CAPITOLO
IX:
Scese lentamente le scale, cercando di sistemarsi un ciuffo
che le ricadeva continuamente sugli occhi. In cucina trovò
la famiglia
–adottiva e non- al gran completo che bisbigliava con fare
cospiratorio. Appena
la videro si zittirono di colpo e simularono, invece, un sorriso
-troppo grande
per essere vero- iniziando a parlare in contemporanea
di stupidaggini. A Misaki era chiaro che stavano cercando di ricreare
con
scarsi risultati la solita scenetta quotidiana.
“Hai preso tutto l’occorrente?”
domandò Sakura, con tono
acuto, mentre sopra alla sua voce si sovrapponeva quella di Naruto che
le
chiedeva se sarebbe stata a casa per pranzo e in contemporanea Hinata
apriva la
bocca per dire “Misaki, siediti che ti porto un po’
di latte caldo.” In
poche parole erano riusciti a creare, in
pochi secondi, il grado di confusione che regnava al mercato popolare
del giovedì.
“No, grazie.” decise di rivolgersi
all’ultima frase che le
era stata rivolta “Non ho molta fame oggi, sono passata in
cucina solo per
dirvi che uscivo.” E, senza aggiungere altro, fece
dietrofront e uscì di casa.
“Mi sa che non siamo riusciti nel nostro
intento…” sospirò
Naruto, guardando assorto la porta da cui era appena uscita la
figlioccia.
“Direi di no.” sospirò a sua volta
Sakura.
L’unico che non aveva battuto ciglio per tutta la durata del
teatrino era stato, naturalmente,
Sasuke.
“Sembri un barbone.” lo apostrofò, senza
girarsi.
“Sembri una matta con quei capelli.” la
rimbeccò lui.
“Un giorno mi spiegherai come fai a comparire dal nulla. E
non dire che usi un jutsu…” continuò,
anticipando il ragazzo che aveva aperto
la bocca per ribattere “perché sei troppo scemo
per un livello tecnico del
genere.”
“Senti chi parla.” sbuffò. “A
giudicare dal tuo livello di
acidità scommetto che sei tesa come prima di
un’imboscata.”
Misaki non rispose, ancora impegnata a sistemare il capello
indisciplinato.
“Non preoccuparti. Peggio di come ti trattavano
precedentemente non può andare, no?”
“Grazie, idiota. Torna nella discarica da cui sei
venuto..”
lo insultò, prima di girarsi e procedere a passo di marcia,
mollandolo lì in
mezzo alla strada.
“Hei, aspetta.” vide con la coda
dell’occhio che la stava
rincorrendo e per un attimo si stupì che un essere tanto
pigro potesse correre
a quella velocità “non prendertela.” le
disse semplicemente, una volta
raggiunta.
Per il resto del tragitto si ignorarono a vicenda; lei persa
nei suoi pensieri, lui che si trascinava e sbadigliava ad ogni battito
di
ciglia.
Cinque minuti dopo erano arrivati in prossimità della
scuola; le si bloccarono le gambe per qualche momento, ma poi la spinta
di Aki
la convinse a procedere. Sorpassò il cancello dalle sbarre
spesse e si ritrovò
nel cortile gremito di studenti, i quali si girarono a guardarla
all’unisono,
quasi come da un
direttore d’orchestra,
facendosi forza continuò la sua camminata. Sempre in quella
terrificante
maniera innaturale la folla si aprì per lasciarla passare:
sembrava che nessuno
volesse toccarla, parlarle –non si sentiva volare una mosca-
e neppure
guardarla. Nonostante tutto sentì ancora la presenza
silenziosa del Nara che,
con lo sguardo rivolto al cielo azzurro d’inverno, camminava
imperterrito
affianco a lei, e si sentì un po’ rincuorata.
“Aki! Possibile che tu sia sempre in mezzo?!”
L’altro aprì un occhio per guardarla.
“Fino a prova
contrario sono stato io il primo ad essere arrivato; chi primo arriva
meglio
alloggia.”
“Almeno scansati un pochino che ci sto anche io.”
Il biondo ubbidì mansueto all’ordine, prima di
tornare a
parlare.
“Allora, come sono andate la cose stamattina?”
“Non mi ha rivolto la parola nessuno.”
“Sempre meglio che essere presa di mira, no?”
Suggerì lui,
ora aprendo entrambi gi occhi e voltandosi verso di lei.
“Non saprei… ma non essere calcolata mi
dà estremamente
fastidio!” sbuffò Misaki incrociando le braccia al
petto.
“Questo è perché sei una
narcisista.” la stuzzicò.
“Smettila che non sono dell’umore giusto. Odio essere ignorata.” concluse
alla
fine mettendo su un broncio che poche volte Aki aveva visto.
Il biondo gettò un’occhiata all’orologio
e poi si alzò dalla
panchina.
“Dai, musona, alzati che altrimenti arriviamo in
ritardo.”
Misaki neanche rispose all’insulto e si limitò a
stiracchiarsi, alzandosi.
Come quella mattina, tutti la ignorarono mentre entrava nel
portone dell’edificio, tutti tranne Takumi che arrogante la
guardò negli occhi per
poi rivolgersi al ragazzino moro alla sua destra e bisbigliargli
qualcosa.
“Cosa hai detto?”
Misaki –la cui poca pazienza si era ormai del tutto
esaurita- si scagliò contro Takumi con ferocia improvvisa.
“Niente.”
