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Autore: My Pride    02/04/2012    7 recensioni
~ Raccolta di flash fiction e one-shot incentrate sulle coppie ZoSan e RuNami ♥
» 58. Tequila Sunrise
«Mi stai facendo passare per il cattivo ragazzo, cuoco».
«Ricorda, marimo: non esistono uomini cattivi.... se sono cucinati bene»

[ Quarta classificata al contest «Rapido e indolore» indetto da Ro-chan { 23 } ]
[ Quinta classificata al contest «Flash Fiction Istantanee» indetto da Dark Aeris { 6 } ]
[ Seconda classificata al contest «Il mondo dei Peanuts» indetto da Dark Aeris { 26 } ]
[ Seconda classificata al contest «Due cuori e...» indetto da Frandra e Silyia_Shio { 24 } ]
[ Seconda classificata al contest «Scrivimi una raccolta» indetto da visbs88 { 29/32/33/34 } ]
[ Terza classificata al contest «Say it with Disney!» indetto da Lady Nazzumi e valutato da Dark Aeris { 23 } ]
[ Prima classificata e vincitrice del Premio Christmas Spirit al contest «All I want for Christmas is you» indetto da Frandra { 29 } ]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Franky/Nico Robin, Rufy/Nami, Sanji/Zoro
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Do one, melt one, love one'
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Now here, man The One Hundred Prompt Project

Titolo: 
Now here, man (After that and then)
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot
[ 2368 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji [ ZoSan ]
Genere: Generale, Malinconico, Angst, Sentimentale, Introspettivo
Rating: Giallo
Avvertimenti: 
Shounen ai, Linguaggio a tratti un po’ colorito, Post One Piece, What if?
Immagine scelta: Numero sette
Tabella/Prompt: Bevande › 11. Caffè
Misc Mosaic 10&Lode: #01. Neve
Prompt: 13° Argomento: Fasi della vitaOrigine


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    I suoi stivali affondavano nella neve con un sinistro scricchiolio, lasciando su di essa invisibili impronte insanguinate.
    Aveva combattuto estenuamente, in quegli ultimi tempi, e gli sembrava ancora di portarsi dietro il terribile fetore di morte e sangue, come se si fosse trattato di una nuvola di profumo nocivo. Non aveva mai dato pienamente peso a stronzate del genere, certo, né tanto meno aveva mai fatto caso ai rischi che correva e alla morte in agguato in ogni angolo, eppure, quando si era ritrovato dinanzi a Mihawk, incrociando le proprie katane con la spada nera di Occhi di Falco, qualcosa dentro di lui si era mosso, facendogli temere per la propria vita. Non per paura di perderla, bensì per il dolore che la sua morte avrebbe provocato ai suoi compagni lontani.
    A quei pensieri, Zoro si strinse meglio nel pastrano che indossava, quasi a volersi proteggere dal freddo e dai ricordi che erano riaffiorati nella sua mente, prima di carezzarsi distrattamente con la punta dei polpastrelli le cicatrici degli orecchini che tempo prima aveva portato. Erano passati ben sette anni da quando era partito alla ricerca di Mihawk per potergli strappare dalle mani il titolo di miglior spadaccino del mondo, e, per quanto fosse stata una decisione sofferta, quella di separarsi dalla ciurma con cui aveva condiviso tutto fino a quel momento, Rufy stesso aveva capito che era molto meglio così. Zoro l’aveva seguito nel sogno di diventare Re dei Pirati, e gli era parso più che giusto che anche lui realizzasse il suo. Non era stato un addio, però. Solo... un arrivederci. Ecco come l’aveva definito il suo strambo Capitano, strappandogli la promessa che sarebbe diventato il migliore e sarebbe poi tornato da loro. E Rufy sapeva fin troppo bene quanto Zoro tenesse alla parola data.
