Amici... e chi l'avrebbe mai detto!

di Kagome_86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Serpeverde ***
Capitolo 2: *** Quidditch ***
Capitolo 3: *** Educazione ***
Capitolo 4: *** Litigi ***
Capitolo 5: *** Segreti -mezzi- svelati ***
Capitolo 6: *** Niente più omissioni ***
Capitolo 7: *** Un Natale pieno di sorprese ***
Capitolo 8: *** Pregiudizi e giudizi ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Serpeverde ***


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Due noticine proprio due, prima di lasciarvi alla storia. E' tutta l'estate che vi annoio con la mia versione di Rose e Scorpius... beh, i miei Rose e Scorpius prendono origine da qui. Questo è forse il progetto più lungo con cui mi stia misurando, dato che vorrei raccontare di come si sono evoluti i rapporti per la NG, la mia NG.
Il punto di vista principale, che userò più o meno per tutta la narrazione - e giuro che per me è una tortura - sarà quello di Albus Severus Potter, con alcuni brevissimi passaggi su Scorpius Malfoy.

Qui troverete l'origine del soprannome del peluche che avete già conosciuto in "Pius", e anche il momento in cui Rose ha visto per la prima volta Scorpius torturare un prato, abitudine che gli attribuisce in "Cicale". Verrà il momento in cui scoprirete anche l'origine de "Il primo bacio", non temete.
Le prime due storie che ho citato hanno partecipato a dei contest: Pius si è classificata seconda al "Rose/Scorpius: flash contest" indetto da Zuzallove, mentre Cicale si è classificata prima per la sezione Harry Potter al contest "One shot per l'estate" indetto da EFP.

Se non le conoscete ancora, spero che alla fine di questo capitolo vi verrà voglia di curiosare nel mio account.

Ancora una cosa, prima di lasciarvi alla lettura: spero che amiate questi personaggi come li sto amando io mentre li racconto.

Ed ora, buona lettura. Se doveste essere soddisfatti, alla fine, mi bastano due parole per saperlo. Con due paroline mi fareste davvero felice.

***

Capitolo 1 - Serpeverde

 

«Serpeverde!» urlò il Cappello Parlante.
Albus Severus Potter aveva pregato insistentemente quel vecchio, bruciacchiato e malandato coso che andava in giro fin dalla fondazione della Scuola di non spedirlo proprio lì. Solo per un attimo lo aveva sfiorato l’idea che forse gli sarebbe potuto piacere passare delle giornate intere senza vedere i suoi parenti – tutti Grifondoro – e di quell’attimo di debolezza il Cappello aveva approfittato per scegliere la Casa in cui sarebbe stato accolto per i successivi sette anni.
Il brusio soffocato che riempiva la sala si spense completamente all’annuncio. Un Potter tra i Serpeverde. Nessuno voleva crederci.
Albus sfilò il copricapo il più velocemente possibile, e si affrettò a raggiungere il tavolo della sua Casa. Il tavolo più lontano da quello a cui sedevano tutti i suoi cugini.
«Tuo padre non sarà contento, Potter!»
Si  voltò verso la fonte delle parole. Un ragazzino con i capelli biondo platino e gli occhi – grigi? Sì, grigi – grigi gli sorrideva con disprezzo. Lo zio Ron aveva avvertito Rose di stare alla larga da Scorpius Malfoy, ma di certo non gli era mai passato nell’anticamera del cervello che suo nipote sarebbe potuto finire tra i Serpeverde.
«Mio padre non è il tuo, Malfoy. Per lui la casa in cui sono capitato non farà alcuna differenza.» Era quello che gli aveva detto prima che salisse sul treno, ma… sarebbe stato altrettanto vero quando lo avrebbe saputo?

 ***

La sua stanza nell’antro dei Serpeverde – era una cantina, né più né meno, e anche le camere sembravano delle celle con le porte – era una stanza singola. Era come se si volessero incitare i membri della casa a non fare amicizia e a pensare ognuno al proprio conto. Rabbrividì.
Un conto era desiderare starsene per fatti suoi quando i suoi fratelli o i suoi cugini gli impedivano di leggere un libro, un altro era… quello.
Estrasse un foglio di pergamena dal set per la corrispondenza che la zia Hermione gli aveva regalato ed iniziò a scrivere qualcosa ai suoi genitori. A metà della lettera si rese conto che quelle poche righe di inchiostro non erano entusiaste come loro si sarebbero aspettati, e che probabilmente li avrebbe solo fatti preoccupare. Stracciò la pergamena e si infilò il pigiama. Avrebbe scritto loro il giorno dopo, se non l’avesse già fatto James, ovviamente.

 ***

Il mattino seguente si trascinò con fatica fino alla Sala Grande per la colazione. Non aveva legato con nessuno dei suoi compagni – come avrebbe potuto, d’altronde – e si sentiva triste al pensiero di doversi sedere solo soletto ad un’estremità della lunghissima tavolata con sopra intagliato lo stemma della “Nobile Casa dei Serpeverde”. Gli ricordava quello stupido arazzo bruciacchiato che c’era nel soggiorno di casa.
Lanciò un’occhiata alla tavola dei Grifondoro, dove tutti i suoi parenti si divertivano, noncuranti degli sguardi imbarazzati dei loro compagni. Forse Rose e James un pochino gli mancavano, ma la sensazione di essere osservato no di certo.
Si sedette composto a tavola, curandosi di lasciare libero un posto tra lui e il povero malcapitato che sarebbe dovuto stare al suo fianco. Era sicuro che nessuno di loro volesse stargli vicino. Era un Potter. E i Serpeverde odiavano i Potter.
«Che c’è, ti fa schifo sederti al nostro fianco? Guardatelo. Potterino tenerino ha paura dei brutti Serpeverde cattivi! Perché non chiedi al Cappello Parlante di smistarti da un’altra parte?»
La stessa voce che la sera prima a cena aveva cercato di provocarlo. Scorpius Malfoy si prendeva gioco del suo disagio. Eppure gli si sedette al fianco, premurandosi di occupare quel posto rimasto vuoto.
Albus lo fissò sorpreso per qualche istante.
«Potter, lo so che sono bello, mi vedo allo specchio, ma se continui a fissarmi in quel modo comincerò a preoccuparmi.»
Un gufo marroncino scelse proprio quel momento per planare sulla tavola ed atterrargli quasi nel piatto. Mollò una lettera tra le sue mani e aspettò qualche carezza sul collo, prima di tornarsene da dove era venuto.
«Mammina già ti scrive per dirti che le manchi, Potter? Oppure ti informa che presto sarai reintegrato tra i tuoi simili?»
«Ti hanno mai detto che sei noioso, Malfoy?» sbottò, alzandosi da tavola. Infilò la lettera in una tasca della borsa di scuola e si diresse verso l’uscita della Sala Grande.
«Al!» la voce familiare della sua saccente cugina preferita lo raggiunse proprio mentre stava per mettere piede fuori dalla sala. Forse la sua famiglia non lo odiava poi così tanto per essere finito tra i Serpeverde.
«Ciao, Rose!» la salutò allegro.
«Tutto bene? Non abbiamo parlato granché da…»
«Prima dello Smistamento, Rosie. E sinceramente non capisco cosa ci faccia tu adesso qui con me. Ho visto come mi ha guardato James ieri sera. E come mi ha guardato tutto il resto della famiglia.»
«Beh, io non sono il resto della famiglia. E visto che abbiamo lezione insieme, voglio andarci con te! E James lascialo perdere, lo sai com’è fatto. Ieri sera ha mandato un gufo alla zia Ginny per dirle che non ti voleva più come fratello, visto che eri stato smistato a Serpeverde…»
«E la mamma cos’ha risposto?»
«È questo il bello. Non ha risposto la zia Ginny, ha risposto lo zio Harry. Con una Strillettera. Ce lo vedi lo zio Harry a scrivere una Strillettera?»
La risposta giusta era no. Suo padre non si sarebbe mai messo a scrivere una Strillettera, mai e poi mai.
«Sei sicura che sia stato papà?»
«Al cento per cento. Quando ha visto il gufo planare di fronte a lui, James ha iniziato a borbottare qualcosa riguardo ai genitori appiccicosi, poi ha notato il colore della busta ed è impallidito. E quando ha visto che la grafia era quella dello zio Harry ha preso la lettera ed è fuggito dalla Sala Grande. Se non ci avessi dato le spalle avresti visto tutta la scena. A proposito, cosa dice la tua?»
«La mia cosa?» chiese, inarcando le sopracciglia.
«La tua lettera, Al!» disse spazientita Rose. Gli ricordava tremendamente la zia Hermione con lo zio Ron, quando faceva così.
«Non l’ho ancora aperta. Malfoy mi stava dando fastidio. O almeno cercava di farlo. Sono cresciuto con James in casa, nessuno può essere peggio di lui.»
«Sicuramente è stato un buon allenamento, Al!» rise lei, mentre prendeva la lettera dalla tasca della sua borsa.
«E adesso aprila.» Gli ordinò, sventolandogli la pergamena davanti agli occhi.
«Ti hanno mai detto che sei prepotente?»
«Hugo me lo dice tutti i giorni. Beh, me lo diceva. Sono sicura che si godrà questo anno da figlio unico.»
«È di papà!» esclamò sorpreso Albus. Quello che Rose aveva detto della Strillettera poteva essere vero. Era tipico di suo padre scrivere due lettere insieme, quando aveva iniziato a scriverne una. Rose assunse la posa da “te l’avevo detto”, anche quella ereditata da zia Hermione.
«Che dice?»
Albus lesse le parole – poche – scritte su quel foglio, poi lo passò a sua cugina, che scoppiò a ridere e gli restituì la pergamena.
«Tua sorella è un genio.»
«Sì, del male. Fai solo che James sappia cosa scrive Lily di lui…» riaprì il foglio tra le sue mani e vi gettò un ultimo sguardo.

Siamo fieri di te, Al, e ti vogliamo bene. Non cambia nulla.

Papà e mamma.

 

PS: James è un cretino (Lily)

 

Sorrise, prima di ripiegare il foglio e nasconderlo di nuovo nella borsa. Adorava sua sorella.

 ***

La prima lezione da studente di Hogwarts che seguì fu Pozioni, con il professor Belby. Aveva occupato il banco dietro a quello di sua cugina – avrebbe voluto tanto fare il suo esordio come pozionista insieme a lei, ma lo trattenevano i colori diversi dell’uniforme di Rose.
«È libero?» la solita voce sgradevole che lo perseguitava da due giorni lo raggiunse anche in aula poco prima dell’inizio della lezione. Come al solito non attese che rispondesse e si sedette vicino a lui.
«E se fosse stato occupato?» chiese, sgarbato. I suoi genitori si sarebbero arrabbiati parecchio se avessero saputo che stava trattando così un estraneo. Un Malfoy, certo, ma pur sempre un estraneo.
«Andiamo, Potter! La gente non è così entusiasta di sederti di fianco, pensano tutti che un Potter che finisce a Serpeverde deve avere qualcosa che non va!»
«Al non ha niente che non vada, spocchioso di un Malfoy.» Sua cugina si era voltata prima che avesse il tempo di dire “a”, e dal tono che aveva usato Albus capì che non era il caso di farle notare che si sapeva difendere benissimo da solo.
«Non sono affari che ti riguardino, Weasley. Hai l’abitudine di origliare tutte le conversazioni dei tuoi compagni?»
Albus si trovò, suo malgrado, ad osservare Scorpius mentre rispondeva a Rose. C’era qualcosa che non lo convinceva nel suo atteggiamento. Non che questo dubbio glielo rendesse meno antipatico. Solo… non lo convinceva. Tutto qui.
«Non trattare così Rose.» gli intimò, ma non poté aggiungere altro, perché proprio in quel momento arrivò il professor Belby ed iniziò a fare lezione.

 ***

Le due ore trascorsero velocemente, e senza troppi incidenti, per essere il loro primo impatto con le pozioni. Beh, quel Thomas Firefly era riuscito a far prendere fuoco alle sopracciglia della sua compagna di lavoro, ma lui si sarebbe salvato dalle prese in giro degli altri studenti, almeno per quel giorno. E poi Malfoy se la cavava abbastanza bene, era davvero un ottimo compagno di banco e probabilmente avrebbe dato del filo da torcere a sua cugina quanto a risultati scolastici.
Erbologia e Trasfigurazione furono le due materie successive, con i Corvonero la prima e i Tassorosso la seconda. Fu così che tutti quelli del suo anno capirono che Potter era davvero finito a Serpeverde.
«Ti abituerai alle loro occhiate, Potter!» gli disse Malfoy, sedendosi per l’ennesima volta accanto a lui, quel giorno. Tra un boccone e l’altro, seduto a pranzo, finalmente capì cosa non lo convinceva. Quando suo padre gli raccontava del suo primo anno ad Hogwarts, non mancava mai di far notare quanto Draco Malfoy fosse sempre circondato dagli altri Serpeverde, era una sorta di divinità per quelli della sua casa. Scorpius invece era come lui. Un pesce fuor d’acqua. Completamente isolato dal resto dei loro compagni.
«Che ne diresti di mettere da parte i cognomi e chiamarci per nome? In fondo saremo compagni di casa per i prossimi sette anni!» disse, tendendogli la mano. Certo non sarebbero diventati amici, ma almeno avrebbe avuto qualcuno con cui fare i compiti.
«Io sono Scorpius. Non Scor. Non Pius. Men che meno Scorpiuccio. Scorpius.»
Ad Albus venne da ridere mentre Scorpius elencava con faccia schifata i vari nomignoli che dovevano avergli dato.
«Io sono Albus. Ma nessuno mi chiama così. Beh, eccetto mia madre quando James riesce a farle credere che sono colpevole di qualcosa combinata da lui. Puoi chiamarmi Al.»
«Bene, Al. Ti va di fare i compiti con me dopo le lezioni?» propose il ragazzino, e l’espressione impassibile sul suo viso stonava con la tonalità speranzosa che aveva dato alla frase.
«Mi piacerebbe davvero tanto, ma…»
«Già. E io che per un momento ti avevo anche creduto.» Rispose, con una voce dura che non andava bene per un ragazzino di quell’età. Era come se tutti gli avessero sempre risposto di no. Si alzò in piedi, ed iniziò a raccogliere le sue cose.
Per un momento pensò di portare Scorpius da Hagrid con lui, ma al vecchio guardacaccia sarebbe preso un accidenti se Al si fosse portato dietro un Malfoy, dopo tutto quello che gli avevano fatto. L’alternativa era dare buca ad Hagrid, ma quella sì che sarebbe stata una cosa che suo padre non gli avrebbe perdonato. Decise di dire la verità a Scorpius.
«Ho già preso un impegno. Beh, sarebbe meglio dire che i miei genitori hanno preso un impegno per me. Il professor Hagrid ci aspetta per un tè, e non voglio deluderli. E poi Hagrid è un amico, non voglio deludere neanche lui.»
«Ah. Capisco. Mi stai dicendo una cosa tipo “Non è colpa tua, è solo che sei arrivato dopo”?»
«Più o meno. Però…»
«Però cosa?»
«Pensavo di portarti con me. Ma non devi insultare né Hagrid né Rose. Puoi sfogarti su mio fratello, se vuoi.»
«E quando torniamo ci mettiamo a fare i compiti?»
«Sei quasi peggio di Rose!» sbuffò e scrollò le spalle «Sì, faremo i compiti.»
«Allora va bene. Vengo con te.»

