Selena abbassò lo sguardo.
Le sarebbe piaciuto poter ribattere qualcosa, qualsiasi cosa, ma quella situazione assurda le impediva di pensare. La vicinanza del corpo del figlio di Ade, il suo torso nudo incollato al petto di lei, il suo fiato che le solleticava le labbra... Non riusciva a pensare coerentemente, e sarebbe sicuramente impazzita se le cose non avessero preso una piega diversa al più presto.
Senza riflettere, alzò gli occhi su quelli di Nico. Gli occhi neri come la notte del ragazzo mandavano lampi e scintille, scrutandola in un modo che pareva in grado di perforarle l'anima. Selena si sentì nuda di forme a quello sguardo intenso, così simile a quello che le aveva rivolto la sera del suo arrivo al campo.
Eppure, notava che c'era anche qualcosa di diverso. Oltre a tutta la rabbia, il rancore e l'odio che lampeggiavano nelle iridi del ragazzo, le sembrò, anche se solo per poco tempo, di intravedere qualcos'altro. Curiosità, forse. Curiosità per quella figlia di Afrodite che diceva di essere simile a lui.

[Percico]
Si incamminarono da soli verso l’albero di Talia, che si trovava in cima alla Collina Mezzosangue. Da lì si poteva vedere perfettamente la radura: la Casa Grande, il campo di fragole, il lago delle canoe… era sempre bello tornare lì e poter tornare con la mente agli anni passati, quando avevano visto il Campo per la prima volta.
- - -
- Per gli dei… - sussurrò Nico abbassando lo sguardo. Una ciocca di capelli neri gli cadde sul volto pallido. – Che cosa ho fatto!
Guardò dopo il viso dell’amico che ancora gli sedeva accanto e lo guardava spaesato. Pensò che forse non era ancora riuscito a metabolizzare bene quanto era appena accaduto, ma gli posò una mano sul volto e gli sistemò quella ciocca dietro l’orecchio.

A causa di un incidente d'auto avvenuto in macchina con la famiglia, Annabeth rimane ferita, gravemente. I giorni del coma sono sfocati e bui, finché un giorno, la voce familiare di un ragazzo, non arriva ad illuminarli. I racconti dei ricordi perduti, quelli vissuti con intensa emozione giorno dopo giorno. Gli amici, la famiglia, l'amore.
Quarantacinque giorni in cui Annabeth riscopre la sua vita, mentre tutti pensano che la vita, invece, l'abbia già perduta.

Cercò di alleggerire il peso che aveva al petto e che sembrava quasi opprimente mentre si spogliava rimanendo in boxer e infilandosi sotto le coperte.
Grover non era nella sua stanza ma a lui andava bene così. Voleva stare da solo anche se non sapeva bene il perché.
Voleva stare da solo, il cuore impregnato del sorriso che lui considerava il più bello del mondo, la testa carica di una risata che avrebbe ascoltato ventiquattro ore su ventiquattro.
Non pensare a lei -si diceva- non è la cosa giusta, non ci pensare.
Ma come non puoi pensare a una persona che ti è entrata sotto la pelle?