    Adesso, sebbene il suo corpo fosse pieno di cicatrici e ferite inferte da nemmeno un mese, era fermamente deciso a mantenere quella promessa. Mihawk aveva riconosciuto le sue abilità, aveva superato quello che per un lungo periodo era stato il suo Maestro e avversario, e, in ultimo ma non meno importante, aveva tenuto fede al patto che da bambino aveva fatto con Kuina. Era il momento di tornare a casa.
    Il suo sguardo cominciò a vagare distrattamente nei dintorni di quella cittadina, soffermandosi sui cumuli di neve ammassati ai lati delle strade e sui vetri appannati dei negozi. La gente passeggiava tranquilla sui vialetti ghiaiati e coperti di ghiaccio, senza curarsi di ciò che capitava loro intorno; i mercanti declamavano a gran voce i propri prodotti, cercando di attirare quanti più clienti possibili per far fronte a quel periodo di magra che aveva colpito gran parte del paese; nonostante il freddo, poi, c’erano vecchietti che se ne stavano seduti fuori dai bar con i giornali in mano, lamentandosi di tanto in tanto dell’aumento dei prezzi o discutendo animatamente delle notizie appena lette. E nel guardare da lontano quella fotografia sfocata e il titolo scritto nero su bianco a lettere cubitali, Zoro non poté fare a meno di sbuffare ilare, sorridendo amaramente. Non aveva ancora tirato le cuoia e già era finito su quel maledetto giornale, dato che la notizia del suo scontro con Mihawk aveva fatto il giro del mondo nel momento stesso in cui c’era stato un testimone oculare. Forse avevano fatto due più due e avevano creduto che fosse morto contro lo Shichibukai, pur non seguendo per niente l’esito di quella battaglia. Beh, da un lato la cosa poteva rivelarsi alquanto utile ed essere sfruttata tutta a suo vantaggio, giacché i marines, in quel modo, avrebbero evitato di dargli la caccia e non avrebbero intralciato il suo cammino. Non si dava la caccia ad un morto, in fin dei conti.
    Un peso, però, gli si poggiò ben presto sul cuore non appena concluse quel determinato pensiero. Che cosa avrebbero pensato i suoi compagni, soprattutto Rufy, nel leggere d’un tratto quella notizia sul giornale? L’aver saputo dalla stampa della morte di Ace aveva sconvolto persino lui, e non aveva la benché minima intenzione di recare al suo Capitano lo stesso dolore che aveva provato per la morte del suo amato fratello. Era stato proprio quel pensiero a farlo resistere con le unghie e con i denti contro Mihawk, e, se da un lato la falsa notizia della sua morte gli avrebbe permesso di girare indisturbato per ricongiungersi ai suoi amici, dall’altra quella stessa notizia avrebbe potuto causare ad essi più sofferenza di quanto avrebbe mai potuto pensare. In fin dei conti gliel’aveva promesso. Gli aveva promesso che sarebbe diventato il migliore e che sarebbe tornato, a dispetto di tutti gli anni che sarebbero potuti passare. Doveva dunque affrettarsi a trovarli e a far sapere a tutti loro che stava bene e che aveva mantenuto la parola data, poco importava che ci sarebbero voluti altri sette anni per farlo.
    La sua attenzione fu ben presto catturata da un piccolo Café all’angolo della strada, uno di quei posticini in cui si sarebbero rifugiate le persone bisognose di un po’ di calma o le coppiette che preferivano starsene in santa pace, seduti al calduccio davanti ad un tavolino e ad una bella tazza fumante di caffè. Si mosse verso di esso senza nemmeno rendersene pienamente conto lui stesso, desideroso a sua volta di scaldare le membra anchilosate dal freddo; piccole nuvolette di vapore si condensavano nell’aria ad ogni suo respiro, e dovette strofinarsi più volte la punta del naso con il dorso di una mano nel tentativo di scaldarlo. Aveva viaggiato a lungo e aveva dormito nei posti più disparati, rischiando persino che le sue ferite, ormai in via di guarigione, andassero in suppurazione. Poter finalmente godere di un piccolo momento per riprendersi, riscaldare i propri muscoli e bere magari un goccio prima di rimettersi in marcia, gli sembrava quanto meno doveroso. Farsi vedere dai propri compagni in quelle condizioni, con la carnagione più cadaverica dello stesso Brook, non gli sembrava una così grandiosa idea, anzi; gli pareva persino di riuscire a sentire le lamentele e i rimproveri di Chopper per il suo non essersi curato come avrebbe dovuto, e la cosa lo fece sorridere come un idiota.
