importanti a cui prestare attenzione.
Si sedette in un angolo, lontana da tutti ed osservò in silenzio la pessima recita di un membro anziano che si fingeva il prode Ulisse.
I tavoli erano stati spostati ai lati della piccola sala per permettere all'uomo di muoversi meglio in quel palcoscenico improvvisato. Un pirata più giovane interpretava un compagno dell'eroe greco, che con l'inganno del cavallo di legno si era reso l'artefice della caduta di Troia.
Crystal non dubitò che quella era stata, senz'ombra di dubbio, la peggior interpretazione da lei mai vista su quella vicenda. Tuttavia trovò davvero piacevole quel piccolo spettacolo. Come Ulisse anche lei desiderava tornare alla sua patria, ma sperò che le sue disavventure non dovessero durare tanto a lungo quanto quelle del sovrano di Itaca.
Poco dopo William annunciò l'entrata di un nuovo membro della ciurma e presentò al gruppo il giovane Jack. Il bambino avanzò tremante al centro dello spazio lasciato libero e rivolse a tutti un timido sorriso che fu accolto tra l'ilarità generale dei presenti.
I pirati alzarono i loro bicchieri e buttando la testa all'indietro trangugiarono il liquido che Crystal identificò come rum. Subito dopo si alzarono in piedi e sorreggendosi sulle spalle e barcollando sul pavimento, intonarono un'orribile canzone popolare.
Le loro voci si alzarono di intensità, provocando in Crystal un'espressione schifata. Inutilmente tentò di portarsi le mani alle orecchie. Quei suoni striduli e gracchianti erano la cosa più spiacevole che lei avesse mai sentito.
"Forse voi potreste fare di meglio?" la provocò William facendo tacere tutti i presenti.
Crystal si immobilizzò sulla sedia, rigida e improvvisamente guardinga.
"Come?" domandò, credendo di aver frainteso ciò che quella frase implicava.
"Vi ho chiesto se pensate di essere in grado di fare di meglio." le ripeté il ragazzo, trangugiando un sorso di ciò che c'era nel suo bicchiere.
Crystal deglutì. Cosa voleva che gli rispondesse?
Tutti i pirati ora la stavano fissando con una strana luce negli occhi. Aspettativa? Curiosità? Crystal non sapeva decifrare i loro sguardi soffocanti.
William allungò il braccio verso il centro della stanza, invitandola ad esibirsi.
Dei rivoli di sudore le scivolarono sul viso e si domandò se William stesse cercando un nuovo modo per metterla in imbarazzo.
"La scena è vostra. Fate finta di esibirvi su un palcoscenico di Londra se vi fa piacere." continuò, guadagnandosi dei commenti di approvazione da parte della ciurma.
Crystal si morse la lingua. Era una sfida e sebbene lei non avesse alcuna intenzione di perderla un crescente imbarazzo si faceva strada dentro di lei.
"Molto bene, capitano." acconsentì, godendosi gli sguardi sbalorditi dei presenti.
William sussultò e lei non poté far altro che godere dello smarrimento che leggeva nei suoi occhi.
Quella volta il capitano del Poseidon aveva fatto male i suoi calcoli. Avrebbe vinto lei quella gara. Aveva ricevuto lezioni di canto fin dall'età di sette anni e la sua voce aveva varcato i confini di alcuni teatri in più di un'occasione.
L'imbarazzo lasciò il posto ad una ferrea determinazione e Crystal si spostò al centro della sala. Dove prima c'era Ulisse, in quel momento v'era una sperduta ragazza inglese.
Prese fiato, drizzando la schiena e portando le mani lungo i fianchi. Poi lasciò che la sua voce facesse il resto.

Calata è la sera sulle sponde del Tamigi.
La barca del pescatore scivola sull'acqua dorata.

 

Crystal sorrise lievemente di fronte all'espressione di stupore dipinta sui volti dei pirati. Alcuni avevano smesso di bere, le bottiglie di rum sospese a mezz'aria nell'atto di completare un'azione bloccata prematuramente.
Contò fino a tre, prima di ripetere il ritornello di quella ballata. Era una canzone poco conosciuta, scritta da un'artista di origine scozzese che era morto quasi dieci anni prima. Lei aveva avuto la possibilità di sentirlo prima che la malattia lo strappasse alla vita ed era rimasta incantata dal suono melodioso di quelle parole.
 

La nebbia nasconde ora i tetti di Londra.
Le case tacciono nel silenzio della notte.
Esplode la forza del fulmine e dall'oscurità emerge una nuova luce.

 

Concluse l'esibizione con un inchino appena abbozzato, stupendosi del caloroso applauso che accompagnarono la sua uscita di scena. Si sedette nello stesso punto isolato che aveva scelto in precedenza, accogliendo con un sorriso i complimenti che gli rivolse Jack. La ciurma riprese a parlottare, dimenticandosi nuovamente della sua presenza.
Il respiro le si bloccò in gola quando vide William che si avvicinava nella sua direzione. Sorridergli fu un gesto automatico che non mutò nemmeno dopo aver scorto l'aria corrucciata del pirata.
I primi bottoni della sua camicia non erano stati allacciati e le maniche erano state ripiegate fin sopra il gomito. Lo sguardo era freddo e distaccato.
William incrociò le braccia al petto e la guardò dall'alto verso il basso. Il sorriso di Crystal si spense alla stessa velocità di un cubetto di ghiaccio messo a riscaldare sul fuoco.
"Sono certo che i teatri di Londra sentiranno la vostra mancanza. Ho sentito dire che in questo periodo è particolarmente gradevole passeggiare sulle sponde del Tamigi." disse con chiaro riferimento alla canzone che Crystal aveva cantato.
Jack si mosse inquieto sulla sedia al suo fianco.
Crystal si alzò di slancio non curandosi del tonfo che la sedia aveva provocato alle sue spalle, cadendo a terra.
"Siete un uomo davvero insensibile, capitano William." osservò con un tremito della voce. Gli occhi le si velarono di lacrime, ma lei le cacciò via con un gesto rapido della mano.
Si voltò e senza attendere una sua risposta scivolò oltre la porta di quella sala.
Ripercorse il corridoio che aveva fatto in precedenza e tenendo lo sguardo basso cominciò a risalire la stretta sala. Non badò a nessuno dei suoni che sentiva provenire attorno a lei, infuriata per il comportamento del pirata.
Quando qualcuno le afferrò il polso sinistro inducendola a voltarsi all'indietro, lei lo fece senza opporre troppa resistenza.
Si ritrovò tra le braccia di un uomo e prima che potesse chiedere spiegazioni o vedere chi fosse stato a fermarla, avvertì le labbra dello sconosciuto premere con violenza sulle sue. Ricambiò quel bacio senza riflettere, approfondendo quel contatto più di quanto avrebbe voluto.
Alzò il braccio per sfiorare il viso del pirata, quando i suoi occhi colsero un movimento in fondo al corridoio che aveva appena superato.
L'espressione sorpresa comparsa sul volto di William la indussero a spalancare a sua volta gli occhi. Appoggiò la mano sul petto dello sconosciuto e fece forza per allontanarsi, ma lui glielo impedì afferrandola nuovamente.
Quando, infine, dopo aver tentato inutilmente di liberarsi alzò lo sguardo, incrociò quello del giovane pirata che aveva scorto sull'imbarcazione di fortuna che aveva condotto lei e gli altri uomini a bordo del Poseidon dopo l'attacco avvenuto ad Holono.

 

 

 

 

 

 

 

 

__________________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

 

*O* Non mi aspettavate così presto, eh? XD Solo una decina di giorni! u_u
Dunque, alcune precisazioni. Il titolo è riferito al passato appena accennato di Alejandro, la canzone che canta Crystal sono strofe mie, buttate giù quasi alla cavolo! XD L'intenzione non era quella di fare rime o creare una poesia! XD
Lol! Detto questo sono molto soddisfatta del capitolo! *__*
Non posso che ringraziare tutte le persone che seguono la storia e rivolgere un grazie enorme a chi commenta! Le vostre parole mi incitano sempre a fare di meglio e adoro da impazzire leggere le vostre idee e le vostre ipotesi sul futuro della trama che sappiate vuole raggiungere un punto ben preciso u_u Tutte le cose avvenute fino ad ora hanno un loro perchè! :D
Non mi resta che sperare che il capitolo vi sia piaciuto! Aspetto le vostre opnioni! :)
NOTA: L'autrice _BlackRose_ ha scritto un missing moments davvero magnifico sul precedente capitolo incentrato su Crystal e William, lo trovate: Qui. Io ho apprezzato moltissimo questa prima fanfiction su Pirates! *W*
Se qualcuno volesse offrirsi come Beta l'annuncio è ancora valido e ringrazio Sheilin  per essersi proposta u_u
Infine... Se volete fare due chiacchiere con me, o avere spiegazioni di ogni genere sulle mie storie, mi trovate: Qui 
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Capitolo 12
*** Il sapore del diavolo ***



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11

Il sapore del diavolo

 

 

Crystal spalancò gli occhi per lo stupore e le sue mani corsero automaticamente verso le labbra rigide e gonfie. Le dita percorsero tremanti il loro profilo, quasi volessero assicurarsi di quanto era accaduto.
Quel bacio aveva avuto il sapore del miele a la dolcezza delle fragole.
Era stata un'esperienza insolita e non fosse stato per il modo con cui si era consumata, Crystal era quasi certa che avrebbe potuto apprezzare quel gesto improvviso. Tuttavia, quel bacio le era stato sottratto con la forza e lei non riusciva ad accettare un simile affronto.
Si passò la lingua sulle labbra, volendo assaporare e scacciare quel delicato sapore al tempo stesso. Avrebbe mentito a se stessa dicendo che non aveva apprezzato quel gesto. Era stata lei ad invitare lo sconosciuto a continuare quell'azione lasciandolo approfondire quel contatto. Sfortunatamente conosceva anche il motivo che l'aveva spinta a quella decisione.
Con un gesto violento si passò più volte le mani sulla bocca. Voleva liberarsi di quella pressante sensazione che le ricordava quel tremendo errore.
Si strofinò le braccia sull'abito, sfuggendo consapevolmente allo sguardo di William e a quello dell'altro pirata. Le sembrava quasi di aver commesso un peccato imperdonabile. Si strinse nell'abito cremisi pensando a quanto doveva apparire perfetto per quella situazione.
Non sapeva se era più doloroso essere consapevole che l'uomo che aveva baciato non era William o la certezza che stava cominciando a provare sentimenti sbagliati nei confronti del suo rapitore.
La presa del pirata sul suo braccio si fece più stretta e lei trasalì quando con delicatezza il pirata le fece alzare il mento sorridendole rassicurante. Era un sorriso piacevole che metteva in risalto la dentatura chiara del giovane.
"Richard." la voce di William appariva calma, ma lei riuscì ugualmente a cogliere una nota di disprezzo in quell'unica parola. Il suo sguardo era freddo ed il verde primaverile che caratterizzava i suoi occhi ne aveva lasciato il posto ad uno più scuro.
Voltò appena la testa, studiando la reazione dell'uomo al suo fianco. Arrossì non appena si rese consapevole della straordinaria bellezza che il pirata non tentava minimamente di nascondere. Soffici capelli castani leggermente arricciati sulle punte incorniciavano un volto magro e delicato. L'incarnato era chiaro e le labbra sottili piegate verso il basso sottolineavano la sua contrarietà all'improvvisa intromissione di William. Gli occhi erano di un marrone più scuro con qualche punta d'arancio che gli conferivano un fascino esotico.
All'orecchio sinistro portava un orecchino dorato, mentre al collo aveva un pendente che ricordava vagamente la forma di uno spicchio di luna.
Apparentemente doveva avere grosso modo l'età di William, ma era leggermente più alto e slanciato.
"Capitano." lo apostrofò Richard con un ghigno divertito sul viso.
"Lasciala andare." ordinò William.
La stretta di Richard si fece esitante ed infine con un sospiro rassegnato liberò Crystal dalla sua presa. Con entrambe le mani libere si sistemò meglio le maniche della camicia verde acido, prima di tornare a porre la sua attenzione sulle altre persone presenti.
Crystal si massaggiò il polso, scrutando di tanto in tanto i due ragazzi. Aveva la netta impressione che non corresse buon sangue tra loro.
"La signorina mi è scivolata tra le braccia." si giustificò lui con una scrollata di spalle. "Non sarebbe stato saggio non approfittare di quella situazione."
Crystal spalancò la bocca sorpresa, incapace di ribattere a quella sconsiderata affermazione. Le labbra le dolevano e per un brevissimo istante fu tentata di correre nella sua piccola prigione e rifugiarsi tra le lerce coperte che le erano state date. Tuttavia il poco orgoglio che ancora le rimaneva le impediva di intraprendere quella fuga.
"Il tuo ego non ha davvero limiti, Richard." replicò William, appoggiandosi alla parete.
Richard gli restituì uno sguardo insolente, scendendo un paio di gradini per potersi trovare sullo stesso piano del capitano. "Solo perché le donne preferiscono me..." chiarì, schiarendosi la voce con un colpo di tosse. "Non significa che dovrei essere io quello con un ego smisurato." specificò.
Un ghigno divertito si fece strada tra i lineamenti di William che, impassibile, non distolse lo sguardo dal suo interlocutore.
"Lei non sembra aver gradito molto le tue attenzioni." gli fece notare, indicando con il capo la direzione di Crystal.
"Oh, io credo che le abbia gradite invece."
Crystal abbassò velocemente gli occhi, avvertendo un crescente calore farsi strada sul suo viso. Non aveva il coraggio di intervenire in quella conversazione e nemmeno quello di guardare William direttamente. La verità che Richard stava descrivendo implicava troppe spiegazioni che lei non era certa di voler dare.
Il silenzio che seguì quell'ultima frase fu interrotto solo dallo scoppio delle risate provenienti dal resto della ciurma, ignara di ciò che stava avvenendo a pochi passi di distanza.
"Dovrai cambiare atteggiamento se desideri rimanere a bordo di questa nave." lo ammonì aggrottando le sopracciglia.
L'altro scosse il capo, torturando con le dite il piccolo monile d'oro che aveva all'orecchio. "Se la vuoi mettere in questi termini..." proseguì, roteando gli occhi al soffitto. "Tecnicamente, il Poseidon non è ancora una tua proprietà."
Crystal trattenne il fiato, facendo balenare gli occhi in direzione di William che però non parve turbato dalla frase di Richard.
"D'altra parte nemmeno tu puoi rivendicarlo come tale. Sbaglio, Richard?"
Richard si piegò in avanti, colpito da un misterioso attacco di ilarità. La sua risata, seppur ingiustificata, riuscì a far sorridere perfino Crystal che mascherò quella reazione portandosi una mano sul volto.
"Non è mia intenzione appropriarmi del Poseidon, se è questo il pensiero che ti preoccupa." intervenne il pirata, addolcendo la sua espressione. "D'altra parte le tue preoccupazioni sono rivolte a questioni molto più complicate ed io non ho né voglia né tempo per immischiarmi in giochetti politici e vecchie faccende irrisolte."
William inclinò la testa di lato. Sembrava stesse rimuginando sulle parole del compagno.
"In fin dei conti, non mi troverei su questo veliero se fossi un uomo deciso a prendere sulle spalle le proprie responsabilità." continuò, picchiettando le dita sul corrimano delle scale.
"Prima o poi dovrai farlo." rispose William.
"Se non ti conoscessi tanto bene William, direi che le tue parole suonano come una minaccia." fece un gesto vago della mano, esortando l'altro a tacere. "Non ti libererai tanto facilmente di me. Non ora che hai portato a bordo questo raro esemplare femminile." commentò portandosi velocemente alle labbra una mano di Crystal.
La ragazza socchiuse gli occhi, incapace di inquadrare la personalità del pirata. Sembrava conoscere William piuttosto bene, forse più di Eylin, ma c'era un sottile velo di disprezzo che li separava.
Crystal non era riuscita a seguire l'intero discorso con attenzione, ma la curiosità di conoscere il passato di William non aveva fatto altro che aumentare.
"Questa volta hai avuto il buon gusto di prendere una ragazza come prigioniera." riprese il discorso che aveva lasciato in sospeso. "Molto carina." approvò con un tono di voce più basso.
"Sarebbe meglio se i tuoi interessi girassero lontano da Crystal, per il suo bene, naturalmente."
"Oh." osservò, sollevando le sopracciglia. "Capisco." obiettò con fare cospiratorio. "Ora la chiami con il suo nome."
La postura di William si irrigidì ed anche Crystal per un breve istante sentì le gambe farsi più pesanti.
"Ora basta!" si decise ad intervenire, frapponendosi tra i due. "Tu." disse, indicando il petto di Richard. "Fare questo genere di illazioni di fronte alla diretta interessata..." fece una pausa, aspettando una qualche reazione, ma il ragazzo rimase impassibile. Sembrava perfettamente a suo agio in quel ruolo che volente o nolente si era cercato. "Questo suo comportamento mi offende!" contò fino a tre, prendendo un bel respiro. "Mi aspetto delle scuse da parte vostra per la grave offesa che mi avete arrecato."
Richard non parve minimamente toccato dalle sue parole e infatti le rivolse un sorriso canzonatorio che fece infuriare maggiormente Crystal.
"Temo di non poter esaudire la vostra richiesta, ma trovo ammirevole la determinazione con cui avete pronunciato queste parole." dichiarò, passandosi una mano nei capelli.
"Dunque devo dedurre che siete un codardo? Non avete sufficiente coraggio per rivolgermi le vostre scuse?"
Richard rilassò le braccia lungo i fianchi e si chinò in avanti, tanto che Crystal temette che volesse baciarla nuovamente.
"Avete perfettamente ragione." disse con una scrollata di spalle, davanti all'evidente sollievo di Crystal. "Sono un codardo."
Sorpresa da quelle parole, sobbalzò, rendendosi conto troppo tardi di essersi avvicinata maggiormente a William. Si morse il labbro inferiore, totalmente incapace di trovare un qualsiasi argomento con cui ribattere quell'affermazione.
"Non fate quella faccia." riprese, girandole attorno e portandosi al fianco del capitano. Appoggiò una mano sulla spalla di William, guadagnandosi un'occhiata furente da parte di quest'ultimo.
"Richard." sibilò il capitano, come una promessa di morte.
"Come sei suscettibile." considerò scuotendo mestamente il capo. "Ho sentito che stiamo tornando a Port Aven."
"Port Aven?" intervenne Crystal tornando a fissare William. Il Poseidon si stava dirigendo nel luogo dove era diretta la Black Rose prima del suo affondamento? Passata la momentanea sorpresa si domandò cosa andassero a fare dei pirati in uno dei luoghi più sicuri dei Caraibi.
William si scrollò di dosso il braccio dell'altro pirata, sfiorandosi pensieroso la sua collana.
"Ad Eylin occorrono delle cure adeguate." si giustificò.
"Puoi ingannare questa principessina..." controbatté Richard indicando Crystal. "Ma non puoi sperare di abbindolare anche me, Will. Cosa speri di ottenere tornando lì?"
"Poco fa..." gli fece notare William. "Non avevi detto di non avere tempo da perdere? Perché non torni a leggere quell'enorme mole di testi che insisti nel trasportare sul mio veliero?"
"Molto bene." concluse Richard dandogli le spalle. "Continua a combattere le tue battaglie da solo. Alla fine sarai tu che verrai alla ricerca del mio aiuto." C'era una sfumatura dolente in quelle parole e Crystal sentì invaderle il cuore di un'ondata di tristezza.
Fu superata da Richard che la spintonò all'indietro, ma William la prese tra le braccia impedendole di cadere a terra. Scossa da tutto quello che era accaduto rimase ad osservare l'ampia schiena del pirata scomparire oltre la scalinata.
Solo in un secondo momento dopo essere stata certa di aver assimilato quelle informazioni si liberò dalla stretta del capitano.
Si voltò scorgendo un lampo d'ira nello sguardo di William. Un ciuffo biondo gli era scivolato sul volto e lei avvertì il forte impulso di avvicinare la mano e sistemarglielo dietro l'orecchio.
Aveva già sollevato l'arto a mezz'aria quando William si voltò e diede un pugno alla parete.
"Maledizione!" esclamò digrignando i denti.
Crystal era indecisa. Avrebbe dovuto andarsene o cercare di riprendere la conversazione? In ogni caso William non sembrava propenso a prestarle la benché minima attenzione.
"Sarebbe meglio se faceste ritorno nei vostri alloggi."
Nelle sue prigioni, avrebbe voluto ribattere ma il tono di voce stanco e provato del capitano la fece desistere da quel proposito.
"Lasciatemi solo." concluse. E all'improvviso Crystal si rese conto dell'enorme sofferenza che William sembrava portare sull'anima.
Era un sensazione che aveva imparato a riconoscere solo di recente. C'era un'aria di tormento e di malinconia che avvolgeva il Poseidon e la maggior parte dei pirati che vi erano a bordo.
Sembrava che l'imbarcazione fosse nata con l'unico scopo di cullare i cuori spezzati di quegli uomini.
Si portò una mano all'altezza del petto e prese dei bei respiri. Il nastro con cui aveva legato i capelli si sciolse, liberando la massa ribelle di ciocche castane.
"Quest'aria da soldato sconfitto non vi si addice." formulò senza riflettere.
William raddrizzò le spalle, riassumendo una postura più eretta. Il sottile velo di malinconia era ancora lì, ma mascherato con un sorriso enigmatico che sarebbe riuscito ad ammaliare qualunque esponente del genere femminile.
"Credo che riterrò le vostre parole un complimento."

