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Autore: Dernier Orage    04/06/2012    4 recensioni
Dicembre 1981, Saumur.
Un ultimo dell'anno particolare per quattro diciassettenni.
Affondò nell’acqua della vasca e le dita corsero tra i capelli, così innaturali in un’atmosfera atipica, morbidi, setosi, leggerissimi ed estranei. Si guardò le mani, larghe e scure rispetto alla schiena di Ismael. La lussuria sconcertante di poterlo accarezzare tutta la notte, qualche volta di sottometterlo, ancorarlo alle lenzuola, stringerlo, stringerlo, stringerlo.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'No Human Can Drown '
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Everything is broken up and dances.










2 Gennaio 1982.
Sentire sotto la schiena un materasso morbido fu un sollievo per Stephane, a pezzi dopo una nottata sul tappeto. Sospirò pesantemente, al risveglio avrebbe dovuto cominciare a preparare le valigie per il ritorno a casa, previsto nel tardo pomeriggio. Non voleva in modo categorico tornare a Brest, dover dividersi di nuovo, perdere quel contatto, quel calore, quella scintilla, quel sorriso. Tornare da sua madre, sorridere sempre al cospetto di qualcosa che non c’era, l’ansia della scuola e delle consegne, i compiti, i trimestri che scorrevano troppo veloci per poter recuperare certe materie, il tempo rubato a tutto, ritagliato per stare con Ismael ed ormai era confuso ed era il contrario, la vita lo strappava al suo amore. Tutti i giorni dalle undici e mezza all’una di notte in radio, assieme a Paskou a dividersi le canzoni, dal roots reggae dell’amico ai suoi dischi inglesi e i Doors per Ismael, gli dedicava ogni canzone e chiunque se ne sarebbe accorto fosse stato attento. La vita era delle sabbie mobili dove ad ogni passo si affondava sempre più.
Dormì poche ore, dense e nere, svegliandosi meno dolorante e meno allegro del giorno precedente. Odiava, nel risveglio, non poter aggrapparsi a qualche brandello di sogno ma riemergere da una coltre scura come inchiostro; era come esser stato morto nelle ore notturne, uno stadio oscillante tra algor e rigor mortis, nel mattino solo l’angoscia. I suoi sogni solitamente erano pieni di luce, così tanta luce da rendere confusi i margini, cieli abbacinanti, acqua incolore su fondali bianchi e gemme talmente brillanti da non distinguerne la tonalità; il nero lo lasciava assetato e cupo, un senso di vuoto e di assenza. Avrebbe dovuto trovare una via di mezzo, un equilibrio, una stabilità ed un’armonia.
Si sedette appoggiando la schiena al muro e distendendo le gambe, accese la luce e ruotò il paralume per smorzare il chiarore. Recuperò dal comodino l’opera di Lautréamont, I Canti di Maldoror, neanche duecento pagine che avrebbe finito di leggere prima che la sveglia suonasse.

“… les émanations mortelles de ce livre imbiberont son âme comme l'eau le sucre.
Il n'est pas bon que tout le monde lise les pages qui vont suivre;
quelques-uns seuls savoureront ce fruit amer sans danger.”

- Accetto il rischio.- Mormorò Stephane cercando tra le lenzuola la mano di Ismael e intrecciando le dita con le sue, portandosela alle labbra e mordicchiandogli le nocche. Non ricordò il nome della fossetta dalla pelle dolce tra il polso e il pollice, sicuramente Ismael lo sapeva, glielo avrebbe chiesto più tardi.

