È raro, molto raro, che io mi approcci a una storia ancora in corso di scrittura. Non avere la certezza di leggerne la fine mi scoraggia il più delle volte. Ma l’introduzione ha catturato la mia attenzione e ho deciso di aprire la storia e di leggere il primo capitolo. Chissà, certe cose funzionano per istinto (come quello di Harry) o per destino, ma già dopo i primi dieci righi ero affascinata.
Sono un poco lenta a leggere e lasciare un commento, anche breve, perché sto seguendo diversi racconti contemporaneamente, ma sono stati pubblicati già quasi venti capitoli, magari gli aggiornamenti riprenderanno per quando sarò arrivata alla fine. Inoltre, in un certo senso, mi rassicura che i capitoli siano così tanti, perché credo possa indicare un impegno serio da parte dell’autore.
Detto questo parliamo della trama. Il periodo post guerra è quello che preferisco, così come restare nel canonico. Per ovvi motivi non si tiene conto de “La Maledizione dell’Erede”. Il periodo trattato è quello immediatamente successivo alla fine della guerra, i personaggi sono ancora giovani (mi è capitato più spesso di leggere racconti ambientati tipo dieci anni dopo) e non hanno ancora metabolizzato tutto quello che è accaduto. E chissà se ne avranno mai davvero la forza, aggiungerei.
In particolare vediamo le cose dal punto di vista di Harry, il quale, per mezzo di una scansione più o meno mensile, attraversa varie fasi del lutto. Tutto ciò che lo circonda appare spento, svuotato di significato, anche le persone che lo circondano in realtà non hanno un vero peso, perché lui continua a sentirsi solo. E come si risponde alla morte se non con la vita? Così c’è la fase della musica ad alto volume, il conoscere nuove persone, sballarsi per tentare di spegnere il cervello. È una descrizione dei fatti molto dettagliata e realistica dal mio punto di vista.
Harry riesce a trovare una sorta di tranquillità solo nel fare. Lui ha come bisogno di rendersi utile, solo quando è impegnato riesce a tenere a bada i ricordi più sgradevoli. Quindi torna ad Hogwarts e contribuisce a ricostruirla. Nel racconto definisce la scuola ‘casa’, ed è giustissimo: Privet Drive è il luogo nel quale ha trascorso la sua infanzia, ma dove ha dovuto solo subire e sopportare gli zii; forse potrei azzardare con la Tana, ma Harry è solo una sorta di “figlio adottivo” per la famiglia Weasley, quindi no, la Tana secondo me è solo la casa del suo amico; in ultimo c’è Grimmauld Place, ecco di fatto legalmente quella è casa sua, ma il giovane ci ha vissuto per poco e di certo non ha ricordi felici legati a quel luogo nel quale si è solo nascosto con gli amici durante la guerra, o che gli riporta alla mente la morte di Sirius. Tutto questo per dire che concordo in pieno: Hogwarts è la vera casa di Harry.
L’immagine del ragazzo che se ne va in giro prima che sorga il sole, sulle sponde del lago, è molto suggestiva. La tomba di Silente appare come l’unica luce in un contesto nel quale si è parlato solo di colori spenti, morti. Indicativo di quanto l’ex preside sia stato ed è ancora molto importante nel ragazzo. È a questo punto che fa la sua comparsa Draco Malfoy. Viene presentato subito come qualcuno che è in difficoltà, spezzato, “increspato”, come lo è Harry. Mi sembra già un ottimo modo per porre dell’equilibrio nella relazione (stiamo sempre parlando di una Drarry), perché con la morte di Voldemort bisogna chiarire chi sono i buoni, chi i cattivi, che ruolo hanno ora tutti gli studenti che erano alleati – loro o le famiglie – con il Mago Oscuro, ecc…
E qui cominciano alcune scene della vita quotidiana all’intero delle mura della scuola. Subito ci rendiamo conto che i Serpeverde vengono bullizzati. Si sono decisamente ribaltati i ruoli. Scopriamo che alcuni, come appunto Draco, hanno evitato la prigione.
Harry dal canto suo non ha perso un secondo per farsi incendiare da rabbia e adrenalina e ha preso le difese del biondo. In realtà credo che avrebbe difeso chiunque, perché l’intenzione era quella di ribadire il concetto che la guerra è finita, che tutti i pezzi del puzzle sono al loro posto e che bisogna andare avanti.
La frecciatina di Malfoy nei confronti di Potter, oppure Hermione che rimbotta Ron, mi hanno catapultata con la mente ai libri/film. Come se anche con pochissime scene (dopotutto questo primo capitolo funge un po’ da prologo) si sia creata la continuità perfetta.
Mi scuso per questo sproloquio, non sono sempre così tanto prolissa, ma c’erano quei tre o quattro temi principali (come Harry sta affrontando la fine della guerra e la morte di tante persone care, il ritorno alla “normalità”, il rientro a scuola/casa, i Serpeverde bullizzati…) sui quali ci tenevo a spendere qualche parolina in più.
È stata una lettura piacevolissima e per nulla banale se può rassicurare (mi riferisco a quello che è scritto nelle note finali). Per tutte le cose che ho detto sopra, continuerò a seguire con interesse la storia.
A presto,
K. |