Serie TV > Skins
Segui la storia  |       
Autore: HighByTheBeach    29/04/2012    4 recensioni
Dunque, innanzitutto mi rifiuto di sentire che Skins sia finito u.u Per cui ho deciso di creare io stesso una quarta generazione, so che non potrò minimamente e/o lontanamente paragonarmi a quelle vere, ma avevo troppa voglia di scriverla, e troppe idee in testa, per cui ho deciso di farlo. Come nel telefilm, ogni capitolo (a parte il primo) seguirà le vicende dal punto di vista di un personaggio... Che dire, se vi ho interessati almeno un pochino, aprite!
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

3. Demy&Emma

 

Outside is sunny, inside is dark…

 


P.O.V Demy

 

La musica si stava lentamente spegnendo, ed io mi beai di ogni singola nota, fino all’ultima di esse, come ogni volta che cantavo. Avevo cantato quella canzone per intero per la centesima volta, probabilmente. Avrei avuto un’audizione nei prossimi giorni, e la mia insegnante privata di canto, la signora Jodie, era davvero pignola. Voleva assicurarsi che non sbagliassi neppure una nota. La perfezione, a mio avviso, non esiste, ma per la signora Jodie io lo sono. E’ estasiata ogni volta che canto. E’ convinta che io possegga il diaframma tipico delle donne di colore, e che un giorno io possa arrivare ai livelli di persone come Whitney Houston.

 

- Sublime, mia cara! – esclamò, non appena la musica cessò. Era davvero compiaciuta del lavoro che stavo eseguendo, e mi faceva piacere. Ci tenevo davvero tanto a superare quell’audizione, che mi avrebbe permesso di entrare in uno dei conservatori più prestigiosi dell’Inghilterra. Il canto era la mia vita, e di conseguenza quel posto rappresentava per me una sorta di oasi lontana.

 

/---/

 

Mi trovavo nell’autobus, con le auricolari del mio iPhone alle orecchie, mentre ascoltavo un po’ di musica, per ammazzare il tempo. Improvvisamente la musica cessò, poiché avevo ricevuto un sms. Controllai il destinatario: Christine. L’aveva mandato a tutti. “Stasera tutti al “Life”. XOXO”. Oh, il Life era una nuova discoteca, aperta da pochissimi giorni dall’altro lato di Bristol, ne avevo sentito parlare. Chiusi il messaggio, ed aprii l’elenco di numeri telefonici salvati, scorrendo poi l’elenco fino ad Emma, che chiamai. Attesi per quattro o cinque squilli, dopodiché scattò la segreteria telefonica. La cosa mi fece preoccupare. Conoscevo Emma, e speravo davvero che non stesse capitando di nuovo. L’autobus ad un certo punto si fermò, era giunto al capolinea, e quella era la mia fermata. Scesi velocemente, per poi percorrere la breve strada che mi divideva da casa mia. Una volta arrivata, anziché entrare, andai al garage, nel quale era parcheggiato, oltre all’automobile di mia madre, il mio motorino. Vi salii in sella, e partii alla volta della casa di Emma.

 

 

P.O.V Emma

 

Sta succedendo, sta succedendo ancora. E, proprio come ogni volta, io mi sento impotente, non posso fare nulla. Posso soltanto ascoltare passivamente le urla provenienti dal piano inferiore. Mio fratello, Alex, si è ubriacato di nuovo. E no, non è una cosa normale, da adolescente. Perché lui non è un adolescente. Ha trent’anni suonati, e la cosa peggiore è un’altra. L’alcool fa triplicare la rabbia di mio fratello, che diventa un animale.