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Capitolo 2
*** Quidditch ***


capitolo 2

Capitolo 2 - Quidditch

 

Albus non capiva l’ansia di Scorpius, fare i compiti nel fine settimana non sarebbe stata certo una tragedia, eppure sembrava che non vedesse l’ora di toglierseli di torno.
Le ore di lezione pomeridiana – Storia della Magia – furono le più pesanti della giornata. Il professor Rüf era ancora più soporifero di quanto ricordasse dai racconti dei suoi genitori e di suo fratello, e le lezioni dopo l’abbondante pranzo favorivano il sonnellino pomeridiano.

 «Al! Ehi, Al!»
«Ancora cinque minuti, mamma
Le risate che seguirono il suo lamento borbottante lo fecero svegliare di soprassalto. La guancia gli faceva male e non si sentiva più le braccia. Si era addormentato sul banco. Vicino a lui, Scorpius se la rideva.
«Per fortuna che il professor Rüf non si accorge di niente, Al!»
«Quanto ho dormito? E comunque potevi anche svegliarmi prima!»
«Ma perché avrei dovuto? Magari fossi riuscito a dormire anche io!» Albus diede un’occhiata alle pergamene che Scorpius aveva di fronte, e riuscì a vedere appunti ordinati in una grafia minuta.
«Hai… hai seguito la lezione?»
«Beh, gli altri parlavano, e tu dormivi… cosa avrei dovuto fare?»
«Parlare con gli altri?» rispose, con il tono di chi ribadisce l’ovvio.
«Potter, non so se hai notato che io e te siamo nella stessa situazione. Nessuno ci vuole intorno.»
«Mi hai chiamato Potter, Malfoy.»
«Hai detto una cosa irritante e stupida, Potter.»
Se avessero continuato su quella linea, forse sarebbero anche potuti diventare amici.

***

 La visita da Hagrid era andata esattamente come si aspettava. I musi lunghi di suo fratello, le occhiatacce del guardiacaccia e gli sguardi perplessi di sua cugina Rose.
«Non devo essere molto simpatico ai tuoi parenti, Al.»
«James credo sia stato scambiato in culla, dato che non dice e non fa nulla di intelligente. È riuscito a beccarsi una Strillettera di papà ed è dire tutto. Mentre Rose…  Rose mi vuole bene, e prima o poi accetterà anche te.»
«E i tuoi genitori? Non diranno niente del fatto che non sei un Grifondoro?»
«I miei genitori… no. Non diranno niente.» Estrasse dalla borsa la lettera che aveva ricevuto quel mattino. «Tieni, guarda.»
Scorpius si incupì leggendo quelle poche parole piene d’affetto scritte su un pezzetto di pergamena, e Albus se ne chiese il motivo.
«Cos’hai?»
«Niente. Andiamo a fare i compiti.» rispose, restituendogli il foglio e voltandosi verso l’ingresso del castello.

Fare i compiti con Scorpius si rivelò un’esperienza abbastanza familiare, per un certo verso. Gli sembrava di fare i compiti con Rose. Era preciso e ordinatissimo, e sapeva dove andare a cercare tutte le informazioni che gli servivano.
Per l’ora di cena avevano finito tutti i compiti che erano stati assegnati durante il giorno: cinquanta centimetri di pergamena sulle proprietà del succo di mandragola nelle pozioni, trenta sulla trasfigurazione dell’acqua in tè – anche se non ne capiva ancora l’utilità – e quaranta su una delle tante guerre fra giganti del Medioevo. Neville aveva evitato di dar loro dei compiti, perché “a nessuno piace fare i compiti il primo giorno di lezione”. Non conosceva Scorpius, probabilmente.

 ***

 I primi cinque giorni ad Hogwarts si somigliarono tutti. Albus faceva fatica a percepire il trascorrere del tempo, e l’unica cosa che lo aiutava a capire che i giorni stavano passando era il diverso orario delle lezioni.
«Allora, domani cosa facciamo, Scorpius? Non abbiamo compiti da fare!»
«Penso che starò in camera a portarmi un po’ in anticipo con il programma.» Albus lo fissò con un’espressione che voleva dire “ma mi stai prendendo in giro?” «Tu avevi altri programmi?»
«Pensavo di andare a vedere le selezioni di Quidditch dei Grifondoro. James si candida come Cercatore, era anche il ruolo di mio padre.»
«Gli vuoi molto bene, vero?»
«È un idiota, alcune volte. Ma sì, gli voglio bene. È mio fratello, in fondo.» rispose, alzando le spalle.
«Secondo te ti fanno entrare anche se sei un Serpeverde?»
«Ma tu non eri quello che voleva restare a studiare?» Albus ridacchiò per qualche istante, prima di prenderlo sul serio «Dubito fortemente che James non insisterà per farmi entrare, dopo la Strillettera di papà!»
«E posso venire anche io?» di nuovo la voce speranzosa. Scorpius tendeva a farla sempre quando desiderava qualcosa ma pensava che gli sarebbe stata negata.
«Per quale motivo sarei in camera tua ora, altrimenti?»
Albus assistette ad un fenomeno molto strano, in quel momento. Il primo vero sorriso di Scorpius Malfoy da quando lo conosceva. Continuò a fissarlo, perché era davvero stupito dall’effetto che un semplice invito aveva su Scorpius, ma quell’attenzione ebbe un effetto opposto su quest’ultimo, che si rattristì immediatamente.
«Perché mi guardavi in quel modo?»
«Perché sorridevi.»
«Sorrido tutti i giorni, Al!» Scorpius aveva ripreso il suo abituale atteggiamento. Albus si disse che prima o poi sarebbe riuscito a capire cosa c’era che non andava in lui.
«Lascia perdere. Ci vediamo domattina, Malfoy. Buonanotte!»

 «Sei pronto?» chiese Albus, bussando alla porta della camera di Scorpius. Aprì la porta e trovò l’amico seduto composto sul letto. «Che facevi?»
«Ti aspettavo.»
«Ah. Ok. Andiamo?»
Scorpius scese dal letto e lo raggiunse. «Andiamo.»
C’era una cosa che Albus iniziava a capire di Scorpius dopo cinque giorni di convivenza. La loro educazione non era stata neanche lontanamente simile.
«Sai giocare a Quidditch?» Albus odiava il silenzio. Cioè, lo desiderava ardentemente quando era in mezzo ai suoi rumorosi cugini, ma lo odiava quando non aveva bisogno di concentrarsi su altro. Scorpius sembrava a suo agio, invece.
«No, ma conosco tutte le regole. E una volta con mio padre…» Scorpius si bloccò a metà della frase e i suoi  occhi, che per un attimo si erano illuminati, erano tornati seri e non trasmettevano più nessuna emozione.
«Che hai fatto con tuo padre?» chiese Albus. Era curioso di sapere se avessero qualcosa in comune almeno nella loro frequentazione degli stadi di Quidditch. Suo padre aveva portato lui e i suoi fratelli tantissime volte a vedere le partite, in special modo quelle importanti. E poi da quando era a capo dell’Ufficio Auror del Ministero avevano sempre un sacco di biglietti gratis. E sua madre aveva giocato anche nelle Holyhead Harpies, prima che nascesse James, perciò ogni tanto erano invitati anche alle partite della sua vecchia squadra.
«Una volta siamo stati a vedere una partita allo stadio. Tu sai giocare?» Scorpius aveva tagliato corto il discorso, come se gli pesasse parlare della sua famiglia e di suo padre in particolare.
«Sì, papà ci ha insegnato a giocare quando eravamo davvero piccoli! Mia mamma dice sempre che c’è mancato poco che imparassimo a volare con la scopa prima di iniziare a camminare!»
«Non avevano paura che vi faceste male?» chiese Scorpius, sinceramente curioso.
«Ce l’abbiamo nel sangue, Scorpius. Mia mamma e mio papà hanno giocato entrambi a Quidditch nella squadra dei Grifondoro, la mamma ha giocato anche da professionista dopo il diploma, e nonno James era un Cacciatore straordinario, prima di diventare un Auror. Senza contare tutti i giocatori della famiglia Weasley, perché passeremmo metà della mattinata a parlare di loro! Comunque credo che non ci sia mai stata neanche una riunione di famiglia passata senza una sfida a Quidditch. Se a Natale vieni a trovarci ti insegno!» Al pensava di aver avuto un’idea geniale, ma dovette ricredersi quando l’espressione del suo amico divenne triste.
«Che hai?» si trovò a chiedere, per l’ennesima volta in quei giorni.
«Niente, solo non credo di poter venire da te, a Natale. Sai, i miei nonni ci tengono a festeggiarlo tutti insieme e…»
«Finalmente!» esclamò Albus, attirandosi un’occhiataccia di Scorpius.
«Cosa?»
«Beh, finalmente ho scoperto qualcosa che abbiamo in comune. Anche i tuoi nonni vogliono che passiate tutti insieme il Natale! Nonna Molly ci toglierebbe il saluto a vita se non andassimo alla Tana!»
«Già… infatti.»
«Beh, ma comunque potrei sempre chiedere a papà se possiamo ospitarti dopo Natale! Saresti sicuramente il benvenuto!»
«Non credo che…» Ma Albus non scoprì cos’era che Scorpius non credeva possibile, perché proprio in quel momento suo fratello James andò loro incontro.
«Al! Sei in ritardo! E perché ti sei portato dietro questo qui, ti avevo detto che sarebbe stato difficile già far entrare te, figuriamoci due Serpeverde!»
«È un mio amico!»
«Al, certe volte sei proprio stupido. Non. Siamo. Nella. Stessa. Casa! Ci tengo che tu sia qui, ma non posso litigare con il Capitano proprio il giorno delle selezioni, e per colpa tua!»
«Tranquilli, non litigate. Me ne torno al castello. Al, grazie per averci provato.»
«Non fare lo scemo, Scorpius Malfoy. Entrerai con me, come mio accompagnatore. E Al come accompagnatore di suo fratello. E visto che lui è il fratello di un partecipante alle selezioni, e tu sei con me, nessuno potrà dire niente. D’accordo
«Ma…»
«James, ti costa tanto fare quello che dico, per una volta?»
«Rose, sei… sei…» James aprì e chiuse la bocca per un paio di volte, nella malriuscita imitazione di un pesce rosso, poi annuì.
«Perfetto! Ora andiamo dentro!»
Rose precedette i tre ragazzini dentro il campo di gioco, e si diresse verso gli spalti.
«Mi fa paura quando fa così, Al.»
«Anche a me, Jamie. Ma è meglio fare come dice, lo sai. E adesso muoviti ad andare dentro!»
Quando James si fu allontanato, Scorpius si permise di sorridere. «Tua cugina è forte. Strana, ma forte.»
Al annuì, prima di riprendere a camminare verso il campo insieme a Scorpius.

 ***

 «James, sei stato grande!» Albus era corso giù dagli spalti lasciando indietro Rose e Scorpius. Voleva assolutamente essere il primo a fare i complimenti a suo fratello per l’ottima prova.
«Avevi qualche dubbio, Al?»
«Beh, quando il boccino è passato davanti al naso di quella Situla Patil un po’ mi sono preoccupato, ma per fortuna considerava le sue unghie più interessanti della selezione!» rise, guardando suo fratello.
«Non hai notato che c’era un sacco di gente poco interessata alle selezioni, Al?»
«E che ci sono venuti a fare, se non erano interessati?»
«Erano semplicemente curiosi di vedere se James avesse lo stesso talento di zio Harry e di zia Ginny, Al! E lui non li ha delusi, ovviamente.» Rose e Scorpius li avevano raggiunti.
«Tutti a mettere in dubbio il mio talento. Potrei anche offendermi!» scherzò James, fingendo un’aria affranta che durò meno di cinque secondi, dopo i quali il suo lato vanitoso tornò alla ribalta.
«E tu, Scorpius, che dici?» il ragazzino era rimasto in silenzio fino a quel momento, in balia dei suoi pensieri.
«Io… credo che tu sia stato davvero molto bravo, James. Quella virata con avvitamento è stata spettacolare e quando sei sceso in picchiata spalla a spalla con Baggins…» si interruppe per qualche istante, sospirò, e quando riprese a parlare non era rimasto niente dell’eccitazione di poco prima «Sei stato davvero molto bravo.»
«Grazie. Rimarrei volentieri a fare quattro chiacchiere con voi, ma devo farmi una doccia e poi finire i compiti per lunedì, perciò credo che tornerò alla torre. Voi che fate?»
«Io torno con te, James. Devo rivedere il tema di pozioni, c’era qualcosa che ancora non mi convinceva!»
«Io credo che andrò a trovare Neville alla serra. Beh, il professor Paciock. I compiti li ho finiti.» James sgranò gli occhi a quell’affermazione di Albus, e altrettanto fece Rose.
«Che significa che hai finito i compiti, Al?»
«Che io e Scorpius li abbiamo fatti man mano che li assegnavano, così ora abbiamo il fine settimana libero. Perciò vado a trovare Neville, la mamma ci teneva, te lo ricordi?»
«Beh, sì, ma… Niente, salutamelo.» E se ne andò borbottando qualcosa come “Da non credere, mio fratello è un secchione” seguito a ruota da Rose.
«Allora vai dal Professor Paciock?» gli chiese Scorpius.
«Credo di sì, non vuoi venire con me?»
«Non credo che sarei un ospite gradito.»
«Neville è davvero simpatico, Scorpius. Vedrai!» Albus non capiva perché Scorpius dovesse fare sempre tutti quei problemi quando le cose erano davvero molto più semplici di quello che sembravano a lui.
«Beh… lui non andava molto d’accordo con mio padre.»
«E allora? Pensi che ti farà dei problemi?»
«No… non lo so…»
«Se vieni lo scoprirai!» Al sorrise, tutto contento di aver messo nel sacco il suo amico. A quel punto non poteva certo dirgli di no. Iniziò ad incamminarsi verso le serre, sicuro che avrebbe trovato lì Neville. Quando scriveva a suo padre le lettere odoravano sempre di terriccio e concime. Scorpius lo seguiva, a testa bassa e taciturno. Questa volta Albus non provò a farlo parlare, era sicuro che avrebbe tirato fuori solo borbottii e lamenti, così fecero tutta la strada fino alla serra in silenzio.
«Ma sai quante serre ci sono a Hogwarts, Al?» chiese Scorpius con un tono decisamente nervoso. Non c’era dubbio che quella fosse una cosa che faceva controvoglia, giusto per non dover passare da solo il resto della mattinata.
«Sì, ma solo nella numero tre ci sono le Mimbulus Mimbletonia!» rispose. Sapeva che Neville teneva particolarmente a quella pianta bruttina e neanche tanto utile che aveva piantato nella Serra quando aveva iniziato ad insegnare ad Hogwarts e che lo accompagnava fin da quando era uno studente. Suo padre gli aveva raccontato di quella volta in cui, tentando di scoprirne le qualità nascoste, Neville aveva fatto arrabbiare la pianta e aveva ricoperto tutti quelli che erano nel loro stesso scompartimento di Puzzalinfa.
«Sarebbe a dire?»
«Sarebbe a dire che adesso andiamo alla Serra numero tre!»
Trovarono Neville impegnato a innaffiare. L’innaffiatoio volteggiava nell’aria seguendo le indicazioni che l’uomo dava con la bacchetta.
«Ciao, zio Neville!» Albus gli andò incontro con un sorriso allegro stampato in volto. Era chiaro che adorava il professor Paciock e che era ricambiato, dato che lo stesso sorriso si formò sulle labbra di Neville mentre lasciava che l’innaffiatoio si poggiasse delicatamente sul lungo tavolo di legno al centro della serra e si preparava ad accoglierlo tra le braccia.
«Ciao, giovanotto! Come mai da queste parti? Non hai compiti da fare?»
«Sono appena arrivato e già vuoi mandarmi via?» fece il broncio per qualche istante, ma era troppo contento di vedere quello che considerava a tutti gli effetti uno zio acquisito, e il sorriso tornò sulle sue labbra un istante dopo. «Comunque io e Scorpius abbiamo già fatto tutti i compiti di questa settimana!»
Il ragazzino biondo, che fino a quel momento era rimasto in disparte, sentì lo sguardo del professor Paciock su di sé.
«Scorpius?» domandò, lasciando andare Albus.
«Sì, professore. Scorpius. Scorpius Hyperion Malfoy.»
«Vedo che nella tua famiglia non hanno perso l’abitudine di dare i nomi di costellazioni e stelle. Come sta tuo padre?»
«Bene, professore.»
«Mandagli i miei saluti, la prossima volta che gli scrivi. Sono quasi vent’anni che non lo vedo, ma d’altra parte dopo il diploma ho perso i contatti con quasi tutti i compagni di scuola, soprattutto da quando mi sono sepolto qui. Ho saputo che si era sposato dall’inserto domenicale della Gazzetta del Profeta!»
«Lo farò sicuramente, professor Paciock!» Scorpius se ne stava tutto impettito, con l’espressione più seria che si potesse vedere in faccia ad un bambino di undici anni. Era nervoso, quasi impaurito. Neville gli si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla.
«Sei un bravo ragazzino. Specialmente se riesci a far fare tutti i compiti ad Al senza farlo lamentare troppo!» rise al termine della sua frase, e anche Scorpius e Albus risero con lui. «Al, oggi c’erano le selezioni della squadra di Quidditch dei Grifondoro, vero? Se non sbaglio Harry mi aveva accennato che Jamie voleva provare a entrare nella squadra nel ruolo di Cercatore. Sai com’è andato?»
«È stato bravissimo! Ha fatto un paio delle mosse che gli ha insegnato mamma quest’estate, ed è andato alla grande! Perché non sei venuto a vederlo anche tu?»
«Perché le piante delle serre hanno bisogno di me anche il sabato e la domenica» disse, riprendendo in mano la bacchetta e ricominciando ad innaffiare le piante. Al e Scorpius si sedettero sulla panca ed osservarono in silenzio il lavoro del professor Paciock.
«Professore, ci insegnerebbe a fare quello che sta facendo lei?» Ad Albus si illuminarono gli occhi, Scorpius non avrebbe potuto avere un’idea migliore.
«Sì, zio Neville! Così poi possiamo aiutarti!»
«Vi potrei dire che è una magia troppo complessa da insegnare a due del primo anno, ma la verità è che utilizzo due semplici incantesimi che fanno parte proprio del programma del vostro anno. E se non mi sbaglio, uno dovreste averlo imparato proprio in questi giorni!»
«Perciò usi Wingardium Leviosa e qualcos’altro?»
«Esattamente, Al. L’altro incantesimo è Aguamenti.» proprio in quel momento le campane dell’orologio grande del castello si misero a suonare.
«Per la barba di Silente, è già l’ora di pranzo! Correte al castello, ragazzi!»
«Lei non viene?» Era stato Scorpius a fare quella domanda, poco prima di uscire dalla serra.
«Vi raggiungo tra poco, finisco di innaffiare e vengo a mangiare!»
Il professor Paciock gli sorrise con dolcezza e Scorpius ricambiò il sorriso, prima di raggiungere Albus.


