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Autore: flors99    18/05/2012    31 recensioni
- Sono incinta. – specificò a quel punto Hermione, dissipando ogni suo dubbio e facendola strozzare con la sua stessa saliva.
Ginny spalancò gli occhi, incapace di credere che quello non fosse uno scherzo.
- Cos… eh?! C-come? Quando? Ma… ma… tu... – borbottò, pronunciando frasi sconnesse per quasi un minuto intero. – Non… non è divertente, Hermione. – disse alla fine, con la gola che bruciava per lo sforzo di parlare.
- Già. – mormorò Hermione, in un ansito di tristezza. – A chi lo dici. […]
- Ma… – la giovane Weasley cercò di mettere ordine nella sua testa, ancora sconcertata dalle parole della strega più grande. – Io… cioè tu… con chi…cioè… è Ron? – domandò, allucinata. – Io non sapevo neanche che vi frequentaste! Perché non mi hai detto niente? […]
- Ronnonèilpadre. – chiarì Hermione, pronunciando quelle parole nel modo più veloce possibile, scacciando dalla sua testa i cattivi pensieri.
- Che?
- Ronnonèilpadre! – ribadì, più in fretta di prima.
- Hermione, non capisco… cosa stai dicendo… - mormorò la giovane Weasley, non consapevole di quali parole usare.
Via il dente, via il dolore.
- Ho detto che Ron non è il padre! – esclamò tutto d’un fiato.
Via il dente, via il dolore. Sì, un cavolo!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Il vento gelido le sferzò il viso. Pansy Parkinson, costretta ad alzarsi per non morire assiderata, con uno sbuffo abbandonò il suo letto caldo e comodo e si apprestò a chiudere la finestra che quella pazza della sua ormai-quasi-ex amica aveva osato aprire.
Imprecando e grugnendo sbatté le ante della finestra, con violenza, completamente e totalmente incazzata. Alzarsi alle tre di notte per l’ennesima volta e dover chiudere quella maledetta finestra per l’ennesima volta a causa del vento gelido non era proprio il suo passatempo preferito. Per sicurezza andò anche nella Sala Comune e controllò che nessuno spiraglio d’aria avesse la possibilità di trapelare nel dormitorio, e soprattutto che tutte le finestre fosse chiuse, casomai a quella pazza fosse venuto in mente di aprire anche quelle. Con i capelli scompigliati e gli occhi assonnati, la Serpeverde imprecò quando per poco non cadde per terra, inciampando, e per non far uscire più di un improperio dalla sua bocca, fu costretta a mordersi la mano.
- Pansy, perché hai chiuso? – mormorò assonnata una voce che era entrata in quell’istante nella Sala Comune.
- Scusa se non sono un orso polare come te, Daphne. – il tono arrivò leggermente acido e seccato alle orecchie di Daphne.
- Come siamo nervose, eh?
- Come osi fare dell’ironia? – ringhiò la mora, arrabbiata nera. – Se sei ancora viva è perché sono troppo stanca, dato che TU mi hai fatto alzare alle TRE del mattino, perché TU hai sempre caldo e apri la finestra a dicembre!
- Shhh! Abbassa la voce, stupida! Ti sentiranno tutti! – la reguardì l’altra, che non comprendeva come potesse Pansy avere così tanto freddo a dicembre.
- Non m’interessa se ci sentono tutti! È bene che sappiano anche loro cosa hai fatto!
- Sei di malumore, Pansy? – osservò Daphne, accigliandosi.
- No! – sbraitò l’amica, stendendosi sul divano, con una smorfia imbronciata. Non rispose altro, finché non percepì l’abbassamento del divano sotto la pressione esercitata dal corpo di Daphne.
- Cosa hai, Pansy? – la bionda si stropicciò gli occhi, stanca, cercando di mettere a fuoco il volto dell’amica.
- Uhm. – borbottò la mora, imbronciandosi ancora di più.
- Sembri di cattivo umore. – la riprese Daphne, cercando di capire il perché di quella faccia, che la faceva assomigliare veramente a un carlino.
- Uhm. – ripeté nuovamente Pansy, fissando un punto indefinito.
- Beh? La smetti di uhmmare, grazie? – la pazienza, per Daphne, non era decisamente di casa. Per questo dopo l’ennesimo uhm dell’amica afferrò un cuscino e glielo tirò addosso, a tradimento.
Mai colpire Pansy con un cuscino. Mai colpire Pansy con un cuscino dopo che si è alzata per chiudere la finestra. Mai colpire Pansy con un cuscino dopo che si è alzata per chiudere la finestra, alle tre di notte.

Mai.