 

 

C'erano delle voci. Sussurri che si mescolavano al chiarore delle candele in una notte invernale. Suoni così flebili che si perdevano tra i corridoi della villa.
Per poter ascoltare quelle parole fu costretta a fermarsi sull'uscio della porta e ad accostare l'orecchio alla superficie lignea.
Nessun domestico era all'orizzonte. Tutta la servitù era occupata nei preparativi della cena.
Tom protestò quando lei lo strinse maggiormente al petto. L'enorme batuffolo di pelo bianco scivolò sul pavimento miagolando con fare accusatorio nella sua direzione. Si allontanò rizzando in alto la coda, con movimenti barcollanti.
Lei rimase ad osservarlo sparire dietro l'angolo, prima di tornare a prestare attenzione alla conversazione che stava avendo luogo dall'altro lato della porta.
La sua balia avrebbe protestato vedendola tardare, ma l'idea di poter ascoltare furtivamente una conversazione dei suoi genitori era una tentazione alla quale non era in grado di resistere.
Dalla parete opposta del corridoio il ritratto dell'anziana zia Emma le rivolgeva uno sguardo austero e severo, quasi accusandola silenziosamente di ciò che stava facendo. Era raffigurata seduta su una poltrona, avvolta in uno scialle di pelo di volpe, il mento alto e gli occhi socchiusi.
La zia, ricordò, aveva perso la testa qualche anno prima. Il giorno prima stava bene e quello dopo a stento ricordava il suo stesso nome. Lentamente, la sua mente era stata invasa da una dolce pazzia che rischiava ogni giorno di portarla all'oltretomba.
Per un brevissimo istante Crystal si chiese se anche lei un giorno avrebbe perso completamente la ragione.
"Non credo sia una buona idea." stava dicendo sua madre, quando lei s'affacciò allo spiraglio di luce che usciva dalla stanza.
"Ne abbiamo già parlato, Lara. Crystal non è più una bambina. Prima o poi dovrà affrontare le sue paure." La voce di suo padre risuonò decisa e autoritaria, mentre lei si portava le braccia al petto in una stretta rassicurante.
"N-non sono d'accordo." fu la replica incerta.
Crystal avvicinò gli occhi alla fessura, osservando la scena con maggior attenzione. In lontananza le lamentale di Tom si stavano facendo insistenti. Presto qualche domestico sarebbe andato a controllare e Crystal non poteva farsi sorprendere ad origliare in quel modo. Tuttavia non si mosse.
"Sono passati numerosi anni da quell'incidente e lei non ha più fatto riferimento a quell'episodio. Non ricorda nulla o non vuole ricordare."
Sua madre fu scossa da un singhiozzo e Crystal, scuotendo la testa, si domandò di cosa stessero parlando i suoi genitori.
"Era solo un bambina." sussurrò sua madre, appoggiando il capo sulla spalla del marito. "Solo una bambina..."
Il discorso si fece confuso e lei non riuscì più a capire con chiarezza di cosa stessero parlando.
Il dito indice di zia Emma, sollevato e rivolto nella sua direzione, appariva ammonirla di lasciare quel posto. In una delle stanze attigue un nuovo rumore la distrasse, ricordandole che Tom non era sotto la sorveglianza di nessuno.
Decise di andare a recuperare il felino prima che potesse far cadere a terra qualche raro oggetto d'arte della collezione del padre.

 

 

 
Quando si svegliò sola e tremante nello stanzino umido del Poseidon, la notte era ancora giovane. Con una mano si terse le gocce di sudore che le solcavano il viso e prese dei profondi respiri.
Ricordava vagamente di aver ascoltato quella conversazione avvenuta poco tempo prima della sua partenza per il Mare dei Caraibi.
Solo in quel momento, però, riusciva veramente a comprendere l'importanza di quel ricordo. Ormai non aveva più dubbi sul fatto che i suoi genitori le stessero nascondendo qualcosa.
I singhiozzi di sua madre le rimbombavano nella mente come se la proprietaria di quella voce si trovasse a poca distanza da lei. Un'illusione che aveva il potere di scuotere la sua anima.
"Solo una bambina..." bisbigliò, ripetendo la frase del ricordo. Cos'era accaduto di così sconvolgente nella sua infanzia? Perché per tutti gli anni che era rimasta in Inghilterra aveva rimosso quelle memorie?
Non comprendeva la ragione per cui improvvisamente aveva ricominciato a ricordare. Cos'era accaduto per far riportare a galla eventi così remoti?
La memoria di una lei bambina che cercava disperatamente di rimanere a galla sulla superficie di un fiume le comparve davanti agli occhi.
Il suo stomaco si contrasse in uno spasmo di dolore che minacciò di farle rimettere la cena. Barcollando si diresse verso la porta, ma si bloccò poco prima di aprirla.
Nessuno l'avrebbe aiutata. Nessuno poteva aiutarla.
Trattenendo a stento le lacrime si sedette con la schiena rivolta alla parete di legno che separava quella stanza dalla cabina di William.
Chiuse gli occhi, imponendosi di recuperare la calma. L'immagine del ciondolo del capitano le balenò tra i pensieri, rammentandole quel senso di familiarità che non riusciva a comprendere. Per quanto si sforzasse non ricordava nulla di utile che potesse darle qualche informazione sulla conchiglia dalla sfumature violacee.
La testa le scivolò di lato e le mani corsero un'ultima volta alle labbra. Il profumo di Richard aleggiava ancora su di lei, cullandola con gentilezza in quella notte oscura.
Le battute che il pirata aveva scambiato con William erano ricordi troppo recenti da poter dimenticare. Per qualche assurda ragione seppe con certezza che era Richard l'unico e sincero alleato che avrebbe potuto trovare sul Poseidon.
Il solo che avrebbe rischiato di indicarle la verità su William.
Sospirando si disse che avrebbe dovuto chiudere un occhio, se non due, per poterlo sopportare.
"Tronfio e vanesio." borbottò tra sé.
Prima di riaddormentarsi un tenue sorriso comparve sul suo volto e lì rimase fino alle prime luci del giorno.

 

 

 

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Mi trovate: Forum
Missing Moments di _BlackRose_ 
 

 

 

  

Ed eccomi nuovamente qui! Ho adorato questo capitolo. *__* Non potevo lasciarvi troppo a lungo dopo la scena con cui ho interrotto il capitolo precedente.
Non è un capitolo lunghissimo, ma sono stati introdotti diversi concetti importanti che saranno ripresi più avanti. Ho postato il capitolo con il portatile quindi se avete problemi a visualizzare la pagina ditemi pure, cercherò di fare qualcosa.
Tra un giorno esatto Pirates compirà un anno, proprio per questo vorrei invitare chi segue la storia a darmi un suo parere personale sulla vicenda. No, non è una minaccia, ma visto l'anniversario mi piacerebbe sapere cosa ne pensate in generale! :D
Da qui in avanti la vicenda entrerà nel vivo della trama. u_u Pian piano scoprirete sempre di più il passato di ogni personaggio, in particolare quello di Will e Crystal.
Mentre di Richard cosa mi dite? Vi piace questa sua prima apparizione?
Non mi dilungo oltre, tranquilli. Vi auguro in anticipo una buona Pasqua
Prossimamente mi divertirò un mondo con i titoli dei capitoli! XD Fatemi sapere cosa ne pensate! :) Sapete quanto adoro leggere le vostre opnioni! *O* Non per nulla sono stata così rapida nell'aggiornare! u_u A presto! :D
By Cleo^.^
 

  
Storie in corso:
Romatico

Pirates-L'ombra del tradimento
Opera National-Ricatto d'amore

Angeli&Demoni

Contratto di Sangue-La Guerra Celeste

Storie concluse:
Vampiri

Contratto di sangue-L'ombra del principio

Sovrannaturale

La rivincita delle acque  

 

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Capitolo 13
*** Dolce ossessione ***


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11
Dolce ossessione

 

  

Il pugnale aveva lacerato la carne in un taglio netto e preciso e un rivolo scarlatto era scivolato sul terreno. Alle sue spalle le onde del mare si infrangevano sulla scogliera, senza tuttavia riuscire a distrarlo da ciò che stava avvenendo.
"Sei pronto?"
Annuì, perché non era certo che la voce avrebbe mascherato il suo nervosismo.
"Un patto sancito con il sangue è un patto indelebile."
Sollevò gli occhi al cielo facendogli intuire che aveva compreso il significato di ciò che stavano compiendo in quell'assolato giorno primaverile.
Non esistevano vie di ritorno.
Forse, non c'era nemmeno mai stata la possibilità di scegliere un destino differente.

 

 

Richard Hellstone sorrise all'immagine che la superficie dello specchio gli rimandava. La mano sinistra si sollevò a mezz'aria, sistemando un ricciolo moro dietro l'orecchio.
Con aria critica osservò il suo aspetto, decretando con una smorfia infastidita che aveva avuto risvegli migliori. Quasi a voler sottolineare quel suo ultimo pensiero spalancò la bocca cercando invano di soffocare uno sbadiglio.
Si alzò dalla sedia, facendola strisciare sul pavimento all'indietro, e strinse i lacci della camicia.
Svogliatamente e con un gesto apparentemente non voluto, si sfiorò il palmo della mano destra soffermandosi, per un breve istante, sulla cicatrice di pelle più chiara che dal pollice raggiungeva l'estremità opposta. Poco dopo abbandonò le braccia lungo i fianchi e scosse mestamente il capo.
C'erano momenti, così brevi che poteva illudersi di non averli mai vissuti, in cui la malinconia sfiorava il suo animo inducendolo a ricordare le scelte che avevano tracciato il suo cammino.
Sfiorò il dorso di un libro, lasciato aperto con le pagine rivolte al tavolo che era solito occupare, mettendoci la stessa premura che avrebbe potuto rivolgere ad un'amante.
Da quanto poteva ricordare aveva sempre amato leggere. Era stato suo padre a trasmettergli quella passione. Ogni volta che tornava da uno dei suoi lunghi viaggi, come regalo per la pazienza che lui aveva dimostrato aspettandolo, gli regalava un nuovo volume. Aveva passato l'infanzia tra libri impolverati, rincorrendo i sogni degli eroi che lì dimoravano.
Si era illuso con ideali nella realtà irrealizzabili, con ombre che sgusciavano leste lontane dalle sue mani. Creature d'inchiostro che tuttavia apparivano più reali degli abbracci colmi di dolore che la sorella gli regalava ogni sera, prima che la luna sorgesse nel cielo.
Poi era comparso William e tutto era cambiato. La prima volta che lo aveva visto lo aveva scambiato per un angelo, un bambino dai capelli dorati e gli occhi verdi come le foglie primaverili, che era stato in grado di ingannarlo con il suo fascino spontaneo.
L'aveva anche condotto all'Inferno, quell'angelo.

 

 

Quella mattina si risvegliò con un forte mal di testa e con l'unico desiderio di poter tornare in Inghilterra, se non altro per riavere il suo soffice letto di piume. Fece scorrere le dita tra i capelli, cercando di scogliere i nodi che si erano formati nella notte appena trascorsa.
I muscoli del corpo le dolevano ancora per lo sforzo che aveva fatto ad Holono e il dolore alla testa non sembrava darle tregua.
Barcollò sulle gambe, reggendosi ad un mensola per ritrovare il giusto equilibrio.
"Richard." mormorò come promemoria di ciò che si era prefissata di fare quel giorno.
Era abbastanza evidente che doveva parlare con lui per riuscire a ricavare qualche informazione utile. L'idea che il Poseidon dovesse andare a Port Aven non le piaceva. C'era qualcosa di assolutamente fuori posto in quella decisione.
"Non ha alcun senso." rifletté poco dopo.
Non riusciva a capirne la decisione. A meno che William non desiderasse finire sulla forca, cosa di cui lei dubitava fortemente, non vedeva che tipo di affari potesse condurre il veliero in quel luogo.
Richard aveva fatto riferimento a delle questioni irrisolte, ma in cosa costituissero tali questioni a lei non era dato saperlo. Il sospetto che non andassero a Port Aven solo per Eylin era un dubbio che la impensieriva.
Con un gesto meccanico sfiorò l'elsa del pugnale che le aveva regalato la piratessa, nascosto sotto i numerosi strati di stoffa della gonna.
Indugiò alcuni istanti con la mano premuta sulla porta prima di sgusciare lontano da quel posto.
Tuttavia, quando fece per voltare l'angolo si ritrovò a sbattere il viso sulla spalla di William-come se il dolore alla testa che già aveva non fosse stato abbastanza insopportabile.
"I gatti, solitamente, prestano più attenzione al cammino che hanno davanti."
Con una smorfia pensò che, allora, Tom fosse il felino più goffo che esistesse sulla faccia del pianeta dato che il suo muso finiva con una media di sette volte al giorno contro qualche ostacolo imprevisto. Si chiese se fosse stata lei a prendere come esempio il gatto o lui ad imitare l'impacciata padrona.
In ogni caso cercò di mascherare a sua espressione di contrarietà a quel commento. Era esasperante notare come su quel veliero in poco tempo si fosse guadagnata ben tre soprannomi differenti: pulcino, principessa e micetta o gattina a seconda dell'umore del capitano.
"I gatti hanno anche maggior equilibrio di quanto io potrò mai averne in tutta la vita. Sfortunatamente non sono un felino, capitano." replicò con un tono quasi divertito.
"Sfortunatamente..." rispose lui ripetendo volutamente il suo stesso termine. "Siete sulla buona strada per diventarlo, ciò nondimeno."
Lei intrecciò le mani sul ventre ed inclinò la testa di lato, attendendo una spiegazione più chiara.
William invece sospirò, facendole dondolare davanti al naso una vecchia bussola dorata. "Avete dormito per l'intera mattinata." disse con un tono di voce così seria che le parve quasi un rimprovero.
Lei si strinse nelle spalle cercando di dissimulare la sua sorpresa a quella dichiarazione. "Ho avuto degli incubi." si giustificò, trovando però interessante la fattura della bussola.
Prima che potesse afferrarla William la infilò in una tasca della camicia. "È un oggetto speciale. Non vorrei mai che a causa della vostra sbadataggine potesse rompersi." concluse , scostandola di lato per poter passare.
Sbuffando Crystal pensò che il sorriso comparso sul volto di William fosse solo il frutto della sua immaginazione.