In questo momento sono avvolta su me stessa, sotto le mie coperte, in posizione embrionale, mentre sento il rumore di oggetti  che vanno in frantumi, sedie che si ­­­­­­­schiantano sulle pareti, le urla di mia madre che non ce la fa da sola. Vorrei scendere, ma la paura mi immobilizza. Sono una vigliacca, lo so. Sono una vigliacca perché, pur consapevole che mia madre è sola, ad affrontare una belva, io me ne resto lì, senza fare un cazzo. Ogni fottuta volta chiudo gli occhi, riaprendoli solo quando i rumori cessano, e tutto torna alla sua folle banalità. Ad un certo punto sento il cellulare vibrare, esso è accanto a me, ma mi preoccupo soltanto di guardare il destinatario: Christine. Non mi preoccupo di leggerlo, e lo rigetto sul letto. Dopo, però, squilla. E’ Demy, che mi sta telefonando. Lascio squillare un po’, poi decido di inserire la segreteria. Le urla di Alex e di mia madre sono troppo forti. Nonostante lei sia l’unica a sapere di ciò che accade abitualmente a casa mia, preferisco che non mi senta piangere. Si, perché io sto piangendo, come sempre. Lacrime calde e amare scivolano lungo le mie guance, ed io non posso fare altro che assecondarle. Demy, la mia migliore amica fin dai tempi delle elementari. Siamo cresciute insieme, non ci siamo mai separate, mai. Ed è l’unica, oltre sua madre, a sapere la verità su  mio fratello. Anzi, su Alex. Mi viene il disgusto soltanto a definirlo “fratello”, sangue del mio sangue. Probabilmente mio padre si starà rivoltando nella tomba a vedere il suo primogenito in quello stato. Dio, lo odio. Si può odiare qualcuno così tanto, al punto da desiderarne la morte? Si. E non ammetto di essere giudicata, no. Non lo permetto a nessuno, perché nessuno sa l’inferno che io e soprattutto mia madre, siamo costrette a subire. Il Natale, la Pasqua, e tutte le altre feste, sono puntualmente rovinate da quell’essere. Non ho mai conosciuto un giorno di festa felice, mai. Ed è per questo che odio queste feste. Dopo svariati minuti, che mi sembrarono anni, sentii che le grida erano cessate. Era finita, forse.

Mi guardai allo specchio, osservandomi. Ero gracile, non ero mai stata molto robusta fisicamente. I miei lunghi capelli biondi, in quel momento, erano tutti scompigliati, e i miei occhi grigi erano più spenti del solito. Sbuffai, asciugandomi le ultime lacrime. Non volevo che mia madre mi vedesse piangere. Versava lei stessa già abbastanza lacrime. Uscii dalla mia stanza, e scesi le scale, raggiungendo il piano terra. Lì, mia madre sedeva sul divano, fumando nervosamente una sigaretta, con lo sguardo perso nel vuoto.

- Sono riuscita a farlo addormentare… - disse, prima che aprissi bocca.

- Ti ha messo le mani addosso anche stavolta, vero? –

Non rispose. Scoppiò soltanto a piangere, segno che la mia domanda fosse fondata. Quel bastardo. Mi sedetti accanto a lei, abbracciandola. Mi sentivo terribilmente in colpa, per non esserle d’aiuto.

- Sai, vero, che dovresti chiamare la polizia? – le dissi.

- No, è fuori discussione… Sarebbe rovinato… - rispose lei, risoluta.

- Ma in questo modo siamo noi rovinate, mamma! Perché non capisci?! – stavo iniziando ad innervosirmi, come ogni volta che toccavamo quel discorso. Era troppo legata a suo figlio, e nonostante tutto non sarebbe riuscita a farlo chiudere da qualche parte. Da un lato era patetica, dall’altro comprensibile. Comunque sia, non mi rispose. Si riavviò i capelli biondi, come i miei, e si rialzò, andando poi a chiudersi nella sua stanza. Scossi la testa. Ero stufa, di quella situazione. Dovevo convivere con un fratello che per me era poco più che un estraneo, e mi chiedevo spesso perché esistesse ancora, e non fosse morto. Se esiste un Dio, da qualche parte… Perché permette certi scempi?

Non ebbi tempo di darmi una risposta, che suonò il campanello. Mi recai alla porta d’ingresso, lentamente, per poi aprirla.

- Demy! –

 

P.O.V Demy

 

- Demy! – esordì.

Avevo fatto più velocemente possibile per arrivare a casa di Emma, e quest’ultima mi aveva appena aperto la porta. Non appena la guardai in faccia, capii. Doveva essere successo, proprio come temevo. Non c’era bisogno di parole, ci conoscevamo da anni e mi bastava uno sguardo. I suoi occhi, in genere vispi e allegri, ora erano spenti. La ragazza mi fece entrare, e andammo a sederci sul divano.

- Dov’è? – chiesi.

- Dorme – rispose.

Ci guardammo per un istante, uno soltanto. Dopodiché la ragazza scoppiò a piangere, cadendo tra le mie braccia, affondando la sua testa nel mio petto. La strinsi forte a me, lasciando che si sfogasse, lasciando uscire tutte le lacrime che la opprimevano. Riusciva ad esternare le sue emozioni soltanto con me. Le accarezzai i morbidi capelli biondi per almeno mezz’ora, quando finalmente smise di piangere.