    Non appena aprì la porta del Café, però, accolto dall’allegro tintinnio di un campanello appeso sullo stipite di essa, i suoi occhi si posarono immediatamente su una figura che mai avrebbe pensato di poter rivedere così preso. Per Zoro fu come essere trafitto da mille lame acuminate, a quella vista. Per quanto si fosse fatto crescere i capelli, avesse smesso di indossare quegli stupidi completi da damerino per sfoggiare un look più casual, e avesse più baffi di quanto ricordasse, in quell’uomo c’era un particolare che non sarebbe riuscito a trovare in nessun altro. E non si trattava unicamente della sua postura composta e vagamente regale, nay, men che mai di quella dannatissima sigaretta che sorreggeva elegantemente ad un angolo della bocca... ma di quello stupido e inconfondibile sopracciglio a spirale. Avrebbe potuto riconoscerlo fra mille, e fu quasi tentato di andarsene non appena si rese conto di dove fosse puntato lo sguardo di quell’uomo. Sull’articolo sulla sua morte. Sul maledettissimo articolo sulla sua morte. Non voleva vedere più da vicino l’espressione affranta che si era fatta largo sul suo viso, il vago luccichio che si era impossessato di quella sua iride azzurra, i denti che avevano cominciato a serrare in una morsa letale il filtro della sigaretta, quasi volessero spezzarla a metà. E lo sentì persino imprecare ad alta voce e richiamare così l’attenzione di un paio di clienti, sebbene lui li avesse bellamente ignorati con la sua solita nonchalance.
    Forse fu per un semplice scherzo del destino, forse il suo cervello aveva deciso di far muovere le gambe ancor prima che lui potesse scendere a patti con se stesso, eppure eccolo lì, ad avanzare nel bel mezzo di quel Café tra i tavoli mezzi vuoti, con in corpo la stessa adrenalina che l’aveva sempre investito nei momenti di battaglia. «Posso sedermi?» domandò nel tono più distratto che riuscì a trovare quando si avvicinò, senza privarsi del cappello che indossava, divenuto ormai suo fedele compagno per nascondere il colore inconfondibile dei suoi capelli. Aveva cominciato a squadrare quell’uomo, quei suoi capelli biondi legati in un basso codino e quel sopracciglio che, a distanza di anni, non aveva mai compreso quanto gli sarebbe mancato davvero. E proprio quell’uomo, senza nemmeno degnarsi di alzare lo sguardo dal giornale che sorreggeva con entrambe le mani, si limitò soltanto a dar vita ad un breve segno di diniego con il capo, lo sguardo ancora fisso su quel titolo, quasi volesse cercare in qualche modo di trovare in esso un senso.
    «Nay, tengo il posto per una persona», ribatté poi, come se fosse doveroso fare quella semplice precisazione. «Conoscendolo, si sarà sicuramente perso». Quelle ultime parole le fece risuonare con voce incrinata, quasi non vi credesse nemmeno lui stesso, e Zoro poté benissimo notare il modo in cui aveva cominciato a stringere le dita della destra intorno alla carta del giornale, come se si stesse trattenendo dall’accartocciarlo per gettarlo da qualche parte. Non aveva mai visto le mani del cuoco tremare in quel modo, e quel peso ingombrante che aveva sentito nel proprio cuore la prima volta in cui aveva visto il giornale tornò prepotentemente a fargli visita, mozzandogli il fiato nel petto. Uno dei suoi compagni era proprio lì, davanti a lui, e aveva scoperto nel modo peggiore di tutti della sua apparente morte.
