OKAY, MI AUTO-FACCIO UNA RECENSIONE BELLISSIMA! QUESTA PARTE E' LA PIU' BELLA (?):
«Non puoi farmi una cosa così» mi sento bisbigliare. Ritorno a baciarle ogni centimetro del collo lungo e delle spalle morbide, i pensieri confusi dal profumo buono della sua pelle. Sa di fresco, sa di mare, sa d’estate, sa di pesca, sa di fragola, sa di fiori, sa di dentifricio a menta, sa di vaniglia, sa di pane appena sfornato, sa di miele, sa di neve, sa di pioggia, sa di erba bagnata da rugiada. E poi sa di qualcos’altro che non riesco ad identificare.
Lei si attacca sempre di più a me, come se non potesse fare a meno di sentire il mio calore contro il suo.
«Farti cosa?» dice con un sorriso.
La sua voce mi piace da morire. E’ pervasa di piacere, che sfugge al suo controllo. Quando le mordicchio l’orecchio, soffoca un gemito che mi raggiunge comunque.
«Questo» rispondo, riferendomi al momento in cui è entrata nella mia camera e a quello in cui si è sdraiata al mio fianco, a quello in cui mi ha baciato e a quello in cui si è sfilata la canotta di sua spontanea volontà, precedendomi di qualche istante e rimanendo in reggiseno e culotte. Nella penombra, mi sono anche accorto che il primo è di un blu più chiaro di quello della seconda. Ma non gliel’ho detto.
«Io non ti sto facendo proprio niente…» bisbiglia, lasciando affievolire la voce.
Probabilmente vorrebbe aggiungere qualcos’ altro, ma non lo fa. Si lascia accarezzare la schiena in silenzio, respirando piano e in modo irregolare. Sorrido e scivolo più giù. Le sfioro la pancia con le labbra e lei viene percorsa da un brivido. A me gira la testa, non riesco a pensare razionalmente. L’amore mi stordisce, e il desiderio finisce il lavoro.
«Tu mi hai già fatto tutto, invece» dico sulla sua pelle. Non risponde, ma sono abbastanza sicuro che anche ora stia sorridendo.
Infilo l’indice nel bordo laterale della culotte, incontrando una stoffa più sottile sotto, che suppongo sia delle mutandine. Queste le lascio lì dove sono, mentre sfilo via la prima, che va a fare compagnia alla canotta. Lancio un’occhiata a Meg, che non respira neanche, ma che comunque non mi ferma. Le mani continuano a tremarmi. Mi da fastidio. Non mi è mai successo di sentirmi tanto inesperto rispetto una situazione del genere.
Quando mi sposto più su, verso il suo viso, facendo forza sui palmi e sulle ginocchia per non farle male, lei avvolge la mia vita con le gambe e mi si accosta sempre di più, spingendo il suo bacino verso il mio. Mi eccita tremendamente. Il profumo della sua pelle è sempre più forte, mi confonde e mi fa sentire inspiegabilmente… stupido. E insicuro.
Guardo il volto di Meg, e mi fulmino. Ha le guance rosse, i capelli in disordine, la fronte leggermente lucida di sudore e il suo solito sorrisetto sul viso che mi irrita violentemente. Vorrei eliminarlo, vederlo sostituito con un’espressione di piacere puro che indichi che è mia, che è piegata dalla mia volontà, sotto il mio potere. Ma invece quel sorrisetto rimane lì, ad indicare che quello dei due che sta giostrando la situazione non sono io.
Il fatto è che sono totalmente stregato da lei. Non sono preparato ad una sensazione così, non mi è familiare. Non in questo campo.
Vorrei fare con lei uno di quei giochi che mi divertivano parecchio fino a qualche tempo fa, dove stare in situazioni del genere con una ragazza era abbastanza naturale. Vorrei provocarla e poi tirarmi indietro, vederla costretta ad implorare un bacio, ad offrirsi spudoratamente. Il problema è che non ci riesco. Dovrei avere un controllo ed una calma di cui al momento non dispongo.
Le orecchie mi pulsano e il cuore batte velocissimo, più di quanto non abbia mai fatto. Lo stomaco è attorcigliato, attraversato da mille nodi. Mi muovo senza pensarci, la bacio come se farlo fosse l’unico motivo per cui esisto. E’ tutto nuovo, è tutto diverso.
«Smettila di fissarmi» dice lei, sempre con quella voce che mi fa girare la testa. So che quando lo faccio per troppo tempo le da fastidio, perché poi avvampa, ma ora non posso proprio farne a meno.