 

Parlammo all’incirca per un’oretta, di argomenti vari. Dovevo tirarla su di morale, fare in modo che il suo cervello sotterrasse gli avvenimenti di quel giorno, ed io non potevo fare altro che provarci in quel modo. Anche se sapevo, sapevo benissimo che, nonostante adesso Emma sorridesse in modo anche convincente, era solo una maschera. Emma soffriva. La sofferenza la attanagliava, la teneva legata, incatenata.

- Senti, stasera vanno tutti al Life… Se vuoi posso restare qui con te – dissi.

- No, andremo anche noi. Non ho voglia di fingere di essere forte davanti a mia madre tutto il tempo – rispose. Le sorrisi, di cuore.

 

/---/

 

Eravamo andate a casa mia, in modo che potessimo prepararci per la serata. Io decisi di stirarmi i capelli, per poi indossare un vestito nero. Ad Emma, invece, prestai una minigonna nera, con un top color bordeaux. Aveva i capelli leggermente mossi, era perfetta.

 

P.O.V Emma

 

Si prospettava una serata divertente. O almeno, è ciò che mi sforzavo di pensare. In realtà non avevo alcuna voglia di uscire, ma non volevo restare a casa mia. Ero egoista, lo so. Avevo lasciato sola mia madre, ma io ero stanca. Stanca di dover essere forte per lei, stanca di fingere. Quella sera, avrei finto che tutto andasse bene, avrei ingannato chiunque mi guardasse, tranne Demetra, probabilmente.

 

/---/

 

Eravamo all’entrata del locale. C’era una fila enorme, e già dall’esterno si sentiva una musica frastornante. Sentivo già il cranio che mi pulsava. Da lontano notammo Christine. La rossa era già alla porta di ingresso, e ci richiamava con la mano, con un sorriso che mai mi sarei aspettata nei nostri confronti. La ragazza sussurrò qualcosa all’omone di guardia, che ci permise di saltare la fila, facendo in modo che raggiungessimo la soglia dell’ingresso, dove Christine ci attendeva.

- Siete arrivate, finalmente! Gli altri sono già tutti qui! – disse, addentrandosi in quella bolgia, facendoci poi cenno di seguirla.

La musica era fortissima, e mi penetrava i timpani. Feci molta fatica a farmi strada sull’enorme numero di persone nella pista. Io e le altre due ragazze fummo raggiunte da Rose, che per l’occasione aveva rinunciato ai suoi tipici boccoli, preferendo portare i capelli mossi. Quelli di Christine, invece, erano liscissimi ed impeccabili, come sempre.

Dopo i vari convenevoli, ci avviammo verso il bancone del bar. Lì c’erano i ragazzi, ossia Keith, Shawn, Luke e Robbie. Quest’ultimo era davvero sopra le righe. Aveva indossato dei pantaloni color arancio, con delle bretelle dello stesso colore, sopra una camicia bianca con papillon verde. Sembrava davvero uscito da un cartone americano.

- Bene, ci siamo tutti! – esclamò Christine, fingendo entusiasmo. Ella osservò poi Luke e Rose, che si guardavano negli occhi.

- Balliamo? – chiese il ragazzo, rivolto ovviamente a Rose. In tutta risposta, la ragazza, annuì, ed i due scomparirono in quella selva di perdizione. La rossa non ne sembrava affatto contenta.

- Hai portato l’erba? – chiese Shawn ad un tratto.

- Certo che si – rispose Christine, non poco infastidita dalla diffidenza del suo ragazzo. Quest’ultimo le sorrise, per poi prenderle la mano e sparire insieme nella pista da ballo. Eravamo rimasti io, Demy, Keith e Robbie.

- Ma come ti sei vestito? – chiesi a quest’ultimo, leggermente divertita.

- Oh, è il mio stile, e… -

- Mi stupisco che mia sorella non ti abbia insultato nei modi peggiori – lo interruppe Keith, ridacchiando.

- Ehm, in realtà l’ha fatto… - ammise il ragazzo.

Scoppiai a ridere. Era ovvio, probabilmente Christine nemmeno lo aveva invitato. Si era semplicemente accodato a Luke, dal quale sembrava non potersi proprio dividere. Ad un certo punto Robbie venne di fronte a me e Demy:

- Una di voi splendide signorine vorrebbe concedermi l’onore di un ballo? –

- Passo – risposi io, ridacchiando, sperando che mi sentisse in quel baccano.