***

Grazie mille a chi ha voluto lasciare un segno del suo passaggio... le risposte arriveranno a breve ;) 

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Capitolo 3
*** Educazione ***


Capitolo 3. Educazione

 

Le differenze tra l’educazione di Albus e quella di Scorpius venivano fuori soprattutto a tavola. Non che Al si comportasse da selvaggio, certo, ma dover difendere il suo piatto dagli assalti di James lo aveva abituato ad assumere una strana postura mentre mangiava.
«Se continui così ti verrà la gobba» Scorpius l’aveva ripreso per l’ennesima volta. A tavola si comportava come un nobile, lui. Schiena dritta, gomiti lontani dalla tavola, tovagliolo sulle ginocchia e posate perfettamente allineate. Non faceva rumore quando tagliava la carne, né quando masticava e si rifiutava di rispondere alle sue domande se prima di farle non aveva completamente svuotato la bocca.
«Ti diverti per caso?» chiese Albus, raddrizzando la schiena e cercando di imitare il portamento di Scorpius.
«No, Al. Odio dovertelo ricordare, ma a questo tavolo non puoi permetterti di comportarti come vuoi. La gente a Serpeverde è abituata a giudicare dalle apparenze.»
Albus sapeva che Scorpius aveva perfettamente ragione, ma non voleva adattarsi. Lo trovava assurdo. Poggiò le posate sul piatto e si alzò da tavola, come al solito osservato da tutti gli altri ragazzi. Si avvicinò al tavolo dei Grifondoro e richiamò l’attenzione di Rose poggiandole una mano sulla spalla. La ragazzina sobbalzò per lo spavento.
«Al, mi hai fatto spaventare! Che vuoi?»
«Hai… hai voglia di fare quattro passi?» era stranamente imbarazzato. In fondo a quel tavolo c’erano tutti i suoi cugini, avrebbe dovuto sentirsi a casa. Eppure, dopo una sola settimana, si sentiva più a suo agio al tavolo di Serpeverde che vicino a tutti i parenti.
«Finisco il succo di zucca e arrivo!» gli sorrise Rose, attirandosi un’occhiataccia di Fred.
«Ehi, Serpeverde, non vorrai mica scopiazzare i compiti da una Grifondoro!» disse, e rise sguaiato seguito da Victoire e tutti i più grandi. Rose e James si alzarono contemporaneamente.
«Devo fare i compiti» fu la scusa di suo fratello, che si allontanò velocemente dal tavolo.
Rose sistemò le posate nel piatto e si incamminò verso l’uscita. Al la seguì in silenzio. Fuori dalla Sala Grande, James li aspettava appoggiato al grande corrimano di pietra.
«Stasera Fred non la passa liscia» disse, arrabbiato per come il cugino aveva trattato il fratello minore.
«Jamie, non c’è bisogno. È solo un pallone gonfiato. Delle volte dubito che sia davvero figlio di zio George!» Al cercava di tranquillizzare suo fratello, ma la verità è che le parole del cugino gli avevano fatto davvero male. Si era sentito disprezzato per una cosa che, di fatto, non era neanche colpa sua.
«Voglio scrivere a papà» dissero in coro i due fratelli. Si guardarono e scoppiarono a ridere, mentre Rose li osservava scuotendo la testa.
«Al, tutto a posto?» la voce di Scorpius li raggiunse prima ancora che si accorgessero della sua presenza. Il ragazzino pareva tranquillizzato dalle risate dei fratelli, eppure continuava ad avere lo sguardo serio.
«Sì, tutto bene. Le solite liti di famiglia» rispose con un bel sorriso.
«Tuo cugino – è tuo cugino, vero? – Si è messo a fare il cretino dopo che siete usciti. Sei sicuro che non sia successo niente?»
«Scorpius, la mia mamma e il mio papà continuano a volermi bene, credo che sia abbastanza. Se ai miei cugini non va bene possono sempre farsi un giro… nella Foresta Oscura!» disse con convinzione. Rose e James annuirono alle sue parole.
Albus mostrava una sicurezza che in realtà non aveva, ma non poteva permettere a Fred e a tutti i loro cugini di rovinare la sua permanenza a Hogwarts. Se avevano deciso di smettere di volergli bene semplicemente per una decisione del Cappello Parlante la cui motivazione rimaneva ignota ai più significava che non gliene avevano mai voluto davvero.
«Adesso andiamo a fare quella passeggiata per la quale ti sei avvicinato al nostro tavolo?» Rose sembrava davvero felice che suo cugino l’avesse cercata, perché per lei il fatto che lui fosse finito in un’altra casa non contava per niente. Albus sapeva che doveva essere rimasta delusa, almeno all’inizio, perché da anni immaginavano un’avventura dietro l’altra da vivere insieme, ma doveva aver capito che sarebbero potuti rimanere amici comunque. In fondo anche sua nonna Lily era stata una Grifondoro e il suo migliore amico un Serpeverde. Perché dovevano creare problemi che non esistevano?
«Scorpius, vuoi venire anche tu?» Albus chiese con gli occhi il permesso a Rose, ma parlò prima che questa potesse darglielo. Non che Rose avrebbe mai detto di no, in fondo Scorpius le piaceva, sembrava buono. O comunque era un buon amico per Al, e tanto le bastava.
«Non vorrei dare fastidio» disse il ragazzino. Scorpius tentennava sempre quando gli offrivano di partecipare a qualcosa, come se avesse paura che da un momento all’altro potessero decidere che era di peso. Albus non riusciva proprio a capire questo suo atteggiamento, e stava iniziando anche a dargli un po’ fastidio. Più che invitarlo che cosa doveva fare per dimostrargli che non gli era di nessun peso?
«Se mi dessi fastidio non ti inviterei» ribatté e si incamminò verso l’esterno.
Si era alzato un vento fresco che scompigliava i capelli dei tre ragazzini, diretti verso il Lago Nero. Passarono di fronte alla tomba di Silente, sempre bianchissima nonostante fossero passati ormai vent’anni, e si sedettero sotto un albero.
«La mamma mi ha detto che quando lei e papà litigavano veniva sempre a rifugiarsi qui al Lago» esordì Rose, sdraiata a pancia in giù sull’erba con la testa appoggiata sui palmi delle mani.
«Anche nonna Lily lo faceva. Me l’ha raccontato papà… a lui l’aveva detto il papà di Teddy.»
«Io non ho cose divertenti sui miei genitori ad Hogwarts da raccontare.» mugugnò Scorpius, che si teneva le ginocchia strette al petto e dondolava spingendosi con i piedi.
«Davvero?» chiesero in coro Albus e Rose.
«Sì. L’unica cosa che so è che erano entrambi dei Serpeverde e che per qualche motivo papà ha dovuto ripetere l’ultimo anno.»
«Anche mio padre ha ripetuto l’ultimo anno, e anche i genitori di Rose. E a quanto ne so anche il professor Paciock lo ha fatto. Chissà come mai!»
«La mamma mi ha detto che avevano trovato diversi compiti d’esame del tutto identici, e che per questo motivo decisero di far ripetere l’anno a tutti.»
«Accipicchia, devono essere davvero severi!» esclamò Albus.
«Devono esserlo, altrimenti non impareremmo niente» Scorpius pronunciò la frase in tono solenne, con lo sguardo fisso verso il lago. Sembrava davvero convinto di quella teoria, tanto che sollevò lo sguardo verso i due amici, quando non li sentì replicare. Albus e Rose erano sorpresi, non avevano mai visto le cose in quel modo. Le loro madri avevano sempre spiegato loro le cose con dolcezza, eppure non erano cresciuti così male. O almeno a loro non sembrava.
Albus si alzò di scatto, ricordandosi improvvisamente di qualcosa di importante.
«Devo scrivere ai miei!» esclamò, agitato. «Se non scrivo loro nel pomeriggio non avrò una risposta domattina!»
«Cosa devi scrivere?» chiese Rose.
«Niente di importante, ma non li sento da lunedì! Non voglio che pensino che non mi mancano!»
«Io non li ho ancora mai sentiti» Scorpius sospirò strappando un ciuffo d’erba. «E non ho intenzione di farlo, prima che diciate qualcosa.»
«Non ti diciamo niente. E io vado!» Albus corse via, lasciando Rose e Scorpius a chiacchierare sotto l’albero.

«Perché ti mangi le unghie?» chiese Scorpius all’improvviso. Lui e Rose erano rimasti in silenzio ad ascoltare il vento muovere l’acqua del lago, scambiandosi occhiate di tanto in tanto quando pensavano che l’altro non stesse osservando.
«Non lo so, me lo chiedo spesso. Immagino che se sapessi perché mi mangio le unghie smetterei di farlo.» Rose si era messa sulla difensiva. A Scorpius dispiaceva davvero moltissimo che lei avesse reagito in quel modo, anche perché non pensava di aver fatto una domanda così strana. Il silenzio tornò prepotente tra di loro, e Scorpius ci si adattò, anche perché non era tipo da concedersi due volte, se avevano già ampiamente dimostrato di non gradirlo.
«Posso farti una domanda?» la voce di Rose era sottile, quasi timida, come se si vergognasse di lui.
«Dimmi.» rispose, con il tono rassegnato di chi sa che la domanda arriverà comunque.
«Perché non ti piace stare a Serpeverde?»
La velocità con la quale quella ragazzina dai capelli rossi aveva centrato il punto lo aveva lasciato senza parole. Lo stupore se ne andò in fretta, così come era arrivato, permettendogli di sorriderle.
«Dai per scontato che non mi piaccia.»
«Se ti piacesse non staresti sempre appiccicato ad Al, staresti con gli altri e lo prenderesti in giro.»
«E tu perché stai con due Serpeverde invece che con quelli della tua casa?»
«Perché Al è mio cugino, e tu non mi hai ancora risposto!»
«Perché avrei preferito non finire a Serpeverde,» aveva detto. Aveva detto quello che gli frullava nella testa fin da quando aveva ricevuto la lettera di ammissione. «Non lo dire a nessuno, per favore.»
«Se tu la smetti di torturare questo povero prato.» Scorpius si guardò intorno e si rese conto di aver strappato tutti i ciuffi d’erba ai lati delle sue gambe. Sorrise.
«Affare fatto.»
«C’è un’altra cosa che vorrei chiederti.»
«Posso dire di avere paura?»
«No, è una cosa stupida! Come sei riuscito a convincere Al a fare i compiti tutta la settimana?»

Al si era chiuso in camera a scrivere la lettera per i suoi genitori. Non si sarebbe lamentato per il comportamento di Fred – l’avrebbe fatto James, ci avrebbe scommesso la paghetta mensile – ma voleva che suo padre si muovesse al più presto per chiedere ai genitori di Scorpius il permesso di ospitarlo per le vacanze di Natale.
Aveva quasi finito, quando bussarono alla sua porta.
«Avanti!» disse.
La porta si aprì su Scorpius, con la faccia rossa per il sole e per il vento, e probabilmente anche per la corsa che aveva fatto dal Lago Nero fino al castello.
«Non avrai mica lasciato Rose da sola!» si agitò subito. La cugina sapeva cavarsela certamente meglio di lui, ma non gli piaceva saperla in giro da sola.
«No, siamo tornati perché lei voleva rivedere i compiti di pozioni. E forse è il caso che vada a rileggere il tema anche io.»
«Siete due perfezionisti.» borbottò Al, mentre la porta si richiudeva, e tornò a dare attenzione alla pergamena. Rilesse la lettera due volte per vedere se avesse lasciato qua e là qualche errore, la firmò, attese che si asciugasse, la infilò in una busta e corse fino alla Guferia. Al suo ingresso scese dal trespolo un piccolo gufo grigio che strinse nel becco la lettera e attese istruzioni.
«Al dodici di Grimmauld Place.» Disse scandendo bene le parole. Mandare una lettera con un gufo era come viaggiare con la Metropolvere. Bisognava stare attenti a come si pronunciavano gli indirizzi.

