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Autore: claws    14/05/2012    1 recensioni
Feliciano, Lovino e Giorgio.
Un ristorante italiano a Londra.
Una cliente affezionata e qualche problema d'arredamento.
«L'idea non mi dispiace, Feli.»
[Pair principale: Seborga/Fem!Svezia][Probabile comparsa di altri pairs Het][Spin-off]
[Incompiuta]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Principato di Seborga, Sud Italia/Lovino Vargas, Svezia/Berwald Oxenstierna
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender, Incompiuta
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[
A Neme-chwan.
E a Giorgio~.]





     
















Capitolo I




[Quando la vidi, ricordo che mi invase
lo stupore, e non la voglia.]




Il vento proveniente dall'entroterra, in quella cocente giornata estiva, appiccicava con fervore la maglia alla pelle.
Intendiamoci, Giorgio aveva in mente di trascorrere la maggior parte del tempo sull'altipiano - che circondava la sua città come le braccia di una madre attorno ai fianchi del bimbo -, osservando le nuvole e le loro forme, suonando la chitarra senza preoccuparsi del tempo che volava via assieme alle note: aveva intenzione di masticare i tiepidi pomeriggi come i ruminanti masticano l'erba, macerandola per tempi imprecisi e tremendamente lunghi.

Lui, insomma, ne aveva tutta la buona volontà.
Ma una chiamata, nebulosa come la provenienza di quella voce familiare, stravolse tutti i suoi piacevoli piani.
«Ehi, Giorgio! Razza di sfaticato, vieni a darci una mano al locale!»

... Addio, dolci meriggi imbevuti nella noia, e benvenute, sere rumorose dei suoi diciassette anni, consumate tra i tavoli di un ristorante italiano nel cuore di Londra.







Pioveva.
Come - quasi - sempre, a Londra.
Ah, come rimpiangeva il suo amato altipiano, mentre correva come uno scattista in allenamento gli ultimi cinquanta metri che lo separavano dal ristorante.
Alzò lo sguardo sull'insegna, e sospirò un «Belin!» di routine.
Da quanti anni quelle lettere recitavano "Le Due Italie"? Perché i suoi due fratelli si ostinavano a non volerlo cambiare, per dargli ciò che gli era di diritto?
... Cosa costava chiamarlo "Le Tre Italie", per la miseria!
Sbuffò, un po' risentito, e aprì la porta laterale, quella che portava direttamente nella cucina del locale.
«To', guarda chi c'è!»
Ah, Lovino, lui e la sua adorabile simpatia - e il calore con cui lo accoglieva ogni volta che tornava da Seborga a Londra, sì. Meno male che c'era Feliciano, che nel giro di qualche secondo gli sarebbe saltato addosso per la gioia.
«Giorgio~!» Proprio lui, quel ciclone castano che lo stava abbracciando. O soffocando, per essere più precisi. «Bentornato, fratellino!»
Ah, e non dimenticavano mai di rimarcare la sua età! Che si comportassero in questo modo volontariamente o meno, non è che gli procurasse una gran gioia sentirsi dire sempre d'essere più piccolo di loro.
«Grazie, Feli, Lovi!» E tuttavia la pioggia era stata lavata via dall'entusiasmo - velato o no - dei due ragazzi che lo aspettavano nella cucina del ristorante. Ecco perché erano sicuri che Giorgio tornasse sempre a lavorare da loro, invece di rimanere a Genova con il vecchio zio: era una sorta di richiamo nel petto, quello che lo spingeva a comperare un altro biglietto per tornare a Londra.
«Contento di essere tornato, ve'~?»
Non ebbe tempo a sufficienza per rispondere che Lovino gli aveva tirato in testa un asciugamano per i capelli - anche se, a essere sinceri, era un asciugamano da cucina, probabilmente sporco d'olio d'oliva rigorosamente italiano.
«Cambiati e va' a dormire. Riprendi domani ai tavoli.»
... Oh, fantastico, era appena arrivato e già loro erano partiti in quarta a dare quei consigliordini - come li aveva battezzati Giorgio stesso -, belin!