 

 
Si era recata alla cabina di Richard di sua volontà, seguendo le indicazioni che Alejandro le aveva fornito, ma ora che si trovava lì non era più così sicura che parlare con il pirata fosse la cosa migliore.
Fece per bussare alla porta, ma prima che potesse anche solo alzare la mano quest'ultima si aprì. Richard era davanti a lei, la testa leggermente inclinata verso il basso per poterla osservare. Nei suoi occhi Crystal vi scorse una luce divertita, mentre il viso non lasciava trasparire alcuna emozione.
Una statua mostrerebbe passioni maggiori.
Senza dire una parola, lui si scostò di lato, protendendo la mano verso la stanza in un invito silenzioso ad entrare.
Titubante entrò, riuscendo a mascherare l'agitazione che nacque in lei quando la sua unica via d'uscita le fu preclusa.
Prima ancora della vista, fu il suo olfatto ad elaborare le prime indicazioni che l'ambiente trasmetteva.
Profumo di cera consumata e di inchiostro assorbito da pagine consunte.
Era una piccola stanza con al centro uno scrittorio di lucido legno nero e intarsi argentei. Qualche passo dietro il mobile stava un piccolo letto disfatto e proprio sopra quello una finestra dai vetri sporchi. Le due pareti laterali erano piene di mensole sporgenti ricoperte da libri.
C'erano volumi con copertine di stoffa consumata dal tempo, ed altri con uno scheletro di pelle più scura. Non un granello di polvere era posato su quella libreria improvvisata.
Una lanterna era rovesciata accanto ad uno scritto di Platone e lei allungò la mano per metterla a posto. Lo stupore per l'insolita scena che le si presentava davanti comparve poco dopo.
Con la mano sfiorò il dorso di alcuni libri, percorrendo con l'indice i titoli che vi erano scritti. La prima domanda che le passò per la mente fu come una cosa del genere fosse possibile. Da quando i pirati sapevano leggere e presumibilmente scrivere?
Scosse la testa decidendo di voltarsi verso il pirata che per tutto il tempo non si era lasciato sfuggire nemmeno un sospiro.
"Voi sapete leggere?" domandò, soffermandosi con troppa insistenza sulla piega ribelle che assumevano i suoi capelli all'attaccatura delle orecchie.
"Credete? Davvero?" il suo tono era sfacciatamente ironico, considerata l'ovvietà della risposta.
Crystal arrossì, ma si sforzò di non distogliere lo sguardo. In un momento di lucidità ricordò che la sera prima William aveva accennato qualcosa in proposito alla passione di Richard per i libri.
"In cosa posso tentare di rendermi utile?" domandò, portandosi la sua mano alle labbra. Persa nella sua contemplazione Crystal non si era nemmeno accorta di avergliela offerta.
"Concedendomi delle risposte."
Richard le lasciò libera la mano ed un guizzo di interesse balenò nei suoi occhi.
"Tutto dipende dalle risposte che cercate." osservò. Sembrava divertito dalla situazione e lei se ne domandò la ragione.
"Voi conoscete bene il capitano William." azzardò, tornando a fissare i titoli di quella biblioteca privata.
"Più di quanto sarei disposto ad ammettere." replicò in tono basso e freddo andandosi a sedere sull'unica sedia presente in quello spazio.
Lo osservò mentre distoglieva lo sguardo e lo puntava su una bottiglia dal liquido scuro appoggiata allo scrittorio.
Richard inarcò un sopracciglio, mentre sfiorava dei cocci di vetro con la punta dello stivale. Crystal ipotizzò che dovessero trattarsi dei resti di un bicchiere.
"Non è saggio per voi mettere il naso nelle questioni del capitano." a Crystal non sfuggì il tono polemico con cui sottolineò lo status di William. "E detto tra noi..." proseguì con fare cospiratorio "Sarebbe stato preferibile se non foste entrata nei miei alloggi. William non apprezzerà la cosa."
"Di certo non andrò a dirglielo." commentò lei, sfiorando il pizzo nero del corsetto. "Ugualmente, non credo che al capitano interessi cosa faccio mentre sono a bordo della nave. Se avesse voluto che non curiosassi in giro avrebbe dovuto pensare di chiudermi in una cella." dichiarò, sforzandosi di non apparire troppo riluttante all'idea di poter rimanere isolata da ogni cosa.
Richard scosse il capo come se trovasse divertente la sua spiegazione. Inclinò la sedia all'indietro in una posizione alquanto precaria e si lasciò dondolare avanti e indietro. Crystal di domandò quanto tempo ci sarebbe voluto prima che lui crollasse miseramente a terra.
"Non avrà bisogno di una vostra confessione per sapere che mi avete incontrato."
"Non scorre buon sangue tra voi." osservò la ragazza.
Richard piegò la testa all'indietro, sorridendo tra sé di quell'ultima considerazione. "Da cosa lo avete intuito?"
Crystal fece per replicare, ma un attimo prima di spiegare le sue motivazioni si zittì comprendendo che l'unico scopo di Richard era quello di irritarla.
"Vi prendete beffe di me."
"È così, effettivamente." confermò. "Come potrete intuire il Poseidon non offre molte opportunità di svago."
"Come dovrei sentirmi in seguito a questa vostra affermazione?"
Richard si strinse nelle spalle, facendo picchiettare le dita sul tavolo. Con una punta di rammarico Crystal pensò che il pirata sembrava a suo agio in qualunque luogo e situazione si trovasse. Lei invece era bloccata in un limbo perenne.
Debole e insicura.
"Pensate che potremmo mai intrattenere una conversazione degna di tale nome?"
"Dipende dall'argomento." replico con estrema naturalezza. Fece una pausa, rimirando la sua immagine in uno specchio dalla forma ovale e il manico dorato. "Se per esempio voi voleste intrattenermi descrivendomi l'ultimo modello d'abito maschile che è di moda a Londra in questo periodo..." Crystal alzò la mano per interromperlo.
"Insistete nel prendervi gioco di me." proferì, avanzando fino alla scrivania e ponendosi di fronte al pirata. Sollevò un sopracciglio, quando si rese conto che la bottiglia non conteneva rum ma brandy. Pur sapendo che quella bevanda fosse insolita per un pirata, decise di non prestare troppa attenzione a quel dettaglio. Aveva imparato da tempo a considerare il Poseidon una bizzarra anomalia. "Non commettete l'errore di confondermi per una semplice contadinella inconsapevole dei suoi diritti e per lo più ignorante." aveva alzato la voce, stringendo con forza il bordo dello scrittoio.
Lo sguardo di Richard si addolcì, mentre afferrava la bottiglia di brandy per avvicinarsela alle labbra. Sembrava quasi compiaciuto della sua risposta. Tuttavia, Crystal non aveva intenzione di lasciar cadere quell'argomento tanto velocemente.
"Conosco tre lingue oltre all'inglese. Canto, ballo e se necessario sono in grado di
cavalcare, sebbene quest'ultima attività non si addica molto ad una fanciulla."

Richard aveva smesso di dondolarsi sulla sedia e sembrava che finalmente fosse pronto per prestarle attenzione.
"In tutta onestà, c'è davvero da chiedersi chi tra i due possa concedersi il lusso di prendere in giro qualcuno. Vi assicuro Richard, che in un duello in cui non è la spada l'arma della vittoria io non interpreterei la parte della sconfitta." Dovette fare appello a tutto il suo buon senso e alla sua pazienza per trattenersi dal puntargli l'indice nel petto.
"Posso assicurarvi che ero davvero interessato nel ricevere informazioni su ciò che vi ho chiesto." dichiarò, facendosi scivolare nella gola un goccio di brandy.
"Per quale assurdo motivo vorreste conoscere la moda che vige a Londra?" si passò stancamente una mano sugli occhi. "Lasciate stare." lo fermò scuotendo la testa.
"Preferisco non saperlo." sospirò.

"Ve lo dirò."
"Come?"
Richard si alzò dalla sedia, sorseggiando un altro sorso dalla bottiglia. "Irritare William è un passatempo assai appagante."
"Posso solo immaginarlo." obiettò Crystal, scostando le mani dal tavolo.
Richard annuì, come se lei avesse detto la cosa più saggia che avrebbe potuto proferire. Lo vide raggiungere il letto un attimo prima che si lasciasse crollare tra le lenzuola sfatte e arrotolate su se stesse.
"Vi assicuro che è la verità. È una sfortuna che Will non riesca a comprendere il mio senso dell'umorismo."
"Avete mai pensato che forse non siete affatto divertente?" lo interrogò Crystal, sfuggendo al suo sguardo.
"Pensavo foste stata educata alla buona educazione, ma a quanto pare le ragazze sono diventate piuttosto irriverenti da quando mi sono allontanato dall'Inghilterra." si fermò all'improvviso, portandosi una mano alla bocca. Sul volto aveva la buffa espressione di un bambino scoperto a mangiare un biscotto senza aver ottenuto il consenso preventivo di un genitore.
Per un breve istante Crystal fu certa d'aver trattenuto il respiro. La soddisfazione che avvertì raggiungere ogni sua terminazione nervosa spazzò via i dubbi che l'avevano assalita da quando era salita sul Poseidon.
"Siete inglese. Dunque anche il capitano è..."
Non ebbe bisogno della risposta di Richard per comprendere che anche William era di origine inglese. Il suo umore cambiò, immediatamente. Strinse i pugni, quasi a voler scacciare il malessere che l'aveva sopraffatta. Si appoggiò alla parete, insensibile ai pochi volumi che così facendo erano caduti sul pavimento.
Aveva sempre sospettato che William potesse avere radici britanniche, ma aveva scacciato quell'idea non appena si era resa conto del profondo disprezzo che il pirata sembrava nutrire per l'Inghilterra.
Appoggiò una mano sul cuore, intimandogli di riprendere un battito più regolare.
Infine, si torturò il labbro inferiore con i denti mettendoci più energia di quanto aveva previsto.
Una parte del suo cervello la stava maledicendo per non aver voluto seguire l'istinto che fin dall'inizio l'avrebbe portata a quella soluzione, l'altra metà era ancora troppo impegnata ad elaborare quella nuova informazione per riuscire ad agire di conseguenza.
Così, rimase a fissare Richard con la stessa rigidità che possedevano le statue.
Trovava inconcepibile sapere che due inglesi avessero deliberatamente seguito le orme della pirateria. Non riusciva a trovare un valido motivo per cui William e Richard avessero scelto quel destino.
La sera prima, il pirata che ora la stava guardando con preoccupazione aveva accennato a delle vecchie faccende irrisolte. Segreti che, a quanto le era dato sapere, erano da rintracciare nel misterioso passato del capitano.
In un momento di lucidità riuscì a spiegarsi la bottiglia di brandy e l'accento indubbiamente inglese che avevano i due pirati.
Richard la richiamò alla realtà imitando-con scarsi risultati- alcuni colpi di tosse. Di certo non sarebbe potuto essere un grande attore.
"Siamo..." esitò, posando la bottiglia a terra. "Eravamo amici d'infanzia." spiegò, sdraiandosi sul letto. Socchiuse gli occhi, quasi a volersi difendere di fronte a quell'ultima verità.
"Quindi la tua precedente domanda..."
"Ero curioso. Volevo avere notizie da casa." le disse portandosi le mani dietro la testa, ma continuando ad osservare il soffitto.
Casa.
Dunque Richard considerava l'Inghilterra la sua patria?
Crystal rilassò le braccia lungo i fianchi. Il mal di testa era passato in secondo piano e l'unica cosa a cui riusciva a pensare era: "Perché?" mormorò.
Se anche Richard avesse dato segno di aver ascoltato quella domanda, non le rispose.
Il suo occhi seguirono i contorni dei vecchi tomi ai suoi piedi e si chinò per rimetterli sulle mensole. Afferrò il primo volume e dopo aver passato il palmo sulla copertina di pelle lo ripose nel punto in cui si era creato uno spazio vuoto tra gli altri libri, leggermente inclinati verso sinistra.
"Crystal?"
Lei sobbalzò nel sentirlo pronunciare il suo nome, ma non si voltò. Raccolse i volumi mancanti e con gesti quasi meccanici si assicurò che non avessero subito danni.
Il tono sfacciato e quasi ironico con cui l'aveva chiamata la indusse a credere che le labbra di Richard fossero piegate in un sorriso canzonatorio. I suoi atteggiamenti erano irritanti tanto quanto quelli di William.
"Non posso rivelarvi nulla sul passato e i piani di William." le comunicò senza troppi giri di parole.
"Lo detestate e continuate a rimanergli leale?" non poté fare a meno di chiedere.
"Onore, lealtà..." mormorò tra sé. "Sono valori che per me ormai hanno poca importanza."
Crystal trattenne il respiro, in ansia di fronte a quella sentenza dal sapore amaro.
"Vivo seguendo un principio egoistico. Vivere per se stessi è meno doloroso che combattere battaglie altrui."
Entrambi si concessero qualche minuto di silenzio. "È un pensiero piuttosto triste." commentò Crystal.
"Capirete anche voi... Con il tempo, comprenderete." la voce si era fatta un sussurro. "Un cuore che non ha provato pietà." concluse, perdendosi in ragionamenti a lei preclusi. L'atmosfera che si respirava nella cabina si era fatta pesante. Non rimaneva traccia dell'alone di leggerezza di cui la stanza era pregna in precedenza. Era un silenzio colmo di imbarazzo, in cui perfino il suono prodotto dai loro respiri sembrava fuori luogo.
Con movimenti incerti, lei sfiorò il dorso di un libro dalla copertina completamente nera. Lo strinse a sé curiosa, sfogliando la prima pagina per poter leggere il titolo dell'opera.
"L'Odissea." formulò ad alta voce. "Su questa nave avete una vera e propria passione per le sfortunate vicende di Ulisse." borbottò contrariata ricordando la recita della sera prima.
Mentre si metteva a sedere, spostando da parte le coperte, Richard ridacchiò. "I classici sono una mia personale ossessione." obiettò. "L'Odissea è il primo libro che ho ricevuto in dono da mio padre." continuò cercando il suo sguardo. "Da bambino sognavo di poter intraprendere le stesse avventure vissute da Ulisse."
"Cercavate la gloria appartenuta agli eroi. Ora che ideali inseguite?"
"Credevo che fosse chiaro ciò che penso sugli ideali."
Crystal appoggiò il libro sul tavolo, non mancando di notare come le pagine fossero state impietosamente consumate dal tempo. In alcuni punti le parole erano illeggibili, in altre zone erano inghiottite da macchie d'inchiostro. Era un volume vissuto, un oggetto che il suo proprietario aveva utilizzato spesso.
"Deve esserci qualcosa di più profondo di un sentimento egoistico che vi spinge a guardare al futuro."
"La curiosità." le rispose prontamente. "Voglio essere presente quando si compirà il destino che William sta tentando di scrivere per se stesso."
Crystal chiuse di scatto il volume, lasciandolo abbandonato sullo scrittorio. "Potrà uscirne solo in due modi. Vittorioso o sconfitto." riprese Richard riassumendo in volto un'espressione neutra e distaccata.
"Il nome di questo veliero..." fece lei indicando con un gesto distratto le pareti della cabina. Pian piano le sembrava che piccole tessere di un puzzle stessero trovando il giusto posto che meritavano. L'idea che si era formulata nella sua mente in quel preciso istante non poteva essere più inquietante.
"Il Poseidon." constatò Richard, sebbene fosse evidente che la sua attenzione era altrove.
Le parole che aveva sentito pronunciare la sera prima non erano mai state tanto vivide come in quel momento.
"Il Poseidon." ripeté a sua volta. "Avete insinuato che non è di proprietà del capitano." gli ricordò. "Lui ha replicato che nemmeno voi potete rivendicare questo diritto."
"Venite al punto, contessina Shevington." sibilò, quasi quel ragionamento l'avesse ferito.
"Colui che ha battezzato questa imbarcazione..." esitò, lanciando una fugace occhiata all'Odissea. "Chi ha scelto il nome per il veliero..." deglutì nervosa.
"Sono stato io." affermò in tutta tranquillità. "Poseidon. Poseidone. Il dio greco che impedì a Ulisse di tornare ad Itaca, la sua patria."

 

  
"Richard, è importante."
"Ti ascolto, Will."
"Prometti, Richard."
"Prometto."

 

 

 

 

 

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Mi trovate: Forum
Missing Moments di _BlackRose_


Angolo autrice:

*O* E sono qui con una capitolo incentrato sulla figura di Richard, che adoro! :D
Dunque ora avete la conferma che William è inglese, ma questo era il minore dei segreti visto che non mi sono premurata troppo di nascondere questa cosa! XD Chiedetevi piuttosto perchè il capitano detesta l'Inghilterra u_u
Trovata la risposta a questo quesito ogni cosa avrà maggiormente senso.
Secondo voi cosa c'è stato tra Richard e Will? Diamo il via alle ipotesi! u_u
Grazie a tutte le persone che continuano a seguirmi! Aumentate sempre di più! Vi adoro! :) A presto!
By Cleo^.^ 



 

Storie in corso:
Romatico

Pirates-L'ombra del tradimento
Opera National-Ricatto d'amore

Angeli&Demoni

Contratto di Sangue-La Guerra Celeste

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Vampiri

Contratto di sangue-L'ombra del principio

Sovrannaturale

La rivincita delle acque  





 

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Capitolo 14
*** Il Drago Dorato ***



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13

Il Drago Dorato

 

 

 

Mascherare le proprie emozioni era un'arte raffinata che Crystal aveva perfezionato nel corso degli anni. Sorrideva quando l'etichetta le imponeva di mostrarsi educata nei confronti degli ospiti e si mostrava sdegnata quando le venivano raccontati gli ultimi scandali delle capitale.
Tuttavia, fu estremamente difficile nascondere l'evidente espressione di sorpresa che si era dipinta sul suo viso.
"Sono... Sono stupita." fu costretta ad ammettere, senza mai distogliere lo sguardo da quello di Richard. Era stato quell'uomo ad avere dato il nome al Poseidon, ma perché lui? In generale, non era il costruttore del veliero a prendere una decisione finale in merito al nome? Inoltre, era ragionevolmente convinta che lui non potesse essere l'artefice della nave.
In tutta risposta, Richard si strinse nelle spalle, alzandosi dal letto. I riccioli gli scivolarono disordinatamente sulla schiena, mentre osservava il suo aspetto con aria critica.
"Dovete fare qualcosa per quei capelli." intervenne.
"State cercando di cambiare argomento." gli fece notare lei con ben poco tatto.
Richard scosse il capo e si diresse verso lo scrittoio. Dopo aver smosso alcuni libri e qualche foglio le porse lo stesso specchio in cui lui si era specchiato poco prima.
Crystal lo afferrò, indecisa su come dover interpretare quel gesto.
"Vedete?" domandò con fare sconsolato. "Sono pieni di nodi. Dovreste averne più cura." la rimproverò.
"Volete litigare?" Era una domanda retorica vista l'assenza di delicatezza presente nelle parole del pirata. Quella critica al suo aspetto era riuscita a ferirla più di quanto aveva pensato in principio.
Era inutile negare che da quando aveva lasciato la Black Rose il suo abituale stile di vita aveva subito un crollo. In Inghilterra era la servitù ad occuparsi dei fattori estetici. Cambiarsi d'abito in autonomia o pettinarsi i capelli da sola erano problemi che non l'avevano mai preoccupata fino alla sua prigionia sul Poseidon.
"Non riuscirete a persuadermi tanto facilmente dallo scoprire la verità su di voi, William ed il Poseidon." l'avvertì pacatamente.
"Dissuadervi?" la interruppe Richard. "Non è davvero mia intenzione dissuadervi dal compito che vi siete prefissata di raggiungere. Al contrario, sarebbe divertente vedere fino a che punto..." aveva preso a muoversi nella sua direzione e visto il
luogo angusto in cui si trovavano, sarebbe bastata una manciata di secondi per ritrovarselo nuovamente davanti.

