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Autore: claws    04/06/2012    3 recensioni
Feliciano, Lovino e Giorgio.
Un ristorante italiano a Londra.
Una cliente affezionata e qualche problema d'arredamento.
«L'idea non mi dispiace, Feli.»
[Pair principale: Seborga/Fem!Svezia][Probabile comparsa di altri pairs Het][Spin-off]
[Incompiuta]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Principato di Seborga, Sud Italia/Lovino Vargas, Svezia/Berwald Oxenstierna
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender, Incompiuta
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Capitolo III








[Quando sarò capace di amare, vorrò una donna che ci sia davvero,
che non affolli la mia esistenza, ma non mi stia lontana neanche col pensiero.]


Un'altra giornata di lavoro era terminata; la luce si era raggomitolata all'orizzonte, come un bimbo sotto le coperte, già da alcune ore, lasciando spazio - e tempo - a delle stelle impossibili da contemplare, a causa delle luci che infestavano la metropoli.
Giorgio s'era ritirato nella propria stanza al termine del proprio servizio, stravolto da quel salvataggio a dir poco fuori programma.
I due fratelli maggiori, invece, si erano ritrovati a lucidare gli ultimi mestoli - o meglio, Lovino stava maledicendo Feliciano per essere andato "a portarti una sorpresa!"
Tch, la sorpresa l'aveva ricevuta, ma non era quella che si aspettava! Non ne perdeva una per evitare il lavoro sporco, accidenti!
E proprio mentre stava pensando che il giorno dopo gli avrebbe fatto apparecchiare tutti i tavoli da solo, Feliciano ricomparve, sventolando davanti al viso del fratello maggiore un foglio dattiloscritto. «Lovi, Lovi, guarda! Eccola qua, la sorpresa!»
Lovino, innervosito dall'impossibilità di leggere perché quel povero pezzo di carta era sbattuto qua e là, glielo strappò di mano e cominciò a dargli un'occhiata. «Di che parla?» Chiese, un po' seccato.
«Potremmo prendere due piccioni con una fava, fratellone!» Appoggiò un dito sulla prima riga. «Qua si parla di un marchio che certifica la qualità dei ristoranti italiani nel mondo, e per averlo c'è bisogno di personale che conosca la lingua italiana, che venga usato solo olio extravergine di oliva, che il menu sia anche in italiano, e...» Fece scorrere il dito fino a raggiungere il secondo punto della lista di requisiti. «... Che l'arredo abbia il tipico design italiano!»
Finalmente aveva capito dove Feliciano voleva arrivare!
«L'idea non mi dispiace, Feli.»
Il fratello minore sorrise, entusiasta. Il sorriso si smorzò appena quando notò l'aria ghignante di Lovino, che piegò a metà il foglio incriminato.
«... Ma non diciamo niente a Giorgio. Dovrà essere una sorpresa.»