Mentre attraversava i corridoi, di ritorno dalla Guferia, ad Al sembrò di sentire la voce di suo fratello. Era arrabbiata, ed aveva un tono troppo alto, perciò la inseguì e trovò James che faceva a pugni con Fred, mentre Bob Jordan – il migliore amico di Fred – li guardava.
«James, smettila!» gridò, lanciandosi tra suo fratello e il cugino.
«Al, togliti dai piedi» rispose James, dandogli una spinta che per poco non l’aveva fatto cadere a terra. Proprio in quel momento Albus si accorse di un paio di acquosi occhi gialli che li osservavano. E se quella era Mrs Purr, allora… «Jamie, smettetela, dobbiamo andare via! Il signor Gazza sarà qui fra poco!»
Il pensiero che l’anziano custode della scuola potesse arrivare e farli mettere in punizione ebbe la precedenza, per qualche istante.
«Non pensare che sia finita qui!» disse infatti James.
«Finita cosa, signor Potter?»
Non si erano accorti di essere finiti quasi addosso alla Preside. La Professoressa McGranitt li guardava severamente, fissandoli uno per volta.
«Allora? Preferite parlarne nel mio ufficio?» Non volava una mosca. La McGranitt aveva l’effetto di un incantesimo silenziante, con l’unica differenza che non si vedevano neanche bocche aperte dall’effetto grottesco di pesci in un acquario.
«È… è colpa mia, professoressa McGranitt» Albus non voleva che finissero tutti nei guai, e poi in effetti era colpa sua. Se quella mattina non si fosse avvicinato a Rose, Fred non l’avrebbe trattato male e James non avrebbe voluto difenderlo.
«È sicuro, signor Potter?»
«Sì» annuì con forza.
«Benissimo. Signor Weasley, signor Jordan, spero che abbiate finito i vostri compiti, perché sono sicura che il signor Gazza troverà qualcosa da farvi fare domani. E per tutti i fine settimana a venire fino a Natale. È un fatto gravissimo che vi siate picchiati nei corridoi della scuola. E lei è colpevole tanto quanto loro, signor Jordan, perché non li ha fermati pur avendone la possibilità» la professoressa McGranitt era incredibile, sembrava quasi leggere nella mente degli studenti.
«Per quanto riguarda voi due, invece, verrete nel mio studio. Dobbiamo farci una chiacchierata.»

Lo studio della Preside era arredato in modo spartano. Nessuna tovaglia ricamata all’uncinetto – di quelle che avevano visto a casa della zia Petunia – e nessun soprammobile inutile. Dietro la larga scrivania di legno massiccio c’era una poltrona in pelle di drago dall’ampio schienale. Di fronte due sedie ricoperte dallo stesso materiale che non aspettavano altro che ospitare Albus e suo fratello.
«Allora, mi spiegate cosa ci facevate in quel corridoio? E non provate a rifilarmi di nuovo la storia che è colpa di Albus» Minerva McGranitt non era soltanto la preside di Hogwarts, ma una strega molto brillante nonché amica di famiglia. Difficilmente avrebbero potuto passarla liscia con quella bugia.
«Ma è colpa mia!» disse Al con una vocina acuta e lamentosa, risentito dal fatto che non gli avesse creduto.
«Oh, sta’ zitto, Al! Non è vero che è colpa tua! Come se si potessero controllare le decisioni di quel vecchio coso impazzito che sarebbe l’ora che andasse in pensione!»
«Posso assicurarti, James, che il vecchio Cappello Parlante è tutto tranne che impazzito. Se ha mandato Albus a Serpeverde deve aver avuto i suoi motivi, anche se al momento non ci sono chiari.» a parlare era stato il preside dipinto nel quadro appeso proprio dietro la scrivania. Albus Percival Wulfric Brian Silente, 1881-1997, recitava l’etichetta in ottone attaccata alla cornice.
Al aveva visto Silente soltanto nelle figurine delle cioccorane, ma in quel quadro aveva un aspetto molto meno maestoso e molto più amichevole di quanto non lo avesse nell’immagine delle figurine.
«Perciò se sono finito a Serpeverde non è perché volevo stare lontano dai miei parenti?» chiese, mettendosi in ginocchio sulla poltrona e puntando i gomiti sulla scrivania della Preside in modo da sporgersi verso il quadro.
«Diciamo che quello potrebbe aver giocato nella decisione del Cappello, ma ci sono sicuramente altri motivi, Albus» Silente gli aveva risposto con un sorriso divertito, e quando lo sguardo di Al incontrò il cipiglio della professoressa McGranitt si rese conto del motivo e si affrettò a raddrizzarsi sulla sedia. «Somigli davvero molto a tuo padre alla tua età, Albus. James, tu somigli molto di più a tuo nonno!»
«Bene. Ora posso sapere perché tu e il signor Weasley siete venuti alle mani?» la McGranitt si era rivolta direttamente a James, escludendo Al dalla risposta. Eppure lui le aveva già spiegato che era colpa sua, no?
«Fred prendeva in giro Albus per il fatto che fosse finito a Serpeverde. Diceva che non deve essere tanto normale, se dopo tutto quello che è successo alla nostra famiglia per causa loro è finito in quella Casa e sta facendo amicizia con loro. Ma è mio fratello, io so che è buono! E dovrebbero saperlo anche lui e gli altri!»
Silente sorrise e si scambiò un’occhiata con la McGranitt.
«Potete andare, ragazzi» disse la Preside, con dolcezza. «James, nonostante le tue nobili intenzioni sono costretta ad avvertire tuo padre per la rissa e a darti una punizione. Per le prossime due settimane aiuterai il professor Hagrid a prendersi cura dei thestral.»
«Ma non posso vederli!»
«James.»
«Sì, professoressa McGranitt. Aiuterò il professor Hagrid con i Thestral.»
«Benissimo. Ora scendete in sala grande per la cena, si staranno chiedendo che fine avete fatto.»
Al era stupito dall’arrendevolezza che suo fratello aveva dimostrato con la Preside, e continuava a lanciargli occhiate cercando di evitare che se ne accorgesse.
«Cosa c’è, Al?» Ovviamente, senza successo.
«Hai paura che papà dica qualcosa?»
«No, Al. Non ho paura di papà, e neanche di mamma. Ho paura dei Thestral!»
«Come puoi avere paura di una cosa che non vedi?»
«Proprio perché non li vedo, Al!» e accelerò il passò, infilandosi nella Sala Grande prima ancora che avesse il tempo di raggiungerlo. Con la testa bassa si avvicinò al tavolo dei Serpeverde e si sedette al solito posto, vicino a Scorpius.
Il ragazzino sollevò il viso e lo guardò per qualche istante, poi lasciò cadere la forchetta nel piatto e si girò verso di lui.
«Prendi qualcosa da mangiare, e torniamocene alla sala comune. E tirati un po’ su, Al.» Scorpius lo aiutò a raccogliere qualcosa in un piatto, e scese con lui nel sotterraneo.

***

Grazie a chi sta leggendo questa storia e grazie a chi la commenta, lasciandomi sempre con un sorrisino soddisfatto e gongolante.

Grazie davvero.

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Capitolo 4
*** Litigi ***


Capitolo 4 - Litigi

 

Al così abbattuto non era uno spettacolo di tutti i giorni. Non gli andava molto di chiedergli cos’era successo, di solito quando lui stava in quello stato non voleva avere nessuno intorno, eppure era curioso di sapere cosa avesse intristito il suo amico.
«James e Fred hanno fatto a botte nel corridoio, e James è in punizione… ed è colpa mia.» Ovviamente Scorpius avrebbe dovuto immaginare che non ci sarebbe stato nessun bisogno di chiedere, Al era troppo trasparente per non dirgli tutto.
«E tu?»
«Io?»
«Sei in punizione anche tu?» chiese.
«No, io no.» Scorpius sospirò di sollievo, era da egoisti pensare che se Al non era in punizione lui avrebbe avuto qualcuno con cui fare i compiti anche per la settimana seguente?
«Hai finito di controllare il tema per pozioni?» chiese Al, probabilmente con l’intento di cambiare argomento.
«Sì, l’ho riletto due volte. Ed entrambe le volte l’ho trovato perfetto, come l’avevo lasciato lunedì scorso. La teoria di Rose che i compiti si possono sempre perfezionare con me non va bene» Scorpius era davvero serio, perciò quando Al sorrise pensò che lo stesse prendendo in giro e lo guardò storto. «Perché sorridi?»
«Perché… l’hai chiamata Rose.»

 ***

La domenica mattina era trascorsa in tutta tranquillità, per Albus e Scorpius. Avevano fatto colazione nella sala grande – le attese di Al per il gufo di suo padre erano state deluse – e poi erano corsi giù al lago a prendere un po’ di sole, visto che ancora potevano farlo. Rose non si era vista in giro per tutto il giorno.
«Sarà nella sala comune dei Grifondoro a controllare i suoi compiti, Al!» sbottò Scorpius all’ennesima volta che nominava sua cugina.
«Ma… scusa» disse mogio. Si rendeva conto di non essere stato una buona compagnia. «Tu cosa facevi di domenica, Scorpius?»
«Di solito papà mi controllava i compiti per il lunedì, il mio tutore era molto severo, poi ci vestivamo bene per andare a pranzo dai nonni e dopo pranzo andavamo a fare una passeggiata a Diagon Alley.»
«Noi invece di solito andiamo alla Tana dalla nonna Molly. Poi nel pomeriggio giochiamo a Quidditch. È davvero ingiusto non poter avere una scopa personale al primo anno!»
«Per me la settimana scorsa a lezione è stata la prima volta su un manico di scopa» rivelò, sdraiandosi sull’erba con le braccia sotto la testa.
«Ma tuo padre… non giocava a Quidditch anche lui?» suo padre gli aveva raccontato delle loro sfide sul campo, e gli sembrava assurdo che il padre di Scorpius non avesse fatto altrettanto.
«Sì, ma mamma… mamma no, ed è parecchio ansiosa. Non le piacciono le scope e non le piace il Quidditch, perciò papà non mi ha mai insegnato a cavalcare la scopa.»
Al pensava che tutto ciò fosse tremendamente ingiusto, il Quidditch era il più bel gioco del mondo e Scorpius non poteva non averci mai giocato. Si ritrovò a sperare che suo padre lo ascoltasse ed invitasse Scorpius a trascorrere le vacanze di Natale da loro, così avrebbe scoperto quale gioia ci fosse nel cavalcare una scopa.
«Ieri ho mandato una lettera a mio padre. Gli ho chiesto se potevamo invitarti per le vacanze di Natale.»
«Non ti ha risposto, vero?»
«Non ancora, ma mi dirà di sì, sono sicuro» Al aveva fiducia in suo padre. Era stato lui ad insegnargli l’importanza degli amici, e non gli avrebbe negato di portare a casa il suo primo vero amico. Ne era certo.
«Io non ci credo poi tanto» Scorpius ricominciò a strappare ciuffi d’erba ed Al capì che non era il caso di insistere. Per di più l’orologio della torre rintoccò il mezzogiorno e i due ragazzini scattarono in piedi per correre a pranzo.

***

 La lettera che Albus aspettava arrivò soltanto il mercoledì. James aveva già iniziato a scontare la sua punizione, e gli aveva detto che i Thestral non erano sgradevoli come pensava… ovviamente una volta fatta l’abitudine a vedere scomparire il cibo a morsi senza nessuno che lo mangiasse.
Le parole che suo padre gli aveva scritto però non esaudivano il suo desiderio, o meglio, lo esaudivano soltanto a metà. Il padre di Scorpius aveva detto che per le vacanze di Natale avevano già organizzato un viaggio, ma che per l’estate non ci sarebbero stati problemi. Scorpius avrebbe trascorso da loro il mese di agosto.
Con la lettera tra le mani Al cercò di raggiungere Scorpius giù al campo di Quidditch prima che iniziasse la lezione di volo. Lo trovò ad esercitarsi con il comando di richiamo della scopa e, ignorando il fatto che gli desse fastidio essere disturbato quando studiava, lo interruppe per mostrargli la lettera. Contrariamente a quello che si aspettava, Scorpius non mostrò il minimo entusiasmo.
«Lo sapevo da ieri sera. Il tuo gufo è lento, Al.»
«E non mi hai detto niente?»
«No. Avrei preferito che non chiedessi niente ai tuoi, ed ora sono obbligato a passare un mese con te quest’estate» lo disse con voce dura, tanto che Al si chiese se davvero si fosse arrabbiato.
«Io… pensavo ti avrebbe fatto piacere» rispose, abbassando la testa. Andò a prendere la vecchia scopa della scuola che gli sarebbe servita per l’esercitazione e si mise in fila con gli altri studenti, lontano da Scorpius.

 Fu il migliore della lezione, e guadagnò venti punti per i Serpeverde eseguendo correttamente due manovre per lui quasi naturali, ma che per gli altri non lo erano affatto.
«Sei stato davvero bravo, Potter» era un ragazzino poco più alto di lui, dai lineamenti orientali. Doveva essere un tale Tsih Ke Kwan, uno di quelli che prendevano in giro Scorpius, di solito. «Oggi non stai appiccicato a Malfoy?»
«No, noi…» non gli andava di dirgli che avevano litigato. Quello Tsih non gli piaceva e non gli andava di raccontargli i fatti suoi.
«Hai capito che è una nullità e che stare con lui non fa bene alla tua reputazione? Dovresti venire un po’ con noi, Potter, se sei riuscito a capirlo anche tu.»
«Scorpius è mio amico!» affermò con sicurezza, scuotendo la spalla per liberarsi della mano che il ragazzino gli aveva appoggiato sulla spalla.
«Sì, certo. Amicone. Ti sei mai chiesto cosa sia successo durante la seconda guerra?»
«La seconda che?» chiese Al. Suo padre non gli aveva mai parlato di guerre.
«La Seconda Guerra, Potter. Cercala nel libro di Storia della Magia, e vedrai che il tuo amichetto non è poi così pulito come pensi.»
«Lasciami perdere, Ke Kwan!» si allontanò da quel bulletto e andò a cercare Scorpius. Come al solito, lo trovò già seduto al suo banco, pronto per la lezione dell’ora successiva.
«Scusa» gli disse, mentre prendeva posto alla sua destra.
«No, scusami tu. Sono contento di poter passare l’estate a casa tua, solo che… papà mi ha preso alla sprovvista. Pensavo che lui e la mamma non avrebbero mai detto di sì, per via… sai di quello che è successo durante la seconda guerra.»
«Anche tu con questa storia della seconda guerra? Che cos’è, una roba che si mangia?»
«Non sai niente della Seconda Guerra? Eppure… tuo padre è un eroe!»
«Mio padre è la persona più normale della terra. È un Auror, non un eroe!»
«È assurdo, il figlio di Harry Potter che non sa niente della Seconda Guerra. Perciò non sai neanche cos’è un Mangiamorte?» Al scosse la testa. «Assurdo.»
«Aspetta. Hai detto che mio padre è un eroe… quindi è per questo che alla stazione ci guardavano tutti?»
«Malfoy, Potter, dovrò sopportare ancora a lungo questo vostro borbottio incessante durante la mia spiegazione?» non si erano accorti dell’arrivo della professoressa Leaven, né tantomeno del fatto che avesse iniziato a spiegare. Borbottarono le loro scuse e smisero di parlare tra di loro. Sapevano entrambi che la questione era solo rimandata.