- DAPHNE!
Pansy si alzò di scatto con uno sguardo omicida, lanciando fulmini e saette. Digrignò i denti, completamente infuriata, come un drago che si prepara alla battaglia, o, nel suo caso, si preparava a uccidere la ragazza seduta di fronte a lei.
- Come osi colpirmi con un cuscino?! – ringhiò.
- Suvvia… È soltanto un cusc… – Daphne non finì di parlare, perché il viso dell’amica subì una metamorfosi.  
L’espressione di Pansy si ammorbidì e la ragazza assunse un sorriso angelico, che la faceva sembrare una bambina dolce e gentile. Ma per chi la conosceva, sapeva alla perfezione che quello non era affatto un sorriso dolce o gentile, era semplicemente l’annunciatore di una fine imminente per il destinatario di quello sguardo. Era qualcosa di estremamente inquietante vedere Pansy assumere quell’espressione angelica e fintamente innocente, tanto che Daphne indietreggiò appena, per poi ricomporsi per non mostrare il suo timore.
- Daphne, carissima…  – esordì Pansy, prendendo di nascosto la bacchetta, dalla quale non si separava mai. – Ti ho mai detto quanto siano splendenti i tuoi capelli?
La bionda, leggermente spiazzata, aggrottò le sopracciglia nello stesso istante in cui Pansy agitava la bacchetta e pronunciava un incantesimo non verbale.
- Pansy, cosa avresti intenzione di… – Daphne, non terminò il discorso perché si ritrovò una gallina sopra la sua testa, con tanto di nido. Inizialmente la ragazza non se ne rese neanche conto, ma quando si toccò la testa, per capire il motivo del suo appesantimento e si ritrovò a stringere un’ala, un’ala?, rimase impietrita. Il suddetto animale emise un verso di dolore e Daphne ritirò la mano, ancora immobile come una statua.
- Pansy…  – la richiamò con calma innaturale. – Perché la mia testa fa coccodè?
Vedendo che non accennava a rispondere, si azzardò a guardarla e capì il motivo della sua mancata risposta: Pansy cercava in tutti i modi di non scoppiare a ridere, anche se il ghigno serpentesco era ben visibile sul suo viso.
- PANSY! – gridò, lanciando un urlo, in parte pieno di rabbia, in parte di preoccupazione.
- Chi è che non doveva urlare?
Con un ringhio rabbioso Daphne afferrò l’animale e lo scagliò più lontano che poté. Quando vide di cosa si trattava represse un conato di vomito.
- Pansy Parkinson, sei morta.
La risata che ebbe in risposta la fece infuriare ancora di più.
Si tolse ciò che rimaneva del nido sulla sua testa, constatando con orrore, che i suoi capelli erano pieni di piume.
- Che schifo! Oddio! – Daphne, disgustata, cominciò a togliersi le piume, gettandole sul pavimento. Se c’era una cosa che Daphne odiava quella erano proprio le piume, oltre che a Blaise Zabini ovviamente.
- Da… stai sporcando tutto il pavimento! – il ragazzo appena citato, entrò in quell’istante nella Sala Comune, svegliato da quel gran baccano. Il moro si ritrovò una gallina tra le gambe, poiché la povera creatura tentava di ripararsi dalla furia di Daphne.
Blaise, troppo assonnato per capire alcunché, si limitò a guardare quel pennuto rifugiatosi dietro di lui e a scrollare le spalle, ritornando a guardare le sue compagne di casa.
- Da, ma che stai facendo?
La bionda stava per rispondergli a tono, ma quando alzò lo sguardo su di lui, perse l’uso della parola. Se Pansy appena sveglia era una cosa inquietante, Blaise assomigliava a un bambino. I suoi occhi blu erano l’unica cosa che spiccava nella penombra della Sala, ma sembravano così intensi e così enormi che Daphne riabbassò lo sguardo, con una strana sensazione.
- Pansy, dì a Blaise di non chiamarmi così. – si limitò a borbottare.
La ragazza si voltò sorniona verso il Serpeverde, ben felice di fare da interprete tra i due.
- Blaise, Daphne ha detto di non chiamarla così.
- Dì a Daphne che non è colpa mia se lei non apprezza le mie idee artistiche sul suo nome.
Pansy si rivolse all’amica, che continuare a togliersi quelle stupide piume che aveva in testa, e cominciò a riferire:
- Daphne, Blaise dice che…
- Dì a quel cretino che le sue non sono idee artistiche! Sono idiozie! – la bionda si accalorò immediatamente. Quelle piume avrebbero fatto perdere la pazienza a chiunque e lei ne aveva ben poca.
Pansy ridacchiò e riferì il tutto a Blaise.
- I geni sono sempre incompresi… – mormorò per tutta risposta Blaise, con tono melodrammatico.
- Daphne, Blaise dice che i geni…
- Ho sentito! – esclamò la bionda, rossa in viso per lo sforzo di districare i suoi capelli, da quelle penne disgustose.
- Blaise, Daphne ha detto che prova un’irresistibile attrazione per te e...
- Co… Non è assolutamente vero! – urlò isterica la bionda Serpeverde.
Blaise e Pansy scoppiarono a ridere come matti alla sua espressione scandalizzata e completamente rossa.
- Tranquilla, Da. So cosa provi per me, ma che sei troppo timida per ammetterlo.
- Stai zitto! – sbottò malamente la ragazza. – Pansy, aiutami con queste dannate piume!
Con un’ultima risata, la mora si alzò dal divano e cominciò a sfilare una a una le piume dai soffici crini dorati, che le aveva sempre invidiato. Era un po’ pentita del suo piccolo scherzetto, tuttavia in questo modo almeno era sicura che Daphne non avrebbe mai più aperto le finestre a dicembre per qualche tempo.
- Sai, Da... sei un orrore. – constatò il ragazzo, dopo un’attenta riflessione.
- Blaise, hai la minima idea di cosa sia il tatto?
- Ragazzi, su, smettetela! Daphne, stai ferma! Non riesco a toglierle! – li rimbrottò Pansy, dopo l’ennesimo tentativo di districare i capelli. Capendo che in quel modo non avrebbe ottenuto nulla, scocciata, tirò fuori la bacchetta, pronunciando un incantesimo che fece scomparire le piume in un attimo e sistemare il pollaio che si era venuto a creare sulla testa di Daphne.
- Fatto!
Se Daphne sorrise felice, Blaise non sembrò per niente contento del risultato. Con un’espressione corrucciata fissò la bionda, con sguardo assolutamente critico.
- Stavi meglio prima. – borbottò.