- Io ci sto! – esclamò invece Demetra, ridendo come una pazza. Sembrava davvero divertita dall’idea di ballare con quel personaggio così strambo. I due si avviarono, lasciando da soli me e Keith. Notai che quest’ultimo fissava nervosamente un punto impreciso della pista, mentre sorseggiava della vodka da una bottiglia di vetro. Seguii il suo sguardo, e vidi che l’oggetto del suo sguardo era la sorella, che “ballava” (o sarebbe meglio dire che si strusciava) con Shawn. Mi domandavo perché gli desse così fastidio.

- Che hai? – gli chiesi, avvicinandomi.

- Niente… -

- Li stai fissando… -

- Davvero? –

- Si. –

Il ragazzo sbuffò, per poi cedermi la bottiglia di vodka. Sembrava davvero nervoso.

- Balli? – mi chiese ad un certo punto.

- Hai delle pasticche? –

- Beh, certo… -

- Allora si –

- Hai per forza bisogno di un supporto? –

- Si, perché per ballare ho bisogno dell’umore adatto. E le pasticche me lo danno. –

- E’ successo qualcosa? – mi chiese, sospettoso. Lo guardai, ed egli capì. Mi sorrise, per poi estrarre dalla tasca una bustina, con dentro due o tre compresse.

- Gli altri le hanno prese quasi tutte. – ammise, per poi porgermi la bustina. Ne presi una e la ingerì, e lo stesso fece lui. Gli strappai la bottiglia di vodka da mano, e ne bevvi un lungo sorso, sentendo poi la gola andarmi in fiamme. Ma, non contenta, bevvi ancora, e ancora, finchè la bottiglia non fu del tutto vuota.

- Andiamo? – chiesi poi a Keith.

Non attesi risposta, e mi fiondai nella pista. La pasticca ingerita stava già salendo. Mi muovevo freneticamente a ritmo della musica, della quale non riuscivo però a distinguere più alcuna nota ne parola. Vedevo le persone attorno a me in modo confuse, come se fossero tutte parte di un ammasso informe. E la musica sembrava aumentare sempre di più, la sentivo rimbombare direttamente nel cervello. Mi entrava dentro, fin nelle viscere più profonde del mio corpo, facendo si che il mio corpo fosse attraversato da scosse adrenaliniche. Non mi importava più di nulla. Ne di mio fratello, ne di mia madre, ne di nessuno. Ora volevo soltanto fare ciò che stavo facendo. Sentii le mani di un paio di ragazzi scivolare lungo il mio corpo, e il che mi fece ridere di gusto. Ma li allontanai, facendo la preziosa. Mi sentivo viva, in quel momento. Poi, però, dopo un po’, mi sentii lo stomaco avvolgersi su se stesso.

 

/---/

 

Mi ritrovai nel bagno della discoteca. Un sudicio bagno, nel quale c’era di tutto: chi si drogava, chi fumava, chi scopava. Ed io, chiusa in uno dei cubicoli, stavo vomitando l’anima in quel disgustoso water. Non riuscivo a capire se quel tanfo fosse il mio vomito, o facesse semplicemente parte dell’ambiente. Dopo aver vomitato, mi riavviai i capelli, appoggiandomi poi con la schiena al muro. Non avevo ne la forza, ne la voglia di rimettermi in piedi. Ad un certo punto, mentre me ne stavo in pace, con gli occhi semi-chiusi, sentii delle persone entrare nel cubicolo adiacente al mio. Notai, dalla fessura in basso al muro divisorio, che erano due ragazzi. Non avevo neppure controllato che fosse il bagno dei maschi, perfetto. Poi, però, i due iniziarono a parlare tra di loro, chiusi in quel cubicolo. E quelle voci…

- Senti Shawn, quello che è successo a casa di Rose non succederà mai più! – esclamò uno dei due – E’ stato un errore, che non riaccadrà! – aggiunse. L’altro, in tutta risposta scoppiò a ridere.

- Avanti Keith, ti è piaciuto da impazzire, e sono convinto che lo rifaresti in qualsiasi momento… -

- Senti, potrebbe anche darsi, ma tu stai con mia sorella, ed io faccio schifo! Cazzo, mi sento una fottutissima troia che si scopa il ragazzo della sorella… -

- Beh, lo sei. –

Non riuscivo a credere alle mie orecchie. Quelli erano Shawn e Keith. Sperai fino all’ultimo che non fossero gli stessi Shawn e Keith che conoscevo io, ma purtroppo così non era.