Infuriata con se stessa per essersi lasciata intrappolare così facilmente, non poté far altro che osservare il viso di Richard farsi pericolosamente vicino.
"Non penserete di baciarmi nuovamente, spero!" esclamò, alzando le mani in modo ridicolo.
Richard sorrise malizioso, quasi quell'affermazione gli avesse fornito un buon pretesto per farlo realmente. "Vista la vostra reazione l'ultima volta che ci ho provato, non credo che vi dispiacerebbe."
"Mi dispiacerebbe, invece!" si affrettò a rispondere, il volto imbarazzato.
Vicini. Troppo vicini.
Con un gesto così veloce da riuscire a coglierla di sorpresa, Richard si era chinato in avanti ed aveva stretto una ciocca dei suoi capelli tra le dita. La stava fissando con una tale intensità e un tale interesse che per un breve istante lei si dimenticò di respirare.
Crystal spalancò gli occhi. Cosa stava facendo quel pirata?
"Vedete?" decretò, spostandole i capelli davanti agli occhi affinché potesse guardare anche lei. "Come vi dicevo, sono pieni di
nodi."

Incapace di replicare a parole, schiaffeggiò con eccessiva irruenza la mano di Richard. Velocemente arretrò di un passo, andando però a sbattere contro la parete.
"Alejandro mi aveva avvertito del vostro carattere ribelle." sospirò. "Affascinante. Interessante oltre le mie più rosee aspettative." aggiunse, cercando qualcosa tra alcuni libri riposti sulle mensole.
"Cosa fate?" chiese sospettosa.
Richard sbuffò, ignorando la domanda e continuando a spostare alcuni vecchi tomi impolverati. Dopo qualche minuto vide le sue dita stringersi attorno ad un piccolo oggetto. Non riusciva a identificarlo e per quanto si sforzasse di allungare il collo oltre le spalle del pirata la sua vista le restava preclusa.
Picchiettò le mani sulla parete, curiosa di scoprire cosa lui avesse preso.
Un minuto dopo si ritrovò ad allungare le braccia per tentare di prendere al volo l'oggetto che Richard le aveva lanciato contro.
"Per i vostri capelli." spiegò, mentre lei si rigirava tra le mani un piccolo pettine di colore azzurro. Aveva la forma di un mezzo cerchio ed era azzurro con l'accenno di fiori bianchi appena abbozzati. Proveniva dall'oriente, capì immediatamente, terra dal fascino misterioso e sconosciuto.
"Siete ossessionato dall'aspetto esteriore." osò dire alla fine. "Esistono valori più importanti, sapete?"
"Hmm." commentò, sfiorando con noncuranza alcuni libri. "Non ne sono convinto, ma potete sempre tentare di persuadermi del contrario."
"Non vi ringrazierò." mise subito in chiaro, facendo scivolare il pettine in una tasca.
"Mettiamola così." propose Richard. "Consideratele le mie scuse per aver approfittato di voi."
Crystal avvampò. Trovava meschino che continuasse a rammentarle ciò che le aveva fatto. Per non parlare del fatto che, Richard non era affatto pentito del suo gesto. Irritarla sembrava divertirlo e lei stava partecipando a quel gioco senza nemmeno provare a vincerlo. Era una giocatrice, finita per caso nel bel mezzo di una partita già iniziata, che però necessitava del suo aiuto per poter giungere ad una conclusione. C'era una problema, però: nessuno le aveva spiegato le regole del gioco.
"Se fossimo a Londra, forse, avrei anche potuto assecondare questo vostro desiderio."
"Ma?" la interruppe con un sorriso sornione sulle labbra.
"Non siamo ad una festa, dove il mio comportamento potrebbe essere giudicato offensivo o insolente. Qui, mi sento libera di criticare certi vostri atteggiamenti..." si massaggiò il mento con fare indeciso. "Scortesi e irritanti." lo criticò.
Richard proruppe in una bassa risata, cominciando ad applaudirla come se avesse visto una famosa attrice del teatro di Londra finire un'esibizione particolarmente apprezzabile. Da parte sua, lei spalancò la bocca, il volto ora reso livido dalla rabbia.
"Se volete scusarmi..." intervenne lui, spostandosi verso la porta e tendendo un braccio verso l'uscita. "Ora vorrei essere lasciato solo." le comunicò.
"Per quale motivo?" lo schernì lei, senza muovere un passo. "Avete intenzione di passare il resto del pomeriggio a tracannare la vostra bottiglia di brandy?" lo accusò, facendo un breve cenno in direzione dell'oggetto in questione.
Richard seguì la direzione del suo sguardo, borbottando frasi sconnesse. Quando si voltò nuovamente, si affrettò a spalancare la porta facendola sbattere alla parete.
Crystal sussultò.
"Non tirate troppo la corda. Prima o poi la fune si spezzerà e William non potrà correre sempre in vostro aiuto."
Avrebbe voluto chiedergli il significato di quelle parole, ma notando la sua espressione infastidita si mosse velocemente verso l'uscita.
Si fermò sull'uscio per cercare qualcosa con cui replicare a quella affermazione, ma l'unica cosa che gli uscì dalle labbra fu uno sbuffo infastidito.
Senza curarsi minimamente di fornirle ulteriori spiegazioni, Richard le aveva chiuso la porta alle spalle.

 

 

I pesci sfrecciavano veloci sotto la possente mole del Poseidon, ignorando che da lì a qualche istante Alejandro avrebbe gettato in acqua le reti per catturarli.
Il pirata la salutò con un cenno del capo. Era intento nello spiegare a Jack come fare per calare la trappola che avrebbe preso la cena della ciurma.
Il ragazzino era chino sopra alcune funi e con movimenti goffi tentava di fare dei nodi, come gli aveva illustrato precedentemente lo spagnolo, ma i risultati era piuttosto scarsi.
Sarebbe stata necessaria numerosa pratica, a giudicare dagli sguardi sconsolati con cui si rivolgeva a lui Alejandro.
Dal lato opposto del ponte, Crystal regalò a Jack un sorriso incoraggiante. Per il suo bene, sperò con tutta se stessa che riuscisse ad ambientarsi alla svelta.
Era ancora irritata dal comportamento che Richard aveva tenuto nei suoi confronti e delusa per come l'aveva cacciata dal suo alloggio.
E, infine, c'era l'atteggiamento di William. Per quale motivo il capitano del Poseidon odiava tanto gli inglesi, se anche lui proveniva dall'Inghilterra? Se non fosse stata che per l'assoluta certezza con cui sapeva che lui si sarebbe rifiutato di rispondere
a quella domanda, gliela avrebbe già posta.

Peccato che William fosse peggio di un leone che, tentando di proteggere la sua preda dal resto del branco, non la lasciava mai andare dalle sue fauci. Lo stesso principio valeva per i segreti del pirata.
Si voltò, affacciandosi al mare e lasciando andare mollemente il braccio nel vuoto. Il mal di testa non le era passato da quando si era svegliata ed i muscoli continuavano a dolerle per lo sforzo a cui erano stati sottoposti ad Holono.
Cullata dal rumore delle onde che si infrangevano sulla chiglia del Poseidon si permise di chiudere gli occhi per alcuni minuti.
"Pesca magra, questa sera!" gridò Alejandro, ridestandola da quello stato di dormiveglia.
"Signorina Crystal!" la chiamò Jack, correndo verso di lei. Si voltò giusto in tempo per vederlo afferrare un'estremità della sua gonna. Era un comportamento estremamente infantile, ma ciò nonostante le fece piacere. In qualche modo, quel bambino riusciva a farla sentire importante, necessaria.
"Jake." lo salutò, sfiorandogli i capelli in una carezza. "Ti piace stare a bordo del Poseidon?
Il bambino sorrise, mormorando qualche parola di ringraziamento. Le stava esprimendo la sua gratitudine per averlo portato con sé, ma lei non era tanto certa che fosse stata la cosa migliore. William si sarebbe davvero preso cura di lui?
Soffocò un singhiozzo sul nascere, cercando in ogni modo di non pensare al futuro. Doveva concentrarsi sul presente, era quello ciò che contava.
"Non sei molto bravo con i nodi, eh?" scherzò.
Jack scosse la testa. "Imparerò!" affermò con decisione. "Così farò felice la signorina Crystal!" esclamò convinto.
Lei trasalì, appoggiando le mani sulle sue spalle. Era incredibile come quel bambino riuscisse a leggere così bene le sue emozioni. "Sei gentile, Jack." osservò.
"Ehy, pulcino!" tuonò Alejandro venendo loro incontro. Si fermò a qualche passò di distanza guardandoli in modo perplesso.
"Non diventerà mai un uomo se tu continui a coccolarlo come una bambola." decretò imbronciato.
Crystal allontanò le mani da Jack, portandosele al petto. "Forse, volevi dire che non diventerà un pirata privo di qualunque tipo di sentimento." lo corresse acida.
"Oh, pulcino!" esclamò sconsolato. Mosse la mano davanti all'occhio sano, quasi a voler scacciare pensieri poco gradevoli. "Hai davvero ben poca stima sugli uomini di questa nave." aggiunse.
Lei inarcò un sopracciglio. Il pirata si aspettava davvero che replicasse a quell'affermazione? Era ridicolo credere che potesse provare sentimenti differenti, considerando ciò a cui era stata testimone. La Black Rose era affondata trascinandosi dietro il suo equipaggio e lei, per salvarsi, era stata costretta a vedere un uomo affogare nelle fredde acque del mare.
Rabbrividì, stringendosi le braccia. No, non poteva esserci indulgenza nel riconoscere le colpe assunte dal Poseidon. Era un veliero pirata e quello stato non sarebbe cambiato.
William e Richard potevano anche essere inglesi, ma con il loro comportamento avevano tradito la patria e messo in discussione la loro fedeltà alla corona.
"Traditori." sussurrò ferita.
"Come?" le chiese Alejandro, che non aveva compreso. Si allontanò dal parapetto, superando il pirata e con Jack alle spalle che la seguiva.
"Nulla, Alejandro. Stavo facendo un apprezzamento sul panorama." inventò.
"Ah, sì." convenne lui, annuendo. "Oggi è un ottima serata per poter apprezzare il mare. Il giovane Jack ha delle buone possibilità per diventare un ottimo marinaio."
Pirata.
Sospirò, appoggiandosi con la schiena ad un vecchio barile in disuso. Fece per aprire la bocca, ma ancora una volta Alejandro la precedette.
"Potrebbe diventare anche un buon cuoco!" annunciò pensieroso.
"Come te?" lo prese in giro Crystal, decisamente più rilassata.
Il pirata gonfiò il petto, imitando una smorfia d'offesa. "Prima di cucinare dovremmo però riuscire a catturare qualche pesce." sottolineò, gettando un'occhiata alle reti semivuote che un paio di pirati stavano issando a bordo.
Crystal si lasciò sfuggire una risata sincera, mentre il pirata ricambiava il sorriso. Contagiato da loro, anche Jack si unì a quell'atmosfera distesa.
"Ad ogni modo credo che farò a meno della tua cena. Ho il forte sospetto che il mio stomaco non sia in grado di reggere del pesce crudo per oggi."
Alejandro aggrottò la fronte. "Non va bene. Se non mangi finirai con il perdere le forze."
"Prenderò qualcosa di commestibile dalla vostra dispensa, visto che ad Holono avete fatto rifornimento."
Lo vide annuire soddisfatto e sentì il nodo di tensione che aveva alla gola affievolirsi. "Vedrò di non dire al capitano delle tue scorpacciate segrete." le promise, cercando di afferrare la sua fiaschetta di rum.
"Jack." si accovacciò al fianco del ragazzino, perdendosi nei suoi occhi nocciola. "Hai avuto problemi con il resto della ciurma?" chiese con delicatezza.
"Non temere, pulcino. Ci sono io a badare a questo marmocchio!" esclamò il pirata, dando una gomitata a Jack che grugnì infastidito.
"Eylin come sta?" s'informò preoccupata.
Alejandro bevve un sorso di rum, cercando goffamente di afferrare Jack che si era messo a girargli intorno.
"Siamo riusciti a farle bere dell'acqua. Alterna momenti di lucidità con istanti più deliranti. Ha perfino tentato di alzarsi e William è stato costretto a trattenerla con la forza." spiegò con un lento sospiro.
Crystal strinse la mano a pugno, cercando di concentrarsi sulle reti che venivano svuotate dai pesci sullo scafo del Poseidon. L'odore pungente, delle creature che si dimenavano impazzite in cerca di acqua, la costrinse a distogliere lo sguardo.
"Quando arriveremo a Port Aven?" Improvvisamente, sentiva l'urgenza di raggiungere quell'isola per poter trovare un dottore in grado di aiutare Eylin. Al momento le parole di Richard avevano poco importanza. Non le importava conoscere il motivo che spingeva William ad andare in un luogo pieno di soldati inglesi, la cosa fondamentale era salvare la ragazza.
"La febbre la sta consumando." decretò Alejandro. A Crystal quella sentenza suonò come una condanna e non le piacque affatto.

 

 

Crystal si era gettata la coperta sulle spalle, mentre cercava tra gli scaffali della sua stanza, qualcosa da mangiare. Ad Holono i pirati avevano fatto rifornimento di molti alimenti, principalmente salumi, frutta secca e pane che ora facevano bella mostra tra le mensole del Poseidon.
Allungò una mano, indecisa su cosa scegliere. Prese un tozzo di pane di farina scura, ma dovette aiutarsi con le mani per mangiarlo visto quanto era duro.
Si appoggiò ad una parete, pensando a quanto quella stanza apparisse più stretta ora che i ripiani erano interamente occupati dalle provviste alimentari.
Per un breve istante sentì il forte impulso di uscire da quel luogo chiuso e umido per poter correre sul ponte e godersi gli ultimi bagliori del giorno.
Scacciò quel pensiero, pensando a quanto fosse stata egoista. Non era andata a trovare Eylin. Se fosse stato per il timore di trovarla peggiorata o per l'idea di dover incontrare William lei non sapeva dirlo.
Distrattamente fece scivolare una mano nella tasca dell'abito e trasalì quando si rese conto che l'oggetto appuntito su cui si erano strette le sue dita era il pettine che le aveva dato Richard.
Lo studiò alla fievole luce che entrava dalla finestra e con un sospiro di resa cominciò a passarlo tra le ciocche di capelli. Con un moto di frustrazione si costrinse ad ammettere che Richard aveva visto bene per quanto riguardava la sua chioma ribelle.
Sobbalzò involontariamente, quando i passi affrettati di qualcuno nel corridoio si fermarono in prossimità dell'entrata a quel ripostiglio. Dopo una breve pausa lo sconosciuto riprese la sua strada e Crystal soffocò il gemito di dolore che le era salito in gola mentre si districava di un nodo particolarmente ostinato.
Passò la mano libera tra i capelli e proprio mentre lo faceva il suo sguardo le cadde su una vecchia scatola di legno dalla quale spuntava un impolverato pezzo di stoffa. Ripose il pettine nella tasca e si chinò sul pavimento.
Trascinò la scatola sotto la finestra e con cautela sollevò il coperchio, che ricadde con un tonfo sulle tavole di legno del pavimento.
Afferrò il rettangolo di stoffa azzurra e lo batté contro la parete del Poseidon nel tentativo di ripulirlo dallo strato di polvere. Colta da un attacco di tosse lo lasciò cadere e fissò incuriosita il disegno che era stato ricamato sopra.
Il tessuto era rovinato in più punti, come se qualcuno avesse tentato di strapparlo e Crystal si rese conto che, probabilmente, in passato quel pezzo di stoffa doveva essere stato una bandiera o una sorta di stemma.
Al centro, era raffigurata la figura di un drago dorato, le ali richiuse lungo i fianchi e la coda raggomitolata sul corpo, appoggiata tra le zampe anteriori. La bocca era spalancata e tra i suoi denti la creatura reggeva un sfera, dal colore più chiaro.
Crystal socchiuse gli occhi, sforzandosi di ricordare perché quella figura le era tanto familiare. Era quasi certa di aver già visto un drago simile da qualche altra parte, anche se non rammentava dove.
Fece per rimettere a posto il tessuto, quando si accorse che c'erano altre stoffe colorate sul fondo della scatola. Rovesciò il contenitore, guardando perplessa lo stesso disegno ricamato su altre due bandiere, una di colore rossa ed una verde.
Che cosa significava quell'insolita scoperta?

