Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: dancy184    25/04/2010    5 recensioni
Eff a causa di una relazione con il giovanissimo fidanzato di sua madre, viene cacciata di casa e spedita da suo padre, che non vede dall'età di 3 anni. Suo padre è un tipo figo, stile rock n' roll, che in passato è stato militare e che ora fa un lavoro misterioso.... Moon city, la nuova città a forma di mezza luna dove si ritrova Eff è affacciata sul mare ed è molto pittoresca e romantica. Le persone che vi abitano però sono rozze e fuori controllo. Sembra un mondo completamente parallelo. Eff si troverà ad affrontare mille problemi e mille rischi e scoprirà tanti aspetti di sè stessa precedentemente sconosciuti. Uno in particolare la colpirà senza alcun avvertimento.... _______________ Rating variabile. Commentate che mi date l'ispirazione!!!!! Vi assicuro che è molto meglio di quanto sembri. B.
Genere: Generale, Romantico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Evvivaaaaa!!! Il quarto capitoloooo.

Sono stata particolarmente lenta. Perdono, fedeli lettori. ç___ç

Any way ora beccatevi il capitolo che parla di Hecks. Un soggetto... uhmm... non saprei definirlo in verità. Starà a voi dirmi come lo tovate.

Arigato Gosaimasu a hacky87, Emmaps3 e Elli. 

Potrei morire senza i vostri comenti!!!! Mi fate andare avanti con la storia.

_______________________________________________________________________

Dedicata alla mia Acquazzone.

1.

 

Il mare non mi piace.

È salato, pieno di pesci puzzolenti, alghe morte e spazzatura.

Bella merda.

“Effy! Avanti vieni con noi!” Urla una mia compagna di classe, che si chiama Giulia e che ha i capelli rossi come me, ma ricci e un po’ stopposi.

Faccio segno di no con la testa, reggendo la mia sigaretta con il labbro incurvato in un sorriso strafottente.

Giulia si stringe nelle spalle un po’ dispiaciuta e raggiunge le altre ragazze sul bagno asciuga.

Bah.

Cosa ci trovino queste ragazze in me proprio non lo capisco.

Non parlo molto, mi limito ad ascoltare i loro discorsi frivoli e insulsi e la maggior parte del tempo penso a quanto sia sfigata la mia misera esistenza.

Mi sdraio nella sabbia, continuando a fumare.

Il cielo è blu cobalto e nonostante il vento non c’è nemmeno una nuvola.

Il sole è di fuoco e brucia gli occhi e la pelle.

“Who loves the sun…”

Aspiro il fumo, senza pensieri.

Cosa che non mi succede da molto tempo.

E in quel momento mi arriva una pallonata.

Dritta sullo stomaco.

BAM.

Un flash di luce mi annebbia i sensi.

“Ma porca…”

Mi tiro su di scatto, facendo cadere la sigaretta ormai quasi finita a terra.

I capelli mi scivolano sul viso spinti dal vento e mi sembra quasi di trovarmi in un vortice di fuoco.

Intravedo dei ragazzi che si avvicinano.

“Oh cazzo… ehi tipa!”

Scosto le ciocche di capelli dal viso, alzandomi barcollante.

“Ma che diavolo state facendo, idioti!”

Ah beh, ci mancava proprio lui.

Il ragazzaccio mi fissa divertito e spalleggiato da alcuni amici.

Indossano tutti il costume da bagno e sono sudati come dei cavalli  schiumanti dopo una corsa.

Raccolgo la sigaretta, furente, ma ormai è tutta insabbiata e fuori uso.

“Cazzo!”

Il biondino sorride, in modo tremendamente irritante.

“Ehi, tipa, scusa. Ci è scappata la palla.”

Lo fisso disgustata, quasi avesse bestemmiato.

“Ottimo. Potevate farla scappare da un’altra parte,non trovate?”

Un tipo moro dai capelli fin troppo lunghi sghignazza.

Si, si, ridi finché puoi.

Poi voglio vedere come fai senza denti, razza di imbecille.