 «Bene, ragazzi. Per la prossima settimana voglio sessanta centimetri di pergamena sull’utilità dell’incantesimo Feraverto. Malfoy, Potter, da voi ne voglio almeno il doppio.» Al e Scorpius sapevano di aver meritato quella punizione, perciò non si lamentarono affatto, soprattutto perché non avevano nessun arretrato di compiti, e quel pomeriggio avrebbero avuto lezione di Erbologia. E il professor Paciock non aveva ancora mai assegnato nessun compito a casa.
«Allora, Scorpius. È per quello che alla stazione ci guardavano tutti?»
«Immagino di sì, Al» Scorpius era abbastanza triste, e Al si chiedeva perché. Non gli sembrava di aver chiesto niente di male, era solo curioso di saperne di più. Suo padre non gli aveva mai parlato di una guerra, ma tutti gli altri studenti del suo anno sembravano sapere più cose di lui riguardo alla sua famiglia.
La cosa che più gli premeva in quel momento, comunque, era capire perché Scorpius ci fosse rimasto tanto male. «Scorpius, perché sei triste?»
«Pensavo… pensavo che mi avessi scelto nonostante tutto. E invece non sai niente!»
«Non so niente di cosa?»
«Non sai niente di come la mia famiglia sia stata impegnata nel cercare di distruggere la vita di tuo padre. Non sai niente di niente del perché io e te abbiamo due cognomi da cui tutti i Serpeverde vogliono stare lontani! Non sai niente di come ci si senta ad essere continuamente indicati come traditori o ad essere guardati con disprezzo semplicemente per il cognome che hai. Ho imparato a cinque anni che la gente quando sapeva come mi chiamavo diceva ai suoi figli di starmi lontano, e ora che pensavo che qualcuno mi stesse vicino nonostante tutto… scopro che invece non sapeva niente.»
Al non capiva come potesse sentirsi Scorpius, perché non aveva mai provato quelle cose. Lui era sempre stato accolto bene nelle case degli altri maghi, e lo trattavano bene persino quando combinava disastri. Però capiva che le parole di Scorpius erano troppo dure per venire solo da un bambino di undici anni. E c’era un’altra cosa che capiva: i suoi genitori sapevano tutto, e avevano comunque accettato di farlo entrare nella loro casa.
«Ma i miei genitori lo sanno» disse allora a Scorpius. «Loro lo sanno e hanno deciso comunque di farti passare le vacanze da noi.»
Scorpius si asciugò gli occhi con la manica della veste e lo guardò. Per un attimo ad Al sembrò che sorridesse. Solo per un attimo, però.
«Hai… hai ragione» disse, e tirò su con il naso. Poi sembrò ricordarsi di qualcosa. «Hai un fazzoletto, per caso?»

***

 Il tiepido sole di settembre cedette il posto alle nuvole in ottobre. Nel castello la vita era piuttosto monotona e ripetitiva. Le lezioni e lo studio si alternavano con i vari allenamenti di Quidditch e le lezioni di volo.
Albus e Scorpius trovavano comunque il modo di divertirsi. Un sabato pomeriggio si misero a giocare a scacchi magici nella sala comune dei Serpeverde, perennemente deserta.
«Sei bravo, Al. Chi ti ha insegnato?»
«Lo zio Ron. Papà è una schiappa con gli scacchi» rispose, allungando la mano verso un pedone, e poi ripiegando sul cavallo. Fatta la sua mossa, si rese conto di aver commesso un errore dal sorrisetto che comparve sulle labbra di Scorpius. La regina bianca si mosse quasi senza bisogno che lui la toccasse e distrusse il re rosso.
«Scacco matto. Sei bravo, ma io lo sono di più.» disse trionfante.
«Quest’estate mi insegnerai qualche mossa per ripagarmi delle lezioni di Quidditch!» Al faceva spesso riferimento a quell’estate che avrebbero passato insieme, anche se Scorpius temeva ancora che i suoi genitori potessero revocargli il permesso. Per questo motivo il ritmo del suo studio era diventato ancora più serrato, ed Albus faticava a stargli dietro.
«Vedremo.»
«Cosa?»
«Se ti insegnerò, ovviamente. Mio padre ci ha messo undici anni a farmi diventare il campione di scacchi magici che sono ora!» gli rispose, gonfio d’orgoglio. Albus aveva capito che Scorpius era tremendamente impaurito dall’idea di poter deludere suo padre, anche se non riusciva a comprendere davvero perché un figlio potesse sentirsi così.
Suo padre e sua madre gli volevano bene, nonostante fosse finito a Serpeverde, e non pensava potesse esserci un disonore più grande per un Potter.
«Che facciamo per Halloween?» chiese, cambiando argomento.
«Io salirò a mangiare e poi tornerò giù a studiare.»
«Non rimani per la festa?»
«I compiti non si fanno da soli, Al!»
«Ma per quell’ora li avremo sicuramente finiti!»

 

***

Ehm... scusate per il ritardo, sono stata impicciata con degli impegni che mi hanno tenuta un po' lontana dal pc, giovedì e ieri... spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto :)

Grazie a Vannagio che mi ha riportata all'ordine

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Capitolo 5
*** Segreti -mezzi- svelati ***


Capitolo 5: Segreti -mezzi- svelati

Tanto disse e tanto fece Al, che alla fine Scorpius si convinse a partecipare alla festa di Halloween.
La Sala Grande, illuminata da centinaia di Jack O’Lantern, era diversa da come erano abituati a vederla. Le quattro lunghe tavolate erano state sostituite da tavolini rotondi da otto posti e le dimensioni della stanza sembravano aumentate.
Il chiacchiericcio festoso degli studenti copriva in parte la musica prodotta da un enorme grammofono magico e i fantasmi delle case si aggiravano bonari tra i tavoli. Tutti tranne il fantasma di Grifondoro.
«Ehi, ma che fine ha fatto Sir Nicholas?» chiese Al ai suoi compagni di tavolo.
«Dvffrlfcmplnn» bofonchiò James con la bocca piena, facendo nascere una smorfia di disappunto sul viso Rose e dei tre Corvonero che aveva portato al loro tavolo. Scorpius invece scoppiò a ridere, tanto che dovette affrettarsi a bere del succo di zucca per non soffocare con il pollo arrosto che stava mangiando.
«Dicevo,» si schiarì la voce James dopo aver inghiottito il boccone. «Mi pare che papà ci avesse detto che il trentuno ottobre è il compleanno del vecchio Nick!»
«Giusto!» Al si batté il palmo sulla fronte, al ricordo di quel dettaglio. «Chissà se prima o poi inviterà anche noi alla sua festa!»
«La festa di compleanno di un fantasma? Sarebbe tempo perso per gli studi!» si lamentò Gwinevre Stain, una dei tre Corvonero.
James le lanciò un’occhiata che sembrava dire “tanto non saresti stata invitata”, e tornò a rivolgersi al fratello. «Perché non ci imbuchiamo stasera, Al?» gli chiese.
«Secondo me non è il caso» mormorò Scorpius, e Rose gli diede ragione con un cenno del capo.
«Perché?» domandarono in coro i due fratelli.
«Beh, prima di tutto perché imbucarsi a una festa è indice di grande maleducazione e non credo che i vostri genitori ne sarebbero contenti. E poi… che razza di festa vuoi che sia, quella di un fantasma?»
«Un mortorio!» rispose prontamente James e Al non poté fare altro che scuotere la testa.
«Zio George dice sempre che l’umorismo che doveva ereditare Fred l’hai preso tu… ma questa non faceva per niente ridere, Jamie.»
Rose si alzò in piedi e trascinò sulla pista da ballo Trevor Goldkey, scocciata dalle chiacchiere con i cugini.
«Mmmmh, e così la piccola Rosie si è già fatta il fidanzatino, eh? Chissà come la prenderà zio Ron, quando lo scoprirà!» sghignazzò James.
«Non avrai mica intenzione di dirglielo!» gridò Al, fortunatamente coperto dalla musica che si era fatta assordante.
«No. Ma abbiamo una sorellina dai capelli rossi a casa che sarà molto felice di non farsi gli affari suoi» rise James, e spettinò i capelli a suo fratello.
Presi dalla loro discussione, nessuno dei due Potter si accorse della smorfia formatasi sul viso di Scorpius e subito scomparsa.

 ***

Novembre arrivò e portò con sé la prima partita di andata del campionato di Quidditch. Come ogni anno la sfida di apertura sarebbe stata Grifondoro – Serpeverde e si vociferava che quell’anno sarebbe stata particolarmente accanita, viste le squadre eccezionali di entrambe le Case.
«Corri, Scorpius! Perderemo l’inizio della partita!»
«Ma sei sicuro di voler andare? Non sai neanche per chi tifare!»
I due ragazzini si affannavano lungo la discesa per arrivare in tempo. La sera prima avevano fatto particolarmente tardi per poter finire i compiti e avere il fine settimana libero e non erano riusciti a svegliarsi presto. Non avevano neanche fatto colazione per correre al campo!
«Ma è proprio quello il bello, Scorpius! Se saranno i Grifondoro a vincere sarò felice per mio fratello, e se vincerà Serpeverde sarò felice perché è la mia casa!»
Scorpius a volte non capiva i ragionamenti di Al, ma era altrettanto vero il contrario. Al spesso si fissava a guardare Scorpius in attesa di spiegazioni che non arrivavano mai. Ma non gli aveva mai fatto domande. Forse la loro amicizia funzionava proprio per questo.
La partita – alla quale arrivarono appena in tempo – finì centottanta a duecentotrenta per i Grifondoro. James aveva acchiappato il Boccino ed aveva chiuso la partita che fino a quel momento aveva visto il gioco duro dei Serpeverde trionfare.
Al e Scorpius uscirono dal campo insieme a quelli della loro casa, ma poi raggiunsero Rose fuori dagli spogliatoi dei Grifondoro. Aspettavano James per andare da Hagrid, che diceva di avere una sorpresa per loro.
Quando James finalmente uscì, aveva ancora le guance rosse per il vento preso durante la partita e gli occhi scintillanti per la felicità. I capelli castani gli ricadevano spettinati sulla fronte e sembrava camminare a tre metri da terra. Non che lì a scuola sarebbe stato del tutto impossibile, ovviamente.
«Devo mettere via la Firebolt, mi accompagnate al capanno?» i tre ragazzini annuirono, stupiti del fatto che James non si vantasse della propria impresa. Non durò molto, comunque. Appena riposta la scopa, James iniziò a coprirsi di complimenti e non chiuse bocca fino al momento in cui arrivarono al capanno di Hagrid.
«Entrate, entrate. Vi libero qualche sedia!» disse il guardiacaccia, affannandosi a riordinare la casa.
«Non ti ricordavi della visita, vero Hagrid?» gli chiese Rose, con un gran sorriso stampato in volto.
«Certo che me lo ricordavo! La vostra sorpresa è diventata più lunga di quanto credevo!»
Porse loro una scatola di legno dall’apparenza innocua. Scorpius allungò le braccia per avvicinarla a sé, dato che nessuno dei suoi amici sembrava intenzionato ad aprirla, ma al scosse forte la testa e lui rinunciò.
«Hagrid, come si apre questa cosa?» chiese Rose, intimidita.
«Normale» rispose. Poi, vedendoli tutti impauriti, capì. «Harry ci ha detto del Mokessino, eh?»
I tre cugini annuirono con forza, mentre Scorpius continuava a chiedersi cosa fosse.
«E del libro di Cura delle Creature Magiche che ha quasi staccato una mano a zio Neville!» aggiunse Al sottovoce, in modo che lo sentisse solo Scorpius.
«Ce lo apro io, allora» borbottò, Hagrid. Lasciò cadere nella ciotola di Thor III un grosso cosciotto arrostito e, dopo essersi pulito le mani su uno straccio lurido, sollevò il coperchio della scatola.
«A voi» disse e tornò alle sue occupazioni precedenti, lasciandoli liberi di curiosare.
Al e Scorpius, la cui curiosità batteva il timore mille a zero, furono i primi a mettersi in ginocchio sulle sedie per vedere cosa contenesse la scatola.
Erano foto. Fotografie del padre di Al e James e dei genitori di Rose da quando avevano più o meno la loro età.
«Hagrid, come fai ad avere tutte queste foto? Mamma e papà mi hanno sempre detto che non le avevano!» esclamò sorpreso Al.
«Erano tra la roba di Colin Canon. I genitori ce l’hanno rimandata qui quando hanno sistemato le cose del figlio.»
«Perché?» chiese Rose, curiosa.
«È morto diciannove anni fa, durante la… ed ho già detto troppo. È meglio che tornate al castello, si sta facendo buio.»
«E dai, Hagrid!»
«Non voglio che la professoressa McGranitt sia costretta a mettervi in punizione per colpa mia» insistette, restituendo i mantelli a James e Albus, mentre li accompagnava alla porta. «Queste sono vostre» mise in mano a Scorpius la scatola con le foto e li chiuse fuori. Al quartetto non rimase che tornare al castello.
«Pensate anche voi che stesse per dire -»
«Seconda Guerra» fecero tutti l’eco a Rose.
«Dobbiamo scoprire di cosa si tratta.»
«Già, sta venendo fuori un po’ troppo spesso.»
«Rose, sei sicura che in “Storia della Magia” di Bathilda Bath non ci sia niente?»
«No, Al. Arriva solo fino agli inizi degli anni Ottanta, con la caduta di un mago oscuro di nome Voldemort.»
«E non dice niente del padre di Al? Impossibile» li canzonò Scorpius e gli altri tre si voltarono a guardarlo.
«Che vuoi dire?» gli chiese James.
«Siete voi quelli con dei buoni rapporti con i vostri genitori. Chiedetelo a loro!»
Quella sera, d’accordo con James e Rose, Al scrisse una lettera brevissima a suo padre.
Il mattino dopo ricevette una altrettanto breve risposta da lui. Stranamente, era firmata anche dai suoi zii.

 ***

 

Dunque, prima di tutto scusatemi per il ritardo. I capitoli sono scritti, ma su carta, perciò tra le mille cose che devo fare devo anche trovare il tempo di copiarli… non so, spero che mi perdonerete comunque. Tra le altre cose questo è il capitolo più corto in assoluto di tutta la storia, ma spero che vi piaccia lo stesso (e soprattutto che abbiate trovato il vecchio, caro, Hagrid abbastanza IC).

