UhUh! Ti sono mancati i miei punti èh? Lo so anche a me.
1) «Dovresti provare con il morso: il cavallo sarebbe più gestibile e tu ti troveresti meglio.»
«Sì Zayn, va bene.» dissi, con l’intento di farlo stare zitto.
Era da quando avevamo toccato terra con i nostri piedi che continuava a blaterare su quanto il morso fosse meglio del filetto per l’imboccatura del cavallo.
Anche se la mia opinione era diversa.
Sbuffai rumorosamente per l’ennesima volta e mi voltai verso di lui.
«Non prenderla sul personale, ma non m’importa. Sai com’è? Il ragazzo che amo è in coma da un mese e non da alcun accenno di vita a parte un perpetuo e lento ticchettare di deboli battiti e quella che un tempo era la mia migliore amica non fa altro che fare la stronza con me. Quindi, Zayn: pausa, un secondo. Zittisciti!» lo implorai.
In effetti era un po’ strano dire a un tipo come Zayn di stare zitto: il chiacchierone era Niall.
Ma mi ci abituai, lentamente.
Cosa potevo fare, altrimenti? Rimanere a deprimermi per una situazione che in quel momento era irreparabile e che, probabilmente, sarebbe rimasta tale per parecchio tempo?
No, non era da me.
«Hai ragione, Jess. Scusami.» rispose Zayn, avvicinandosi a me per poi abbracciarmi.
Sorrisi appena e mi staccai da lui.
«Puoi finire tu, per favore? Io… devo andare.» gli chiesi e lui annuì e sorrise.
Sorrisi di risposta e corsi in casa.
«Jamie, dove sei?» urlai dalle scale.
«In camera, vieni!» rispose lei.
Nel preciso istante in cui sentii la sua voce mi chiesi perché dovesse essere così irritante.
Scossi la testa e mi fermai davanti alla camera di Louis, la quale era diventata la sua camera e pochi vi potevano entrare.
Spinsi leggermente la porta e sbirciai dentro: Jamie era sdraiata sul letto a guardare la tv.
Diedi due colpi al legno freddo con le dita, attirando la sua attenzione su di me.
«Oh, entra pure.» mi invitò, spegnendo la tv e facendomi segno di sedermi sul letto vicino a lei.
Sospirai e feci come richiesto, per poi guardarla negli occhi.
«Senti Jessica, io volevo scusarmi con te…» iniziò a dire. «… per tutto. Insomma: sono stata una pessima amica. Ti ho sempre messa da parte, sottovalutata, oscurata e questo non va bene. Ma il fatto è che io sono sempre stata invidiosa di te.» ammise, abbassando la testa.
«Cosa? Stai scherzando, spero.» dissi io, guardandola scetticamente.
«No, affatto! Tu avevi tutto, io niente.»
«Cambia spacciatore, Jamie. Non sono venuta qui per sentirti delirare o per essere presa in giro.» dissi. «Io ero gelosa di te: tu avevi tutto. Una famiglia che ti voleva bene e ti viziava, una sorella maggiore che non faceva altro che scarrozzarti a destra e sinistra, eri così bella e così maledettamente ricca e fortunata… guarda me, invece! A diciannove anni sono piena di cicatrici, ho dei capelli che fanno pietà poiché al collegio mi permettevano di lavarli solamente una volta al mese e il mio ragazzo è in coma. Non credo fossi gelosa di tutto questo.» confessai, sentendo il fiato mancare e gli occhi pizzicare in una maniera assurda.
«Stai parlando di due anni a questa parte, tu! Io parlo di prima, molto prima. Eravamo ancora bambine! I miei genitori litigavano, i tuoi si amavano e quel poco che avevano lo davano a te. Ma lo facevano perché ti volevano bene, non per comprare la tua fiducia come facevano i miei. E poi diciamocelo: sei bellissima. E Marcus era innamorato pazzo di te ma anche a me piaceva! Ed io ero gelosa perché lui aveva scelto te!» iniziò ad urlare ed io non ci vidi più.