Il ragazzaccio recupera la palla da volleyball e la infila sotto il suo braccio destro.

Guarda la riva in lontananza.

“Stai con Ludovica?”

Sobbalzo.

“Che te ne frega?”

Fissa le mie compagne con gli occhi socchiusi per la luce del sole.

“Sei sua amica?”

Un nodo molto stretto si scioglie nel mio stomaco.

 

Si volta verso di me, perfidamente sorridente.

Non gli rispondo.

“ Sciò.” Sibilo.

Li scaccio con una mano e mi chino a prendere dallo zaino il “preistorico” ( uno di quei Nokia antichissimi…), che vibra con insistenza.

“Max!”

Sussurro allegramente sorpresa, leggendo il nome sul display.

L’amico moro di Riccardi mi afferra per un braccio, facendomi seriamente male.

“Cristo Santo, che cazzo fai?”

Mi fissa, incazzato.                                                   

“Ehi, non sei la padrona della spiaggia, stronza. Abbassa la cresta.”

Mi spinge a terra, facendomi doppiamente male.

Il ragazzaccio e l’amico ridono.

Questi figli di…

Ehi, Eff, ricordati cosa diceva il Senpai: “Non usare la violenza su chi la utilizza con facilità e senza pensare.”

Sorrido.

Mi alzo, afferro lo zaino e mi incammino verso il marciapiede per tornare a casa.

“Ehi, stronza! Dove cazzo vai?!”

I tre mi seguono.

Oh fly, lasciatemi in pace! Non voglio massacrarvi di botte…

“Come ti chiami?” Chiede il ragazzaccio, affiancandomi.

“Io sono Hecks.” Aggiunge.

Sorride, mi afferra per un fianco.

Dall’altro lato si affianca il moro. “Io sono Up.”

C’è anche l’altro biondo, che rimane zitto accanto a questo “Up”.

Che nomi hanno questi esseri?

Tolgo bruscamente la mano di “Hecks” dal mio fianco e cammino più velocemente.

“Tornatevene alla spiaggia, và.” Borbotto.

Il moro mi prende di nuovo il braccio con forza.

“Stai usando di nuovo un brutto tono, stronza. Rilassati. Vogliamo solo fare amicizia.”

Fa male.

Mi fermo, fisso il moro negli occhi.

Hecks sorride, l’altro biondo no.

Mi divincolo con forza.

Controllati, Eff, sono degli idioti montati.

“Lasciatemi stare, per favore.”

“Vedi? Impari già.” Sorride soddisfatto il moro.

Mi lascia il braccio.

Riprendo a camminare.

Hecks si affianca di nuovo a me, mentre io affretto il passo.

“Vogliamo solo sapere il tuo nome.”

Afferro il “preistorico”, ignorandoli, con le mani tremanti per la rabbia.

Il messaggio di Max: Sono sotto casa tua. Ti aspetto, piccola combattente. J

“Non ci stai ascoltando.”

Che stress.

Mi giro di colpo e sembrano tutti e tre sorpresi.

“Sentite, idioti montati che non siete altro, non voglio usare la violenza contro di voi perché la monotonia della mia vita di merda vita prevede risse sanguinose per cause inutili, quindi lasciatemi stare, ok?”

Mi guardano increduli.

Scoppiano a ridere.

“Come ci hai chiamati?”

Guardo il ragazzaccio negli occhi e accetto la sfida che mi pone con lo sguardo.

“Idioti.”

Il moro strine i pugni.

“Montati”

 L’amico biondo digrigna i denti.

Hecks lascia cadere la palla sul marciapiede e si avvicina con cattive intenzioni nell’andatura e nell’espressione.

Mi afferra il viso con violenza; le narici dilatate per l’irritazione.

“Sporca puttana, chiedi scusa.”

Lo guardo.

Non vale la pena alzare un solo dito su questo ragazzo.

“Sei un idiota montato.”

Sorride.

Con il pollice mi accarezza la guancia che tiene stretta nel suo palmo.

“Puttana” Sussurra.