Daphne lo ignorò bellamente e diresse la sua attenzione verso Pansy, che era tornata alla sua precedente occupazione. Ovvero: il divano. Si limitò a fissarla insistentemente, aspettando che fosse lei a parlare; non si era dimenticata del malumore dell’amica ed era ben più che decisa a conoscerne la ragione. Pansy, capendo che non sarebbe riuscita a scrollarsela di dosso, finché non le avesse rivelato il motivo del suo cruccio, sbuffò sonoramente, bisbigliando imprecazioni.
- Potresti essere più chiara? – la rimbeccò Daphne.
- E va bene! – sbottò infine la ragazza. – Ieri, dovevamo consegnare la ricerca per Trasfigurazione, no? – si decise finalmente a parlare.
- Sì, e allora?
- Ed era l’ultimo giorno, no?
- Sì… e allora? – ripeté Daphne, che davvero non riusciva a immaginare cosa fosse potuto succedere per far irritare a tal punto Pansy; non che la Serpeverde vantasse chissà quale pazienza, comunque.
- E allora non l’ho consegnata, ok? – sbottò spazientita l’amica, mentre si accigliava nuovamente.
- Ma non l’avevi fatta? – chiese stranita l’amica, che ricordava perfettamente di aver visto la pergamena scritta e il compito finito.
- Sì, ma non era conclusa, l’ho finita ieri sera, ma era troppo tardi per poterla consegnare!
- E da quando ti interessa qualcosa dei tuoi voti? – domandò a quel punto Blaise, piuttosto scettico.
- Da quando ho preso due Troll e una D, ecco da quando!
Daphne scosse la testa.
- Ma come si fa a prendere T a trasfigurazione? È semplicissima! – constatò, assumendo un cipiglio particolarmente saccente, che assomigliava, in modo inquietante, a quello di Hermione Granger.
- Daphne, tappati quella bocca.
- Io non credo sia un problema, Pansy. – la voce tranquilla e serena di Blaise la sorprese. Lo guardò con un sopracciglio interrogativo, chiedendosi cosa intendesse dire. Daphne finse di guardarsi le unghie, anche se in realtà era interessata, per una volta, a quello che stava dicendo il Serpeverde.
- Quando ieri la McGranitt ha ritirato le ricerche, a fine lezione non le ha portate con sé, anche se non so il perché. Penso proprio che le abbia lasciate all’interno dell’aula e dato che oggi non abbiamo avuto lezione di Trasfigurazione… – lasciò la frase in sospeso, aspettando che Pansy comprendesse la logica del discorso.
- Blaise, cosa vorresti dire? – gli chiese Daphne, guardinga.
- Voglio dire che se qualcuno andasse nell’aula di Trasfigurazione, potrebbe aggiungere la tua ricerca a quella degli altri e far finta di nulla! – concluse, soddisfatto della sua idea.
- Co… Ma sei impazzito? Sono le tre di notte! E poi… Blaise Zabini, stai dicendo che vorresti entrare nell’ufficio della McGranitt per una cavolo di ricerca?! E se se ne accorgesse?! Ho già avuto abbastanza richiami quest’anno e poi… sono le tre di notte! – ripeté Pansy, con gli occhi fuori dalle orbite.  
- Appunto, chi vuoi che ci sia alle tre di notte nell’aula? – chiese retoricamente.
- No, no, no, no e ancora no! Tu sei pazzo! Ma come ti è venuto in mente? E se qualcuno mi scoprisse? No, non farò una cosa simile, no!
- Devi solo mettere la ricerca insieme a quelle degli altri, non ci vorrà neanche un minuto! – replicò Blaise, convinto del suo geniale piano.
- No! No, non me la sento. Assolutamente no! E nessuno di voi la farà, chiaro, Blaise? Chiaro, Daphne?
- … -
- Daphne? – Pansy la richiamò, stranamente preoccupata. E quando la osservò bene, si preoccupò ancora di più.
Daphne stava sorridendo. Ma non era uno di quei sorrisi dolci che facevano sembrare il suo viso tenero e spensierato. No…
Improvvisamente Pansy ebbe una chiara visione di chi fosse la sua amica. E con questo non si intende dire che Daphne Greengrass fosse una delle ragazze più belle della scuola, capace di far cadere ai suoi piedi tutti gli studenti di Hogwarts, di ogni casa o età che fossero. Non si parla neppure della Daphne sempre pronta a lanciare insulti e improperi decisamente poco adatti ad una ragazza.
La ragazza con corna, forcone, e un sorriso che andava da orecchio a orecchio e che avrebbe fatto impallidire una manticora, altri non era che un piccolo demonio biondo con un sorriso tanto sadico da far indietreggiare Pansy.
- D-daphne?
Senza dire una parola la Serpeverde si alzò dal divano e si diresse verso la stanza che divideva con Pansy e altre due studentesse. Ritornò dopo pochissimo tempo, con la pergamena che racchiudeva la ricerca di Pansy.
- No! No, Daphne assolutamente, no! – esclamò a quel punto Pansy, intuendo quello che voleva fare.
Inutile dire che le sue parole furono vane. Perché se c’era una cosa che Daphne amava, quelle erano le sfide. Nessuno aveva mai avuto il coraggio di entrare nel cuore della notte nell’ufficio della McGranitt e lei voleva assolutamente aggiudicarsi quel primato: era un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela scappare.
- Daphne, cerca di ragionare. Non puoi davvero prendere in considerazione un simile ide…
- Avanti, Pansy! Andiamo. – la interruppe la bionda.
- Assolutamente no! Non verrò con te, no, no, no! Anzi, non andrai neanche tu! – la ragazza cercò di afferrare la sua ricerca, ma Daphne glielo impedì.
- Ho detto di no! Dammi la ricerca o mi metto a urlare e sveglio tutto il dormitorio! – la minacciò.
Silencio.
La voce di Pansy si affievolì pian piano, fino a scomparire e Daphne, vittoriosa, la fissò mentre lanciava insulti non udibili, con un ghigno decisamente poco rassicurante. Una piccola rivincita per lo scherzetto delle piume.
- Blaise, vieni con me.
- Oh no, te lo scordi! – il ragazzo preso alla sprovvista cominciò a dondolarsi sui talloni, accorgendosi della gallina che si rifugiava dietro di lui e con tutta la delicatezza possibile la scostò da sé e la allontanò, facendola girovagare per il dormitorio.
- Blaise…
- No, Daphne, non riuscirai a convincermi, no! – scosse la testa con convinzione, gesticolando.
- Blaise…
- Quando l’ho proposto a Pansy, non volevo certo andarci di mezzo io, quindi no!
- Blaise…
- No, no, no, no, io non cambio mai idea! Quando dico di no è NO!
 