La seconda cosa che voglio fare è pubblicizzare tre bellissime storie che tre autrici bravissime mi hanno dedicato per il mio compleanno: inizio da Vannagio, che ha scritto una storia legata a questa serie, Iene, gnomi e paranoie. Poi c'è Chiaki89, che ha scritto una bellissima storia nel fandom Twilight con il pairing Jared/Kim, Gomma, e poi, ultima ma non meno importante, Dragana, che mi ha fatto una grossa sorpresa con una storia davvero divertente nel fandom La Confraternita del Pugnale nero, Desideri

Se ci passate (e vi assicuro che meritano davvero), lasciate un segno :)

Un bacio a tutti quanti sono arrivati quaggiù a leggere anche i miei sproloqui :)

 

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Capitolo 6
*** Niente più omissioni ***


Capitolo 6 - Niente più omissioni

Novembre e dicembre passarono in fretta e molto presto Al, Scorpius e tutta la compagnia si ritrovarono sul treno che li avrebbe ricondotti a casa per trascorrere le vacanze di Natale.
«Spero proprio che papà mi regali quel set per la cura della scopa che avevamo visto in vetrina a Diagon Alley» stava dicendo James, quando Fred e Roxanne entrarono nel loro scompartimento.
«Sentite…»
«Sì, siete due idioti. E sì, la tregua durerà tutto il periodo che staremo da nonna Molly.»
Era stata Rose a parlare, anticipando i suoi cugini e dando prova di essere davvero la strega più intelligente della sua famiglia. Al pensò che non ci sarebbe mai arrivato prima che i cugini dicessero quello che volevano.
«Grazie. Non avevamo voglia di spiegare a papà perché non vi parliamo.»
«Dubito che zio George non lo sappia, dato che Rose l’ha detto a zio Ron, comunque prego, cugini» borbottò James.
Quando se ne furono andati, Scorpius distolse gli occhi dal paesaggio che scorreva velocemente al di là del finestrino.
«Siete ancora in lite con i vostri cugini per me?» domandò, incredulo che qualcuno potesse preferirlo al sangue del suo sangue.
«Non è proprio per te, Scorpius. Fred diceva che io non ho tutte le rotelle a posto perché sono finito a Serpeverde. Forse ha ragione, ma non perché sono a Serpeverde, ecco.
«Sai di chi è il secondo nome che porto?» gli chiese, drizzandosi sul sedile pieno di orgoglio.
«Severus Piton, Serpeverde, insegnante di Pozioni dal 1981 al 1996 e di Difesa contro le Arti Oscure per l’anno 1996-1997. È stato anche preside di Hogwarts durante la Seconda Guerra, ed era a capo della casa di Serpeverde. Ho dimenticato qualcosa?» domandò Scorpius, fiero di tutte le notizie che aveva saputo dare su Severus Piton.
«Sì, era uno degli uomini più coraggiosi che mio padre abbia conosciuto in vita sua.»

***

All’arrivo in stazione James e Al ebbero la sorpresa di trovare il padre ad attenderli, e non la madre e la sorella, come credevano. Scorpius invece si ritrovò a cercare i suoi genitori su una banchina ormai semideserta, ed iniziava a credere che si fossero scordati di lui.
«Scorpius, hai sentito cosa ha detto papà?» chiese Al, con un gran sorriso stampato in volto.
Scorpius tirò su con il naso e si affrettò ad asciugare le lacrime che iniziavano ad affacciarsi agli angoli degli occhi, prima di voltarsi verso il signor Potter e rispondere.
«No, mi scusi.»
Harry gli sorrise e gli passò una mano sulla testa per scompigliargli i capelli, come faceva sempre con i suoi figli.
«Ho detto che tuo padre ha avuto un imprevisto sul lavoro e tua madre non sa guidare, a quanto mi ha detto mia moglie, perciò ci ha mandato un gufo rapido stamattina per sapere se potevamo accompagnarti noi.»
Sul viso di Scorpius si formò un gran sorriso. Aiutò il signor Potter a caricare il suo baule sul carrello e tutto contento chiacchierò di Quidditch con James e Harry fino all’arrivo a casa. Al pensò che era decisamente strano vederlo così allegro.

***

Al rimase a bocca aperta vedendo l’enorme villa coloniale con i muri bianchi, le tegole rosse e l’edera che si arrampicava sulle pareti che era la casa di Scorpius.
«Me la ricordavo più tetra» mormorò suo padre e la battuta non passò inosservata alle orecchie dei tre ragazzini.
«Nonna Cissy si affanna sempre tanto perché sia così luminosa. Dice sempre che c’è stato un periodo in cui vivere qui non le piaceva per niente, perché era sempre buia e sporca.»
«Sei già stato qui, papà?»
«Diciannove anni fa, James. Io, zia Hermione e zio Ron fummo imprigionati qui» rispose Harry, superando il cancello che dava l’accesso al viale di ingresso della grande villa.
Al e James si fecero tutti orecchie, mentre Scorpius si rannicchiò sul sedile, cercando di farsi il più piccolo possibile. Harry però non proseguì con il racconto, e si rivolse a lui.
«Scorpius, quanto sai del ruolo della tua famiglia nella Seconda Guerra?»
«So che da allora le altre famiglie Purosangue non hanno un buon rapporto con noi e so che nonno Lucius è in prigione da allora, mentre papà e nonna Cissy si sono salvati per merito suo.»
«Non sai perché ho intercesso con il Wizengamot perché non fossero imprigionati?»
«No.»
«Tuo padre mi ha salvato la vita. Due volte. E tua nonna anche. Gli altri Purosangue odiano la tua famiglia? Un po’. In fondo hanno voltato le spalle a Voldemort, ma è stato allora che ho capito che non potevano essere così marci, se si volevano tanto bene» sospirò, e sembrò quasi parlare a sé stesso quando continuò: «Di elfi domestici e storie per bambini, di amore, fedeltà e innocenza Voldemort non sa e non capisce niente.»*

«Davvero mio padre le ha salvato la vita?» chiese Scorpius, incuriosito da quella storia che aveva sentito tante volte, ma mai da quel punto di vista.
«Sì, Scorpius» rispose Harry, riscuotendosi. «Quando ha disarmato Silente prima che Piton lo uccidesse e quando ero prigioniero qui e, nonostante mi avesse riconosciuto, disse che non era sicuro che fossi io.»
«Piton ha ucciso Silente? Ma papà, tu mi hai detto -»
«È molto più complicato di così, Al. Ti spiegherò tutto a casa» lo interruppe.
«Mi sta dicendo che mio padre è sempre stato buono?»
«No, Scorpius, e non posso darti giudizi del tipo “buono” o “cattivo” su di lui. Quando avevamo la vostra età io lo odiavo, ed ho continuato ad odiarlo per quasi tutta la durata della scuola. Fui il primo a capire che si era unito ai Mangiamorte.
«Quello che non sapevo era che, nonostante tutte le barbarità sulla purezza del sangue dei maghi che gli erano state insegnate fin da piccolo, c’era una cosa che i tuoi nonni gli avevano trasmesso, ed era l’amore per la famiglia. Tuo padre era impaurito da due cose, però: aveva il terrore di Voldemort, ma soprattutto temeva di deludere tuo nonno Lucius.»
«Davvero?»
«Beh, è quello che ho pensato dopo, per sapere la verità devi chiedere a lui» disse, mentre fermava l’auto e la spegneva.
«Harry Potter» lo chiamò una voce femminile, altera, un po’ gracchiante, mentre scaricava il baule di Scorpius dall’auto, aiutato dal bambino.
«Nonna» la salutò Scorpius, abbozzando un inchino.
«Sei sempre così serio, tesoro. Vieni qui e abbraccia la tua vecchia nonna!»
«Signora Malfoy» Harry salutò la donna con la stessa reverenza che le aveva rivolto Scorpius.
«Scorpius, sei già qui?» Asteria Malfoy raggiunse il gruppetto scendendo di corsa i gradini dell’ingresso e strinse a sé il figlio, senza quasi curarsi degli altri presenti. «Sei cresciuto tantissimo, tesoro mio. E dovrei rimproverarti e tenerti in punizione fino alla fine delle vacanze perché non ti sei fatto sentire per quasi quattro mesi, ma la verità è che sono troppo felice di riaverti a casa!»
Strinse di nuovo il figlio, tanto che il ragazzino dovette lamentarsi della mancanza di aria per farsi lasciare, scatenando l’ilarità di tutti i presenti.
Harry tornò serio quasi immediatamente, e si rivolse a Scorpius,
«È vero che non scrivi a casa dall’inizio delle lezioni?»
Scorpius, un po’ intimorito dal cipiglio assunto dal signor Potter, si affrettò ad annuire con la testa.
«Mai? E di cosa avevi paura?»
«Di… di deluderli» ammise il piccolo Scorpius, a bassa voce.
Harry sorrise. «Come potrebbe il miglior mago di Hogwarts del vostro anno deludere i suoi genitori?» chiese, prima di risalire in auto senza attendere la risposta.
Al si affacciò al finestrino. Fino a quel momento aveva seguito la discussione seduto composto dentro l’auto. Odiava ammetterlo, ma quella casa gli incuteva rispetto.
«Ehi, Scorpius! Ricordati di farmi sapere cosa pensi del nostro regalo!» urlò, beccandosi uno schiaffo da suo fratello James.
«Mi hai fatto male!» si lamentò.
«Tu hai usato dei modi da troll!» e se James gli dava lezioni di bon-ton, beh, allora l’aveva combinata davvero grossa!
James e Al litigarono in quel modo per tutto il tragitto che li separava dalla casa di Grimmauld Place, dove abitavano praticamente da sempre, dimenticando completamente le domande che volevano fare al padre.

***

A casa l’atmosfera festosa data dal caminetto acceso e dall’albero di Natale con il solito gnomo da giardino appeso in cima – zio George ne mandava uno ogni anno – era ingigantita dalla piccola Lily che continuava a fare ai fratelli domande su Hogwarts e sui loro amici.
«Lily, ma se ti raccontiamo tutto noi quando arriverai non avrai più nessuna sorpresa!» sbottò Albus, un po’ scocciato dalle continue domande della sorellina.
«Al, non rispondere male a tua sorella e vai ad aprire agli zii» lo riprese la madre, precedendo di qualche istante il suono del campanello.
Al rientrò nel salotto con i cugini e gli zii e si sedettero tutti a tavola per godersi i manicaretti di Ginny. Fu solo dopo cena, seduti davanti al fuoco, che Ginny, Harry, Ron ed Hermione si mostrarono disposti a parlare dell’argomento che tanto premeva ai loro figli: la Seconda Guerra.
Rose allora tirò fuori dalla sua borsetta la scatola con le foto – dimostrando ancora una volta di essere la degna figlia di sua madre – e la porse allo zio Harry, che la aprì e sorrise.
«Le foto di Colin Canon! Quel ragazzino mi perseguitava, al suo primo anno. Me lo ritrovavo dappertutto e mi scattava continuamente foto. Negli anni l’abitudine non era cambiata, solo che lo faceva con più discrezione. La macchina fotografica gli salvò la vita contro il basilisco, ma contro i Mangiamorte non ha potuto granché» disse con un po’ di amarezza, passando alcune foto ad Hermione.**
«Per la barba di Merlino! Queste andrebbero bruciate!» Ron le sfilò le foto dalle mani ed iniziò a ridere.
«Sei un troll!» si lamentò Hermione, riappropriandosi delle fotografie incriminate e infilandole nella borsetta, dove nessuno le avrebbe potute mai più vedere.
«Ma dai, eri bellissima anche allora, ed ero già cotto di te, anche se non me ne rendevo conto» disse Ron, nel tentativo di rabbonirla, ma guadagnando solo occhiate torve.
«Fatto sta che non riesco a capire come mi abbia scattato quelle foto. Mi coprivo sempre la bocca quando ridevo!» ***
«Non sempre, quando eri con noi» la riprese Harry, che sorrideva come Ron.
Il momento gioioso si interruppe quando Harry prese anche l’album di cuoio che aveva sfogliato tante volte insieme ai suoi figli per mostrare loro i nonni ed iniziò a raccontare la sua storia. Quando ebbe finito, figli e nipoti lo guardavano stupito.
«Perciò la nonna di Scorpius ti ha salvato davvero la vita!» esclamò Al, che fino ad allora si era limitato ad annuire di tanto in tanto.
Il padre gli sorrise. «Credo che l’abbia fatto più per riabbracciare il figlio, che per me, ma sì, mi ha salvato la vita.»
«Perché non ci avete raccontato niente prima?» chiese James, che sembrava decisamente arrabbiato. Guardava fisso il pavimento e stringeva i pugni. Al temeva che si sarebbe messo ad urlare prima o poi.
«James, quando sei nato tu io e tua madre prendemmo la decisione di non dire niente ai nostri figli fino a che non fossero stati abbastanza grandi per saperlo. E avremmo saputo quando sareste stati abbastanza grandi quando avreste iniziato a fare domande.
«Un genitore deve sempre compiere delle scelte, che siano giuste o sbagliate. Per undici anni io non ho saputo chi fossero realmente i miei genitori e che cosa avessi fatto di male per finire ad abitare da zia Petunia e zio Vernon. Quando Hagrid arrivò il giorno del mio undicesimo compleanno con la lettera da Hogwarts fui il bambino più felice del mondo, perché finalmente avevo una via di uscita da quella casa.
«Quando scoprii tutte le cose che mi erano state tenute nascoste – e ti assicuro che ero parecchio più grande, quando successe – mi arrabbiai molto, perché credevo di essere grande e di avere il diritto di sapere. Eppure quando è toccato a me ho fatto di tutto perché voi non sapeste. Addirittura ho raggiunto un accordo con il Ministero per cancellare il mio nome da ogni libro di Storia della Magia fino al 2020 in modo che voi non scopriste nulla per sbaglio, prima che io potessi raccontarvi tutto.
«È stato importante per noi – me e tua madre, ma anche per gli zii – preservare la vostra innocenza e la capacità che avete di fidarvi delle persone. Silente si augurava una scuola in cui tutti gli studenti potessero essere uniti a dispetto delle differenze di Case, ed ora guardatevi: Albus è un Serpeverde e ha fatto amicizia con altri Serpeverde. Pensi che una cosa del genere sarebbe potuta accadere se voi aveste saputo tutto fin da subito?
«E c’è un’altra cosa che ci ha trattenuti dal raccontarvi tutto fin da subito. Abbiamo toccato con mano quello che succede alle persone quando si sentono troppo importanti e volevamo che i nostri figli crescessero come eravamo cresciuti noi, senza troppi grilli per la testa e gioendo anche per le piccole cose.
«Vi abbiamo voluto proteggere dal male che quelle informazioni avrebbero potuto farvi. Spero che tu ci capisca un po’» concluse Harry, chinandosi di fronte a James e stringendolo.
«Prometti di non nasconderci più niente?» chiese James, guardando negli occhi il padre.
Harry annuì e strinse nel suo abbraccio anche Lily e Albus.

***

Al non vedeva l’ora di mandare un gufo a Scorpius, per fargli sapere che era davvero felice di conoscerlo e che nessuno si poteva permettere di dire che loro due non potevano essere amici, perché i loro padri si erano salvati la vita a vicenda anche se si odiavano, ma il sonno iniziava a chiudergli gli occhi, perciò rimandò tutto al mattino successivo.
L’ultima cosa che sentì prima di addormentarsi fu sua madre che faceva una domanda a suo padre. «Avremo fatto bene a raccontare tutto?»

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Dunque, qualche noticina: innanzitutto spero che il capitolo di spiegazioni vi sia piaciuto e vi abbia chiarito un po’ le motivazioni di Harry. La seconda cosa che voglio fare, prima di passare ai dovuti credits è ringraziare chi sta recensendo questa storia e mi riempie di complimenti. L’ho già fatto singolarmente ma voglio farlo pubblicamente: GRAZIE!