 

 

Quando la porta si aprì, William superò rapidamente il proprietario della stanza, spingendolo di lato. Si appoggiò ad una delle pareti ingombre di libri ed attese che Richard chiudesse l'uscio della cabina. Osservò le occhiaie che gli incorniciavano gli occhi, i movimenti traballanti delle gambe e dedusse dalla bottiglia vuota di brandy,appoggiata sul pavimento, che il pirata doveva aver trascorso la maggior parte del giorno ad ubriacarsi.
"Cosa le hai detto Richard?" domandò, deciso ad ignorare le condizioni in cui versava il vecchio amico d'infanzia. "Cosa voleva?"
Richard sogghignò, scrutandolo con lo stesso sguardo che avrebbe potuto rivolgere ad un cane randagio in cerca di cibo o affetto.
"Abbiamo avuto una conversazione davvero brillante. La contessina è rimasta sconvolta." asserì, scaraventando al suolo alcuni volumi. "Era scioccata quando entrando ha notato la raccolta di libri."
William socchiuse gli occhi, resistendo all'impulso di afferrare Richard per le spalle e di gettarlo sulla prima scialuppa disponibile. Si costrinse a ricordare ciò che li aveva uniti e separati al tempo stesso.
"Non le avrai detto..."
"Cosa?" lo provocò Richard, barcollando verso la piccola scrivania. "Ho davvero perso il conto delle cose che posso o non posso dire. Dovresti illuminarmi, Will." Frugò tra le sue cose alla ricerca di altri alcolici, ma William fu più veloce e gli sfilò dalle mani la nuova bottiglia.
"Devi smettere di tenere questi comportamenti infantili." lo rimproverò infastidito.
"Oh, quindi ora sono io ad avere atteggiamenti infantili." Richard si lasciò scivolare sulla sedia ed incrociò le gambe. Puntò il dito al soffitto, borbottando parole che lui non riuscì a capire.
"Dovresti tornare a Londra." osservò pacato. "Non avresti dovuto seguirmi." la sua voce esitò.
"Certo che ho dovuto!" sbottò lui, alzandosi così velocemente che William fu costretto a sorreggerlo. "Qualcuno dovrà pur occuparsi di riportare a casa il tuo cadavere." commentò acido, allontanando con uno strattone la mano del capitano.
"Che sciocchezza. Sarebbe questa la tua ultima scusa?"
"Certo che no. Anche la tua ospite è un ottimo pretesto per rimanere a bordo del Poseidon."
William studiò la sua espressione, alla ricerca di qualcosa che potesse rivelargli le vere intenzioni di Richard. Tuttavia, colse solo il suo atteggiamento ferito e insolente. Come erano arrivati a provare così tanto astio reciproco?
Quasi avesse intuito i pensieri che vorticavano nella sua mente, Richard gli diede le spalle.
"Richard." lo chiamò esausto. "Dimmi che non le hai detto nulla." lo pregò in un sussurro appena udibile.
Piegò il bordo della camicia, asciugandosi con il dorso della mano il leggero strato di sudore sulla fronte. Aveva passato la
maggior parte del giorno con Eylin, impedendole di agitarsi e di farsi inconsapevolmente del male. L'ultima cosa che desiderava, giunto a quel punto, era dover affrontare la sbornia di Richard.

"Chi è stato a vederla entrare qui?" Liquidò la sua domanda con un movimento della mano. "Chi è il cagnolino fedele che è andato a riferirtelo?"
"Alejandro." rispose senza esitazione, scoccandogli un'occhiata irritata.
"Ah." commentò con una smorfia. "Avrei dovuto immaginare che il colpevole di spionaggio era il pescatore."
William si passò una mano tra i capelli, esasperato da quel comportamento.
"Forse potrei essermi lasciato sfuggire qualcosa." decretò Richard con tono divertito. Si era sdraiato sulla sua brandina, sistemando con qualche pacca della mano il suo cuscino.
"Non è divertente, Richard." lo richiamò all'attenzione. "È per la sua sicurezza che la teniamo qui."
"Che peccato." considerò il pirata con uno sbadiglio. "Non riscuoteremo la taglia che le è stata messa sulla testa a sua insaputa? Certo che deve avere qualcosa di davvero speciale se il Drago Dorato ha emesso la sua cattura ancor prima che lei lasciasse
Londra." si portò una mano sul cuore, afferrando l'asta di una freccia immaginaria che lo aveva colpito al petto. "Una vera fortuna per lei, che chiunque le stia dando la caccia sia lo stesso individuo a cui il Poseidon cerca di arrivare da anni."

"Può condurmi da lui, capisci Richard?" Strinse i pugni, guardando distrattamente la sua collana. "Tutti questi anni... Potrò finalmente vendicarmi per ciò che mi ha fatto!" aveva alzato la voce, quasi aspettandosi che i fantasmi dei suoi sogni prendessero una consistenza fisica.
"Smettila!" tuonò Richard, dando un pugno alla parete. "Smettila..." ripeté, quasi una supplica.
William incrociò le braccia al petto sul punto di replicare, ma lo sguardo ferito e penetrante che gli rivolse Richard lo costrinse a desistere dai suoi propositi. Si portò la bottiglia di Richard alle labbra e bevve alcuni sorsi di rum. Il liquido gli graffiò la gola e lui trovò quella sensazione quasi piacevole.
"Tranquillizzati, Will. Le ho parlato solo del Poseidon." si picchiettò le mani sulla fronte. "Bhe." aggiunse dopo qualche ripensamento. "Può anche essere che mi sia lasciato sfuggire il fatto che siamo entrambi inglesi."
William fu colto da un attacco di tosse e gli ci vollero diversi minuti per riprendersi. Si portò una mano alla gola e quando parlò la sua voce risultò bassa e roca.
"Ti rendi conto di ciò che hai fatto?" gli sibilò inferocito. Guardò Richard roteare gli occhi al soffitto e in un impeto di rabbia gettò a terra la bottiglia che riversò il suo contenuto sul pavimento.
"Impressionante." sogghignò il pirata. "Ho deciso che non rimarrò più a guardare." lo informò, protendendo le braccia al soffitto.
"Cosa vorresti dire?" fece un passo in avanti, ignorando i frammenti di vetro, sparsi lì attorno.
"Crystal è un essere umano, Will, ed è viva." gli puntò il dito contro. "Non te la lascerò usare come una pedina degli scacchi." concluse con un'inattesa sfumatura tagliente e rabbiosa della voce. "Il Poseidon può fare a meno di lei." decretò.

 

 

"Poseidon?" aveva ripetuto quel nome divertito.
"Sì, sarà questo il suo nome."
"Insolito per un veliero, Richard." Lo aveva sentito sospirare, mentre osservava l'amico accarezzare la superficie lignea dell'imbarcazione. Ci aveva messo lo stesso riguardo che avrebbe potuto rivolgere ad un'amante.
"Perché questo nome?" gli aveva chiesto. Non era una critica, ma solo la morbosa curiosità di un ragazzo a cui avevano strappato il futuro.
"Come il Dio greco decantato nell'Odissea, sono certo che questo veliero ti impedirà di tornare a casa, Will. Il Poseidon sarà la tua fine."
"Sarà un nuovo inizio." aveva replicato stizzito.

 

 

 

 

 

 

Note: So di averci messo un po’ per il nuovo capitolo, ma, come credo anche alcuni di voi, pure io sono sotto esami. Quindi, auguro buona fortuna a tutti quelli che dovranno affrontare la maturità, esami di terza media o come me esami universitari. :D
Un sentito ringraziamento a tutte le splendide persone che continuano a seguire la storia e che mi hanno aggiunto tra i propri autori preferiti. ( *W* Pirates ha raggiunto la cifra tonda di 100 recensioni! Grazie infinite a tutti! Vi adoro! ;D)
Non ho molto da dire sul capitolo se non che come nei precedenti si comincia a smuovere qualcosina ai fini generali della trama. Posso solo dirvi che prossimamente cercherò di svelare qualcuno dei misteri della storia. So che state morendo di curiosità, vero? XD Mi auguro di sì, perchè vorrebbe dire che sto svolgeno un buon lavoro u_u
News: i primi tre capitoli sono stati betati da Emma Wright    che ringrazio profondamente per l'aiuto!
Grazie per l'attenzione e passate una buona estate! :)
By Cleo^.^

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Sovrannaturale

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Capitolo 15
*** Il Paradiso Perduto ***






14

Il Paradiso Perduto

 

 

 

Era ancora mattina quando Richard si avvicinò a lei sul ponte, gettando un'occhiata incuriosita ai suoi capelli. Dalla sua espressione, Crystal dedusse che doveva essere compiaciuto del lavoro che aveva fatto con i nodi.
Per alcuni istanti si limitò a fissare il mare, poi si voltò e con passo quasi militare le consegnò una vecchia edizione de "Il Paradiso Perduto" di Jhon Milton.
"Il motivo di tanta generosità?" chiese lei ironica.
"Sembrerebbe una mossa per evitare che voi ficchiate il naso dove non dovreste." osservò lui pensieroso.
"Nel vostro passato, dunque." replicò lei. "Credo, però, e penso che anche voi condividerete l'idea, che il Poseidon non può fornirmi molte indicazioni su voi o il capitano."
"Forse, dovreste cominciare a porvi le domande giuste, anziché lasciare che la mente vaghi su sentieri scoscesi." le suggerì con un sorriso sghembo.
Crystal sospirò e lentamente protese la mano in avanti per cogliere il volume.
"Con sincero affetto, a mio figlio Richard Kayle Henstone." lesse ad alta voce la dedica sbiadita e le dita si strinsero con maggior vigore sulla copertina.
Improvvisamente la gola le si era inaridita e il fiato si era fatto più pesante.
"Siete pallida." osservò Richard, invitandola a sedersi.
Lei si fece guidare docilmente, mentre la mente esplorava le nuove possibilità che quel nome, Henstone, le aveva fornito.
"Non ha senso." si decise a dire, deglutendo a forza la saliva.
"La mente di William, i suoi pensieri distorti, non hanno senso." la corresse divertito. Era spensierato come un fanciullo, mentre lei era rigida come una statua. "Io sono uno spirito più... comprensibile." decretò dopo una pausa.
Crystal ne dubitava, ma non aveva la forza per ribattere un'altra volta alle sue dichiarazioni.
"Henstone?" domandò, più come affermazione che altro. "Siete figlio di quel Fabian Henstone?
Certo, a quel modo la questione del Poseidon acquistava senso. Fabian Henstone era il più importante e ricco commerciante di Inghilterra. I suoi affari si sviluppavano in ogni angolo del mondo. Dall'Asia alle Americhe era conosciuto per le sue enormi ricchezze e le splendide navi mercantili. Aveva tre figli: tre maschi e una femmina. Il più giovane era famoso per le sue prodezze amorose, per i soldi che sperperava al gioco e stranamente per la sua vena di poeta tormentato. Si diceva anche che avesse una predilezione per gli alcolici e che il suo aspetto fosse alquanto gradevole.
"L'ultimo." rivelò per nulla turbato. "Il più viziato." aggiunse con aria tronfia.
L'ultimo, il più viziato...
Quella ammissione continuò a vorticarle in testa per lunghi e interminabili secondi.
"State mentendo." decretò, torturandosi l'orlo del vestito. "Perché mai l'erede di Fabian Henstone dovrebbe desiderare diventare un pirata?"
Richard scosse vigorosamente la testa, facendo schioccare la lingua sul palato. "Vedete? Vi ponete le domande sbagliate. Io non sono un pirata e non ambisco nemmeno a diventarlo." replicò, immergendo una mano nei suoi riccioli scuri. "Dovreste chiedervi qual'è il motivo per cui mi trovo su questo veliero." la corresse.
Scioccata, Crystal non ci mise molto a far combaciare la descrizione che davano del figlio di Fabian Henstone con quella di Richard.
"Ebbene?" lo sfidò arcigna.
Lui si zittì e il volto perse il ghigno compiaciuto. "Per Will." sussurrò. "Solo per William."
"E chi è il capitano?"
Richard fece un gesto vago della mano, arricciando le labbra. "Vedo che imparate in fretta." concluse, congedandosi. 

 
 

"Che cosa fate?" La voce squillante di Jack la riscosse dallo stato distaccato in cui si trovava. Il libro di Richard le era scivolato via dalle ginocchia, rendendola consapevole di quanto poco avesse letto in realtà.
Aveva troppo a cui pensare per soffermarsi sulle parole di Milton, per quanto affascinanti le sue idee potessero essere.
"Leggo." rispose in un riflesso quasi automatico. Gli girò il volume nella sua direzione, indicandogli una serie di parole.
"Come si fa a leggere?" la interrogò Jack, allungando il collo per vedere meglio.
"Studiando e ripetendo di continuo quanto appreso." rispose puntando l'indice su una lettera. "Vedi questo simbolo? Si chiama P e sta per Paradiso."
Jack scrollò le spalle, annoiato. "È noioso." mormorò sbadigliando.
Crystal rimase incapace di replicare. A lei non era mai passato per la mente che leggere potesse essere un'attività noiosa e nemmeno mentre studiava il dubbio le aveva sfiorato la mente. Era, semplicemente, qualcosa che lei aveva dovuto imparare.
Era stato faticoso, si chiese, passare intere giornate presso istitutori che non avevano fatto altro che riprenderla sul suo atteggiamento ostinato e distante? Era stato facile accettare le critiche e i commenti poco entusiasti?
Forse, si disse cauta, non era stato piacevole, ma ne era valsa la pena.
"Devo andare!" esclamò Jack, impedendole di dargli una risposta. "Alejandro vuole insegnarmi la sua ricetta segreta!" spiegò, battendo agitato il piede.
Lei si sforzò di annuire ed abbassò il capo sulle braccia che teneva unite sulle ginocchia. Attese che Jack si allontanasse prima di dare libero sfogo al respiro che aveva trattenuto in gola.
Un velo di malinconia era calato su di lei all'improvviso, complici i versi di Milton e le parole di Richard. Era stanca e aveva come l'impressione che quella stanchezza avesse contagiato la sua anima. Era possibile? Poteva l'anima consumarsi come il corpo?
Chiuse gli occhi e avvertì una presenza familiare alle sue spalle. Sapeva chi era e sapeva che non aveva la minima voglia di incontrarlo. Sperava che fingendosi addormentata sarebbe riuscita a far desistere il pirata dal parlarle.
"State male?" domandò.
A lei venne quasi voglia di fargli il verso, come i bambini delle strade londinesi lo facevano a chi urlava loro di tornare alle proprie abitazioni. Era oltremodo seccante sentirlo parlare in un inglese perfetto, sapendo che era così perché anche lui era nato in Inghilterra.
Inconcepibile.
Non rispose, sperando con tutta se stessa che William la lasciasse in pace, ma dopo qualche minuto fu evidente che il capitano non la pensava al suo stesso modo.
"Se vi sentite poco bene, vi suggerirei di tornare nel vostro alloggio." Era stranamente cortese quel giorno e lei si concesse il lusso di aprire un occhio per sbirciare il suo profilo con estrema cautela.
"In questo modo non intralcerete i compiti dei miei uomini."
Il corpo reagì prima della mente e Crystal fece schioccare indignata la lingua sul palato. Avrebbe dovuto intuire che William era andato da lei solo per renderle noto una qualche osservazione poco cortese. Come poteva stupirsi se il pirata non era giunto lì solo per condividere la sua compagnia?
Alzò fiera il mento, ostinandosi a non voltargli le spalle. "Davvero cortese da parte vostra, preoccuparvi del mio benessere." gli rispose acida.
Fece per spostarsi, quando William la superò con una lunga falcata e la costrinse a guardarlo in faccia.
Crystal, ostinata si limitò a fissare per lunghi istanti il ciondolo che lui era solito indossare. Corrugò la fronte, frustrata, non capendo davvero perché quel semplice oggetto scombussolasse a quel modo la sua mente. E più lo fissava, più un inspiegabile stato d'angoscia la invadeva. Era una reazione insensata e irrazionale, eppure, malgrado lo sapesse non riusciva ugualmente a staccare gli occhi da lì.
"Sono certo che un fantasma è meno pallido di voi." intervenne lui con un ghigno divertito sul volto.
Crystal strinse le labbra in un'espressione corrucciata e strinse le mani dietro la schiena. "Come se esistessero, i fantasmi."
"Vi piace la mia collana?" chiese, stingendo con fare assente il tronchetto dalle sfumature violacee.
Era evidente che l'aveva vista mentre fissava la conchiglia, ma malgrado quell'aperta mancanza di buone maniere sembrava davvero interessato alla risposta.
"È..." Probabilmente, avrebbe dovuto spiegargli delle strane reazioni che le provocava vederla, ma confessare ad uno sconosciuto che credeva di aver già visto quel ciondolo, in un'infanzia dimenticata, era pura pazzia. "...Molto particolare." giudicò, con un tremito della voce.
"Certamente, nulla a cui voi sarete stata abituata ad indossare." decretò con scherno.
"No, infatti." non aggiunse altro e per un po' entrambi rimasero zitti, ognuno perso nei propri pensieri. Le sembrò che William non avesse alcuna intenzione di allontanarsi e si limitò ad impartire ordini agli uomini da quella postazione.
Solo in seguito, lei si accorse delle leggere occhiaie e dei movimenti fiacchi con cui rispondeva alle richieste dei pirati.
Dedusse che avesse passato molto tempo al fianco di Eylin e per un attimo si sentì in colpa per avergli lasciato quel compito.
"Ieri sera..." Crystal diede un teatrale colpo di tosse per attirare la sua attenzione. "Ho trovato qualcosa di... di insolito." si sentiva impacciata, senza capirne la ragione.
William, che al momento le dava le spalle-affacciato al parapetto del Poseidon- voltò appena la testa nella sua direzione. "Siete andata a curiosare di nuovo nei piani inferiori?" sembrava rassegnato quanto incredulo. "Vi avevo espressamente suggerito di non girovagare da quelle parti." il suo tono era leggero, ma la voce dura e tagliente.
"Non mi sono mossa dalla mia... stanza." trovava rivoltante definire a quel modo quel minuscolo stanzino, ma se ne era fatta una ragione.
Il capitano borbottò qualcosa e le spalle gli si rilassarono. "Dunque, cosa avete trovato?" si girò, con un'espressione stranamente curiosa.
Era buffo, constatò lei riflessiva.
"Credo si possa definire una bandiera, o forse lo stralcio di uno stemma." continuò lei, ignorando la mascella serrata di William. Il suo sguardo si era offuscato e le mani avevano stretto con forza il legno. "C'era un drago d'oro..." lui alzò la mano, invitandola a tacere e si massaggiò la tempia con fare nervoso.
"È una bandiera." confermò, sputando a forza fuori dalla bocca quelle parole.
"Di imbarcazioni che avete sconfitto?" Crystal congiunse le mani in grembo, stranamente eccitata all'idea di sentire quella storia. Quella bandiera non aveva nulla a che fare con l'impero britannico, quindi poteva permettersi il lusso di fantasticare su come il Poseidon l'avesse ottenuta. William aveva assaltato un veliero francese? Sconfitto dei trafficanti di schiavi? Oppure aveva...
"Infatti." la risposta era stata così brusca che la fece sobbalzare, facendola vergognare del suo inappropriato entusiasmo. "Bandiera che voi non avreste dovuto trovare." specificò con voce roca. Poi, tra sé aggiunse: "Credevo le avesse distrutte!" esclamò, quasi ringhiando. "Portatemi quelle stoffe."
Troppo stordita per ribattere, Crystal si affrettò a tornare nel suo alloggio, allontanandosi da William. Incespicò più volte nelle scale e si mosse decisa per poter recuperare alla svelta la scatola contenente le bandiere.
Solo quando avvertì la polvere tra le dita e il ruvido legno del contenitore si rese conto del suo comportamento. Schiuse le labbra per dire qualcosa e le richiuse alle medesima velocità. Perché aveva eseguito senza fiatare la richiesta di William?
Tornò da William, turbata, porgendogli la cassa e insieme a lui ne gettò il contenuto in mare. Lo aiutò senza porgli alcuna domanda, guardando le bandiere venire cullate dalla corrente e studiando il profilo di William che picchiettava il piede sulle assi del Poseidon. A lei parve più rilassato, mentre l'acqua ingoiava quel bottino inaspettato.
Il Drago affondava.
"Il Drago affonda." commentò compiaciuto, esprimendo ad alta voce i suoi stessi pensieri. Ed era assurdo. Perché un Drago non poteva affondare, non poteva essere sconfitto. Eppure, in un certo senso, ciò sembrava essere appena accaduto.
"Presto." mormorò William. "Presto, otterrò la sua testa."

