3-Il ritorno a Londra.
Il
rumore del motore dell’aereo che l’avrebbe
riportata a Londra ormai era penetrato nel suo cervello tanto che non
riusciva
nemmeno a pensare, figurarsi leggere.
Quello,
però, non le dispiacque, il libro che si era
portata dietro era un stupido romanzo sdolcinato che sua madre le aveva
regalato lo scorso Natale.
Parlava
dell’amore inconfessato di due amici e
Parigi era la città, dove si svolgeva tutto. Jane, sua
madre, l’aveva scelto
proprio per quello, il suo regalo era un modo per dirle che dopo Ron
doveva
guardarsi intorno, poiché Parigi brulicava di bei ragazzi.
Una
sera, ricordò all’improvviso Hermione, aveva
chiesto come fosse il suo collega, quello che simpatico, con cui spesso
usciva
a cena, ma lei era stata vaga, aggiungendo poi che Draco, era uno
sciupa femmine
e che lei, per fortuna, non rientrava nei suoi cannoni, così
potevano essere
solo amici senza complicazioni.
Ora
non erano nemmeno quello, constatò.
-Gradisce
qualcosa signorina?- chiese l’hostess con
un sorriso dolce.
-No
grazie- rispose Hermione ridestandosi dai suoi
pensieri e sorridendo di rimando.
La
donna poi scomparve e Hermione stanca chiuse il
libro, una morsa nel petto si fece più insistente al solo
ricordo di Draco, le
mancava. Le mancava da morire ma per orgoglio non l’aveva
più cercato.
***
Si
era chiusa in casa dei suoi genitori nella
periferia della Londra babbana da ben tre giorni, Natale era oramai
alle porte
e non aveva avvisato nessuno del suo ritorno a casa.
Nessuno,
nemmeno Ginny o Harry sapevano che la loro
migliore amica era a Londra per le vacanze Natalizie.
Sua
madre le aveva chiesto come mai non uscisse, l’aveva
chiesto ininterrottamente per un giorno intero ma lei era stata vaga.
Come
poteva spiegarle che non voleva incontrare
nessuno per via del matrimonio imminente del suo ex.
Si
era questo il motivo per cui non li aveva
avvisati, solo questo penso chiudendo con decisione un vecchio tomo di
pozioni
in cui aveva messo una foto sua e di Draco scattata in costa azzurra la
scorsa
estate.
Si
è per Ron e lavanda che sto così, solo a causa
loro, ma sapeva bene che di Ron non le importava molto per lei era
stato
importante, il suo primo amore ma la fiammella della passione si era
spenta
subito e solo per noia aveva portato avanti quella storia fino a quando
anche l’evidenza
l’aveva messa davanti al fatto compito. Lei non amava Ron
Weasley come Ron Weasley
meritava e lasciarlo fu l’unica cosa giusta da fare. Lui non
la prese per
niente bene e non si stupì che nessuno nella sua famiglia
approvasse la sua
scelta. Solo Harry e Ginny le furono vicini, loro e Draco che
però come sempre
stette nell’ombra.
Chissà
cosa avrebbero detto se avessero saputo della
sua amicizia.
Un
toc toc, la ridestò dai suoi pensieri e non fece
nemmeno in tempo a dire: avanti che una rossa le si strinse al collo
abbarcandola
stretta.
-amichetta
mia- disse la voce famigliare di Ginny
Weasley in Potter
-Se
non era per tua madre, che mi mandava un
messaggio. Tu, non ti saresti fatta viva- disse subito dopo la rossa
staccandosi da Hermione che imbarazzata la guardava dal basso del suo
letto.
-Io...,
ecco mi spiace- disse abbassando un attimo
lo sguardo.
-Spero
per te che non sia per colpa di quel cretino
di mio fratello?- chiese mettendosi le mani sui fianchi, gesto che la
faceva sembrare
la coppia giovane di sua madre Molly.
-No
e che...anche- ammise infine.
-Sai
mia cara che non sei tu che ti devi preoccupare
ma lui che si sposa quell’oca.
-Io
l’ho lasciato Ginny-le ricordò Hermione. Io gli
ho spezzato il cuore e per questo mi vergogno pensò ancora
Hermione ma non lo
disse.
-Tu,
mia cara l’hai pure sopportato. È una tale
lagna non ne hai idea-
Disse
con la solita verve Ginny.
-Comunque
basta parlare di lui, ma parliamo di te-
disse Ginny guardandola con un sorriso malizioso in viso.
-
Allora novità. Uomini?- chiese senza alcuna
vergogna.
Hermione,
divenne un poco rossa sulle guance e poi
scosse il capo.
-Nessuno-
disse infine.
-No.
Non ci siamo proprio devi uscire, conoscere
persone nuove. I francesi non fanno per te. Ora ti lavi e usciamo per
fare un po’
di sano e necessario shopping. Questa sera, si va alla raccolta fondi
per gli
orfani di guerra- disse Ginny mostrandogli gli inviti.
-Sei
fuori! io non vengo-cercò di ribellarsi
Hermione.
-E
per quale motivo- ribatté secca Ginny. – Tu vieni.
Non voglio sentire storie, c’è tutta
l’élite magica Londinese. Quindi papabili
mariti per la bella e libera Hermione Jane Granger-.
-Si
certo, come no-. Rispose seria. – Quelli sanno
chi sono-aggiunse.
-Ah,
ah , ah, anche in Francia sanno chi sei mia
cara eroina Magica-rispose Ginny sollevandola di peso dal letto e
spingendola,
poi, dentro il box doccia. Hermione non riuscì a
controbattere Ginny alla fine,
aveva vinto e sua madre Jane ne era entusiasta.
-dovevo
chiamarti subito- le sentì dire Hermione.
-Brave
coalizzatevi alle mie spalle- disse entrando
subito dopo in cucina dove sua madre e la sua migliore amica bevevano
una tazza
di te.
-tesoro-
disse sua madre mettendosi una mano nel
cuore.
-Noi
lo facciamo per te, perché ti vogliamo bene-
-Tu,
lo fai perché vuoi un nipote- rispose Hermione,
afferrando un biscottino di pastafrolla a forma di babbo Natale.
-In
effetti, lo faccio anche per quello, ma
soprattutto perché ti voglio bene e ti voglio vedere
felice-disse Jane Granger.
-Certo,
certo...- rispose Hermione invitando con un
semplice sguardo truce la sua amica Ginny ad alzarsi.
Quella
mattina camminarono moltissimo alla ricerca
di due super abiti per la serata, poi andarono dal magicentro estetico,
dove
estetiste e parrucchiere magiche le resero ancora più belle.
Alle
otto sella sera, tramite metro polvere, Hermione
si ritrovò a casa Potter e lì con una passaporta
sarebbe arrivata alla villa
nella quale si sarebbe svolto il galà. Quell’anno,
come ben sapeva, a
organizzare il tutto era Narcissa Black in Malfoy e il vecchio e magico
Manor dei
Malfoy sarebbe stato il teatro dell’evento.
Hermione,
pallida in viso salutò tremante il suo amico
Harry e poi Ginny, non vi fu spazio per i convenevoli che
già si ritrovò davanti
all’immenso cancello in ferro battuto che si
spalancò appena i tre toccarono
suolo.
-Bene-
disse guardando davanti a se l’auror.
-Siamo
arrivati. Su andiamo, non vorrei avessero già
terminato i pasticcini-concluse il moro offrendo le sue forti braccia
come
appoggio alle due donne: a sinistra sua moglie e a destr ala sua
migliore
amica, che anche se titubante lo seguì.