Ora i credits:

*  La frase viene dritta dritta da Harry Potter e i Doni della Morte. Ma sicuramente l’avevate riconosciuta J

** Se volete leggere una storia davvero commovente sugli ultimi momenti di Colin Canon durante la Seconda Guerra dovete sicuramente fare una visitina al profilo di Chiaki. Non leggete solo quella, ma tutto quello che ha scritto. E commentate, possibilmente, che se lo merita davvero J

*** L’idea che prima del “rimaneggiamento” Hermione nascondesse sempre la bocca mentre rideva viene da una storia di Kukiness, Denti Timidi. Leggetela perché ne vale davvero la pena.

Un bacio grande grande grande a tutti, e al prossimo capitolo!

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Capitolo 7
*** Un Natale pieno di sorprese ***


Capitolo 7 - Un Natale pieno di sorprese

Il mattino seguente Al non volle sentire ragioni: doveva assolutamente spedire un gufo a Scorpius prima di colazione, altrimenti si sarebbe scordato troppe cose e voleva raccontargli tutto quello che aveva scoperto e rassicurarlo sul fatto che sarebbero stati amici per sempre.
Mentre scendeva in cucina un gufetto gli lasciò tra le mani una busta di pergamena pregiata, e la grafia che diceva “Al signor Albus Potter” era quella del suo amico Scorpius. Ma non poteva già essere la risposta, a meno che Athena non fosse stata così veloce da arrivare a casa Malfoy in un minuto! Lui e Scorpius dovevano aver avuto la stessa idea.
Aprì la lettera e lesse quello che c’era scritto e un sorriso gli si formò sulle labbra mentre l’ultima riga gli scorreva sotto gli occhi.

“Amici per sempre”

***

La mattina di Natale Al si svegliò alla Tana. Come sempre avevano trascorso la Vigilia dai nonni, e come ogni anno erano rimasti a dormire cercando di incastrarsi tra vecchi divani e materassi trascinati giù dalla soffitta e ripuliti a dovere. Da che si ricordava, non credeva di aver mai trascorso un solo Natale in maniera differente.
Corse nel salotto, mentre dall’aria profumata di biscotti fatti in casa capiva che la nonna era già al lavoro da un bel po’. Si affacciò in cucina, dove la trovò abbracciata a nonno Arthur a ballare un pezzo di Celestina Warbeck. Doveva ancora capire cosa ci trovasse la nonna nella voce gracchiante di quella strega.
«Al, sei già in piedi? Non vedi proprio l’ora di aprire i tuoi regali, eh?» lo salutò la nonna, mettendogli in mano un pacchetto morbido. Al lo scartò lentamente, era stranamente piccolo per essere uno dei soliti maglioni tipici del Natale Weasley e non voleva rovinarsi la sorpresa. Dentro il pacchetto c’era una sciarpa verde e argento con lo stemma dei Serpeverde.
Alzò gli occhi verso i nonni e sorrise. «È bellissima, nonna! Grazie mille!»
Si lasciò abbracciare, poi nonno Arthur gli ricordò che gli altri regali lo aspettavano sotto l’albero e lui si precipitò ad aprirli prima che i suoi fratelli scendessero.
Nei pacchi con il suo nome trovò una Firebolt Deluxe identica a quella che James aveva ricevuto l’anno precedente, da parte dei suoi genitori. Gli zii Ron ed Hermione gli avevano regalato un set di pergamena da lettere molto pregiata – Rose doveva averli avvisati del fatto che aveva già finito quella che aveva comprato a Diagon Alley prima di partire per la scuola. James e Lily gli avevano comprato una scatola di Cioccorane, di cui era molto goloso e da Rose e Hugo aveva ricevuto una Ricordella NG, che oltre a fare del fumo rosso quando avevi dimenticato qualcosa, mostrava anche cosa avevi dimenticato.
Era rimasto un ultimo pacchetto, che non osava aprire perché temeva che fosse da parte di Hagrid. Lentamente gli si avvicinò e, notando che non saltellava e non tremava, prese coraggio e lo sollevò per un angolo della carta. Quando vide che a mandarlo era Scorpius trasse un respiro di sollievo e lo aprì. Conteneva un set di penne auto inchiostranti e un biglietto con su scritto:

“almeno i tuoi compiti non saranno più pieni di macchie”

Tipico di Scorpius preoccuparsi dei compiti anche nel bel mezzo delle vacanze. “Proprio come Rose,” pensò. E poi si mise a ridere per l’assurdità di quello che gli era appena passato per la mente.
«Che fai? Ridi da solo? Non lo sai che lo zio Bilius ha iniziato così?» disse James, irrompendo nel soggiorno e sedendosi al suo fianco.
«Ma lo zio Bilius non aveva visto un Gramo?»
«Sì, e si era messo a ridere.»
«Non me la ricordo proprio così.»
«Te la ricordi male. Ho ragione io.»
«Ma voi due dovete litigare anche la mattina di Natale?»
James e Albus si voltarono verso la nuova arrivata. Rose era vestita di tutto punto e si era seduta composta sul divano, prima di rimproverarli. Al e James si scambiarono un’occhiata. Indossavano ancora i loro pigiami rossi e non avevano neanche fatto colazione.
«E tu come mai sei già vestita?»
«Vengono Trevor e i suoi, sai il padre è un collega della mamma e allora…» si interruppe, arrossendo parecchio.
«Bleah!» dissero in coro i due ragazzini.
«James, Al! Perché siete ancora in pigiama? Per la barba di Merlino, ho due selvaggi per figli, e i Malfoy saranno qui fra poco! E, Al! Li hai invitati tu!» la mamma aveva il piglio autoritario della nonna e Al si preoccupò immediatamente.
«Ma è ancora pres-» gli mancò la voce, quando gli occhi trovarono l’orologio e si alzò di scatto, trascinando il fratello nella stanza che condividevano con Hugo e Fred.
Quando Al tornò al piano di sotto i Malfoy e i Goldkey erano già arrivati. Nonna Molly li aveva fatti accomodare in salotto e continuava a sfornare biscotti.
«Al!» lo chiamò Scorpius appena lo vide, ma prima di alzarsi chiese con gli occhi il permesso ai genitori. «Al! Ho ricevuto una Nimbus! Una Nimbus Duemiladiciotto! Quest’estate la porterò qui e…» Al era scoppiato a ridere, non aveva mai visto Scorpius tanto entusiasta per qualcosa e Scorpius si interruppe confuso. «Ho detto qualcosa di buffo?»
«No, ma quest’estate ci divertiremo da matti!» annunciò e infilò una mano nella ciotola dei biscotti. Ne afferrò due o tre e se ne mise uno in bocca. Poi, notando lo sguardo severo di sua madre, ne offrì uno a Scorpius.
«Pfuoiupifcotto?» chiese e sua madre scosse la testa, rassegnata.

Una mezz’oretta dopo, suo padre ricevette un gufo, lesse la lettera e improvvisamente si fece serio.
«Malfoy, posso parlarti un secondo in privato?» chiese al padre di Scorpius e i due bambini si guardarono stupiti.
«Cosa potrà volere mai da tuo padre?» bisbigliò Al nell’orecchio di Scorpius, che in risposta alzò le spalle, come per dire che non lo sapeva proprio.
Proprio in quel momento Roxanne comparve alle loro spalle e li abbracciò entrambi.
«Curiosi di sapere quello che si dicono di là?» chiese, con atteggiamento cospiratorio, e i due annuirono.
«Allora venite di sopra» disse secca, precedendoli.
Sulle scale trovarono Fred con un paio di Orecchie Oblunghe che ascoltava la conversazione tra suo padre e il padre di Scorpius.
«E quelle dove le hai prese?» chiese Scorpius, indicando le Orecchie Oblunghe.
«Quando sei il figlio del proprietario dei Tiri Vispi Weasley ne hai sempre un paio di scorta» affermò con orgoglio. «Comunque, la conversazione non è granché interessante, almeno per me. Per te potrebbe esserlo.»
Fred passò il filo dell’Orecchio a Scorpius, mentre Roxanne estraeva dalla tasca un groviglio di filo dello stesso colore e lo passava a Albus.

Al termine della conversazione tra i loro padri, Al e Scorpius si affrettarono a togliere di mezzo le Orecchie Oblunghe. Sapevano perfettamente che nessuno dei loro genitori avrebbe molto gradito se li avessero scoperti ad origliare.
Quando furono di nuovo in salotto, i genitori di Scorpius avevano già indossato i loro mantelli.
«Scorpius, che fine avevi fatto?» gli chiese curiosa la madre.
«Ero di sopra con Albus a vedere la sua Firebolt Deluxe» mentì, ma con il tono sicuro di chi diceva la verità. Al non sarebbe mai stato così bravo.
«Una Firebolt? L’hai già provata, ragazzo?» il padre di Scorpius si era rivolto a lui, che si sentì un po’ in imbarazzo. Il tono di voce di Draco Malfoy, tra l’altro, lo intimoriva un po’. Ora capiva perché Scorpius avesse tanta paura di deluderlo, eppure rimaneva convinto che lui gli volesse molto bene.
«No, signor Malfoy. L’ho ricevuta stamattina» rispose.
«E prima su cosa volavi?»
«Avevo una Comet Quattrocentonovanta. Ma quella va bene per le partite in giardino, non per il Quidditch a scuola.»
«Per che ruolo ti proporrai il prossimo anno? Anche tu Cercatore come tuo padre?»
«No, io preferisco Cacciatore, come la mamma, o Battitore, come lo zio George» Albus non capiva davvero tutte quelle domande e guardò Scorpius, ma dalle occhiate dell’amico comprese che neanche lui riusciva a capire il perché di quell’interrogatorio.
«Anche tua madre era una bravissima Cercatrice» gli sorrise. Forse stava solo cercando di conoscere meglio l’amico di suo figlio, si disse Albus.
«Sì, ma Harry era molto più bravo di me» rispose sua madre.
«Già, Potter era infallibile. Una volta riuscì a fregarmi il Boccino da sotto il naso anche con un braccio rotto!»
«Non mi ricordare quella volta, ti prego. Ho ancora incubi in cui provo a fermare Allock dal tentare di ripararmi le ossa!»
Albus scoppiò a ridere, aveva sentito quella storia un milione di volte, ma ogni volta che suo padre la raccontava finiva con il ridere a crepapelle.
«Papà, mi insegneresti a giocare a Quidditch?» chiese Scorpius, con gran sorpresa di tutti. Soprattutto di suo padre.
Draco Malfoy mise un braccio sulla spalla del figlio ed attese che rialzasse la testa. Quando Scorpius lo fece, il signor Malfoy sorrise. «Temevo che non me l’avresti mai chiesto.»
«Pensavo che non volessi farlo. Ogni volta che parlavo di Quidditch mamma si innervosiva e allora…» sospirò, invece di terminare la frase.
«Tesoro mio, il Quidditch mi rende nervosa perché è un gioco in cui ci si fa parecchio male, come ti ha appena raccontato il signor Potter, e tu eri davvero troppo piccolo. Però se questa è una cosa importante per te, come posso dirti di no? E almeno il Quidditch non è il Torneo Tre Maghi, e non vuoi neanche andare a cavalcare draghi… direi che dovrò rassegnarmi al fatto che mio figlio sarà un magnifico giocatore di Quidditch» la signora Malfoy concluse con un gran sorriso, e Scorpius corse ad abbracciarla.
Al era tremendamente felice per il suo amico. Quel Natale era fantastico, e quell’estate che avrebbero trascorso insieme lo sarebbe stato ancora di più.
«Ora però dobbiamo proprio andare. Nonno Lucius sarà a casa tra poco e non voglio che non ci trovi lì ad attenderlo» disse il signor Malfoy e la zia Hermione sussultò sul divano, portandosi una mano alla gola. «Potter, non so come ringraziarti. È un regalo di Natale meraviglioso, più di quanto tu possa immaginare.»
Suo padre sorrise. «Non sai cosa darei per riabbracciare i miei genitori.»

 

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Dunque dunque dunque... cosa vi devo dire alla fine di questo capitolo? Non so... che spero che vi sia piaciuto? Lo so che sono un po' in anticipo sul Natale vero... ma se avessi dovuto sincronizzare le cose non avrei postato fino al 24-25 dicembre, immagino che sia meglio così, no?

Un bacio a tutti, soprattutto alla mia GSAN Vannagio e alla cara BD dal CdB Dragana, che ha appena fatto un trasloco. E a Jakefan, che ha da poco concluso la sua Meravigliosa Creatura Rising Sun, che anche se non vi piace Twilight vi piacerà sicuramente, e al caro Abraxas, che piano piano sta portando a termine la sua long slash In Un'Altra Vita.

CONSIGLI DI LETTURA (lo so che già ne ho fatto qualcuno):

Blood Pudding di Vannagio
Harry Potter e l'altra apertura di Kukiness
Tattoos&Dragons di Dragana

Sono tutte e tre storie bellissime scritte per il contest "Diagon e Notturn Alley: Aprite il vostro negozio" indetto da Ottonovetre

Ok, ho finito

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Capitolo 8
*** Pregiudizi e giudizi ***



Capitolo 8 - Pregiudizi e giudizi

Quando anche i Goldkey se ne furono andati, la zia Hermione guardò il padre di Al con uno sguardo omicida.
Al, seduto attorno all’albero con gli altri cugini, fingeva di ammirare i loro regali, ma in realtà non perdeva un secondo della conversazione dei grandi.
«Lucius Malfoy fuori da Azkaban, Harry? Sei per caso impazzito? Lui era uno dei fedelissimi di Voldemort!»
«È ad Azkaban da quasi vent’anni, Hermione! È vecchio e malato e l’assistenza sanitaria in prigione è minima, per quanto le condizioni siano molto migliorate da quando non ci sono più i Dissennatori.»
«Ci doveva morire, in quella prigione!»
«Non ragioni in maniera lucida. Ha diritto di passare gli ultimi anni che gli rimangono con la sua famiglia.»
«E tutte le famiglie che lui e i suoi amichetti hanno distrutto? I tuoi genitori, Harry? E quelli di Neville? E tutte le persone che hanno torturato? Il signor Olivander? Luna? Neville? -»
«Te? Hermione, te l’ho detto. Non sei lucida abbastanza su questo argomento. È vecchio, è malato e Draco Malfoy mi ha dato la sua parola che si prenderanno cura di lui. Per me è abbastanza per dargli i domiciliari.»
«Da quando ti fidi di Malfoy, Harry?» gli chiese lo zio Ron. Aveva una voce strana, tetra, lui che di solito era sempre allegro. Al rimase un pochino perplesso.
«Le persone cambiano, Ron. E se ha educato un figlio di cui il mio riesca a fidarsi non può essere cambiato che in bene.»
«I bambini si fidano di tutti, Harry!» lo riprese Hermione.
«Alla loro età noi non ci fidavamo di chiunque, o te lo sei scordata?» Al pensò che era insolito sentire il tono fermo, quello “da Auror”, che suo padre usava quando rimproverava lui e James rivolto agli zii.
«Ma lui è Draco Malfoy, Harry. È un Serpeverde!»
«Anche mio figlio, Ron. E vorrei ricordarti che Peter Minus era un Grifondoro. Per me la questione è chiusa. Il Wizengamot ha deciso e io ho firmato l’ordine di scarcerazione in qualità di capo dell’Ufficio Auror. Lucius Malfoy tornerà a casa dalla sua famiglia.»
«Ehi, Al, me l’hai regalato tu?» James attirò la sua attenzione e gli agitò sotto il naso la scatola del set per la Cura dei Manici di Scopa che aveva tanto desiderato.
«No, Jamie. Credo che quello sia da parte di Scorpius!»
Si perse nel chiacchiericcio dei suoi cugini e il resto del discorso dei suoi genitori gli rimase oscuro.