 

 

Voci squillanti di bambini.
Parole sussurrate all'ombra di un ippocastano.
Risate.
Un campo di grano e papaveri.
Il quieto gorgogliare delle acque di un torrente.
Un lampo viola. Un fulmine che squarcia il silenzio.
La caduta.
L'acqua.

 

 

Stava ancora dormendo quando qualcuno interruppe i suoi sogni agitati per informarla che erano giunti a destinazione.
"Muovetevi!" esclamò la familiare voce di Richard entrando nel suo rifugio senza farsi troppi problemi. La esaminò da cima a fondo, facendo una smorfia sui capelli in disordine e le pieghe stropicciate dell'abito.
Scosse la testa, buffando e Crystal dal suo alito dedusse che doveva aver bevuto.
"Dove siamo?" chiese lei ancora troppo intontita dal sonno.
Il sorrisino divertito di Richard non la tranquillizzò affatto. "A Port Aven." le rispose, protendendo la mano verso l'uscita per invitarla ad uscire e ad assicurarsene con i suoi occhi.
Lo fece. Si alzò e con un'insolita agilità, sgusciò tra Richard e la porta, riuscendo a superarlo. Nella foga di uscire si dimenticò di alzare la gonna, che si strappò in alcuni punti.
Superò Alejandro, che borbottò qualcosa in spagnolo e salutò Jack con un entusiasmo fuori dalla norma. Alla fine, rallentò e salì la scricchiolante scala di legno con la speranza di riuscire a farsi notare da qualche suddito britannico, ma si dovette ricredere immediatamente.
Davanti a lei, non c'era un porto affollato da grida di marinai e urla di bambini. Non c'era l'onnipresente odore di pesce e nemmeno un raggio di sole ad accoglierla sul ponte del Poseidon.
Una grotta.
Erano in una gigantesca grotta, completa di aguzze stalattiti che scendevano dalla parte superiore come affilati denti di drago.
Il Poseidon era stato adagiato sul prolungamento di una spiaggia e i pirati avevano posizionato la passerella per scaricare le casse contenenti chissà che cosa.
Crystal si voltò, osservando la luce mattutina filtrare dall'entrata della cavità naturale. Se non fosse stata troppo sconvolta da quella scoperta, probabilmente avrebbe ammesso che quelle rocce, avvolte da muschi e coralli, possedevano una bellezza straordinaria.
All'esterno dell'uscita, la striscia di spiaggia proseguiva-probabilmente in uno spazio aperto- ma a lei non era dato saperlo.
Deglutì, più in un gesto automatico che per una vera necessità, e tornò a guardare la ciurma mentre si prodigava a liberare il veliero da oggetti superflui. Le casse venivano fatte rotolare fino all'apertura della grotta e giunte lì, caricate su un carro.
Crystal aveva sentito nitidamente il nitrito di un cavallo e si era domandata dove venisse portato quel bottino.
"Incredibile, vero?" la voce di Richard la raggiunse da qualche punto impreciso alle sue spalle. "È stato ciò che ho pensato, quando ho ammirato per la prima volta questo posto." si mise al suo fianco, in uno dei suoi pregiati completi di velluto.
Lei non replicò e si arricciò una ciocca di capelli con l'indice della mano sinistra.
"William non è così stupido da farsi vedere nel porto di una cittadina, nota per l'assidua frequentazione di inglesi." disse, sfiorandole impercettibilmente le dita.
A quel contatto lei rabbrividì, avvampando di imbarazzo, ma non cercò di allontanare a mano. Probabilmente, si disse, era proprio la reazione che Richard desiderava vedere.
"Non ho mai pensato che il capitano fosse... uno stupido." gli fece notare. Per i suoi gusti, in effetti, era fin troppo furbo e intelligente. William era uno scaltro calcolatore.
Richard rise di gusto portandosi una mano alla bocca per cercare di trattenersi e darsi un inutile contegno. "Perdonatemi!" esclamò, sventolandole un fazzoletto riccamente ornato, davanti al naso.
"Ancora mi sfugge il motivo per cui volete stare con William, signor Henstone." calcò l'accento sulle ultime parole.
"Venite con me." ribatté lui, offrendole il braccio. "Facciamo una passeggiata."
Crystal esitò. "Non credo sia appropriato." Lo sentì sospirare sconsolato.
"Vi do la mia parola d'onore che non vi accadrà nulla."
"E quanto onore si presume voi possediate, signore?" ironizzò, porgendogli la mano.
"Sicuramente..." affermò, fissando qualcosa in lontananza. "Più di quanto il nostro bel capitano può dichiarare di avere."

 

 

Come Crystal aveva ipotizzato, c'era un'ampia spiaggia all'esterno della grotta e dove quella finiva cominciava un lussureggiante prato verde, con piante esotiche e non che salivano su una collina. Cosa ci fosse oltre quell'ammasso di terra lei non lo sapeva, ma i carri con le casse del Poseidon si dirigevano costantemente verso quell'altura.
"Nessuno del posto si è mai accorto che un gruppo di pirati ha fatto di questo luogo il suo rifugio?" domandò bruscamente.
Per l'ennesima volta in quella giornata, Richard fu scosso da un attacco di ilarità. Si era tolto le scarpe ed i suoi piedi affondavano nella sabbia lambita dalle onde del mare.
"Dovreste fare come me." intervenne, indicandosi i piedi nudi. "Davvero." aggiunse vedendo il suo scetticismo.
"Come è possibile che nessuno sia mai venuto qui?" insistette lei sull'argomento.
"Dovreste chiedere a William, o Alejandro. Lui è più facile che si lasci sfuggire le cose." commentò, riferendosi allo spagnolo. Un'onda gli lambì le caviglie e Crystal si allontanò velocemente di un passo.
"Credete che possiamo rimanere qui fuori?" chiese, allora.
"Cara, vi sembro il tipo che segue le regole?" la beffeggiò, lisciandosi alcuni ricci che gli erano scivolati sugli occhi. Lei si fermò "Non quelle di William, comunque." si affrettò a puntualizzare.
Crystal andò a sedersi al fianco di una roccia e le sue mani affondarono voraci nella sabbia. Fino a quel momento non si era resa pienamente conto della nostalgia che era nata in lei per la terra ferma. Giocherellò con quei granelli candidi, dando forma a lettere e a disegni infantili.
Richard, invece, rimase in piedi con i talloni immersi nell'acqua e lo sguardo fisso sull'orizzonte. La brezza mattutina si divertiva a gonfiare i suoi indumenti e Crystal pensò che quando restava in silenzio la sua compagnia non era poi così sgradevole.
"Parlando del capitano..." mormorò Crystal, mordendosi il labbro inferiore. "Non ho potuto fare a meno di notare che non c'era nella grotta." dichiarò pensierosa.
"È così, infatti." chiarì Richard. "È stato il primo a scendere per poter portare Eylin da un dottore."
"Alla cittadina?"
Lui si voltò, inarcando leggermente i sopraccigli. "No, certo che no." le rispose contrariato.
Crystal gettò in aria un pugno di sabbia, cercando di mantenere il controllo. Che diritto aveva Richard di trattarla costantemente come una stupida, solo perché i suoi segreti e quelli di William le erano preclusi? Per non parlare dello stesso capitano!
Fece un respiro profondo, sperando solo che il medico riuscisse a fare qualcosa per Eylin. In quel momento la cosa più importante era la salute della ragazza. Eppure...
Perché, allora, la feriva l'idea che Eylin e William trascorressero altro tempo da soli?
Sì diede un leggero colpo alla testa, maledicendosi per il suo egoismo e per l'inappropriata origine di quel pensiero molesto.
Loro erano amanti, avevano il diritto di fare ciò che volevano. Non era compito suo, fare commenti sulla loro relazione.
"Siete distratta." osservò Richard, riportandola al presente.
"Sapete che mio padre deve aver chiesto la mia mano a vostro fratello James?"
Non seppe nemmeno lei perché aveva tirato fuori quell'argomento. Era una storia vecchia, ma voleva cambiare argomento e il nome Henstone le aveva richiamato alla mente quella vicenda.
"James?" le fece eco divertito. "Davvero?"
"Sì, ecco..." continuò incerta. "L'anno scorso. Mio padre desidera trovarmi un buon partito." disse, abbassando il tono di voce. "Mi avete fatto tornare in mente quell'episodio." concluse con un brusco cenno della mano.
Richard si piegò in avanti e le sue mani, cercarono qualcosa abbandonato nell'acqua. "Allora era destino." annunciò con un sorriso sornione. "Cosa ne pensate?" Teneva il palmo della mano aperta e sopra ad esso era adagiata una conchiglia dai riflessi ambrati.

 

 

La mano, piccola e fragile, era stretta a pugno, bagnata e pallida.
Le onde alle sue spalle si infrangevano sugli scogli e il vento si prendeva gioco dei suoi capelli.
Crystal sorrise e corse, senza più fiato, verso le braccia che si protendevano sicure verso di lei. Affondò la faccia ridente nel petto di Margaret e la balia cominciò a cantarle la sua canzoncina preferita, quella che le recitava ogni sera prima di lasciarla andare a dormire.
"L'ho trovata, Margaret! L'ho trovata!" esclamò, saltellando entusiasta. "Ne ho trovata una!"
"Oh, davvero signorina?" Margaret le sorrise, carezzandole dolcemente il capo. "Potrei regalargliela? A lei potrebbe piacere?" domandò titubante, tenendo il pugno ben chiuso.
Alle loro spalle i richiami dei suoi genitori si fecero insistenti. "Sono certa che le piacerà." assicurò la domestica, alzandosi in piedi e conducendola per mano dove i coniugi Shevington le stavano attendendo.
"Vuoi vederla, Margaret?" chiese saltellando su un piede solo. "Però non dovrai dirlo a papà!" la avvertì, occhieggiandola in malo modo.
La balia annuì seria e le sorrise incoraggiante, mentre il velo che aveva sulla testa minacciò di venirle strappato dalla corrente d'aria.
"Allora..." Crystal diede uno sguardo ai profili dei genitori in lontananza, ma che presto avrebbero raggiunto. "Allora, va bene." asserì schiudendo lentamente il pugno e rivelandone il contenuto.
Il riflesso violaceo della piccola conchiglia la catturò ancora una volta.
"Oh, signorina!" strillò Margaret, prendendola alla sprovvista. "Questa è una conchiglia speciale, ne sono certa!"
Perplessa, Crystal rigirò il suo bottino tra le dita e lo nascose lesta in una tasca dell'abito a fiori. "Questo sarà un nostro segreto, Margaret." le raccomandò seria. 


 

Crystal si portò una mano al petto e strizzò più volte gli occhi. Ansimò senza una precisa ragione e scagliò lontano da sé la conchiglia che Richard le aveva mostrato.
Indietreggiò, incurante dei sassi che le provocavano leggere lacerazioni alla pelle e si fermò solo quando l'erba prese il posto della sabbia.
"Crystal?" la chiamò lui titubante.
Non gli rispose, gli occhi concentrati su un immagine del passato che era stranamente familiare. Troppo familiare.
"Quella conchiglia..." biascicò, senza saper bene cosa dover dire. Si impose di calmarsi e scosse energicamente la testa.
Doveva esserci una spiegazione razionale, si disse. Quella conchiglia che lei aveva raccolto da bambina non poteva essere la stessa che ornava il ciondolo di William!
Balbettò parole senza senso e vide Richard chinarsi su di lei per scuoterla da quello stato in cui era caduta.
"Vi ha turbato? Le conchiglie vi legano ad eventi spiacevoli?"
Come avrebbe dovuto rispondergli, dato che nemmeno lei conosceva la risposta a quell'enigma?
Si alzò barcollando, strappandosi di dosso le scarpe e corse ad immergere i piedi nell'acqua. Esistevano tre possibilità, tre
spiegazioni, e tutte erano alquanto spiacevoli.

Uno: la sua mente aveva scambiato la vera conchiglia con quella di William perché quella era costantemente a portata di sguardo. In sostanza, il suo cervello avrebbe potuto modificare il ricordo con elementi fasulli.
Due: in natura esistono conchiglie molto simili tra loro. Quella doveva essere una semplice coincidenza.
Tre: era la stessa conchiglia.
Calciò in aria un gettito d'acqua, maledicendosi per aver scordato una parte della sua vita. Come aveva potuto dimenticare?
"Questo si che è un comportamento inappropriato!" esclamò Richard, prima di tuffarsi in mare. "Mi piace!" ammiccò nella sua
direzione, schizzandole dell'acqua sul viso.

A quel punto toccò a lei cercare di bagnarlo per pura ripicca. Stava tenendo un comportamento infantile, ne era consapevole, eppure insieme a Richard riusciva a liberare la mente da ricordi e pensieri che non avrebbe dovuto provare. ."

 

 

"Chi l'avrebbe detto." ansimò Richard, sdraiandosi sulla spiaggia. "Sapete come fare per divertirvi, ve lo concedo."
Crystal si sistemò al suo fianco, con le gote arrossate e una mano chiusa a pugno protesa verso il cielo.
"Che cosa significa, per William, l'emblema di un Drago dorato?"
Richard sobbalzò, ma tentò di mascherare quel movimento con un colpo di tosse.
"Vi prego, ditemelo." sussurrò stringendo le mani sull'abito bagnato.
Lui fece forza sui gomiti e si alzò di qualche centimetro da terra, guardandola negli occhi, quasi fosse alla ricerca di... qualcosa.
"Il Drago Dorato." la corresse. "È il nome con cui si fa chiamare l'uomo a cui il Poseidon sta dando la caccia." le rivelò,
stranamente in vena di confidenze.

"Ho trovato delle bandiere..." lo interruppe Crystal.
"Ah, ecco perché siete venuta a conoscenza di questa faccenda." si limitò a commentare. "Quelle bandiere sono state strappate dall'asta dei velieri che appartengono a questa persona." sputò quella parola quasi fosse stata un insulto.
"E perché il Poseidon gli sta dando la caccia?"
"Se quell'uomo vi avesse portato via tutto, se vi avesse strappato dall'affetto di una famiglia, se vi avesse rubato il nome..."
Il nome? Come si poteva rubare un nome?
"Che cosa fareste? Gli dareste la caccia o lo lascereste libero di distruggere altre vite?" il suo tono si fece amareggiato e Crystal sentì l'impulso di fare qualcosa per cercare di consolarlo.
"Gli darei la caccia." sussurrò, intuendo perfettamente dove voleva andare a finire, Richard.
"Esatto. Lo cerchereste giorno e notte, notte e giorno, senza sosta, pregando che qualcuna altro non lo uccida prima di voi!" stava urlando e Crystal arretrò spaventata di alcuni passi.
Dunque, il Poseidon, William, tutta la ciurma(?) stava dando la caccia a questo Drago Dorato? Cosa aveva fatto quell'uomo di così terribile a William? Era quello il grande segreto che tutti sembravano proteggere a bordo del veliero pirata?
"Ma io? Io cosa c'entro in tutta questa storia?" Era esasperata, furiosa, stanca e perfino quelle poche certezze che era sicura avere fino a qualche minuto prima stavano vacillando. Lei era inglese. Loro erano pirati. I pirati volevano una ricompensa.
Facile. Per quanto la situazione fosse altamente spiacevole, per lei, la cosa aveva senso. Era quello che facevano i pirati. Rapivano persone per venderle o chiedere un riscatto.
"Voi..." fece Richard, con i capelli che gli gocciolavano sul petto. "Voi non avete mai avuto dubbi sulle circostanze avvenute quella notte, la notte che William vi portò a bordo del Poseidon, dico bene?"
Lei scosse risoluta la testa.
"Allora, lasciate che ve lo dica." insistette, con una cupa espressione sul volto. "C'erano due navi quella notte. Due." specificò con una calma che la spaventò. "È altamente probabile che voi siate capitata nelle mani dei pirati buoni."
Avevano perso il loro Paradiso. 