 

 
 
Era inutile tentare di addormentarsi nuovamente. Il torpore che l’avvolgeva fino a poco prima era del tutto scomparso, spazzato via da altri pensieri, travolto dalle parole di Ginny.
Hermione non aveva mai pensato alla possibilità che Ron potesse rappresentare più di un semplice amico per lei. O meglio, aveva nutrito un sentimento per lui in passato e per un certo periodo aveva anche creduto di amarlo, ma poi le era semplicemente passata, era un'emozione scemata velocemente, che non si era mai realizzata.
Possibile che non avesse pensato all’eventualità che forse Ron non la pensava così?
Con uno sbuffo infastidito, la ragazza scosse la testa.
Doveva risolvere al più presto le cose e non aveva la minima idea di come fare. Tutto ciò che aveva sempre progettato per la sua vita era stato spazzato via in un istante: aveva troppi problemi da risolvere, troppe bugie da smentire, troppi ostacoli da superare, semplicemente… troppo. Non poteva continuare così. Le bugie raccontate la stavano distruggendo lentamente: lei, che era sempre stata sostenitrice della lealtà, soprattutto con i suoi migliori amici, con le persone a cui teneva di più al mondo, si era ritrovata sommersa da una vera e propria valanga di eventi, cominciati con una bugia e poi sfociati in qualcosa di troppo grande per poterlo controllare. Con un gemito si prese la testa tra le mani, completamente indecisa, totalmente confusa e distrutta. Avrebbe tanto voluto alzarsi dal letto, ma Madama Chips le aveva ordinato di restare in Infermeria e di non azzardarsi a sgattaiolare via, durante la notte. Non le rimaneva altro da fare che restare così, con gli occhi rivolti a fissare il soffitto avvolto dal buio, tormentata dalle sue insicurezze e dai suoi pensieri.
Il soffio del vento la infreddolì. Il suo sguardo saettò verso la finestra, che vide stranamente chiusa. Eppure era sicura di aver sentito un fruscio, come qualcosa che si spostava o forse come… qualcuno che entrava di soppiatto.
Si alzò a sedere e le coperte le scivolarono di dosso.
- Ginny? – chiese al buio di fronte a sé, cercando di capire chi si fosse intrufolato nella stanza. – Harry?… Ron? – provò nuovamente, quando come risposta ricevette il rumore di qualcuno che si spostava.
La ragazza cominciò ad agitarsi, ma il suo autocontrollo le permise di rimanere ferma e immobile con lo sguardo fisso davanti a sé. Cercò la sua bacchetta per poter far luce, ma non la trovò, ricordandosi che Madama Chips gliel’aveva tolta per evitare che lei facesse pazzie, a detta sua. Probabilmente voleva costringerla a rimanere in Infermeria, ben sapendo che Hermione non sarebbe tornata al suo dormitorio senza la bacchetta.
La Grifondoro si morse un labbro, leggermente nervosa. Nessuno degli studenti presenti a Hogwarts avrebbe avuto motivo di intrufolarsi in Infermeria nel cuore della notte per farle del male, ma sapere di non avere neanche la bacchetta e, quindi di non avere alcuna possibilità di difesa, la faceva sentire troppo esposta e vulnerabile.
- Madama Chips? – fece un ultimo tentativo chiamando l’infermiera, anche se sapeva che l’anziana signora in quel momento probabilmente stava dormendo profondamente, al contrario di lei, sveglia e vigile.
L’ombra si mosse e Hermione cominciò a sudare freddo.
Con gli occhi più aguzzati che mai seguì il movimento e capì che chiunque fosse entrato stava per premere l’interruttore della luce.
- Chi sei, per Godric? – scoppiò la ragazza, frustata da quell’attesa.
L’interruttore fu alzato e la luce si diffuse in tutta la stanza.
- Uhm… – mugolò Hermione in segno di protesta a quella luce inaspettata. Si stropicciò gli occhi, che, abituati al buio, si erano serrati prima che potesse impedirlo. Li aprì lentamente e per un attimo non vide niente. Strisce gialle e arancioni intervallarono la sua vista, ancora accecata dalla lampada al centro della stanza. Dopo pochi secondi riuscì a mettere a fuoco la persona davanti a lei.
 