Non era solo questione di fratelli, in realtà.
C'era un altro motivo per cui Giorgio tornava sempre a "Le Due Italie".
La prima volta glielo aveva domandato Feliciano, per quello che ne ricordava, ma di certo non avrebbe potuto dimenticare la propria risposta.
Tornava a Londra perché c'era un punto interrogativo.
Un punto interrogativo, sì, uno di quei simboli spagnoli che si utilizzano all'inizio delle domande, per agevolare l'intonazione del lettore.
E, giustamente, quella volta l'amico spagnolo di Feliciano e Lovino, che si stava gustando un cono gelato, aveva risposto proprio con un «¿Qué?» perplesso.
Giorgio ricordava anche di non aver risposto, accantonando la scusa di un cliente appena entrato, così come era chiara e lucida nella sua mente la spiegazione delle proprie parole.
D'altronde, osservata dal bancone dove si trovavano il registratore di cassa e il piano da cucina per le pizze, il profilo di quella bella donna al tavolino disegnava proprio la curva morbida del punto interrogativo, e il basco blu, appoggiato sulla borsa accanto a lei, quando veniva sistemato sui lunghi capelli s'intonava perfettamente con il punto fermo del simbolo rovesciato.
Non che la donna in questione, Kristina Oxenstierna - così si firmava quando pagava con la carta di credito - si fosse mai preoccupata di degnarlo di più di qualche sguardo di cortesia, in realtà. I suoi occhi di ghiaccio si limitavano a fissare la porta della cucina o il banco dei gelati, in attesa della cena, mentre con lunghe occhiate Giorgio esaminava il suo modo di tagliare l'entrecôte, di portare alla bocca il boccale di birra, e si gustava il suo profilo silenzioso, isolato, che rumoreggiava nella sua testa più del chiacchiericcio confuso degli altri clienti: che questi fossero abituali o semplici passanti, le loro parole formavano una folla confusa di persone, da cui la donna veniva ora inghiottita ora imbellita, in un buffo trucco di suoni e luce.
Giorgio si ripromise che avrebbe scoperto più del nome di quel bel punto interrogativo.


«Lovi, abbiamo un problema.»
«Feli, ti ricordo che Swigert disse "Abbiamo avuto un problema", e che non siamo su un'astronave, ma nel nostro ristorante! [1]»
«Lo so, fratellone, ma il problema rimane.»
«E che problema. Uno stupido ammodernamento del locale!»
Feliciano si stiracchiò, e l'atmosfera seria che s'era formata si dissolse per un solo secondo, prima di annebbiare, assieme ai vapori delle pentole, l'intera cucina.
«Lovi, prima di entrare in perdita, sarebbe il caso di sistemare la sala per i clienti. Insomma, non voglio finire a mangiare pasta di grano tenero perché qui costa meno, ve'!»
... Ecco qual era la sua preoccupazione primaria - o almeno, quella che affermava senza troppi scrupoli.
«Non è detto che dopo aver riarredato il locale i clienti aumentino.»
«Ma è molto più probabile che non vengano ora come ora, no~?»
Feliciano non era stupido. Come poterlo chiamare stupido, dal momento che rispondeva a tono a un personaggio difficile da convincere come Lovino?
O, perlomeno, era sveglio quando si trattava di parlare - visto e considerato che, durante la loro discussione, non s'erano preoccupati né di parlare a bassa voce né di chiudere le porte che conducevano alle cucine.
E Giorgio - l'unico, probabilmente, che sarebbe stato in grado di capire le loro parole -, volente o meno, s'era imbattuto in parte del discorso: ma quanto aveva udito era stato sufficiente per ricostruire le dinamiche trascorse e quelle future.
"Le Due Italie" avevano intenzione di recarsi da un arredatore d'interni, eh? Forse sarebbe stata anche la volta buona per cambiare il nome del locale e aggiungere l'Italia mancante!
Così il ragazzo si promise di ricordare questi dettagli tecnici, appuntandoli nella memoria come le calamite sulla superficie del frigorifero, per poter poi riflettere con attenzione riguardo il progetto di "riconoscimento del proprio valore all'interno del ristorante" - progetto che aveva appena deciso di portare a termine.
«... Feli, sai bene quanto me che nessuno si offrirà mai di assumersi quest'incarico per la cifra che avremmo in mente.»
«Come siamo pessimisti, fratellone!»
«Me ne stracatafotto del pessimismo, qua si parla di realtà! E la realtà nostra è che non possiamo spendere lire su lire!»
Qualcuno avrebbe potuto ribattere, affermando che le lire non erano più utilizzate da un decennio circa, ma il silenzio s'impadronì ferocemente delle cucine.
«E la fiera del mobile di Milano, Lovi? Ambrogio potrebbe darci una mano, no?»
Lovino lo fulminò con un gesto tagliente della mano. «Non provare a chiamare quella sanguisuga di nostro fratello!»
L'altro abbassò gli occhi, un po' dispiaciuto. Quando Lovino vide il suo sguardo mogio, sbuffò, e tuttavia lo abbracciò con forza, come ogni buon fratello maggiore - anche se era un abbraccio forse un po' goffo e improvviso.
A dirla tutta, Giorgio si sarebbe voluto unire all'abbraccio, perché per lui era difficile vedere Lovino esprimersi in gesti d'affetto verso i suoi cari, tuttavia respinse la voglia di intrufolarsi nella cucina e di abbrancarsi al braccio di Lovino, prima che questo gli lanciasse un ceffone sulla nuca.
Quindi si allontanò dalla porta, passeggiò avanti e indietro lungo il corridoio per qualche minuto: infine, quando le voci dei due s'erano affievolite e al loro posto aveva ripreso il rumore di routine della lavastoviglie, si decise a fare la propria entrata nelle cucine.
«Ah, Giorgio, giusto tu mancavi!»
Si costruì la migliore espressione innocente che fu in grado di sostenere. «Per che cosa, ragazzi?»
Lovino parve nuovamente di pessimo umore. Sbuffò una seconda volta. «Ci mancavi tu per concludere la serata in bellezza, per cosa, altrimenti?!»
Ah, sarcastico come sempre, il suo adorato fratellone.
Sorriso di circostanza, alzata delle mani sopra le spalle, piegamento in avanti della schiena: con questi gesti teatrali Giorgio masticò un «Belin, sempre molto allegri, eh?» e scomparve, camminando all'indietro, verso il bancone e il registratore di cassa.
Se non altro, da quella posizione la loro affezionata cliente era perfettamente visibile in tutta la sua silenziosa presenza.