«Vorrei che fosse una sorpresa, per loro.»
«... Vuoi rinnovare l'arredamento del vostro locale senza che i tuoi fratelli ne vengano a conoscenza?»
Giorgio e Kristina, il pomeriggio - o sera, insomma, erano le quattro e dieci, si poteva considerare ancora pomeriggio, no? - seguente, si trovarono faccia a faccia davanti a due coppe di gelato in un bar della periferia londinese da circa una decina di minuti; e tutto quello che la svedese aveva detto, escludendo un «Grazie» quando le avevano portato il dolce, erano state quelle parole.
Era... un po' freddina, ecco.
«Sì, precisamente.»
«... Spero che abbia un piano.»
«Ce l'ho~.» Giorgio si sporse sorridente verso la donna. «Ma lei è disposta ad accettare l'impegno, signorina?»
Kristina appoggiò il cucchiaino sul fondo della coppa, e il tovagliolo accanto ad essa.
«Io cosa ci guadagno?»
... Del ghiaccio sarebbe stato senza dubbio più simpatico.
«Una somma di denaro, signorina~»
«Uhm.»
«E poi un posto d'onore nel locale, se la clientela aumenterà.» A quell'offerta, Kristina parve pensarci un minuto: il ragazzo capì di dover far leva un po' anche sul suo orgoglio. «E Lovino potrebbe pensare a degli sconti permanenti, dopotutto.»
Il chiacchiericcio confuso degli avventori sembrava alleggerire la loro scarna conversazione, come una sorta di cuscino che attutisce gli urti, o una tenda che protegge dai fastidiosi raggi solari del primo mattino.
Non era così male guardarla mentre il resto della gente non si curava di loro.
Dalla tasca della giacca, Giorgio estrasse un foglio di carta che spiegò sul tavolino.
«Il budget?»
«Tutto segnato qui.» Rispose il ragazzo, indicando un foglio allegato alla mappa del locale. «E avrei intenzione di riarredarlo in tipico stile italiano.»
«... Non è il mio forte.»
«L'aiuterò anche in questo.» Sorrise, Giorgio, mentre la donna sembrava tutt'altro che convinta.
«Arredare un intero locale non è facile. E ci vuole tempo.»
«Per questo faccio affidamento su di lei, no?»
«... Uhm. Quanto tempo avremmo?»
«Il meno possibile.»
Kristina sbuffò, appena divertita. In fondo, si prospettava una bella sfida. «Ti farò sapere entro stasera.»
Stava per prendere la borsa, ringraziare educatamente e lasciare il locale dove s'erano ritrovati per discutere del progetto, quando la voce di Giorgio la fece desistere.
«Pensava di venire a cenare al ristorante, per dirmelo? Per insospettire Lovino, che è un carabiniere nato?» Lo domandò con un sorriso, che forse la donna male interpretò.
«Come preferisci.»
«Preferisco lasciarle il mio numero di cellulare, signorina~» E, prendendo bloc notes e penna dalla tasca della giacca, scrisse il numero incriminato, per poi porgere il foglietto a Kristina. «Prego», aggiunse, sorridente.
Ella piegò attentamente la carta - Giorgio si accorse delle unghie corte e curate -, quindi la infilò nella borsa e, dopo aver pagato, si fece accompagnare fino all'esterno del bar da un Giorgio particolarmente soddisfatto.
Era certo che avrebbe accettato. Si trattava di una sfida, considerato il budget non proprio da milionari e uno stile che non conosceva particolarmente - ammettiamolo, tra svedesi e italiani non ci sono soltanto qualche migliaio di chilometri di distanza geografica.


«Sono Kristina. Accetto. Ne riparleremo domani, nello stesso locale, alle quattro in punto.» Recitava lo schermo del telefonino.
Giorgio si rigirò il cellulare tra le mani, con l'aria da vincitore - anche se un vincitore in pigiama.
Camera sua, in casa Vargas, era ridotta a una sorta di piccolo disordinato magazzino di uniformi, giornali e cd, tuttavia il ragazzo sembrava trovarsi perfettamente a proprio agio. Era stato come ricostruire la sua stanza a casa dello zio, a Genova, solo con uno sfondo molto più londinese.
«Ancora sveglio, sei?! Va' a dormire, Giorgio!» Lovino era spuntato da dietro la porta, con indosso un pigiama chiaro e uno sguardo piuttosto seccato. «Guarda che se in due minuti non stai dormendo, domani ti faccio lavare a mano le tovaglie!»
«Belin, che pizza!» Sbuffò l'altro.
«Quella che Feliciano ha salvato ieri sera era una vera pizza, a confronto di quella che dici di sorbire tu!»
Giorgio si buttò supino sul lenzuolo, abbandonando il telefonino sul comodino accanto al letto. «Va bene, va bene, fratello!» Sospirò, massaggiandosi la fronte.
La giornata seguente si prospettava interessante. Tanto che Lovino si lamentò tutta la notte dell'insonnia di Giorgio e del suo continuo armeggiare col telefonino.
Se solo Lovino fosse entrato nella sua testa, si sarebbe accorto di come un punto interrogativo potesse produrre una melodia tanto piacevole tra un neurone e l'altro.