***

Il rientro ad Hogwarts fu traumatico. Al si era abituato ad essere svegliato più o meno tardi dalla voce della sua mamma, e tornare là, dove doveva svegliarsi da solo, lo rendeva triste.
Per di più per colpa delle regole della scuola aveva dovuto lasciare la sua Firebolt Deluxe a casa. E questo lo rendeva ancora più triste.
C’era una cosa che lo metteva di buonumore: Rose aveva litigato con Trevor a Capodanno e non si parlavano da allora. Avere la cugina tutta per sé lo rendeva felice. Odiava ammetterlo, ma era proprio geloso che lei rivolgesse la sua attenzione a qualcun altro, specialmente se quel qualcuno non aveva passato il suo esame. E quel Trevor la sua approvazione non l’avrebbe mai avuta.
Quella mattina camminava con Scorpius verso l’ingresso della Sala Grande per la colazione, quando furono raggiunti da Rose.
«Scorpius, non ti ho ancora ringraziato per questo!» esclamò, agitando il braccialetto che portava al polso davanti agli occhi del ragazzino. «Ammetto che è stato davvero maleducato da parte mia, ma sai, ho litigato con Trevor e non avevo molta voglia di sentire nessuno. A te come sono andate le vacanze? Come è andata con tuo nonno a casa?»
Al aveva provato a fermarla, aveva scosso la testa e fatto smorfie strane nel tentativo. Non che ci fosse niente di strano in quello che lei aveva domandato e in quello che il suo amico aveva fatto, ma a Scorpius le domande non piacevano, soprattutto quelle sulla sua famiglia, e allora…
«Bene, direi» rispose Scorpius, placando i pensieri di Al.
«Solo “bene”?»
«Beh, sì. Il nonno è anziano e malato. Sono stato un sacco di volte a fargli compagnia, dice che gli piaccio. Gli ho raccontato di Hogwarts e di te e Al. Mi è sembrato felice.»
Al fissò per un lungo istante Rose, poi spostò lo sguardo su Scorpius e alla fine decise di entrare nella Sala Grande, passando in mezzo ai due amici.
«Ti tengo il posto.»
Non aveva fatto neanche in tempo a sedersi, però, che già il posto accanto al suo era occupato.
«Si può sapere cosa ti è preso, Al?» sbuffò Scorpius, appoggiando con cura la sua cartella di pelle di drago alla panca.
«Niente, mi sembrava di disturbare e me ne sono andato.»
«Sei uno scemo. E poi le ho semplicemente ripetuto quello che ho detto a te ieri sera.»
«Lo so, ma… insomma, tu sei il mio amico! Lei può cercarsene altri!» borbottò Al e la cosa fece ridere Scorpius così tanto, che dovette appoggiare il cucchiaio con cui mangiava il porridge e bere un sorso di succo di zucca per riprendersi.
«Ma ti senti? Comunque tua cugina è una testarda e lo sai anche tu che non si sarebbe tolta di torno finché non le avessi detto tutto. E poi il nonno mi ha detto che devo essere gentile con lei, perché la nostra famiglia ha tanto da farsi perdonare dalla vostra.»
«Ah, è solo per questo che mi sei amico?» Al si indispettì un po’.
«No, e siamo amici da prima che conoscessi mio nonno, mi pare. Se ti sono amico è perché tu sei stato mio amico fin da subito.»
Al non capì cosa volesse dire Scorpius, ma non gli importava. La risposta che voleva l’aveva avuta.
«E senti, non mi hai detto se hai imparato a giocare a Quidditch!»
«Un po’. Ma abbiamo giocato poco, è stato sempre brutto tempo, su alla villa. E poi ho preferito passare il tempo con il nonno, mi ha raccontato un sacco di cose divertenti su papà quando era piccolo! Posso comunque imparare quest’estate da te, no?»
«Certo che puoi!» Al afferrò la sua sacca di cuoio e se la buttò sulla spalla, prima di uscire dalla Sala Grande quasi saltellando.
«Mio padre ha chiesto un periodo di aspettativa per aiutare la nonna e la mamma, o almeno ha detto così. Secondo me è solo perché vuole stare vicino al nonno, almeno finché non sarà sicuro che sta bene.
«Credo che la mamma chiederà ai tuoi se posso stare con voi tutta l’estate, o un po’ di più di quanto dovessi stare.»
«Come mai?» chiese Al. Non poteva dire al suo amico che ne era felice, perché magari Scorpius non lo era affatto. Magari lui voleva stare con suo nonno. Magari…
«L’ho chiesto io. Almeno papà non dovrà dividere il suo tempo tra me e lui.»
«E lui che ti ha detto?»
«Niente che potesse farmi cambiare idea.»
«Scorpius…» Al non sapeva che aggiungere. Immaginava che il padre di Scorpius avesse fatto tutto quello che poteva per tenerlo a casa. L’aveva fatto, no? «Spero proprio che mia madre accetti.»
Si sedettero a lezione, e non parlarono più dell’argomento.

***

I mesi passarono velocemente e la primavera portò con sé l’ansia da esame di fine anno. Scorpius, che aveva solo in parte risolto i suoi complessi da mi-sacrifico-prima-che-mi-chiedano-di-farlo parlando con i suoi genitori, aveva raddoppiato i suoi sforzi sui libri, per essere sicuro che il nonno fosse orgoglioso di lui. Al doveva ancora capire dove trovasse il tempo per fare tutto. Rose passava ogni minuto libero dalle lezioni in biblioteca, perciò ad Albus non restava da fare che imitarli e studiare.
La sua testa però divagava. L’estate stava per arrivare e avrebbe portato Scorpius a casa sua per due mesi. Sapeva che si sarebbero divertiti, ne era sicuro, ma era preoccupato per Scorpius, che non aveva mostrato mai nessun ripensamento sulla decisione di non passare a casa neanche un giorno.
Ad agosto Teddy sarebbe tornato dall’addestramento Auror. Non vedeva l’ora di riabbracciare quello che a tutti gli effetti era il suo fratello maggiore, ma sapeva che Victoire l’avrebbe preteso tutto per sé, soprattutto perché quello era il suo ultimo anno ad Hogwarts e avrebbe avuto l’estate completamente libera.
Una cosa buona era successa, in tutti quei mesi. Rose si era impegnata a non fidanzarsi fino alla fine della scuola. Che fosse perché era convinta che Trevor l’avesse distolta troppo dagli studi era un altro conto, ma ne era felice.
«Al, tutto bene?» gli chiese Scorpius. Al annuì. «Era più di mezz’ora che guardavi fuori dalla finestra con la piuma in mano. Sei sicuro che sia tutto a posto?»
«Sì, forse ho solo bisogno di una pausa. Perché non usciamo un po’? È una così bella giornata!»
«Ma domani iniziano gli esami!»
«E sono due mesi che ci prepariamo, Scorpius!» insistette Al.
«E va bene. Finiamo di rivedere i dodici usi del sangue di drago nelle pozioni e usciamo a fare una passeggiata. In effetti mi sento un po’ stanco anche io.»
«Un’ora dopo lasciarono la Biblioteca e si diressero verso l’esterno. Al soffocò uno sbadiglio.
«Forse sarebbe meglio se andassi a dormire prima.»
«Ma non mi va di lasciarti solo. La sala comune di notte fa paura!»
«Hai ancora paura della sala comune dopo un anno che vivi nella casa di Serpeverde? Sei assurdo!»
«Grazie.»
«Prego. È solo la verità.»
Dovettero coprire gli occhi con la mano per qualche secondo, una volta fuori. Il sole brillava alto e in giro c’erano davvero tanti studenti con i libri.
«Perché non ci abbiamo pensato anche noi!» esclamò Scorpius.
Al lo guardò, non era stupito dall’esclamazione dell’amico, perché ormai sapeva che per lui staccarsi dai libri era una vera e propria tortura. Esattamente come per sua cugina Rose, che identificò sotto un albero in riva al lago circondata dai loro parenti. Lei studiava, loro giocavano. Come facesse a studiare con tutto quel rumore lo sapeva solo lei.
Sentì il solito pizzico di nostalgia che lo assaliva ogni volta in cui vedeva tutta la sua famiglia ridere e scherzare in quel modo. Dopo Natale la tregua era finita e, sebbene non l’avessero più preso in giro come nel primo periodo, era anche vero che praticamente non lo consideravano quasi più.
James e Rose almeno partecipavano alle attività di famiglia.
«Perché non vai con loro?»
«Perché tu sei mio amico e non voglio lasciarti solo» rispose.
«Ma è chiaro che ti mancano, Al!» insistette Scorpius.
Al sospirò. «Anche a te mancano i tuoi, eppure passerai l’estate con me!»
«Non c’entra niente, Al. Io…» Scorpius non completò la frase, ed era strano, per uno come lui. «Ok. Torno a casa per un mese. Esattamente come eravamo d’accordo all’inizio. Va bene?»
Al sorrise. Aveva ottenuto di fargli ammettere che la sua famiglia gli mancava. Annuì.
«Vieni con me» disse e, prima che Scorpius potesse ribattere qualsiasi cosa, lo afferrò per un braccio e lo trascinò di fronte a tutta la sua famiglia. All’improvviso ad Al non parve più una buona idea, quella che aveva avuto, ma ormai c’era e doveva andare fino in fondo. Ai Serpeverde il coraggio non mancava, solo che spesso preferivano salvarsi la pelle, o no? Fece un passo in avanti, in modo che tutti i cugini si accorgessero di lui.
«Ehm… ciao» disse e Scorpius alzò gli occhi al cielo. Non era proprio il miglior modo di iniziare un discorso, quello. Al si fissò le scarpe per un secondo, poi decise che doveva mostrarsi coraggioso come il suo papà e iniziò a parlare alternando lo sguardo su tutti i suoi cugini, per dimostrarsi più sicuro di quello che era.
«Sentite. Io sono un Serpeverde e probabilmente mi farò degli amici tra di loro, ma me ne farò anche nelle altre case, come mio padre. La sua prima fidanzata era una Corvonero, Luna era una Corvonero, Cedric Diggory era un Tassorosso. Ok, non aveva amici tra i Serpeverde, ma il Cappello Parlante voleva spedirci lui. Io sono un Serpeverde e Scorpius Malfoy è mio amico. Ma questo non significa che voi non siete la mia famiglia o che io non vi voglio bene!» finito di parlare, tornò a fissarsi le scarpe. Il coraggio che lo aveva spinto fino a quel momento era completamente svanito nel nulla.
Si accorse di qualcuno che si stava avvicinando quando una nuvola di profumo alla vaniglia lo avvolse tra le sue braccia, facendogli finire in bocca i lunghi capelli rossi.
«Anche tu sei sempre famiglia, Al! E sei sempre il mio preferito di questa banda di doxy indisciplinati. Mi dispiace non avertelo fatto capire prima.»
Dopo Victoire, che essendo la più grande era una sorta di capo del clan Weasley-Potter, tutti gli altri cugini lo abbracciarono e si scusarono con lui. Rimase solo Fred.
«Senti… io… cioè… Beh, hai capito, no?»
«Scuse accettate, Fred. Ma quest’anno sei in squadra con me e Scorpius.»
«E Teddy, Al. Non ti perdonerebbe mai se lo facessi stare in squadra con Jamie. Sai quanto sono competitivi!»
«Guarda che sono qui, Vic! Non parlare come se non ci fossi!» si lamentò James, e tutti scoppiarono a ridere.
«Scusaci anche tu, Scorpius. Avremmo dovuto fidarci del giudizio di Al molto tempo fa, invece di ragionare con i pregiudizi vecchi di vent’anni. Ora io devo andare a studiare, e fareste bene anche voi a rientrare, banda di scansafatiche!»
«Tua cugina è bellissima» disse Scorpius, quando ormai Victoire si fu allontanata.
«E irresistibile» aggiunse Fred.
«E fidanzatissima» fu la battuta di James.
«E ha un quarto di sangue Veela» borbottò acida Rose, senza neanche alzare la testa dai libri.
Al pensò che fosse del tutto insolito che Rose parlasse male della cugina più grande, ma si convinse che fosse soltanto perché stavano disturbando il suo studio.

______________________

Questo primo anno ad Hogwarts è praticamente finito. La settimana prossima pubblicherò un brevissimo epilogo e poi inizierò a scrivere (non a pubblicare) il secondo anno… che pubblicherò quando sarà finito.

Spero che la storia vi sia piaciuta, ci sono un sacco di cose che approfondirò in seguito (in particolar modo i rapporti tra Scorpius e la sua famiglia), considerato che questo anno è stato praticamente tutto narrato dal punto di vista di Albus, mentre il prossimo sarà più incentrato su Scorpius e sui Malfoy, e spero davvero che vi piacerà allo stesso modo.

Per il momento e per i ringraziamenti, ci rivediamo la prossima settimana.

Un bacio a tutti.

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


Epilogo

Gli esami andarono incredibilmente bene per tutti. Persino James e Fred, che avevano trascorso gli ultimi due mesi a progettare gli scherzi da fare durante le vacanze, passarono tutte le materie con dei buoni voti.
Il banchetto finale elesse Grifondoro come vincitore della Coppa del Quidditch e Corvonero di quella delle Case.
Nei giorni successivi i bauli vennero chiusi, i dormitori riordinati e le divise furono sostituite da abiti Babbani.
Il viaggio di ritorno fu per certi versi più malinconico di quello di andata, ma per Al era ancora più eccitante. L’estate avrebbe portato tantissime avventure per lui e Scorpius.
All’arrivo c’erano i rispettivi genitori ad aspettarli.
«Ci vediamo tra un mese, Scorpius! E ricordati di portare la tua scopa!» disse Al, salutando il suo migliore amico.
Se ne andarono in direzioni diverse, pronti a riunirsi presto, per passare insieme l’estate.
Suo padre gli circondò le spalle.
«Sei felice, Al?»
«Certo, papà. Non potrei esserlo di più» rispose. E ne era davvero convinto.

 

Ed ecco qui l'epilogo.

Lo dedico alla carissima Vannagio per il suo compleanno, avrei voluto scrivere mille altre cose, ma non ci sono riuscita... spero che l'epilogo ti sia comunque gradito.

Ora passiamo ai ringraziamenti:

- ringrazio Vannagio, Dragana, Abraxas e Kukiness, che sono state le prime cavie di lettura di questa storia. L'hanno conosciuta quando era ancora in divenire e mi hanno convinta che fosse una cosa che meritava di essere pubblicata. Un bacio grande a tutti e quattro.

- un grosso ringraziamento va a chi non mi ha mai fatto mancare il suo supporto con le recensioni, anche quando non si trovava d'accordo con alcune mie scelte

- grazie a chi ha inserito la storia tra le seguite, le preferite e le ricordate, e grazie soprattutto a chi attenderà che finisca di scrivere il secondo anno di questa amicizia. E' pensando a voi che cercherò di sbrigarmi a scriverla.

Un bacio grandissimo e a presto (speriamo).

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