 

 

 

 

Note: Scusate. Scusatemi davvero per il tempo che vi ho fatto attendere, ma tra esami, problemi personali e inizio università sono stata davvero impegnata. Non ho avuto crisi per la storia, perché questa è già completa nella mia mente. I passaggi che devo scrivere e la conclusione, mi è tutto ben noto, devo solo trovare il tempo per mettere tutto su Word.
Detto questo, sono piuttosto fiera del capitolo e spero che l'attesa sia stata un po' ripagata! Aspetto con ansia i vostri commenti in merito! :D
Il titolo non si riferisce al libro di Milton, ma proprio al Paradiso perduto di Will, Richard, e Crystal.
Un'ultima cosa, dovete assolutamente svelare questa mia curiosità! Voi per quale coppia tifate: William/Crystal o Richard/Crystal? Io ammetto di avere un debole per Richard, ma non con Crystal! Lo tengo per me! XD
Grazie per l'attenzione! :)
P.S: Alle vostre risposte risponderò in questi giorni!
P.P.S: Vi piace la nuova immagine di copertina?
By Cleo^.^

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Capitolo 16
*** Un labirinto senza uscita ***



Musica consigliata: Qui


15

Un labirinto senza uscita

 

 

William, scostò lentamente le tende dalla finestra e guardò le figure sottostanti scaricare le ultime casse che lui e i suoi uomini avevano sottratto a un veliero del Drago Dorato.
Alle sue spalle, avvertì il fruscio di alcuni passi e il rumore di una porta che si chiudeva. La mano si strinse attorno al tessuto scuro, nel vano tentativo di scacciare la rabbia che lo aveva accecato quando Crystal gli aveva mostrato quelle vecchie bandiere.
"Come sta, Alfred?" chiese, senza voltarsi, all'unica persona che, era certo, sarebbe sempre stato in grado di riconoscere senza necessariamente vedere.
"Il dottore le ha medicato la ferita e le ha dato qualcosa per abbassare la febbre, signorino Will."
Lui si ritrovò a sospirare e a voltare appena la testa nella sua direzione. Alfred ricambiò l'occhiata con la tipica espressione che mostrava solamente quando qualcosa sfuggiva alla sua comprensione. Il domestico, e unico membro di quella che poteva considerare la sua famiglia, era impeccabile nel suo completo scuro e camicia bianca. I corti capelli grigi, lisciati all'indietro sul capo erano diventati più chiari dall'ultima volta che William lo aveva visto, o forse, quella, era solo la sua opinione. Non aveva mai fatto particolare attenzione ai dettagli, non su quel genere di cose, era Richard l'osservatore attento.
Diede un'ultima occhiata al giardino, brulicante di fiori colorati e persone, poi si voltò verso il maggiordomo.
"Mi sembrate turbato, signorino." disse Alfred, sistemandosi meglio il paio di guanti lattei che era solito portare.
William sospirò nuovamente, lasciandosi scivolare sulla poltrona che si affacciava ad un camino spento. La cenere aveva leggermente scurito le figure di pietra che sembravano protendersi dagli estremi della conca verso la stanza, ma si poteva ancora cogliere l'immagine abbozzata di due leoni.
Sulla parete erano stati appesi alcuni quadri che raffiguravano paesaggi londinesi al chiaro di luna e alcuni girasoli essiccati donavano un profumo piacevole alla stanza. Anche cercandola, William era certo che non avrebbe scorto un solo filo di polvere in tutta la villa.
"Il vostro piano non ha avuto buon esito?" riprese, Alfred, vedendolo silenzioso.
William esitò. "No, tutto è andato come avevo progettato. Il Poseidon è riuscito a salvare la ragazza." spiegò. Distese le gambe in avanti, incrociandole all'altezza della caviglie.
Subito gli balenò in mente l'immagine di Crystal ed i suoi occhi carichi di disprezzo. Lo accusavano con la stessa struggente intensità delle onde del mare e come il mare avevano la facoltà di farlo sprofondare in un vortice di dubbio e inquietudine. L'aveva salvata, l'aveva aiutata e a volte si era ritrovato ad osservarla affascinato dal ponte del Poseidon, quando lei era troppo impegnata per poterlo scorgere.
C'erano state notti, in cui l'aveva persino sognata-lei e i suoi ribelli capelli castani- e altrettante sere che aveva passato immaginandosi come doveva essere stata la sua vita in Inghilterra. Si sarebbero mai potuti incontrare, se non fosse stato costretto a fuggire dalle circostanze?
Sorrise. Un sorriso amaro che aveva fin troppo il sapore del rimpianto. Aveva perso troppo e si accingeva verso la fine di in un viaggio che avrebbe chiesto ulteriori sacrifici. Non poteva permettersi di cadere in simili sentimentalismi, di lasciarsi andare ad impulsi e desideri che non solo avrebbero distrutto lui, ma la stessa Crystal.
Eppure...
Richard. Come poteva sopportare che lui potesse trascorrere tutto quel tempo in sua compagnia, mentre a lui era negato persino dirle la verità? No.
Scosse la testa. Crystal non poteva sapere la verità. Per lei era più sicuro continuare a credere di essere stata rapita da un gruppo di pirati, di essere un ostaggio, di essere stata scelta come vittima a causa di una ricca eredità familiare.
Sarebbe stato meglio se avesse continuato a vivere nell'ignoranza; un pugno di neve in una macchia di inchiostro.
L'aveva già messa sufficientemente in pericolo portandola con sé. Aveva segnato, macchiato, la sua esistenza più di quanto...
Per Dio! L'aveva costretta ad abbandonare un uomo, a lasciarlo affogare! Ma era stato lui... Era per lui, che ora le mani di Crystal grondavano sangue, per lui.
Lei si era dimostrata più forte di quanto aveva sperato. Era riuscita a superare quelle prove, era viva. Viva e... lo disprezzava. Lo odiava e William non riusciva a fargliene una colpa.
Sarebbe stato difficile, dopotutto, incolpare qualcuno per un colpa che lui stesso sentiva di aver commesso. Odiarsi, e non poter fare a meno di cercare nel riflesso dello specchio, il vero sé, la metà smarrita in un passato incancellabile.
Come aveva potuto perdersi nel labirinto che lui stesso aveva costruito, con pareti sempre più alte e rovi sempre più fitti, era un enigma a cui non riusciva darsi risposta.
"Signorino, Will." lo chiamò Alfred, alzando il tono di voce. "Non vi sentite bene?"
"Sto bene, Alfred. Sto bene." Il domestico si massaggiò il naso per nulla convinto. Alfred
aveva occhi scuri, una mandibola pronunciata e l'accenno di una barba non fatta. L'aveva colto alla sprovvista con quel rientro non programmato, ma si era rivelato-come sempre- propenso ad aiutarlo.

Si alzò, incurante delle traccie di terra che i suoi stivali avevano lasciato sul tappeto e sul lucido pavimento color panna. Superò Alfred con passo affrettato, il quale si era affiancato alla riproduzione di una colonna greca, e tirò a sé con un movimento brusco il pomello dorato della porta.
Per l'ennesima volta si stupì di trovare un corridoio sconosciuto, non quello della casa in cui aveva passato l'infanzia. Distolse gli occhi dall'immagine che rimandava uno specchio e drizzando le spalle si diresse nella biblioteca.

 

 

Tremava. Per quanto si sforzasse di fermare quel tremito, che gli percuoteva braccia e gambe, il risultato era inutile. Continuava a tremare... ed aveva così tanto paura, per quello che era successo e per quello che aveva fatto, che non aveva trovato né la forza, né il coraggio, per piangere.
Zoppicava e tremava, mentre la pioggia lo bagnava, quasi a volerlo pulire dai suoi peccati. Ma
esisteva un Dio in grado di poter perdonargli
quel peccato?

Sapeva, ma solo vagamente, come se si trovasse in un sogno-o in quel caso un incubo- che aveva superato il porto e il cantile edile, eppure, non era in grado di trovare la via di casa.
Non ricordava, o forse, non voleva ricordare.
Come fosse riuscito ad attraversare incolume i vicoli di Londra e a scorgere la villa degli Henstone, William non lo sapeva e nemmeno gli importava.
Doveva... Cosa doveva fare? Come doveva comportarsi? Cosa...?
La pioggia continuava a cadere, mentre lui si lasciava scivolare in ginocchio in una pozza di fango.
Macchiato. Peccatore. Assassino.
Parole che continuavano a rimbalzargli alla mente, rammentandogli il suo crimine. Sarebbe stato da ipocriti giustificarsi dicendo che erano stati quegli uomini a volerlo uccidere, liberandosi dell'ultimo erede-vivo-della sua famiglia. Sarebbe stato falso, ammettere che scoprire che quelli individui, correlati alla scomparsa dei suoi genitori, non lo avessero turbato, al punto che aveva accolto la loro morte quasi con sollievo. Era altresì vero, però, che lui non aveva mai programmato di ucciderli. E, d'altra parte, chi avrebbe creduto possibile che un ragazzino di quattordici anni riuscisse a gettare in mare un uomo grosso il doppio di lui e a ferirne gravemente un altro.
Nessuno. Era stata questione di fortuna ed aveva aiutato anche il fatto che i due fossero ubriachi.

 

Si era rialzato da terra, quando il sole aveva cominciato ad albeggiare. Fradicio e febbricitante aveva mosso i primi passi traballanti verso l'entrata della villa e inciampando era caduto dritto tra le braccia di Fabian Henstone che lo aveva afferrato al volo.
"William?" in principio la voce di Fabian gli era parsa esitante. Subito dopo la stretta su di lui si era rafforzata e il suo nome era stato invocato con maggior enfasi.
"William! Cosa è successo?" l'uomo l'aveva preso in braccio, scortandolo in casa. "Buon Dio, che ti è accaduto?"
Fabian stava impartendo secchi e precisi ordini ai domestici, ma lui era troppo stanco per riuscire a capire cosa stesse dicendo. Tossì, rendendosi conto che non aveva smesso di tremare, complice una febbre che gli impediva di essere lucido.
Strinse i denti, aggrappandosi a Fabian con tutte le forze che gli rimanevano. Quando il commerciante tentò di darlo in consegna a un domestico, si mise a strillare con una voce così acuta e stridente da riuscire a convincere l'uomo a desistere da quel proposito.
"Qualcuno vada a chiamare Alfred!" tuonò Fabian, con il tono autoritario che solo raramente adottava in casa. "Chiamatemi Alfred!" ripeté sovrastando le chiacchiere e i bisbigli malevoli della servitù.
William girò la testa, la vista sfuocata. "Zio..." ansimò, protendendo le braccia in avanti. "Zio." la sua voce era poco più di un sussurro.
"Stai bruciando, William."
Lui non gli aveva mai sentito pronunciare delle parole con una tale ondata di angoscia. Stava morendo? Forse se lo meritava. Forse se fosse morto avrebbe potuto ricongiungersi ai suoi cari. Forse...
Suono di passi. "Dove diavolo è finito il dottore?" sbraitò Fabian.
Erano nel soggiorno, affacciati su guizzante fiamme scarlatte. Appoggiato a Fabian, un servitore-Alfred?- lo stava aiutando a liberarsi dagli indumenti bagnati.
Le mani premurose dello zio cercarono il suo volto, allontanando i capelli incrostati di fango, pioggia, e...
Rabbrividì. Non voleva pensare a quella parola, non voleva ricordare, non... Spalancò la bocca per urlare, ma gli uscì solo un profondo singhiozzo. Fabian cercò i suoi occhi e le dita si soffermarono in un punto poco sopra la fronte.
William gemette e cercò di allungare le mani per liberarsi da quelle dello zio. Non voleva che scoprisse cosa aveva fatto, non voleva dover dire addio anche a quella famiglia. Voleva restare lì. Poteva rimanere lì?
"Portatemi quel maledettissimo dottore!" sibilò Fabian, gettando a terra un vaso che si trovava sul tavolo al loro fianco. I cocci si sparsero su tutto il pavimento e con la poca lucidità che gli rimaneva, William intuì che quello era l'oggetto che apparteneva ad una preziosissima collezione di arte orientale, a cui a lui e Richard era proibito avvicinarsi. "Non mi importa cosa sta facendo al momento! Trovatelo! Con quello che lo pago dovrebbe fiondarsi in questa casa ogni volta che lo faccio chiamare!"
Spaventato, si raggomitolò sul pavimento, mentre un rivolo di sangue-suo o dell'uomo che aveva ferito?- finì con il macchiare irrimediabilmente il tappeto persiano.
"Sta sanguinando, ma la ferita non è profonda." Alfred, aveva un timbro di voce inconfondibile. "Signorino, Will?"
Lui annaspò, tossendo-o forse vomitando- quella che credette la sua anima.
Faceva troppo caldo.
Bruciava, bruciava, bruciava... Poteva una persona bruciare? Un peccatore, si disse, forse sì. Erano le fiamme dell'Inferno quelle che avvertiva su di sé, o quelle di un semplice caminetto?
...Faceva male...
"Portate dei vestiti asciutti! Santo cielo, devo dirvi tutto?" gridò Fabian, spingendo via in malo
modo alcune cameriere.

"Z-Zi... zio." balbettò, gattonando come un animale nella sua direzione. Fabian si fiondò su di lui, obbligandolo a distendersi nuovamente accanto alle fiamme-le fiamme da cui lui voleva fuggire.
"Sono qui, William. Sono qui." tentò di rassicurarlo.
...Rumore di passi.
"Ti avevo detto di restare in camera tua, Richard!"
Richard? Richard era lì? Provò ad aprire gli occhi, incrociando l'espressione sconvolta dell'amico.
...Uno schiaffo ed un singhiozzo trattenuto a fatica. "Zio?" domandò titubante.
Vide Richard sgranare gli occhi per la sorpresa.
"William?" Il buio avvolse ogni cosa, ma non riuscì a soffocare il ricordo di quanto era accaduto.

 

 

Stava fissando quella busta sigillata da quasi mezz'ora, quando Alfred lo raggiunse con un vassoio e un pasto frugale. Appoggiò il piatto di fine porcellana bianca e fece qualche passo all'indietro per non invadere i suoi spazi.
"Dovreste accettare l'invito." gli suggerì con garbo.
William alzò lo sguardo dalla lettera e osservò il volto imperturbabile del fidato domestico. Incrociò le mani tra loro e vi appoggiò sopra il mento con fare svogliato.
"Se non erro, rammento che la gente del luogo mi crede un povero moribondo che necessita di un costante bisogno di cure. Un disgraziato, ricco e viziato, rampollo inglese che gode di pessima salute. "
Alfred accennò ad un lieve sorriso, ma con un colpo di tosse simulato si affrettò a ridarsi un contegno. "Sì, signorino." si lisciò distrattamente la camicia. "Tuttavia, la gente inizia a parlare di voi con una certa malizia. È trascorso molto tempo da quando avete preso parte ad un ricevimento mondano." si fermò, irrigidendo la mascella. "Perdonate." sussurrò chinando il capo. "Non volevo insinuare che..."
"Alfred." lo chiamò sospirando. "Sai bene che non mi offendi se esprimi la tua opinione. Rimani solo tu della mia famiglia..."
Il maggiordomo tossicchiò nervoso. "Oh, signorino! Voi sapete sempre come fare per prendere in giro un povero vecchio."
"Lusingare." lo corresse divertito, suggerendogli con un'occhiata di non replicare a quella affermazione. "E poi, Alfred, non sei vecchio. Quanti anni hai? Cinquanta, forse?"
Alfred scosse il capo sconsolato, ricordandogli come quel gesto fosse stato piuttosto usuale nelle sua infanzia. "Signorino Will!" esclamò con finto rimprovero. "Presto raggiungerò i sessant'anni." lo informò.
Senza volerlo si irrigidì sulla sedia, finendo con lo stropicciare la lettera che aveva ripreso in mano. Suo padre era morto il giorno in cui avrebbe dovuto festeggiare con la moglie il compleanno, ma era stata un'altra la festa a cui entrambi avevano partecipato: un funerale.
Notando il suo sguardo adombrarsi, Alfred si affrettò a scusarsi. "Vado ad occuparmi di quella faccenda che avete richiesto." si congedò a quel modo, lasciandolo nuovamente con i fantasmi del suo passato. 
 

***

 

Crystal spalancò la bocca per replicare, ma le parole le morirono in gola. Cosa stava insinuando Richard? Due navi? Pirati buoni? Avrebbe voluto ridergli in faccia ma si diede un contegno.
"State delirando." agitò in aria la mano, liquidando a quel modo la conversazione.
"Oh, no mia cara." la schernì, palesemente divertito dalla situazione. "Temo che tutta questa fastidiosa vicenda, sia assurdamente vera."Crystal si domandò se Richard si rendesse conto dei suoi strani sbalzi di umore. La
cosa, a lungo andare, stava diventando preoccupante.

"Non riesco a capire cosa vorreste che io comprenda da ciò. Anche ipotizzando ci fossero state due imbarcazioni, quella sera..." venne interrotta.
"Oltre al Poseidon e la Black Rose." ci tenne a precisare Richard.
Lei sospirò. "Certo." lo assecondò turbata. "La terza nave fantasma..."
"Eravate troppo sorpresa quella notte, per riuscire a cogliere determinati dettagli. Siete fuggita, in preda a urla, sangue e fiamme... La vostra mente era concentrata su questioni
più pratiche, piuttosto che sull'osservare il paesaggio." cercò di fare dell'ironia sulla
questione, ma lei non ricambiò l'espressione di falsa tranquillità che le stava mostrando.

Si ritrovò a ripercorrere mentalmente quella sera, ma i ricordi erano sfuocati e frammentari. Si era svolto tutto troppo velocemente.
"Quello che sto cercando di dirvi..." si schiarì la gola.
Con le mani immerse nell'erba, Crystal ne strappò qualche ciuffo, macchiandosi l'abito. Non che avesse importanza. Sembrava che da quando era cominciata quella bizzarra
avventura, tutti i suoi vestiti fossero destinati all'autodistruzione.

Le onde del mare si infransero sulla sabbia e un piccolo granchio, si affrettò a tornare nell'acqua.
"...Drago Dorato." concluse Richard con aria soddisfatta.
Crystal alzò lo sguardo, perplessa. "Come avete detto?" si era distratta e inevitabilmente aveva perso il discorso di Richard. Per una tale disattenzione sua madre avrebbe trovato il modo di punirla, magari, impedendole di suonare il pianoforte per una settimana. Oppure, ipotizzò, l'avrebbe tenuta lontana da Tom per qualche giorno.
Richard si alzò in piedi, facendo roteare gli occhi al cielo. Era evidente che la cosa lo aveva infastidito. Probabilmente, rifletté lei, era abituato ad avere tutta l'attenzione della gente su di lui, e il motivo non era difficile da intuire. Di bell'aspetto, ricco e affascinante, a Londra, metà dei membri della nobiltà dovevano essere ai suoi piedi. Per l'ennesima volta, si domandò perché Richard avesse voluto seguire William in quella complicata vicenda.
"La terza nave." ripeté lui, arcigno. "L'imbarcazione fantasma, come l'avete affettuosamente soprannominata..." riprese il discorso. "È di proprietà del Drago Dorato."
A quel punto, Crystal, tossì presa alla sprovvista. Si rizzò a sedere, ringraziando di essere a terra, anziché a bordo del Poseidon. "Volete dirmi..." incespicò nelle sue stesse parole, non sapendo bene come dover formulare la frase. "La Black Rose da quale nave è stata attaccata?" lo disse tutto d'un fiato, sapendo che non sarebbe riuscita a chiederglielo una seconda volta.
Gli angoli delle labbra di Richard si incurvarono leggermente verso il basso. Sembrava dispiaciuto per qualcosa e infuriato per altro. Contrasse la mascella in un gesto che le ricordò, vagamente, l'espressione contrariata di suo padre.
Dalla sua espressione comprese che qualunque fosse stata la risposta non le sarebbe piaciuta conoscerla.
"Come voi stessa avete detto, da un veliero fantasma: il Phantom."
...Phantom.
Crystal si portò, stordita, una mano alla testa. Il capogiro le passò velocemente, ma non l'inquietudine che strisciò nel suo animo.
"Perché avrebbe dovuto attaccare la Black Rose?" domandò. "E perché dovrei fidarmi della vostra parola?"
"Fiducia... Sì, capisco la vostra riluttanza." fece una pausa. "Fate bene a non fidarvi. Ho imparato a mie spese che non bisogna cederla troppo facilmente."
"Vi riferite a William?" aveva parlato di impulso, vedendo però che Richard si era irrigidito nel sentir nominare quel nome.
"È esatto, contessina Shevington." tagliò corto. " Dunque, cosa stavamo dicendo?" era evidente il suo desiderio di cambiare discorso, ma lei non glielo avrebbe concesso tanto
facilmente.