Forse, sarebbe stato meglio tenere gli occhi chiusi.
 
Draco Malfoy la stava fissando con uno sguardo che Hermione non gli aveva mai visto.
 
 

 
 
Ginny ebbe non poche difficoltà a tornare al suo dormitorio. Faticò nel trovare la strada giusta, intontita e assonnata com'era, fu inoltre fermata dall'antipatico quadro, che, a quanto pareva, non aveva nulla di meglio da fare che mettersi ad attaccar bottone con gli studenti nel cuore della notte.
- Ma le sembra questa l’ora di andare a dormire? – la Signora Grassa difficilmente si faceva gli affari suoi e non si risparmiò di farle una bella ramanzina per l’ora tarda a cui la Grifondoro stava rientrando. – Io alla sua età non facevo certo baldoria fino alle tre di notte!
La rossa fissò il ritratto come se volesse incenerirlo, ma non trovando la minima forza per farlo. Era stanchissima.
- Dovreste vergognarvi, voi giovani! Sempre a combinar…
- Le ho mai detto che ha una splendida voce? – Ginny fece il sorriso più dolce che riuscì a trovare e sebbene la sua voce fosse la più falsa che si fosse mai sentita, la Signora Grassa sembrò apprezzare quel finto complimento e la lasciò passare di buon grado, cessando immediatamente le sue lamentele e lasciando passare la ragazza dopo che ebbe sussurrato la parola d’ordine.
Con uno sbadiglio che non riuscì del tutto a nascondere, Ginny si diresse verso la sua camera, quando ad un tratto la luce della Sala Comune si accese.
- Hei… – un sussurro la risvegliò all’istante e la ragazza si voltò.
- Ron! – esclamò, sorpresa di trovarsi davanti il fratello. – Ma… che fai sveglio? Dovresti dormire!
- Potrei farti la stessa domanda, Ginny. – la interruppe, con tono atono. – E anche tu dovresti dormire. – mormorò, passandosi una mano tra i capelli.
Ginny si dondolò sui talloni, incerta su cosa dire e leggermente stranita dal fatto che il fratello fosse ancora sveglio.
- Come sta? – la domanda di Ron rimase sospesa nel silenzio.
La giovane Weasley spalancò per un attimo gli occhi, non riuscendo a capire come avesse fatto Ron a scoprire che era andata da Hermione, ma poi si ricompose e non fece domande. Effettivamente dove, da chi, sarebbe potuta andare a quell’ora di notte?
- Sta bene. Domani potrà uscire. – borbottò, nascondendo il viso con i capelli e ignorando l’ormai familiare groppo alla gola che tornava a farle visita, ogniqualvolta si ritrovava a mentire o ad omettere una parte della verità – Ron, ma perché sei ancora sveglio? Dovresti…
- Ti ha detto qualcosa, Ginny? – le sussurrò allora il fratello, fissandola negli occhi. – Ha chiesto di… noi?
 
Ha chiesto di me?

L’espressione di Ron era dolorosa da vedere.
Dai suoi occhi traspariva una tale preoccupazione da far vibrare l’aria intorno a loro; il suo viso era pallido e smunto e profonde occhiaie contornavano i suoi occhi.
Per Ginny fu un pugno nello stomaco vederlo in quello stato.
- Era stanca e… non ha detto molto.
- Capisco. – il suo umore si fece ancora più cupo.
Ginny tentò di sorridergli, come a volergli far capire che sarebbe andato tutto bene: ma fu un sorriso malinconico, triste, indicatore del dolore che avrebbe colpito il fratello, una volta scoperta tutta la verità. Fu un sorriso falso, perché non vi era alcuna gioia al suo interno, solo dolore.

Bugiarda.

Fu in quel momento che Ginny ebbe una chiara percezione di quali fossero i reali sentimento del giovane Weasley. Ron amava dormire. Era di una pigrizia assoluta, capace di dormire per molte ore senza neppure accennare il più piccolo movimento. Ron amava mangiare. Fosse stato per lui si sarebbe rimpinzato tutto il tempo di cibo e dolci, se poi non gli avesse fatto male lo stomaco, colpito da un attacco di nausea.
Evidentemente amava di più Hermione, tanto da rinunciare a dormire e a mangiare. Poteva sembrare una cosa stupida, ma a Ginny sembrò la più grande dimostrazione d’affetto.
Gli occhi le s’inumidirono perché aveva compreso quanto fosse profondo il sentimento di Ron e soprattutto quanto sarebbe stata profonda la ferita che Hermione gli avrebbe inferto di lì a poco, rivelandogli della gravidanza.
 
Profonda e incancellabile.
 
Non sapendo cosa altro fare per lui e tentando di non scoppiare a piangere, gli si avvicinò e gli passò una mano tra i capelli rossi, proprio come faceva la loro mamma quando erano piccoli. Proprio come se volesse consolarlo, proteggerlo, da qualcosa che gli avrebbe fatto del male.
- Buonanotte, fratello. – sussurrò.
- Buonanotte, sorella. – rispose Ron divertito, dandole un buffetto sulla guancia e sorridendo, suo malgrado.
 
 


 
Lame.
 
Quante volte Hermione si era stupita di quanto potessero essere taglienti i suoi occhi?
 
Pugnali.
 
Quante volte si era stupita nel vedere che avevano il potere di far star male?
 
Armi.
 
Quante volte Hermione aveva capito che il vero potere di Malfoy non era racchiuso solo nel suo cognome, nel suo modo di fare o nella sua ricchezza, ma nei suoi occhi, nelle sue armi?
 