    Senza nemmeno rifletterci, dunque, Zoro posò una mano sul tubo di ferro e scostò la sedia dal tavolino per prender posto, poggiandosi contro lo schienale intrecciato in paglia sotto lo sguardo a dir poco confuso di quell’uomo. «Di’ un po’, idiota, sei sordo?» sbottò quest’ultimo, abbassando il giornale sulle proprie cosce per fulminarlo con quel suo occhio ceruleo e profondo. E fu solo a quel punto che Zoro si voltò verso di lui, sollevando la tesa del cappello quel tanto che bastava per poter ricambiare quella sua occhiata di sfida.
    «Non sei cambiato per niente, stupido sopracciglio», ribatté, atteggiando un angolo della bocca ad un sorriso strafottente e godendo al contempo dell’espressione confusa che si era dipinta sul volto dell’uomo che aveva dinanzi, che aveva persino fatto cadere nel posacenere la sigaretta. Una vasta gamma di emozioni corsero serpentine nei suoi occhi e sui suoi lineamenti, passando rapido dallo sconvolgimento alla consapevolezza, dalla tristezza alla gioia, dalla rabbia ad un senso smisurato di sollievo.
    Gli attimi in cui il silenzio aleggiò fra loro, per quanto tutto intorno si sentisse il chiacchiericcio sconnesso e allegro della restante clientela, parvero i più lunghi e strazianti che i due avessero mai provato. Solo dopo un flebile respiro rotto, uno di quei singulti che scappavano quando si stava per piangere, si sentì un mormorio spezzato, prima che una mano dell’uomo si sollevasse per carezzare la lunga cicatrice che segnava l’occhio sinistro di Zoro. «Dicevano che eri morto», pigolò con un fil di voce. «I giornali... dicevano che eri morto, accidenti a te».
    Lo schiaffo che colpì Sanji alla nuca subito dopo, gli fece venire una voglia matta di alzarsi e di stampare la suola di una scarpa nel bel mezzo della faccia di quello stupido spadaccino. «Ti pare che possa morire così facilmente, cuoco da strapazzo?»
    La sua mano corse rapida ad afferrargli il colletto del pastrano, resistendo all’impulso di levargli il cappello per riuscire a guardarlo meglio in viso. «Brutto stronzo, dopo tutto questo tempo hai anche il coraggio di scherzare?» sibilò inviperito, sentendo un fastidioso formicolio agli angoli degli occhi. Ma non aveva la benché minima intenzione di essere vittima delle proprie emozioni. Non in quel momento. Non in quel posto gremito di gente. Non davanti a quell’idiota. «Ti rendi conto della fottuta paura che ci hai fatto prendere?»
    Di riflesso, anche la mano di Zoro afferrò svelta la sua cravatta, unico particolare del suo vecchio vestiario di cui quel damerino non si era liberato. «Di’ un po’, cuoco da strapazzo, hai voglia di litigare, per caso?» berciò, ma rimase interdetto non appena il suddetto cuoco gli appioppò una capocciata proprio in mezzo al petto e chinò la testa contro di lui, quasi volesse accertarsi lui stesso del battito del suo cuore, stringendo forte la presa delle dita intorno al colletto.
    «Sta’ zitto», sussurrò poi a bassa voce, tremante dall’emozione dalla testa ai piedi. Gli sembrava persino di trovarsi in una bolla, estraneo dal resto del mondo. «Non dire un’altra parola, spadaccino di merda, se non vuoi che riempia di calci il tuo stupido culo».