- Comunque sia, non accadrà mai nulla del genere! –

- Ne sei sicuro? –

A questo punto vidi uno dei due mettersi in ginocchio…

- Non ci provare! – esclamò Keith.

Sentii una zip abbassarsi, e poi una serie di mugolii.

- Oh, si.. Cioè, no! Senti… Oh… Basta! – Keith riuscì a staccarsi, e l’altro, a giudicare dai piedi, si era rimesso in piedi.

- Non ci riuscirai! –

- Oh, si invece… -

Keith fu girato verso l’altro lato, e vidi i pantaloni di entrambi cadere al suolo.

- Che cazzo! –

- Shh… -

Mi portai una mano alla bocca, sconvolta. Preferisco non descrivere i suoni che percepii. Keith e Shawn. Shawn e Keith. Shawn e Christine? Sentii di nuovo il vomito salirmi lungo la gola, e mi affrettai ad affacciarmi di nuovo nel water.

Dopodiché uscii da quel cubicolo in fretta, preferendo evitare di assistere ad orgasmi vari, per poi tornare nella discoteca. Incontrai Christine, che si fermò davanti a me.

- Hey, hai visto il mio Shawn? – chiese la ragazza, leggermente preoccupata. Ero fottuta.

- Ehm, si… - risposi. – L’ho visto nei pressi del bar… -

- Ma ci sono appena stata… - diffidente la ragazza.

- Ehm, andava verso il piano di sopra infatti! –

- E se provassi in bagno? –

- Oh, no… Ci sono appena stata, ed è uno schifo totale. E non c’è Shawn! – mi affrettai a rispondere. Stavo mentendo più che altro perché volevo bene a Keith, non per altro. La coppia Christine-Shawn non mi aveva mai convinta, e adesso soprattutto. Ci avrei scommesso che Shawn fosse infedele, ma non mi sarei aspettata una cosa del genere.  Giocava sporca col suo cuore, col cuore di Christine.

- Ok, allora andrò di sopra… - rispose la rossa, non troppo convinta. Era fin troppo astuta ed intelligente, aveva capito che qualcosa non andava. Per quanto fossi brava a mentire, a quanto pare non potevo ingannare lei, la regina incontrastata della menzogna. Tuttavia, forse, ero riuscita distoglierla dal bagno. Avrei dovuto fare quattro chiacchiere con Keith.

Era il momento di tornare a casa, almeno per me. Non ne potevo più di quella serata. Non chiamai Demy, era occupata a divertirsi. Cosa che io non ero riuscita a fare altrettanto bene. Ci avevo maldestramente provato, ma avevo fallito. Avevo provato a dimenticare, per qualche istante, l’enorme fardello che mi portavo sulle spalle, ma a nulla era servita una pasticca e mezza bottiglia di Vodka. Sorrisi, vedendo come Demy, seppur strafatta come tutti gli altri, riuscisse ad essere genuina nella sua felicità. Non aveva problemi, non quanto me. Sarei tornata a casa e, da sola, avrei pianto, avvolta dalle coperte.

 

/---/

 

P.O.V Demy

 

Mi massaggiai le tempie con le dita, con la schiena appoggiata al mio armadietto. Avevo un’emicrania atroce. Avrei preferito non andare a scuola quel giorno, ma mia madre mi aveva praticamente costretta.

Camminai per i corridoi del Roundview, fino a giungere alla sala principale, dove tutti gli studenti si riposavano tra una lezione e l’altra. Notai i miei amici, e mi avvicinai a loro, sedendomi accanto ad Emma. Di fronte a noi c’erano Keith e Christine.

- Non ti ho più vista ieri sera… - dissi ad Emma.

- Si… Non mi sentivo molto bene e sono andata a casa. – rispose, fissando uno dei due ragazzi di fronte a noi, ossia Keith. Quest’ultimo aveva un’aria assente, pensierosa.

- Comunque il locale mi piace, ha spazi molto ampi. Soprattutto i bagni, c’è chi fa di tutto là dentro… - aggiunse la bionda. Non capii ciò che intendesse, ma Keith sembrò ritornare tra noi. Osservò Emma per qualche istante, per poi abbandonarsi allo schienale. Cosa cazzo mi ero persa?!