Corrosivo.
 
Era un potere che corrodeva, quello che Draco esercitava sulle persone: era un veleno che infettava il sangue e si propagava nelle vene lentamente, innocuo per i primi attimi, ma distruttivo e letale nel giro di poco tempo. Era agghiacciante la sensazione di panico che si provava quando Draco decideva di mettere in soggezione qualcuno, quando decideva di fargli del male. Guardare Malfoy negli occhi, senza mai abbassare lo sguardo, era un’impresa che nessuno aveva mai neanche provato a intraprendere. Erano semplicemente troppo freddi, troppo oscuri, troppo gelidi, quei maledetti occhi.
 
Assorbivano tutto e non rivelavano nulla.
 
Captavano ogni minima informazione e dettaglio, nonostante rimanessero sempre così perennemente ghiacciati, come se fossero soltanto pietre incastonate, senza alcuna fonte di luce al loro interno.
La ragazza si sentì letteralmente sotto esame, percepì quelle due pozze argentate scrutarla senza imbarazzo, né pudore, con calma inquietante e controllata e qualcosa d’indefinito al loro interno. 
 
E ferivano, lacerando il suo cuore con la punta affilata della lama.
 
Non un’emozione sembrava trasparire da quei pugnali che continuavano a fissarla, con insistenza, con violenza forse. Non una parola fuoriusciva dalle labbra del ragazzo, che le teneva ben serrate in una linea rigida e tesa.
Hermione si schiarì la voce, mentre gli occhi schizzavano impazziti da una parte all’altra della stanza, cercando di sfuggire alle sue armi pericolose e indagatrici. Dopo pochi minuti, lo scontro con le iridi di Draco fu inevitabile e le parve quasi di ricevere una frustata, tanto che trattenne a stento un singhiozzo.
 
Gli occhi di Malfoy. Non di Draco.
 
- C-come hai fatto a entrare? – Hermione chiese la prima cosa che le venne in mente, anche se i suoi pensieri vagavano in tutt’altra dimensione. Vedendo che il ragazzo non rispondeva, con una punta di esitazione, mischiata a curiosità, aggiunse. – Madama Chips ha detto che nessuno può…
- Non m’importa nulla di cosa ha detto quella vecchia fuori di testa. – la interruppe il Serpeverde, con tono affilato.
- Non offenderla! – la difese Hermione. – Cosa ci fai qui, piuttosto? – chiese, recuperando il suo cipiglio severo e il tono ostinato. – Eri preoccupato, Malfoy? – ironizzò, ignorando la stretta al cuore che desiderava ardentemente in una sincera risposta affermativa.
- Sì, Mezzosangue. – rispose Draco, con altrettanto sferzante sarcasmo. – Ero preoccupato per me. Quando la McGranitt ha saputo del nostro scontro, ha ben pensato di darmi la colpa, per il tuo incidente e mi ha assicurato una punizione se le tue condizioni di salute non fossero state ottimali. – spiegò, con impressionante ipocrisia. – Ma vedo che sei ancora viva e in grado di parlare. Per fortuna, o per sfortuna, dipende dai punti di vista.
La sincerità delle sue parole la ferirono, ancora una volta, ed Hermione incassò il colpo, con il cuore che singhiozzava disperatamente nella sua cassa toracica.
- Allora vattene. – si ritrovò a sibilare.
 
Parole difficili, anche se così brevi.
 
- Hai controllato che tutto fosse a posto, no? – esclamò Hermione, ringhiando quasi. – Hai ottenuto quello che volevi, giusto? Allora, vattene via. – ripeté.
 
Parole che servivano per mettere un confine.
 
Fu solo dopo che quelle sillabe fuoriuscirono dalla bocca della Grifondoro con rancorosa violenza, che gli occhi di Malfoy scivolarono via e lasciarono il posto a quelli di Draco. Era qualcosa di estremamente raro, avere questa occasione e, per Hermione, fu impossibile non ricordare la notte di circa un anno fa, quando per la prima volta, lo aveva visto davvero. Quando aveva capito che sotto tutta quella barriera c’era un cuore, pieno di pregiudizi, di schegge di vetro pronte a tagliare, ma pur sempre un cuore.
 
Assorbivano tutto e davano altrettanto in cambio.
 
E al posto del gelo stavolta c’era una ben chiara e definita emozione: rabbia. Una rabbia cieca trasfigurava il viso del ragazzo, rendendolo più inquietante del solito; ma non era un’ira dettata dai pregiudizi, dall’arroganza o dalla cattiveria.
 
Era una rabbia generata da una ferita lasciata aperta.
 
- E’ questo che vuoi, Mezzosangue?
Hermione strinse le lenzuola con gli occhi rivolti verso il muro, fino a farsi male alle mani per la stretta eccessiva, fino a farsi del male per il confine che stava ergendo. Ma lui non le permise di semplificare in quel modo le cose.
Con un movimento che lei non fu in grado di vedere, il ragazzo le afferrò la mano che lei aveva usato per passarsela sulla fronte, col tentativo mal celato di nascondere la sua stanchezza. Strinse il polso, una presa salda e fin troppo forte che la fece voltare verso il suo viso che ormai si trovava a una spanna dal suo.
 
La costringeva allo sguardo, a mentire davanti a suoi occhi, ad una sfida che avrebbe logorato entrambi.
 
- Vuoi che me ne vada? – era troppo vicino al suo viso, il suo respiro era troppo a ridosso del suo, i suoi occhi troppo confinanti.
 