"Cosa è accaduto tra di voi?"
"Nulla che vi può interessare."
"Questo dovrei deciderlo da me." affermò sicura, alzando il mento. Possibile che tra loro due, scorresse tanta amarezza?
"Lasciatemi finire di parlare di quella notte, volete?" era evidente che non si aspettava alcuna risposta e Crystal gli fece segno di proseguire. Richard ghignò soddisfatto e riprese il discorso che avevano interrotto. "Dicevamo, perché attaccare la Black Rose?"
Crystal alzò le spalle in un gesto impaziente. "Cercavano qualcosa." propose. "Monete e gioielli?" tentò.
"O qualcuno." la interruppe Richard, prendendo a camminare in cerchio.
"A bordo non c'era nessuno che..." si portò una mano a coprire la bocca, improvvisamente consapevole di ciò che stava per dire. "Oh." sussurrò. "Oh, voi... Volete dire che..." si bloccò nuovamente, avvertendo i battiti del cuore impazziti. "No." scosse la testa. "Come avrebbero potuto sapere chi c'era a bordo?" le tremavano le mani e si affrettò a nasconderle dietro la schiena.
"E William? Anche lui sapeva chi eravate quando vi ha salvato: Contessina Crystal Mary Shevington." Lei sobbalzò, mordicchiandosi il labbro inferiore.
"Ditemelo, Richard." mugolò, con una voce così lamentosa che stentò quasi a riconoscerla.
"Vi stavano aspettando, Crystal." dichiarò, cercando di prenderle la mano.
"Non capisco." mormorò lei, arrendevole. Le labbra di Richard le sfiorarono la pelle e Crystal si lasciò condurre docilmente fino al limite della spiaggia.
"Mi dispiace." le sussurrò all'orecchio, prima di fare un lungo sospiro. Non riuscì a chiedergli perché si stesse scusando, non ne aveva la forza. "Siete in pericolo. Vi stanno dando la caccia."
 

 

Darle la caccia? Richard si stava prendendo gioco di lei? Scioccata balbettò qualcosa, ma nemmeno lei capì quello che disse. Con uno strattone si liberò dalla stretta di Richard e a passo veloce cercò di ripercorrere la strada che l'aveva allontanata dal Poseidon. Sul cammino incontrò un paio di pirati che aveva già visto a bordo e che la salutarono con un mesto sorriso.
Ignorò i richiami di Richard e quando fece per voltarsi il suo sguardo ricadde sulla figura a cavallo che stava scendendo la collina.
... William, in tenuta da cavallerizzo. Indossava degli stivali in pelle chiara, con risvolto, che gli arrivavano ai ginocchi e un elegante completo marrone scuro che metteva in risalto i ricami verde-foglia. L'animale, dal manto nero, nitrì e si fermò slittando a pochi metri da lei.
Crystal cercò Richard con lo sguardo, ma si accorse che sembrava essere sparito nel nulla. Sbuffò esasperata mentre William la raggiungeva conducendo il cavallo a mano.
"Cosa avete fatto?" il suo tono era stranamente premuroso.
Lei lo guardò dubbiosa, cercando di mascherare il nervosismo che la colpiva ogni volta che era in sua presenza. "Cosa volete dire?"
Lo vide alzare la mano in un gesto repentino e temendo che potesse colpirla lei chiuse gli occhi, voltando il capo a sinistra. Tuttavia, lo schiaffo non arrivò e le dita di William sfiorarono gentilmente i suoi capelli, allontanando qualcosa che poi le mostrò aprendo il palmo.
Erano ciuffi d'erba, probabilmente la stessa che lei aveva strappato. Impacciata, non seppe cosa dire e lo sguardo del pirata si adombrò. Si domandò se si fosse offeso per la reazione che aveva avuto, quando aveva creduto che volesse ferirla. Di certo, a lui non era sfuggito il modo con cui lei si era ritirata al suo tocco.
"Il vestito è rovinato." commentò in modo piuttosto pacato. Era infastidito che i suoi soldi fossero stati spesi così inutilmente? Eppure, non sembrava adirato o turbato dalla cosa.
Il cavallo pestò con fare nervoso la sabbia, lasciando alcuni solchi sulla spiaggia. Prima di rendersene conto, Crystal aveva allungato il braccio verso il collo dell'animale sfiorandogli timorosa la criniera. Con la coda dell'occhio, vide che William la stava osservando con attenzione e non poté evitare di arrossire.
"È-È molto... bello." farfugliò imbarazzata.
Il pirata annuì, ma sembrava distratto. Crystal lo trovò quasi... arrendevole.
"Volete salire?" Lei inclinò la testa di lato, guardando dubbiosa prima lui e poi il cavallo. "Dove l'avete preso?" replicò.
"Dovete sempre sapere ogni cosa? Possibile che non sappiate godervi l'attimo senza dover aprir bocca?" lo disse in tono irritato, sistemando meglio la sella di cuoio.
Crystal lo guardò scioccata, colpita nel profondo. Chissà perché, si era illusa che per una volta William volesse fare qualcosa di carino.
Amareggiata gli diede le spalle e riprese a camminare verso la grotta. Rimanendo con Richard non si era resa conto di essersi spinta così lontana.
"Aspettate!" tuonò la voce di William, che era rimontato a cavallo e, ora, la affiancava. Lei strinse i pugni, combattuta tra la voglia di guardare il suo volto e quella di lasciarlo a marcire nel suo brodo. Lo sentì fare un profondo respiro e sussurrare un "Mi dispiace" soffocato. Fu così sconvolta da quelle parole che si fermò di botto.
"Vi state scusando? Con me?" aveva alzato la voce, talmente incredula che cercò i suoi occhi per ottenere una conferma. Fece schioccare la lingua sul palato, e presa all'improvviso da un'ondata di rabbia, sibilò: "Richard dice che mi avete salvato la vita, rapendomi dalla Black Rose."
William tirò bruscamente le redini del cavallo che colto alla sprovvista dal movimento del padrone si alzò, ergendosi sulle zampe posteriori, minacciando di far cadere il pirata. Lei fece rapida dei passi all'indietro, per evitare di finire travolta dall'animale.
Tuttavia, William prese nuovamente il controllo e diede delle leggere pacche affettuose allo stallone.
"Richard non sa mai quando è tempo di tenere la bocca chiusa." disse lui, serrando la mascella. "Se..." non concluse la frase, e rimase immobile contemplando qualcosa che a lei era preclusa. In un certo senso, però, Crystal notò che William era quasi grato del fatto che Richard avesse parlato.
"È vero?" voleva, doveva, essere sicura.
"Avete paura di me?" controbatté lui, con un urgenza che la lasciò quasi senza fiato.
Crystal si prese il suo tempo per rispondere. Che razza di domanda era? E perché aveva cambiato argomento così bruscamente?
Da quando l'aveva portata con sé sul Poseidon non aveva fatto altro che trattarla con sufficienza, avvilendola in continuazione. L'aveva derisa della sua vita in Inghilterra, dei
suoi ideali, e l'aveva scaraventata in una realtà sanguinaria e all'insegna del pericolo. Per causa sua aveva ucciso un uomo, salvato un ragazzino smarrito ed incontrato Eylin, Alejandro e Richard. William stesso, l'aveva aiutata e salvata così tante volte che aveva perso il conto di...

La sua mente stava divagando. Aveva paura? Di William? Lui le aveva mai fatto qualcosa per cui dovesse avere timore?
"Perché lo domandate?" obiettò lei, cercando il modo di sviare il discorso.
"Rispondetemi." la invitò a proseguire, mentre il cavallo scuoteva la testa avanti e indietro.
Il labbro inferiore ebbe un tremito e ancora una volta lei gli diede le spalle, per impedirgli di vedere il suo turbamento. Se qualcuno le avesse chiesto se si fidasse di William la risposta sarebbe stato un no, secco e preciso, ma non era quella la domanda. Il capitano nascondeva troppi segreti e lei-che sembrava proprio uno di quelli- non riusciva a sopportarlo. L'atmosfera che avvolgeva William e il Poseidon era così densa di sentimenti contrastanti che lei stessa ne era caduta vittima. Non poteva negare di provare una sorta di attrazione morbosa per tutti quei misteri, ma al tempo stessa ne era terrorizzata. Ciò nonostante non era William la persona di cui aveva paura.
...No, se fosse stato tanto semplice sarebbe riuscita ad accettare meglio l'intera situazione invece, suo malgrado, si ritrovava ad aver sviluppato una sorta di sentimento d'affetto per le vicende dell'intera ciurma. La parte razionale del suo cervello le diceva che era una pazzia, contemplare una simile ipotesi, l'altra le suggeriva di dar retta al suo istinto e di lasciare che le cose proseguissero come avevano fatto fin ora.
Lasciare che il destino facesse il suo corso... Godersi l'attimo, come suggeriva William. Una pazzia, e forse pazza lo stava diventando davvero.
Aveva paura di se stessa, dei sentimenti che provava e di ciò che era diventata: un'assassina. Il pensiero del padre di Jack, (si era adeguata perfettamente al nuovo nome che Alejandro aveva fornito a Jake) la tormentava a momenti alterni, quando la sua mente era libera di galoppare senza alcun freno che potesse fermarla.
Per non parlare del chiodo fisso che aveva di William.
Schiuse le labbra, con la gola che le bruciava, quasi non avesse bevuto da giorni. Cercò di assumere un tono sbarazzino, quasi ironico, per mascherare i suoi veri sentimenti, ma la voce si incrinò pericolosamente, rendendola vulnerabile a una possibile replica tagliente del capitano.
"Non è di voi che ho paura." mormorò.
Il cavallo nitrì. "Di cosa allora?" insistette William.
Ma Crystal non rispose e prima che lui si avvicinasse nuovamente, raccolse le gonne e scappò verso la grotta che era diventata il riparo del Poseidon. 
 

***

 

Alfred era in giardino, impegnato nello scortare il dottore al calesse, quando una voce familiare lo costrinse a voltarsi verso la siepe che occupava il lato ovest della tenuta. Ebbe un attimo di esitazione mentre i suoi occhi cercavano di mettere a fuoco il nuovo arrivato. La vista era peggiorata sensibilmente in quell'ultimo mese, ma era stato abile nel mascherare a William quella debolezza.
"Signorino Richard!" esclamò, congedandosi frettolosamente dal medico. Per poco non inciampò in una radice.
"Alfred, ti trovo in ottima forma!" dichiarò l'ultimogenito della famiglia Henstone, abbracciandolo con fare impacciato. Alfred si limitò a stringergli la mano e ad invitarlo in casa per del tè.
"Anche voi, signorino. William dice che avete stretto un insolito legame con la sua... ospite." disse, soppesando ogni parola.
Lo vide inarcare il sopracciglio destro, prima che si piegasse su se stesso e scoppiasse in una risata roca e stridula. Sbatté una mano sul tavolo, incapace di porre freno a quell'attacco di isteria.
"Voi due parlate di me?" chiese, trovando la cosa particolarmente divertente.
"Deduco che non siate ancora riuscito a perdonare il signorino William." commentò il maggiordomo, sedutosi di fronte a Richard. Alfred si assicurò di non aggiungere altro sull'argomento. Era una questione troppo delicata e preferiva non essere tirato in mezzo dai due. La cosa, tuttavia, lo intristiva. Aveva visto crescere entrambi, li aveva vegliati nelle notti più buie, e sapere dell'ostilità che si era sviluppata tra loro lo metteva a disagio. Dopotutto, ciò che era accaduto non poteva essere imputato a William.
"Lui è qui?" domandò, guardandosi cautamente intorno.
"Non lo avete incrociato per pochi minuti." gli riferì, assaporando il suo tè.
"Meglio così." sentenziò, poggiando la sua tazza sul piattino. "La casa è deserta." disse, contrariato all'idea.
"Giovedì pomeriggio è il giorno libero del personale." spiegò. Erano osservazioni sterili, notò Alfred. Gli sembrava di tenere una conversazione con un qualsiasi sconosciuto. "Avete fatto crescere i capelli." tentò, con un commento che sapeva a Richard sarebbe interessato.
Lui si sfiorò la punta di un ricciolo con fare quasi distaccato, come se si accorgesse della cosa per la prima volta. Alfred, invece, strizzò gli occhi. Era inusuale quel comportamento da parte di Richard. Appariva distratto da altri problemi e doveva essere grave se lo faceva trascurare il suo aspetto fisico.
"Davvero? Io non... non ci ho fatto caso." sembrava stupito delle sue stesse parole. Quel fatto turbò ulteriormente Alfred, che si alzò per spostare una tenda che oscurava la stanza.
"Siete stanco." annunciò con fare paterno. "Dovreste tornare a Londra. L'aria di città vi tirerebbe su di morale." Non gli disse che sospettava che la vicinanza di William fosse un veleno, e allo stesso tempo un antidoto, per entrambi. In ogni caso, erano sufficientemente cresciuti per tenere a bada l'astio che aveva distrutto la loro amicizia. "Mi è giunta notizia che vostra sorella Elizabeth si sia fidanzata."
Quella novità sembrò riscuotere Richard dai suoi pensieri. "Elizabeth si è fidanzata?" gridò incredulo, balzando in piedi e facendo precipitare la sedia all'indietro. "Quando?Con chi?"
Alfred sospirò, pregandolo di tornare a sedersi. Sapeva perfettamente del profondo legame che univa Richard alla sorella e la sua reazione non lo colpì più di tanto. Così, si decise a riferirgli quanto aveva appreso.
"Ma è terribile!" sibilò Richard alla fine, apparendo più esausto di quando era entrato alla villa. "E io non ne sapevo niente!" si afflosciò sulla sedia, con un sorrisino ebete dipinto in faccia. "Questa cos'è?" disse, afferrando una busta indirizzata a William. La aprì, leggendo rapido il contenuto della lettera. "E pensa di andarci?" chiese, aspettandosi una risposta.
Alfred si limitò ad annuire.
"Interessante." commentò Richard, massaggiandosi pensieroso il mento. "Credo che gli farò una piccola sorpresa." concluse, balzando in piedi e salutandolo frettolosamente con un gesto del capo.
Il maggiordomo attese che se ne andasse prima di finire la sua bevanda. Si riempì un bicchiere con dell'acqua e vi lasciò sciogliere la polverina bianca che il medico gli aveva consigliato di prendere nei momenti in cui il dolore alla testa diventava insopportabile. Lo levò in aria e prima di ripensarci ingoiò il contenuto amaro.
"Alla salute." bisbigliò, pregando che Richard non compisse alcuna pazzia. Speranza, che sfortunatamente, sapeva essere vana.

 

 

 

 

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Note: E eccomi, qui! :D Stranamente rapida XD Spero abbiate gradito la sorpresa! ;)
Finalmente si iniziano a vedere i primi raggi di luce(?) sul passato di William e i segreti che ruotano attorno al Poseidon!
LOL, se qualcuno si chiedesse la scelta del nome Alfred per il maggiordomo, la risposta è semplice: Ho sempre avuto un debole per Batman ù_ù
La musica per chi interessasse è stata usata come colonna sonora nell'anime FullMetal Alchemist. L'ho sempre adorata! *__*
Piccola nota: non credo che il prossimo aggiornamento sarà così rapido, mi spiace.
Grazie per tutte le persone che continuano ad appoggiarmi con la storia, i vostri commenti sono graditissimi in questo periodo-per me un po' infelice! :D
Ovviamente i ringraziamenti sono estesi a tutti i lettori-seguiti-preferiti-ricordate! :)
By Cleo^.^

Storie in corso:
Romatico

Pirates-L'ombra del tradimento

Angeli&Demoni

Contratto di Sangue-La Guerra Celeste

Storie concluse:
Vampiri

Contratto di sangue-L'ombra del principio 

 

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Capitolo 17
*** Avviso ***


 


 

Non esiste un modo semplice o carino per dire questa cosa, per cui lo dico: sospendo momentaneamente Pirates-L'ombra del tradimento.
Avrete notato che non aggiorno da circa tre mesi e dato che ho ricevuto delle domande in merito, volevo chiarire questa questione.
La mia è stata una decisione necessaria perché l'ultimo periodo della mia vita è stato particolarmente incasinato e non ho il tempo di dedicare alla storia le attenzioni che merita.
Con questo non dico che la abbandonerò, anzi! Probabilmente la riprenderò verso marzo-aprile, periodo in cui spero di avere già pronto qualche capitolo per non farvi attendere troppo.
Per il momento mi dedicherò ad altre due mie storie in corso, che per diversi motivi sono più semplici di Pirates da portare avanti, in quanto non contengono una serie di piccolissimi dettagli che rendono questa storia più complessa da affrontare.
Vorrei quindi sottolineare che la mia non è mancanza di ispirazione o altro, ma semplice mancanza di tempo! ):


 
Nota importante: Frequento EFP da quattro anni e quindi sono stata testimone di diversi caso di plagio-ispirazione non creditata o non autorizzata. Voglio solo dire che ho notato qualche utente-non so se in modo volontario o meno- trarre un po' di spunto da questa storia in particolare e la cosa come immaginate non mi ha fatto piacere.
Sono vaga per il semplice fatto che almeno per il momento voglio limitarmi a tenere d'occhio determinate situazioni e segnalarle a chi di dovere se necessario. In passato mi è già capitato di dover contattare l'amministrazione, quindi sappiate che lo farò se inevitabile.

 

In ogni caso vi ricordo che se volete farmi domande o semplicemente conoscermi meglio mi potete trovare su:


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