Kristina appoggiò la tazza di the sul tavolino accanto al divano, dove sonnecchiava anche il cellulare - abbandonato lì solo alcuni minuti prima per inviare il messaggio al cameriere.
Era difficile considerarlo in qualche altro modo, al momento. Tutto sommato, la sua presenza era stata parte delle sue abitudini, visto che da alcuni anni, ormai, Giorgio era il cameriere di uno dei suoi ristoranti preferiti.
Ma proprio perché era un'abitudine vederlo nel locale, non ci faceva quasi nemmeno caso - se non in momenti come quello della sera precedente, ora chiamato «Il salvataggio della Diavola».
Però doveva ammettere che aveva una qual certa costanza, nel sorridere. E che doveva sorridere da una vita, visto come pareva semplice, per lui, arricciare le labbra a persone che non conosceva particolarmente bene.
Si ritrovò a credere che i suoi fratelli dovevano aver visto - e vissuto - anche dei sorrisi più dolci, intimi, amabili.
Non riusciva a capire se si trattasse davvero di invidia.
Lanciò uno sguardo all'enorme scaffale che si trovava di fronte a lei. Là sopra, forse, conservava ancora qualche libro di arredamento italiano, proveniente da chissà quale libreria o biblioteca.
Si alzò dal divano, raggiunse il mobiletto. In punta di piedi, cominciò a leggere i titoli dei libri; solo dopo una decina di volumi, lo sguardo si fermò su un libro di arredamento greco e italiano - la copertina mostrava un borgo ellenico, e uno invece della Puglia, talmente simili da risultare come due fratelli gemelli -, che forse le sarebbe tornato utile. Lo prese, cominciò a sfogliarlo, tornando al suo comodo divano.
Le dava fastidio saperne così poco, ma al contempo la stimolava.
... Le sfide sono fatte per essere vinte, no?