Non avrebbe dovuto guardarla così.
 
Non avrebbe dovuto guardarla senza confini.
 
Ma quali erano, tra loro, i confini?
 
Come potevano esserci barriere dopo quello che era successo, con quella creatura che stava crescendo con lei, in lei, dentro di lei? E dove poteva mettere un confine sapendo che lui le aveva inferto il più grande dolore e donato la più grande gioia del mondo?
- Allora, Granger? Vuoi che me ne vada?
La voce assottigliata, le labbra strette in una linea rigida, la presa sul polso che si faceva più forte.
 
Un ordine.
 
Hermione si accigliò, contrariata per il suo tono perentorio e per quella stretta che le stava provocando dolore.
Era una domanda crudele quella di Draco: poteva sembrare un gioco, ma era molto di più: le chiedeva di esporsi, di scoprirsi, di cedere.
- Se l’unico motivo per cui sei venuto qui è per insultarmi, . Voglio che tu te ne vada. – mormorò allora Hermione. – Se l’unica cosa che ti interessa è che io sia viva, e per tua sfortuna lo sono, te ne puoi andare.
 
Non ti voglio così.
 
- Dammi un altro motivo per cui dovrei essere qui, Granger. – sibilò il ragazzo, lasciandole poi di scatto il polso e allontanandosi da lei, come se si fosse scottato.
- Magari un minimo di umanità! – gridò lei per tutta risposta, prima di tapparsi la bocca per il tono che aveva usato. Ci mancava solo che svegliasse qualcuno. – Visto che per colpa tua sono qui. – aggiunse poi, abbassando il più possibile la voce.
Draco sbattè le palpebre e la fissò per quello che le parve un tempo interminabile. Qualcosa di indefinito attraversò il suo sguardo, che fosse… un lampo di dispiacere?
- Ecco, parliamo di questo. – esordì a quel punto il ragazzo. – Parliamo del perché sei qui, Granger?
Hermione non comprese la sua domanda, inizialmente. Lo guardò aggrottando le sopracciglia, chiedendosi cosa intendesse dire: casomai, lei doveva chiedere a lui cosa ci facesse lì.
- Cosa?
- Ti ho chiesto perché sei in Infermeria, Mezzosangue.
E lei capì. Capì perché quando l’aveva fissata non aveva usato un tono cattivo o disprezzante. No, era stato ancora peggio. La sua voce era un misto di risentimento, di sospetto, dubbio, accusa. Capì perché appena pronunciate quelle parole, Draco si era irrigidito, come se cercasse qualcosa, ma allo stesso tempo sperasse di non trovarla. Capì semplicemente perché doveva capire.
- Perchè sei rimasta qui due giorni? – continuò Draco, come se Hermione non avesse capito cosa lui intendesse, quando invece aveva compreso fin troppo bene.
- Ho… ho battuto la testa. – bisbigliò.
- Cazzate! – ringhiò il Serpeverde. Il tono era salito e l’emozione che Draco tentava di nascondere fuoriusciva ormai da quella barriera, da quella difesa, che lui aveva posto tra sé e il mondo esterno. La rabbia traspariva da tutti i pori della sua pelle, come se fosse un torrente in piena. – Credi che sia così stupido? È questo che pensi? Beh, scusami tanto, Mezzosangue, se non sono come quegli straccioni dei tuoi amici!
 
Insulti e cattiverie, era quello che aveva sempre fatto.
 
Dettate dal dubbio, dal sospetto, dall’accusa.
 
- Non azzardarti a parlare di loro così!
 
Risposte determinate, occhi feroci, era quello che aveva sempre fatto.
 
Una difesa dettata dall’affetto, dal cuore.
 
- Senti, Granger, la pazienza ha un limite, ma non nel mio caso perché io, la pazienza, non so neanche cosa sia! Io parlo come mi pare e piace, ma non è questo il punto! – si corresse, cercando di arrivare al nocciolo della questione. – Voglio sapere da te che cosa è successo esattamente due giorni fa! Non ti ho colpito così forte, Mezzosangue! Era un incantesimo abbastanza debole e anche se non lo fosse stato, dubito fortemente che tutto quel sangue potesse provenire completamente dalla testa! Anche perché sennò in questo momento saresti in coma!
La mente di Hermione vorticò impazzita a quelle parole.
 
Quanto ha capito?
 
Hermione non rispose, ma con un movimento involontario la sua mano andò a ricoprire il ventre.
 
Quante volte aveva compiuto quel gesto senza rendersene conto?
 
Le sue dita si poggiarono sulla pancia e la ragazza si rilassò all’istante.
 
Quante volte quel gesto le aveva dato sicurezza?
 
Soltanto dopo che aveva compiuto lo spostamento, Hermione si rese conto che lo sguardo di Draco avevano seguito la traiettoria della sua mano. Ed ora era lì, immobile come una statua, con gli occhi sbarrati dallo stupore e dalla sorpresa, e la fissava allucinato, con terrificante sconcerto.
Hermione spalancò gli occhi a sua volta, accorgendosi del suo errore. Si coprì la pancia con il lenzuolo, come se potesse servire a qualcosa, ma la sua reazione peggiorò soltanto le cose.
 
Fu la conferma.
 
Riusciva quasi a vedere tutte le rotelle in movimento nel cervello di Draco, che probabilmente tentava di mettere insieme tutti i pezzi.
Avrebbe capito presto, senza che Hermione gli dicesse nulla.
Eppure non riuscì a tacere. Quelle parole nascoste dentro di sé, nel suo cuore, nei suoi occhi, radicate così in profondità da non riuscire più a scacciarle, uscirono dalle sue labbra.
Rotolarono via, come pietre, senza che lei riuscisse a frenarle.
- Sono incinta.
 