«Non c’entra un cazzo Marcus, adesso! E nemmeno quei peluche microscopici che mi portava a casa mio padre dal negozio in cui lavorava, Jamie! Io ero morta per loro, come per te e per tutti! Non avevi nessun motivo di essere gelosa di me perché anche i miei genitori litigavano, se questo è il punto. E mio padre prendeva a botte sia me che mia madre. Vorresti mettere la tua vita d’oro contro la mia vita di merda? Vorresti mettere che tu hai vissuto questi due fottuti anni come un’adolescente normale mentre io li ho vissuti a patire le pene dell’inferno in un collegio che non so perché è ancora aperto?»
Mi accorsi di urlare e piangere allo stesso momento solo quando Jamie mi abbracciò.
Ma me la staccai di dosso.
«Se era un pretesto per litigare, potevi anche dirmelo e sarei venuta più preparata.» dissi, asciugandomi le lacrime e dirigendomi verso la porta.
«No Jessica! Io ci tengo a te!»
«Vallo a raccontare a qualcun altro. Ho chiuso con te!» sputai, richiudendomi la porta alle spalle.
Corsi in camera mia e chiusa a chiave, per poi andare in bagno ed infilarmi sotto la doccia.
Ero vestita ma non mi importava: volevo solo che quell’orrenda sensazione delle lacrime che scorrevano lungo il mio viso cessasse.
Almeno sotto al getto d’acqua sembrava fossero un tutt’uno.
Rimasi lì dentro per circa mezz’ora e poi uscii.
Mi asciugai per bene e mi buttai sopra al letto, per poi addormentarmi, senza pensare minimamente allo stomaco che brontolava o alle urla di Jamie che ancora mi rimbombavano in testa.
Pensai solo che il giorno dopo sarebbe potuto essere migliore.
Una fragorosa risata mi fece sobbalzare.
Giurai fosse la voce di Louis, ma era praticamente impossibile dato che era rinchiuso in prigione.
Scossi la testa e guardai l’orologio sopra al comodino: mezzogiorno.
Avevo dormito tantissimo e avevo mille lame che mi trafiggevano lo stomaco.
Mi alzai, mi cambiai ed uscii dalla mia stanza, scendendo lentamente le scale ancora assonnata.
Qualcuno si avvicinò a me e mi ci volle un po’ prima di rendermi conto che fosse Harry.
«Jess, c’è una cosa che devi sapere prima di scendere quell’ultimo scalino.» mi disse, afferrandomi per i polsi.
«Ommiodio… Niall?» chiesi allarmata, pensando gli fosse successo qualcosa.
Ma lui scosse la testa serio e mi guardò dritto negli occhi.
«C’è…» iniziò a dire, ma poi venne interrotto da qualcuno.
«Ehilà Jessica, è un bel po’ che non ci si vede!»
Sgranai gli occhi e spostai Harry con una spinta da davanti a me, così da poter vedere l’ultima persona al mondo che sarebbe dovuta essere lì: Louis Tomlinson.
«Tu cosa ci fai qui?» dissi, piena di rabbia al solo pensiero che stesse respirando la mia stessa aria.
«Bè… Jamie ha pagato la cauzione e mi hanno ridotto la pena agli arresti domiciliari.» spiegò, come se niente fosse, mentre quell’arpia – che altro non era – gli si strusciava addosso come una gattina che fa le fusa.
«Ma non si può! È contro la legge!» protestai, guardandomi intorno.
Tutti erano a testa bassa e non fiatavano.
«Vero, a meno che tu non abbia un padre che fa l’avvocato e che ti riempie d’oro.» rispose Jamie, soffocando una risatina bastarda.
«Bene, allora io me ne vado.» dissi, scendendo l’ultimo gradino ed avvicinandomi all’appendi abiti per prendere la mia giacca.
«Cosa?!» disse Harry, costringendomi a guardarlo.
«Se stare qui significa vivere con due criminali bè: preferisco di gran lunga vendermi al preside del collegio pur di rientrare.» sputai, guardandoli uno ad uno.
«Jess, tu… non puoi farlo.» sussurrò il riccio, avvicinandosi a me.
Cercò di abbracciarmi ma lo respinsi con tutte le forze che avevo in corpo.
«Smettetela di dirmi cosa devo e cosa non devo fare!» urlai, trattenendomi nel dare un pugno al muro. «Tu non dovevi permettere che lo facessero!» dissi poi, rivolgendomi a Trudy. «E io che pensavo che la mia vita stesse migliorando.»