Lo schiaffo arriva rapido e quasi indolore, rispetto ai colpi con cui sono stata temprata durante le lezioni con il Senpai.

Riesce comunque a farmi vedere le stelle e barcollo indietro, sentendo un fischio insistente e acuto nelle orecchie.

“Hecks, l’hai schiaffeggiata un po’ troppo forte. È pur sempre una donna.”

È l’amico biondo.

Il ragazzaccio lo ignora.

Torno a fissarlo con lucidità.

“Chiedi scusa.” Ripete, con la voce dura.

Respiro profondamente e mi volto verso la strada di casa.

‘Fanculo, se provi a toccarmi di nuovo ti massacro di botte.

Sento la sua mano quasi sfiorare la mia, ma…

“EFF!”

È un grido. Tutti i passanti, già attirati dalla scena di poco prima, si girano verso il proprietario di quella voce, ancora più turbati.

Mio padre mi raggiunge con passo deciso, indossando la solita giacca di pelle e dei bermuda color verde foresta, un cappellino da baseball calato sui capelli castani e degli scarponi da militare.

La mano di Hecks si abbassa automaticamente e il moro perde la sua espressione strafottente, indossandone una da ragazzo simpatico e alla mano.

Papà fissa me, la mia guancia vistosamente rossa e poi posa il suo sguardo sul ragazzaccio.

L’espressione di mio padre diventa maligna.

“Hecks. Vedo che hai conosciuto mia figlia.”

Hecks sembra sorpreso.

Mi guarda con due occhi nuovi e l’amico biondo sembra parecchio turbato.

Mio padre mi affianca, poggiando una delle sue mani callose sulla mia spalla.

Ecco, brutti stronzi, pigliatevela in culo.

“Come te la passi, eh Simon? Era da un po’ che non ti vedevo.” Sogghigna Hecks, incrociando le mani sul petto e lanciandomi un’occhiata perfida.

Mio padre sorride. “Sto bene. E lo sai anche tu.”

Up si gratta la testa imbarazzato. “Hecks, non credi che sia l’ora di andare?”

Riccardi gli lancia un’occhiata di fastidio, per poi tornare a squadrare mio padre.

“Recentemente ho parlato papà, sai? Dice di non essere molto soddisfatto…”

Mio padre si avvicina con violenza al biondastro, facendolo saltare indietro di un passo per lo spavento.

“Senti, piccolo bastardo, non me ne fotte un cazzo di quello che dice tuo padre, chiaro?”

Hecks deglutisce, con le vene del collo vibranti dalla rabbia.

“E comunque, posso assicurarti che è ben più che soddisfatto.”

Up mette una mano sulla spalla di Hecks. “Andiamo, amico. Sai com’è finita l’ultima volta.”

Hecks si divincola dalla stretta del moro. “Lasciami.”

Si voltano  tutti e tre, per tornare alla spiaggia.

“Prova a schiaffeggiare di nuovo mia figlia che ti infilo un ravanello nel culo.”

Mio padre ha gli occhi fin troppo seri.

Hecks si volta furente, fissandomi negli occhi.

Non mi muovo di un centimetro e sorrido.

“Non mi piacciono i ravanelli.” Un borbottio confuso che mio padre non ascolta nemmeno

In un attimo sono scomparsi dietro il muretto che porta al mare e sul marciapiede c’è di nuovo silenzio.

Mio padre sorride,bonariamente, come se non fosse successo nulla.

“Bene!”

Si stiracchia, dandomi una pacca sula spalla.

“Scusa, Eff, ma non posso tornare a casa con te. Devo fare una commissione importante.”

Annuisco comprensiva.

“A che ora sarai a casa?” Chiedo, sperando di non dovergli dire nulla riguardo a Max.

“Devo andare fuori città. Possibile che torni persino domani pomeriggio.”

Sgrano gli occhi, sorpresa.

“Ah.” Dico solamente.

Mi guarda e si accinge a darmi un abbraccio un po’ goffo.

Si imbarazza in pubblico, e difatti si guarda intorno un po’ rosso in viso.