Note Varie:
Lo so che son scema a dirlo, ma Giorgio è il nome di Seborga, e Kristina il nome di Fem!Svezia. *Si sente scema, infatti.*
«Quando la vidi, ricordo che mi invase lo stupore, e non la voglia.» Citazione da "Proposito d'amare", di Giorgio Gaber.
Quando parla di Swigert, Lovino si riferisce alla mitica frase «Houston, abbiamo un problema». In realtà, la frase precisa fu proprio «Houston, abbiamo avuto un problema».
«Me ne stracatafotto» è una citazione da Montalbano.
Ambrogio è il mio OC! di Milano, ed è una persona che pensa sempre e solo a lavorare, in pratica.















Note Autrice:
Ebbene sì. Questa volta vi racconto (?) una Seborga/Fem!Svezia.
Immagino che uno dei primi pensieri che vi siano passati per la testa sia stato: ma come diavolo è arrivata questa a shipparli?
La risposta è semplice, perché c'è lo zampino di Neme-chwan, con cui ruolo questo crack!pair. Dire che è favoloso è dire poco, sì.
Non so esattamente quanti capitoli saranno, visto che per ora ne ho in cantiere quattro - ma tenete conto del fatto che sono molto volubile. C:
In ogni caso, vi accompagneremo con questa fic settimanalmente, mi auguro, e ogni lunedì. Magari riuscirò ad addolcirvi l'inizio di settimana, chissà, io me lo auguro. :D
Questa fanfiction è uno spin-off da un'altra fanfiction; l'autrice è una ragazza adorabile, ovvero _Chiaki, ovvero la fanfiction Silence. Non posso costringervi a leggerla, ma ve lo consiglio caldamente, perché è stupenda. C:
Inoltre, la storia partecipa all'iniziativa "Ci sono anch'io!" dell'Hetalia non è ---> the forum.



Bien, per stavolta ho concluso.
Vi ringrazio per essere arrivati fin qui. C:
Alla prossima settimana!
claws_Jo
  
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