“Non bisbigliare alle mie spalle, codardo!” gli
intimò
prendendolo per il bavero della giacca “se devi dire
qualcosa, dilla in
faccia.”
“Sì… così poi puoi correre
da papà e denunciarci tutti… non funziona
così, Misaki.” le scandì in faccia lui.
“E ora lasciami stare.”
Interdetta dalla rivelazione, mollò lentamente la presa,
guardandosi spaesata intorno.
Si era aspettata ogni spiegazione alla sua esclusione, tutto
tranne quello: non il passare come una debole che aveva bisogno del
aiuto del
padre Hokage per combattere le proprie battaglie, non voleva essere
considerata
una codarda che non era in grado di arrangiarsi.
Per lei era l’insulto più grave che si potesse
ricevere.
Infuriata, diede uno spintone di frustrazione a Takumi e
scomparve in fretta nell’edificio scolastico.
Una volta finita la scuola uscì a razzo e si diresse
velocemente a casa, senza nemmeno aspettare Aki.
Dal piano di sopra scese con passo felpato Aki, tranquillo e
beato, come se fosse a casa propria. Hinata e Sakura si limitarono a un
breve
saluto: ormai si erano abituate; infatti, dall’episodio di
poco tempo prima, per
Aki era diventata una consuetudine entrare dalla finestra della camera
di
Misaki invece che dalla porta. Per le madri non v’era alcun
problema –in fondo
entrambi era ancora bambini-, i due uomini di casa, al contrario, erano
piuttosto scettici al riguardo.
“Ciao Aki.” lo salutò distrattamente
Misaki, concentrata
sull’esercizio che stava svolgendo.
“Sei ancora a fare compiti? Che scatole, io li ho finiti
mezz’ora fa.”
“Se sei venuto per criticare puoi anche tornartene a
casa.”
“Non ci penso nemmeno” sospirò Aki,
sedendosi sul divano
“mamma è in post-litigio con papà e ,
dato che lui ora è al lavoro, si sfoga
con me… e voglio essere ancora vivo stasera.”
L’altra non si diede pena di rispondergli.
“Aki, tesoro, vuoi restare a cena da noi stasera?”
lo
invitò, premurosa, Hinata.
“Grazie, Hinata… ti sarò per sempre
debitore, mi ha salvato
la vita.” la ringraziò sorridendo.
In quel momento entrò Naruto con stampata in volto
l’espressione più funerea del suo repertorio,
subito seguito da Sasuke.
“Tutto ok, Naruto?”
“Sì, Hinata. Non preoccuparti.” e si
aprì in un sorriso
forzato. “Però c’è una cosa
di cui vorrei parlare a te, Sasuke e Sakura..
andiamo in cucina?”
“Certo. Misaki, Aki.. potete andare in camera?”
ordinò
gentilmente Sakura.
I due, guardandosi tra loro, annuirono basiti e salirono le
scale; una volta al piano di sopra, però, Misaki non
entrò in camera, ma fece
segno a Aki di seguirla nello studio del padre: lì,
nell’angolo dietro la
scrivania c’era una piccola feritoia che dava direttamente
sulla cucina sottostante,
da cui era possibile sentire perfettamente quello che si stavano
dicendo.
“Cos’è successo, Naruto?”
chiese preoccupata Sakura, la cui
voce era inconfondibile.
“Sono appena venuto a conoscenza di una voce che gira:
un’organizzazione di mukenin sta organizzando un attentato a
Konoha per gettare
nel caos il paese del Fuoco. I motivi sono ancora ignoti.”
“Sono fonti attendibili?” chiese Hinata.
“Sembra di sì” prese parola Sasuke.
“Me l’hanno riferito due
miei ex-compagni di team: Karin e Suigetsu. Loro sono ancora nel giro
dei
mukenin e sono sicuro praticamente al cento per cento della
veridicità.”
“Sono passato solo a riferirvelo, per dirvi di tenere gli
occhi aperti. Devo tornare subito in ufficio per consultare i
consiglieri e
informare i Jounin. Non so a che ora tornerò,
Hinata.” precisò poi Naruto,
prima di rimettersi il mantello e porre fine alla discussione.
“Non ho mai visto Naruto così agitato.”
sospirò Misaki,
poggiando la schiena contro il muro.
“E anche Sasuke dimostrava una qualche emozione…
il che è
grave.” rincarò la dose Aki, sarcastico come al
solito.
Si voltarono insieme- guardandosi in volto- con la stessa
domanda stampata in fronte: “Cosa
diavolo
sta succedendo?”
Ma tra impegni, contest, corsi
vari ero sempre con l’acqua alla gola, poi
l’ispirazione come sempre è bastarda
e non mi aiuta! In ogni caso: eccomi tornata! ‘Che
culo’, direte voi XD
Anyway… come vi è sembrato
questo ritorno di Misaki, Aki e compagnia bella? Come
sempre fatemelo sapere in una recensione,
mi raccomando… non punitemi per il mio spregevole ritardo
lasciandomi senza
recensione (anche se me lo meriterei ç.ç) .. nei
prossimi capitoli verrà anche
un po’ di azione e suspance
muahaha!
Cosa succederà mai ai nostri due eroi?! Lo scoprirete nel
prossimo capitolo!
Per concludere, se volete leggere
cosa mi ha impegnato e impedito di
scrivere questo nono capitolo.. ecco a voi il colpevole: Revenge&Guns
(una TsunadexOrochimaru che avevo scritto per un Contest)
Bè, aspetto con ansia i vostri
responsi e al prossimo capitolo.
baci, Eikochan.