Un singhiozzò mi scappò dalla gola e Louis sorrise beffardo.
«Ehi, va tutto bene…» tornò a dire Harry, avvicinandosi nuovamente a me.
«No invece!» urlai e lui si allontanò di scatto. «Tu… avevi detto che avresti fatto di tutto purché quell’essere dietro di te scontasse la sua pena. Allora perché hai permesso che entrasse di nuovo dentro questa casa, eh? Non eri forse tu la persona che aveva detto che io e Niall non meritavamo di soffrire? Oh, ma tanto che importa: uno è per lo più morto e l’altra invece non è mai esistita per nessuno! Dovreste vergognarvi. E non lo dico per me, ma per Niall.»
Sbuffai come un toro ed aprii la porta di casa, uscendone.
E non sarei ritornata. Non subito almeno.
Attraversai il corridoio e mi fermai davanti alla camera di Niall.
Ma prima di aprire la porta constatai che non vi fosse nessuno: era così.
Abbassai la maniglia ed entrai, presi posto vicino al letto ed allungai la mia mano fino a prendere la sua.
Sentii delle lacrime scendere lungo tutto il mio viso, ma non me ne preoccupai.
Quale posto è migliore per piangere se non un ospedale?
La cosa che più mi mise paura fu quell’enorme pressione sul petto, quel senso di vuoto incolmabile e di rabbia che prendevano il sopravvento.
Mi avevano deluso. Sarei rimasta vicino a Niall perché lui era tutto quello che mi rimaneva, a parte una felpa grigia, venticinque sterline e un pacchetto di fazzoletti.
«Vorrei che non fosse successo tutto questo.» sussurrai, guardando il viso di Niall. «Se non fosse stato per me tu a quest’ora non rischieresti di essere quasi morto.» dissi poi, stringendo la sua mano e sperando in qualcosa che non sarebbe mai potuto arrivare.
Rimasi lì a lungo, con lo stomaco che mi si contorceva dalla fame e con gli occhi che bruciavano per le lacrime.
Uscii dal bagno delle donne e qualcuno mi diede una spallata.
«Scusa.» dissi con nonchalance.
«Jessica? Dove vai?»
Nel sentir pronunciare il mio nome alzai il volto e mi ritrovai davanti Marcus.
«Oh, ciao. Stavo andando via.» affermai, cercando di abbozzare un mezzo sorriso.
«Vai a casa?» chiese lui, avvicinandosi a me.
«Bè, a dire la verità non posso…» dissi, abbassando la testa.
«Perché?»
«Nah, lasciamo perdere.» risposi.
«Ti va di andarci a prendere un caffè? Facciamo una passeggiata e parliamo un po’…» propose lui, sorridendo.
«Okay, dai.»
Cercai di sorridere a mia volta e mi avvicinai, per poi seguirlo verso l’uscita.
«Perché non puoi tornare a casa?» chiese, sorseggiando il suo frullato.
«Perché ho litigato con i miei coinquilini…» risposi, tenendo lo sguardo dritto sulla strada.
«Non hai un altro posto dove stare?»
«Ecco… no.» ammisi, sospirando.
Lui finì di bere e buttò il bicchiere nel primo cestino che trovò lungo il marciapiede, poi si voltò verso di me.
«Allora ti do due scelte: puoi rimanere a dormire sugli alberi come la ragazza di Hunger Games oppure puoi fermarti a casa mia.»
«A casa tua? No, ti darei fastidio e poi…»
«Vivo da solo e poi non mi azzarderei mai a toccarti! Il tuo ragazzo è in coma ma non morto. E poi eravamo amici, no?» disse, sorridendo.
Strappò un sorriso anche a me e mi costrinse a guardarlo negli occhi.
«Ci stai?»
Sospirai e ci pensai un secondo.
«Va bene.» risposi e lui sorrise. «Però devi sapere che non ho niente.»
«Ci penso io: tu fidati di me.» rispose, riprendendo a camminare.
Da una parte ero felice, ma dall’altra devastata: non avrei pensato che quella casa e quelle persone, nonostante mi avessero fatto tanto male, mi sarebbero mancate così tanto. #BestDramaticChapterEverEverEver (getting back together)
2) Spazio autrice e gifs absolutely awesome! Good job Earl!
ByeByeBabyBrittany |