«Ecco… Io… Okay. Non posso stare più con te».
Nonostante io sia ancora in piedi, mi sento cadere in ginocchio, in caduta libera in un burrone, ferito da centinaia di coltellate, contemporaneamente. Cerco qualcosa nei suoi occhi che mi dica che ho sbagliato a capire.
«E’ uno scherzo di pessimo gusto?» mi ritrovo a dire in un soffio che sembra capire appena.
Scuote la testa e continua a torturarsi una ciocca di capelli e a sistemarsi la frangetta, che si è fatta troppo lunga e le finisce negli occhi.
«E, per l’amor di Dio, cosa te lo impedisce?».
Rimane un secondo in silenzio, poi prende un respiro profondo. Mi guarda decisa, infila le mani nelle tasche della felpa, e si mette più dritta. Mi sembra diversa da pochi secondi prima, in qualche modo.
«Perché non mi piaci più. Eri solo una cotta, e mi è passata. Cotta, infatuazione, chiamala come ti pare. Ultimamente sono stata… debole. Ed è per questo che ho avuto bisogno di un appoggio. Ma poi mi sono resa conto che continuare a stare con te solo per prenderti in giro era da egoisti, che lo facevo per convincermi di amarti. Ho fatto una serie di promesse che, mi dispiace, non sono in grado di mantenere».
Quando tace vorrei farle mille domande, ma sto zitto. La testa mi gira e lo stomaco è in subbuglio. Mi sento le gambe fragili, e probabilmente devo essere pallido come un fantasma. Meg riprende fiato e continua a parlare, rispondendo a quasi tutti i miei dubbi.
«L’ho capito quando non sono riuscita a dirti che ti amavo, per l’ennesima volta. Forse era troppo tardi, ma su alcune cose sono piuttosto stupida. Non… Tu non mi attrai più. Non sento le farfalle nello stomaco quando ci baciamo, solo nausea. Nausea perché mi sento stupida, e inadatta. Perché tu non sei ciò che voglio…».
«Qualche settimana fa» la interrompo con voce dura, «vedemmo un film».
Lei capisce al volo e comincia a scuotere la testa nervosa, ma io continuo a parlare. Lei continua a ferirmi il cuore e l’orgoglio e io le rammento quanto, allora, è stata solo falsa e bugiarda.
«Mi dicesti che io non dovevo cambiare per te, come faceva il protagonista. Mi dicesti che io ti andavo bene così come sono».
«Lo so. Tutti sbagliamo, no?!».
«Megan, fra una settimana compiremo un anno di…».
«Lo so, Harold».
Io non la chiamo praticamente mai col suo nome intero e lei non lo fa con me, come in un tacito accordo. Ma adesso lo fa, con quel tono aspro e duro che mi fa intuire che no, non è uno scherzo. Sento un dolore acuto al centro del petto ma continuo a tenere su un’espressione fredda e, probabilmente, stupita.
«Hai mentito per un anno! Tu… ti sei comportata da stronza egoista per un anno?!».
«Sì» risponde semplicemente, arricciando un po’ il naso.
«Dici sul serio? Non mi hai mai amato, tu?».
«No, pensavo fosse chiaro».
«Quindi ci stiamo lasciando?».
«No, sono io che lascio te» precisa lei, ed è una pugnalata al mio orgoglio.
«E mi hai preso in giro tutto il tempo?».
«Non il primo mese. Ma da allora in poi, probabilmente. Mi dispiace non essermene resa conto prima».
Il suo tono è duro, deciso… Non sta mentendo, e questa consapevolezza mi brucia fino all’anima. Stringo i pugni, sento le unghie conficcarsi nei palmi.
«Mi dispiace. Allora ciao» aggiunge.
«Cioè, in undici mesi tu hai recitato? Dallo scorso trenta maggio ad oggi, ventiquattro aprile, tu hai solo recitato? Tu… E tu me lo dici con tutta questa disinvoltura?» chiedo ancora, trattenendola sulla porta.
Non voglio che vada via, ho bisogno che mi dica che stava scherzando, e che mi baci col suo solito calore.
«Così pare».
«Dì un po’... Tu, essere indefinito, che ne hai fatto della vera Megan Rossi?».
«Sono io, Harry. Solo che tu non te n’eri ancora accorto. Adesso smettila di fare il melodrammatico, va bene? Non ti vado a genio così come sono realmente? Tranquillo, neanche tu vai a genio a me così come sei».
Tutti i pezzi del mio cuore si ghiacciano a sentire quelle parole, come il mio cervello. Comincio a parlare meccanicamente, senza rifletterci davvero.
«Beh, okay. Potresti almeno dirmi il risultato dell’udienza?».
«Oh, sì. Andrò a vivere con papà. Lui ha trovato una casa al centro di Warrington ed una da queste parti. Domani mi farà sapere quale ha scelto, così portò fare le valigie e raggiungerlo. Nessuna troppo distante da qui, per fortuna».
«Speravo che mettessi più distanza fra me e te» sputo.
Mi volto e risalgo lentamente il vialetto. La ghiaia scricchiola sotto i piedi come sempre.
«Harry!» mi richiama Megan.
In un attimo, mi si costruiscono dentro mille speranze. Ma quando mi giro verso di lei, so che non vuole pregarmi di cancellare dalla memoria l’ultima nostra conversazione. Mi ritrovo a fissare quelle labbra che non potrò più baciare, quella felpa che, forse lei non se ne è neanche resa conto, era mia fino a tre mesi fa, quegli occhi in cui non potrò più perdermi e quel sorriso accennato che non mi farà più girare la testa.
«Buona fortuna con i progetti per la band» dice, e i suoi occhi inspiegabilmente umidi per un attimo si sciolgono. Poi tornano duri.
«Grazie, anche a te con la tua vita» rispondo aspro.
Raggiungo l’auto, salgo e parto senza vedere se Megan è già tornata in casa o è ancora sull’uscio. Comincio a girare per le strade senza meta. Vorrei riflettere su ciò che è successo, ma mi sento vuoto. Non capisco neanche che marce metto, che canzone stanno passando in radio, che via sto percorrendo.
Ad un certo punto, parcheggio sul ciglio della strada. Scendo dall’auto giusto in tempo per vomitare anche l’anima.
così come ad Harry è caduto il mondo addosso in questo pezzo della storia, così è successo a me... D=
non è possibile questi due ragazzi sono fatti l'una per l'altro! non possono lasciarsi in questo modo!
comunque spero che nei prossimi capitoli la situazione ritornerà NORMALE... XD
rimani però sempre brava nello scrivere le emozioni e i sentimenti di questi due protagonisti!
ti voglio bene |