«Sei già rossa» mi sento rispondere in un tono basso.
«Appunto» mormora con una mezza risata.
Non resisto. Le bacio il mento, le guance, la fronte, il naso. Mi lascio le labbra da parte e mi concentro sul resto del viso per minuti interi. Sento Meg sospirare, soffocare un gemito che mi eccita ancora di più. In un attimo veloce, afferra il mio viso fra le mani e decide di baciarmi, come incapace di attendere ancora quel contatto. Poggia le labbra sulle mie, intreccia le dita fra i miei capelli e mi mordicchia il labbro. Non deve farlo. Sa che mi piace da morire, e io sono già fuori controllo.
Rispondo al bacio con vigore e la sento strofinare le gambe tra loro, dietro la mia schiena. Sorrido come un gatto. Le lascio le labbra e scendo più giù, verso il suo ventre.
Nel farlo, le sfioro la pancia con la mia eccitazione. Alzo lo sguardo verso di lei e la vedo sorridere al soffitto. Divertita, maliziosa, sicura. Mi devasta lo stomaco, quel cazzo di sorriso.
Le bacio le spalle e poi le braccia e poi i palmi. Le accarezzo la schiena, le cosce, il sedere. Le sue dita mi scorrono leggere lungo il collo e fra i ricci e non posso fare a meno di notare che i brividi la percorrono di continuo.
La voglia di assaggiare ogni centimetro della sua pelle mi brucia vivo. Mi piace il luccichio della mia saliva sul quel corpo che, anche se in penombra, vedo benissimo, e mi sembra perfetto. E’ perfetto. E’ il dono più bello che il mondo avrebbe potuto mai farmi.
D’improvviso, mi ritrovo con le labbra troppo vicine ai suoi seni. Li bacio con dolcezza, lungo i bordi di quel reggiseno la cui presenza ora comincia a darmi fastidio.
Meg si aggrappa con più forza alle mie spalle e mi morde leggermente il collo, come per richiamare la mia attenzione. Cerco le sue labbra e le trovo, aperte in un sorriso ora quasi timido e insicuro. Mi domando che cosa le stia passando per la mente e non riesco a crederci quando glielo chiedo sul serio.
«A che pensi?» dico.
Non risponde ma si strofina contro di me in una richiesta silenziosa, distraendomi. Torno a concentrarmi sulla sua pelle. Con le labbra e la punta della lingua, mi faccio spazio appena più in là dei bordi del reggiseno, e contemporaneamente decido che è di troppo. Risalgo con la mano fino al punto della schiena di Meg in cui c’è il gancio di quell’affare. E’ facile, ha una sola pinza, a slacciarlo ci vogliono due secondi.
Ma le sue dita sulle mie mi bloccano. Le lancio un’occhiata, ma lei continua a guardare il soffitto. Deve conoscerlo a memoria, ormai. Si morde un labbro, nervosa.
Le bacio la spalla e il braccio e lei inarca la schiena, offrendosi sempre di più. Ritorno al gancio del reggiseno.
«Harry» dice.
Cioè, mi sta richiamando. Lei mi sta richiamando nello stesso momento in cui mi si sta offrendo praticamente del tutto. Nello stesso momento in cui il suo corpo si piega in un eccesso di desiderio contro il mio. Come se mi avesse appena detto che sta a dieta mentre si sta strafogando con un barattolo intero di Nutella!
Non riesco ad ascoltarla, le allontano i capelli dal collo e la bacio, proprio sotto l’orecchio, in uno dei suoi punti più sensibili. Geme, senza riuscire a fermarsi. Sorrido contro la sua pelle.
«Ti voglio» le sussurro.
«Parli come se tu non mi avessi già» dice, quasi ansimando perché ho ripreso a stuzzicarle l’orecchio con i denti.
«Sai in quale senso».
Non risponde, ma sospira. Come fa una madre quando il bambino continua a insistere per farsi comprare un giocattolo che lei gli ha già negato. Ma io non mollo.
La mia mano scivola in basso, sotto il suo ombelico, a sfiorare quella leggera peluria chiara che un protagonista di uno dei libri che Meg mi ha costretto a leggere definiva “il sentiero per Jerez”. Lei fa un sospiro che è per metà un gemito.
«Harry».
Non riesco a concentrarmi sul mio nome, che detto da lei in questo tono sembra splendido, penso solo al bordo delle sue mutandine, che è liscio, semplice, senza quei merletti o simili, che odio. Le sfioro la pelle proprio lungo quell’elastico con la punta delle dita, leggero. Meg si inarca ancora di più contro il mio corpo, gemendo, e per me è come un invito scritto a farla completamente mia.