- A me non piace, è troppo scialbo, e poi fanno entrare chiunque. C’erano certi tamarri, per non parlare degli sfigati… - affermò Christine.

Dopo un po’ sopraggiunse anche Rose, che entrò dalla porta principale della sala, venendo poi da noi. Si sedette accanto a Christine.

- Divertita ieri? – le chiese quest’ultima, con tono alquanto acido.

- Si – rispose la sua migliore amica, facendo spallucce.

Mi chiedevo che problemi avesse Christine.

- Christine, oggi la tua dolce metà non c’è? – chiese ad un tratto Emma, sorridendo leggermente. Ma non era un sorriso angelico, per nulla. Emma sapeva qualcosa, e lo nascondeva. La conoscevo fin troppo bene, non poteva mentire a me.

- Oh, il mio amore oggi è assente… -

- Amore… - mormorò Keith infastidito, per poi alzarsi e andarsene, senza proferire parola.

Sua sorella lo guardò perplessa. Emma si alzò, seguendo poi il ragazzo.

- Cosa cazzo prende oggi a tutti?! – esclamai scazzata, per poi alzarmi a mia volta, uscendo da quella sala.

Mi recai al cortile dell’istituto, dove trovai Emma intenta a fumare una sigaretta, e la raggiunsi.

 

 

|---|

 

Non appena Emma sentii Demy raggiungerla, si voltò verso la ragazza.

- Mi dici che hai oggi? Mi sembri strana… - chiese la ragazza di colore.

Emma non rispose, ma si limitò a guardare in basso, con aria sconsolata.

- Sono stanca, Demetra… Sono stanca di dover fingere con tutti, sono stanca di non poter mai essere me stessa. Devo fingere di essere forte, devo fingere di non sapere le cose, devo portare dentro di me segreti troppo pesanti, sono stanca! – esclamò la bionda.

- Segreti? Quali segreti? Intendi tuo fratello? Guarda che… -

- Non è solo quello, cazzo! Il punto è che non ne posso più, perché non può andare tutto in modo normale?! Perché deve essere tutto fottutamente difficile e complicato? Perché la vita non può scorrere liscia ogni tanto?! – Emma era sempre più disperata, e le lacrime spingevano chiaramente per voler uscire, ma lei le tratteneva.

- Ascolta, Emma… La vita è difficile per tutti, non è mai facile… -

- Ma se tu hai una vita perfetta! Canti da Dio, hai solo tua madre è vero, ma non avete problemi! E… -

Emma non continuò, fu interrotta da Demetra, che le aveva appena tirato uno schiaffo.

- Cosa ne sai, eh? Pensi di essere l’unica che sta male? Solo perché io nascondo i miei problemi, non significa che non ne abbia, o che sia felice! Io piango ogni notte, pregando che mio padre, un giorno, torni! Perché mi manca, mi manca da impazzire! Ma tu cosa ne sai, del resto parliamo sempre e solo dei tuoi problemi! – urlò.

Emma la guardava, triste. Sentiva dentro di se una serie di emozioni diverse. Ma quella che prevaleva su tutte era il dispiacere. Il dispiacere per l’essere così egoista. Aveva sempre e solo pensato a se stessa, senza mai preoccuparsi che la sua migliore amica avesse dei problemi. E ora l’aveva capito, finalmente. Aveva capito che c’era qualcuno più bravo di lei, a fingere. L’allievo che supera il maestro.

Le due si guardarono per un istante che sembrò eterno, per poi scoppiare a piangere come due bambine. Si abbracciarono, tenendosi forte l’un l’altra. Loro lo sapevano. Sapevano che, nonostante tutto, la loro amicizia non sarebbe mai stata distrutta da niente e nessuno. Quel litigio, quello schiaffo, aveva rafforzato il loro legame. Si appartenevano l’un l’altra, erano in simbiosi. Si volevano bene, e questa cosa niente l’avrebbe mai cambiata.

 

_____________________________________________________________________________________________________________________________

 

Ecco il nuovo capitolo, incentrato soprattutto su Emma. Spero sia stato di vostro gradimento, e mi piacerebbe che recensiste un po’ di più xD  Anche perché i vostri consigli sono preziosissimi <3 E, approfitto, per ringaziare  _CrazyFlying del bellissimo commento (:

 

Al prossimo capitolo, che stavolta non svelerò u.u

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Skins / Vai alla pagina dell'autore: HighByTheBeach