    Zoro non riuscì ad evitarsi di ridere, a quel dire, sentendosi finalmente in pace con se stesso. Era bello vedere come certe cose non cambiassero mai, nemmeno a distanza di anni, e quello scemo di un cuoco gliel’aveva appena dimostrato. Erano trascorsi sette anni e forse, in fin dei conti, nessuno di loro era cresciuto davvero. Sarebbero rimasti sempre i soliti idioti, e il battibecco che seguì con il compagno qualche istante dopo ne fu la più completa dimostrazione. Probabilmente era una delle cose che erano mancate allo spadaccino, quelle.
    «Rufy sarà contentissimo di vederti, marimo», decretò infine Sanji, scansandosi distrattamente qualche ciuffo di capelli dal viso. Aveva ritrovato un’aria serena, quel sorriso strafottente che aveva l’abitudine di rivolgergli tempo addietro. E la cosa fece sorridere maggiormente Zoro, che si sistemò meglio sulla sedia che occupava.
    «Gliel’avevo promesso che sarei tornato», ribatté, vedendo il cuoco dare un colpetto ad una pagina del giornale con uno sbuffo.
    «Direi che questo non ci serve più», rimbeccò, rilassandosi a sua volta contro lo schienale senza far caso al breve annuire dello spadaccino che, con la coda dell’occhio, osservò distrattamente un vecchio cameriere vestito di bianco che sorreggeva un vassoio con una tazza e un bicchiere di vino, abbozzando un mezzo sorriso prima di allungare una mano per recuperare il giornale che il cuoco aveva abbandonato sulle cosce.
    «Ohi, ricciolo», lo chiamò, ricevendo appena uno suo sguardo confuso. Non vi prestò attenzione più di tanto, abbozzando l’ombra d’un pallido sorriso. «Sai... credo che questo ci servirà ancora per un po’, dopotutto», bisbigliò poi direttamente al suo orecchio, sporgendosi maggiormente verso di lui nel momento stesso in cui sollevò il giornale per coprire entrambi, nascondendo dietro di esso un bacio dal retrogusto amaro quanto il caffè che si freddava sul tavolino
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Allora, vediamo un po' da dove potrei cominciare a spiegare questa one-shot. Innanzitutto, mi par doveroso dire che sta partecipando al contest Kiss indetto dal forum Disegni&Parole, dove bisognava scegliere una determinata immagine e sviluppare la storia intorno ad essa, cercando al contempo di restare il più fedeli possibili al bacio lì rappresentato.
Per il resto, ammetto che avevo una voglia matta di uscire un po' dai miei soliti schemi e ambientare la storia in un ipotetico futuro Post One Piece, un futuro in cui l'equipaggio si è un po' sciolto e coloro che non sono riusciti a portare a termine i propri sogni al seguito del loro carissimo Capitano sono stati costretti a lasciare la ciurma per poterlo fare. Zoro era proprio tra questi.
Per diventare lo spadaccino più forte del mondo avrebbe dovuto battere Mihawk, dunque, in un modo o nell'altro, avrebbe dovuto abbandonare i suoi compagni almeno per un periodo, nella mia distorta visione delle cose. Ecco quindi com'è nata questa one-shot che avete appena finito di leggere.
Sono passati esattamente sette anni da allora, ma, sebbene abbia con sé nuove ferite, Zoro ha finalmente realizzato il suo sogno. E dopo l'angst e la malinconia iniziale, come potevo evitarmi di finire la storia con un piccolo accenno di sentimentalismo e fluff? L'incontro tra uno Zoro e un Sanji più maturi era dovuto, avevo bisogno di scrivere questa storia perché, boh, in questo periodo mi sento nostalgica e ho colto letteralmente la palla al balzo per farlo non appena ho visto il contest. Ecco spiegato perché la storia è così, spero solo che non vi abbia annoiato e che vi sia in qualche modo piaciuta.

Come sempre, comunque, commenti e critiche sono ben accetti e, se qualcuno fosse interessato, ho postato il diciannovesimo capitolo della raccolta Come granelli di sabbia in una clessidra :3
Alla prossima. ♥


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