Controllò l'orario sullo schermo del telefonino ancora una volta.
Mancavano due minuti alle quattro - e poco più di un'ora e mezza al suo obbligatorio rientro al ristorante, per non ricevere una strigliata da Lovino.
Oh, eccola. Sempre con i suoi passi lunghi - che si poteva permettere, con quei dieci centimetri che li divideva! -, il soprabito blu cobalto e il basco che la identificavano come il punto interrogativo.
«Buon pomeriggio~» Disse Giorgio, con il primo sorriso del pomeriggio.
«A te.» Rispose la donna, rivolgendosi poi all'interno del locale.
Lui, seguendola, non si stupì di vederla ordinare un'abbondante coppa di gelato - ormai conosceva i suoi gusti, da bravo cameriere qual era - e gustarsela in un sacrosanto silenzio.
Il silenzio della pausa merenda, così lo chiamava Giorgio.
Rimase in attesa. Mai disturbare una donna che è potenzialmente preparata a lanciarti addosso qualsiasi cosa, soprattutto se la sostanza in questione macchia l'unica camicia ancora più o meno bianca che rimane o se in breve tempo ci si deve presentare in ufficio.
Non che da Kristina si aspettasse un qualsiasi attacco diretto, ma si sa, le donne non parlano mai delle loro cose, e allora è sempre consigliabile lasciare che guidino la conversazione, senza però diventare loro succubi.
Eh, le donne, le donne...! Chi capisce anche un solo loro movimento, può ritenersi fortunato!
«Ho preparato una lista di possibili stili per il locale.» Disse Kristina, una volta terminata la propria coppa di gelato, dopo aver estratto dalla borsa un libro - quello della sera precedente - e la mappa del locale, che il giorno prima le era stata consegnata dallo stesso Giorgio.
Questi annuì fermamente con un movimento della testa, quindi si sporse sul tavolino, per osservare le sue novità. Non gli dispiaceva essere il cliente, ogni tanto, e immaginare di avere un appuntamento di piacere, non di dovere.
... Chissà dove si trovava, quel sottile filo che divideva l'obbligo dal diletto, in quel progetto che prendeva forma su un foglio di carta!
Sollevò dal tavolo il suddetto, spostando la sua attenzione da Kristina ad esso - forse con un po' di disappunto, che tuttavia tenne per sè.
La lista presentava due generali stili d'interni: nel primo caso, si parlava di un arredamento dalle linee precise, praticamente rigide, basato principalmente sul contrasto tra crema, beige e toni scuri, marroni o neri.
«Si tratta dell'azienda Armani.» Spiegò, in breve - forse fin troppo -, Kristina.
Non che la capacità di sintetizzare e riassumere fosse un male, ma non ci si dovrebbe mai trovare a uno dei due estremi...!
Anche se, a dirla tutta, si sarebbe più stupito se avesse aggiunto altro al discorso, eh.
Questo "stile Armani" non gli dispiaceva, tutto considerato: gli dava una sensazione di profumata raffinatezza.
Gli saltò in mente Lovino.
... Lovino.
Pff.
Ok, Armani era depennato. L'altro era la sua unica soluzione.
Quindi spostò lo sguardo sul secondo tipo d'interni.
«... Un po' più rustico.» Ammise la svedese. «E forse un po' più stereotipato.»
Ma Giorgio s'era convinto di un misero dettaglio: aveva provato a immaginare un ristorante di classe, su toni contrastanti, con della musica in sottofondo ad abbracciare mordibidamente il locale.
E poi delle voci rimbombare nelle cucine, con Lovino che sbraitava e Feliciano che cercava invano di dargli una mano.
Non poteva funzionare.
Invece, con la seconda scelta, la musica avrebbe forse mascherato qualche improperio. E, se come sempre Lovino l'avesse masticato in dialetto, forse l'avrebbe reso anche più verosimile al pubblico.
La ruota di scorta cominciava a piacergli. Sorrise, convinto della propria decisione. «Il rustico rimane sempre molto più apprezzato di un locale troppo chic.»
Senza contare che sarebbe costato anche molto di più - ma si premurò di non commentare oltre.
«Aggiudicato, allora.»
Kristina si esibì in un minuscolo sorriso di approvazione.
... Un attimo.
Per la miseria.
Com'è che aveva sorriso?
Non che a Giorgio dispiacesse, tutt'altro - anzi, le pieghe del viso sembravano addolcire lo sguardo serio come l'acqua sembra più dolce dopo aver patito la sete -, però era una sorta di evento mistico, dal suo punto di vista.
Ah, sì, cominciava a credere che la sua idea di coinvolgerla in questa follia era stata geniale.
«Quando saresti disponibile a raggiungermi nel mio studio?»
Oh, San Martino, grazie!
«Anche da domani, signorina~» Rispose Giorgio. «Il martedì il locale è chiuso, quindi una volta alla settimana posso rimanere fino a sera inoltrata, ma per il resto preferirei evitare gli orari che vanno dalle cinque del pomeriggio alle due di notte.»
Dal portafogli, Kristina estrasse un pezzetto di carta, su cui scrisse un indirizzo, e lo porse al ragazzo. «Non sottrarrò altro tempo dal tuo lavoro.»
Che era una maniera educata per dire Ho intenzione di andarmene, e ti consiglio di fare altrettanto.


Si rigirò il rigido foglietto recante l'indirizzo dello studio tra le dita, come un bambino osserva, curioso, un regalino ancora impacchettato.
Gli parve quasi che la carta potesse ramificarsi nelle mani di Kristina, e che potesse accarezzarle, o solo sfiorarle.
... Ah, ma l'avrebbe reso realtà, questo sogno.
 















Note Autrice:
Scusatemi per il ritardo assurdo! D:
Settimana scorsa, in pratica, la scuola m'ha costretto a segregarmi in casa, e non sono riuscita a scrivere.
Non ho molto da dire, se non che non essendo un'esperta di arredamenti d'interni (anche se mi sto acculturando xD), alcuni termini potrei non utilizzarli. Insomma, non andrò nello specifico di alcuni dettagli, ecco. C:
La citazione viene da "Quando sarò capace d'amare", di Giorgio Gaber.
Spero che vi sia piaciuto, e che non abbiate voglia di linciarmi nel capire che sarà un po' più lunga di quattro capitoli. Mea culpa! *Ma si sta divertendo troppo.*
Ringrazio Clod Shikinami_88 per le sue parole, e le persone fantastiche che stanno seguendo questa storia. Grazie per il vostro sostegno.
Spammo un po', che non fa mai male. :D
E ricordo che questa storia è uno spin-off da Silence, di _Chiaki. Vi consiglio davvero di leggerla. -w-

Alla prossima settimana, un abbraccio! C:
claws_Jo
  
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