Si cala meglio il cappellino sul viso.

“Non preoccuparti. Per ogni cosa chiamami.”

Sorrido. “A domani allora.”

Mi fa ciaociao con la mano e si dirige nella direzione opposta, già pronto per partire senza nemmeno una valigia..

Mentre cammino verso casa ho come una sensazione strana che mi pervade fin alle radici dei capelli.

La sensazione che la situazione sia cambiata.

Mi prude forte la nuca e questo è un segno più che evidente che qualcosa di problematico mi attende.

Forse ora, forse domani.

Non capisco bene.

Mi giro, infastidita, ma sulla strada non c’è proprio nessuno.

Deserto.

Affretto il passo verso casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2.

 

 

“Qual è il punto?” Chiese Sin.

Lo fissai dal mio metro e ottantacinque di statura, continuando a fumare il purino e fissando il mare dal cornicione del tetto.

“Il punto,” dissi “ è che non può permettersi di giocare con me.”

Mi sedetti, incazzato

Up si strinse nelle spalle, fissando il soffitto sdraiato sulle tegole.

“Capirai. Pensavo che ormai avessi capito che lui non scherza.”

Strinsi la mano a pugno, cercando di non eccedere nei movimenti impacciati dal fumo per paura di cadere.

“Beh, il fatto è che invece lui scherza. Scherza sempre. Mi prende per il culo pensando di essere divertente. Nonostante tutto quello che c’è dietro le nostre famiglie lui continua a scherzare.”

Sin sorrise, togliendosi i ciuffi biondi dagli occhi.

“Tu non centri granché con gli affari suoi e di tuo padre.”

Risi amaramente. “E li chiami ancora affari?”

Mi beccai un’occhiata indispettita dal mio migliore amico: “Chiamali favori, se preferisci.” Sibilò Sin.

Up si alzò, barcollando leggermente fino al cornicione e sedendosi affianco a me.

“Hecks, secondo me non dovresti partire in quarta e dare battaglia a Simon per la millesima volta.”

Lanciai il purino, consumato fino al filtro, lontano nel buio e sogghignai.

“Contro Simon?”

Gli occhi annebbiati dal fumo di Sin e Up si fecero di colpo più attenti, attirati come un magnete dal mio tono bellico e squallidamente, devo ammetterlo, infimo.

Imbracciai i miei compari volgendo lo sguardo all’orizzonte lontano.

“Amici miei, voi non avete capito un emerito cazzo.”

Up si scostò

“E leva sto braccio, frocio di merda!”

Lo ignorai, focalizzandomi sulla reazione del biondo.

Rimase a guardarmi, in modo interrogativo.

Nemmeno il brillante Sin aveva capito?

Rafforzai la stretta attorno al suo collo, mentre lui continuava a fumare imperterrito.

“Vedete, ho allargato i miei orizzonti. Cambiato strategia.”

Up inarcò un sopracciglio ridendo sguaiatamente.

“Strategia?”

Gli diedi uno scappellotto.

“Esattamente.”

“Continuo a non capire.” Borbottò Sin, allontanando il mio braccio con un movimento fluido.

Sorrisi elegantemente, sollevandomi in piedi.

“Vedete, ho come il vago sospetto che il nostro caro Simon abbia una corazza fin troppo spessa per essere colpita o a malapena scheggiata nel modo rozzo che abbiamo sempre usato.”

Up mi guardò un po’ perso.

“Ma,” continuai “la sua armatura ha un accessorio indispensabile, come dire, di vitale importanza, senza il quale, sarebbe decisamente vulnerabile.”

Up aggrottò la fronte. “Continuo a non capire.” Disse.

Mi incamminai lungo il cornicione in perfetto equilibrio.

“Consideratela… che so… come Excalibur. Come avrebbe fatto Artù senza?”

Up si illuminò all’improvviso e ghignò perfidamente.

Sin curvò le labbra in una smorfia divertita.

“Parli della ragazza dai capelli di fuoco, vero?”

Sorrisi.

 

 

 

 

 

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: dancy184