 
 







 
 
Angolino autrice
 
Un grosso bentornato a tutti coloro che continuano a leggere la mia storia e un grosso benvenuto a quelli che la leggono per la prima volta!
Ciao carissimi lettori!!!!!
Ho scoperto che gli elenchi a punti sono molto utili, almeno mi ricordo tutto quello che devo dirvi, anche se, come sapete, io sono un caso disperato e sono capace di dimenticarmi le cose anche in questo modo.
Punto 1:Comincerei con lo scusarmi per il ritardo, ma non voglio che con tutte queste scuse vi sentiate insultati nella vostra intelligenza (cosa che non mi permetterei mai di fare), ma è giusto farlo, anche se a voi sembrerà una presa in giro. Non prendetevela se anche stavolta rinnovo le solite patetiche giustificazioni, ma davvero, non lo faccio con cattiveria, è un periodo brutto, sia a casa, sia a scuola e questa settimana sono riuscita a stare al computer non più di cinque minuti.
Avevo detto che questo capitolo sarebbe arrivato prima e invece è arrivato dopo. Il fatto è che inizialmente il dialogo tra Draco e Hermione era molto meno sviluppato, quasi tirato via, e non potevo certo deludervi così! Ho riscritto l’ultima parte e questo spiega in parte il mio ritardo, per cui vi chiedo di nuovo scusa.Vi è piaciuta la parte con Draco e Hermione? Spero tanto di sì!
Maaaaa…..Tra venti giorni finisce la scuola! Finisce! Termina! Cessa! In poche parole…va a quel paese! E tanto saluti a tutti i professori e quei cavolo di voti! Vi prometto che da allora sarò molto più regolare ^____^
È solo il mese di maggio che è un po’ così….i professori all’ultimo minuto dicono: “Non ho voti”, come il nostro prof di matematica che il 17 maggio si è accorto che deve ancora fare un compito scritto e interrogare 25 poveri ragazzi, sfiniti da un anno scolastico. Ma insomma! A maggio gli alunni sono stanchi! Stanchi! Un po’ di pietà!
Punto 2:Questo capitolo non mi convince…Non so. Se non l’avessi diviso in due parti e se non dovesse essere la continuazione di quello che avevo già postato, probabilmente lo avrei già cancellato…. È che mi sembra che… non so, è come se ci fosse qualcosa che non va…Comunque aspetto i vostri pareri per sapere se vi è piaciuto! Se vedrò bandierine arancioni, capirò, non preoccupatevi.
Punto 3:Ed eccoci arrivati al capitolo della rivelazione! Ve lo aspettavate? Sì? No? Siete per caso arrabbiate con me, perché vi ho lasciato così? Lo so, sono perfida. Muhahaha! *Me malefica*  Secondo voi come la prenderà il nostro Draco? Per il momento è una statua immobile, ma nel prossimo capitolo si risveglierà, oh se si risveglierà! Ho già una mezza idea su come impostare la scena…
Punto 4:Secondo voi cosa combineranno Daphne e Blaise alla fine? Ho già in mente tutta la scena e vi assicuro che ci sarà una GROSSA sorpresa….ma non vi dirò quale!
Però potreste sempre tirare a indovinare….anche se…no, non penso che capirete quello che ho in mente! ^^^^^
Punto 5: Chi è il vostro personaggio preferito? C’è qualcuno che vorreste vedere più presente nella storia? O qualcuno che vorreste trucidare? Sono curiosa di scoprirlo!!! :D 
Punto 6: Questo è il punto dei ringraziamenti! Un punto essenziale. Dico davvero, non riuscirei a continuare a scrivere se non avessi voi lettori a sostenermi e a sopportarmi nonostante le mie pazzie.
Ringrazio tutti colori che hanno messo la mia storia tra  le seguite/preferite/ricordate, ma un GRAZIE enorme va a quelle dolcissime ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo: Harry Potterish, MadamaBumb, EmWeasley, Black_Yumi, la_marty, Stella94, Felpick93, aladoni, cranium, kirymagica, Simi462, sasoriza98, blair_87, elygil91, Just_debb e elisadi80. Mi fate così felice, grazie, grazie, grazie!!!!
Ma un grazie speciale va anche a quelle tre ragazze (Tre! Ancora non ci credo, è tantissimo per me!!!!) che hanno segnalato la mia storia per l’inserimento tra le scelte: DracoMattyMalfoy, Yumi_Love_Zexye Darleen. Grazie per aver anche solo pensato che meritassi un posto simile, mi avete reso la persona più felice della terra :)
Punto 7: Questo punto non c’entra nulla con la storia.
Stanotte ho sognato che usciva “Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo, il mare dei mostri” in film. (Lo so, faccio sogni strani) Insomma, mi chiedevo se qualcuna di voi sapeva se faranno il film o no, dato che il primo film è già uscito da un paio d’anni e da allora non hanno più dato alcuna notizia… 
Oooook dopo un’infinità di punti, credo che sia giusto lasciarvi in pace, con la speranza di aggiornare presto, anche se, siccome MI conosco, vi dico di non affidarvi alle mie parole, anche se forse stavolta potrei riuscire ad essere regolare perché in questi giorni la scuola è chiusa per tre giorni a causa del ballottaggio! Grazie elezioni del comune! Grazie…
A presto carissimi lettori,
flors99
  
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