«Harry» ripete con più urgenza, come se mi avesse letto nel pensiero. La sua voce continua ad eccitarmi, maledizione! Fermarmi dal continuare ad assaggiare il suo corpo è un’impresa titanica. E io non ci tengo proprio ad affrontarla.
Scivolo più in basso, la bacio esattamente lungo gli orli dell’intimo, appena sotto la pancia e sulle cosce. Si piega ancora di più verso di me.
«Harry!» dice, per la quarta volta. Ma ora lo fa in un gemito, a voce alta, quasi in tono implorante. La guardo, impaziente, aspetto che continui. Intanto, tento di regolarizzare il respiro, senza successo.
«Smettila, prima che io dimentichi il motivo per cui ti sto pregando di farlo» mormora al soffitto.
«Perché?» dico, senza muovermi.
«Perché anche io ti voglio» confessa in un soffio.
Rimango immobile qualche secondo, poi faccio un sospiro che non percepisco neanche io.
«No, volevo sapere proprio perché devo smetterla» mi spiego meglio, risalendo il corpo di Megan con una scia umida di baci, fino a trovare di nuovo i suoi splendidi occhi con i miei. Prima ancora che possa rispondere, so già cosa dirà.
«Perché ho paura». Di nuovo, confessa subito.
La guardo e so che non può farci niente. Non sono necessarie delle spiegazioni, che però lei ci tiene a darmi.
«Io… ti desidero, Harry. Ti desidero sul serio, va bene? Ma è una situazione tutta nuova e so di aver troppa paura. Se tu ora continuassi a… a fare ciò che stai facendo, credo che finirei per concedermi io stessa, completamente. Ma so anche che poi me ne pentirei. Perciò smettila, ti prego».
«Va bene ma fino ad ora? Ti sei già pentita di quello che è appena successo?» chiedo. Non perché io non conosca la risposta, ma solo perché voglio terribilmente sentirglielo dire. Lei mi accontenta con un sorriso incerto.
«Non credo che me ne pentirò mai, a dir la verità».
C’è un attimo di silenzio, in cui mi lascio andare in caduta libera nei suoi occhi e tento di calmare il cuore, che però non ne vuole sapere.
«Nessun problema, ti aspetterò. Credo che tu sia l’unica persona al mondo per cui aspetterei anche in eterno, a dirla tutta» mormoro poi, e quella certezza un po’ mi brucia.
«Sul serio?» dice con una mezza risata.
«Direi di sì. Mi stai facendo sentire un bambinetto inesperto stasera, come un giocattolino nelle tue mani. Dimmi un po’, qualcun altro al mondo ci riuscirebbe? E poi, te l’ho detto che ti voglio».
Sorride, poi solleva un sopracciglio. Cazzo, è più bella che mai. Non mi aiuta a ricordarmi che devo rinunciare ad averla, stanotte. Per niente. Vorrei baciarla, ma anche questo sarebbe un attentato alla mia già debole forza di volontà.
«Non credo che mi passerà mai la paura».
«Non deve passarti. Verrà un giorno» rispondo, spostandomi mio malgrado su un fianco, «in cui il desiderio però sarà più forte della paura, più intenso. Più intenso anche di ora, anche se forse non ti sembra possibile. In quel momento, mi dirai che sei pronta, che vuoi fare l’amore con me. E io sarò lì».
Arrossisce furiosamente e guarda la finestra, da cui sta cominciando a filtrare la luce del giorno. Quando torna a fissarmi, lo fa con decisione ed ironia.
«Lo spero. Per te».
Mi da le spalle e si accoccola, sistemandosi addosso le coperte, finite sotto il muro. Scoppio a ridere e la stringo a me. Il desiderio di averla non si è spento neanche un po’, sta anzi diventando sempre più acuto, ma penso che dovrò cominciare a conviverci quotidianamente, dopo stanotte.
Sbadiglio.
«Mi dispiace aver interrotto il tuo sonno, devi essere stanco morto. Ti sarebbe servita una notte di riposo» dice allora Meg con una punta di malizia. Sorrido e mi sporgo su di lei per baciarle una guancia.
«Credo di preferire questa appena passata».
«Non dirmelo» mormora ironica, prima di sbadigliare anche lei e crollare nel giro di dieci secondi. Chiudo gli occhi e provo a fare lo stesso. (Recensione modificata il 04/06/2012 - 04:20 pm) |