- Benno, Benno.- Articolava Ismael come una canzoncina. Il mento appoggiato al tavolo, le braccia aperte a circolo, il coniglio nano grattava il legno e sfregava il muso contro la guancia di Ismael.
- Sesso.- Accennò Stephane bevendo del latte freddo e spesso, pensò che avrebbe dovuto diluirlo con dell’acqua.
- Cosa?- Gli domando Ismael sollevando Benno con uno scatto e guardandolo zampettare nel vuoto, lo strinse al petto e si alzò per cercare una ciotolina dove mettergli l’acqua e qualcosa da mangiare.
- Parliamone.- Specificò Stephane. Ismael indossava una tshirt larga e i boxer grigi, pensò all’aver trascorso la notte ad accarezzargli le gambe nude, a lasciar scorrere le dita sulle cosce e stringere le ginocchia. Un liquido dolce che scivolava tra i denti e riempiva lo stomaco, una soddisfazione.
- La cosa più bella che si può fare in compagnia.- Proclamò Ismael, perdendo solennità ed acquistando incertezza.
- Queste tue descrizioni mi catapultano in uno stato di sconforto acuto che, non fossimo al piano terra, mi butterei dalla finestra.- Commentò Stephane ridendo.
- Stef, seriamente, dovresti smetterla di voler bene a mio padre e mio fratello.- Vedere lo sguardo di Ismael così cupo fece male a Stephane. L’apocalisse dell’ultimo giorno - l’aveva immaginata leggendo Lautréamont; il peggio soggettivo. Non si sentiva pronto e non riusciva ad ipotizzare un finale che non fosse il solito logoramento, l’arrivare all’assenza di tesi e capire di aver torto entrambi.
- Perché? Scusa, non pensavo ti desse fastidio.- Chiese Stephane leggermente piccato, mostrandolo a metà.
- Perché fare sesso con te diventa quasi incestuoso.- Spiegò Ismael, trovando difficili le parole, da spiegare, da comprendere e da pronunciare. Quale differenza c’era? Gli amici non erano fratelli, i fratelli non erano amanti e gli amanti non erano fratelli ma potevano essere amici (e anche fratelli - fratelli elettivi). Non c’era sottomissione o plagio, non poteva essere reato in ogni caso (qualcuno avrebbe potuto ribattere che nonostante fossero coetanei, avrebbero potuto anche essere denunciati e condannati o messi sotto esame poiché omosessuali; l’età del consenso era fissata a diciotto anni). A volte ci pensava, leggeva, cercava di capire; non aveva trovato ancora una risposta soddisfacente ma sapeva che con Charlotte sarebbe stata la stessa situazione, troppo intima la conoscenza tra le due famiglie, troppo legate. Uno sconosciuto forse avrebbe scacciato il dubbio, ma uno sconosciuto non lo avrebbe mai amato fin dall’inizio. La vita un pessimo Uroboro, assurdo e sconfortante rincorrersi di errori in funzione di errori ed uniche possibilità.
- Se la pensi così…- Cercò di cominciare Stephane, trovandosi interrotto.
- Mi dispiace.- Si espresse Ismael, sembrava dannatamente convincente, quasi si fosse pentito non solo del modo in cui l’aveva detto ma anche di averlo fatto ed averlo pensato.
- Per quanto desiderabile ti possa considerare e quanto appagante riesca a trovare questa attività, per me non è mai stato esclusivamente sesso e mi sento ferito.- Mormorò Stephane; per cosa litigavano gli adulti? Alle prese con la vita quotidiana dimenticavano le aspirazioni astratte degli adolescenti? Per la disposizione dei mobili, per il cucinare, per la gelosia? Le crisi del momento o i momenti di crisi?
- No, hai ragione. Mi dispiace.- Stephane si chiese quali dubbi avessero assalito Ismael da portarlo a rinunciare così presto, forse non aveva trovato in lui un valido interlocutore? Se non giudicava possibile uno scambio o una presa di coscienza da parte dell’altro rinunciava e lasciava perdere, lo ignorava bellamente. Ismael ricominciò a giocare con il coniglietto, accarezzandolo vicino le orecchie e toccandogli con il pollice il muso.

- Ti chiamerò domani mattina.- Promise Stephane ad Ismael, poco mancava all’una di notte e all’essere arrivati a destinazione. La corriera era semivuota e i loro posti lontani dall’occhio retrovisore dell’autista.
- Come vuoi.- Accennò distratto Ismael seguendo le luci e i colori notturni fuori dal finestrino, memorizzando e dimenticando le sigle argentate su sfondo nero delle targhe automobilistiche.
- Dobbiamo fare i compiti, mi aiuti?- Proseguì Stephane cercando di ignorare il tono e l’aria assente del ragazzo.
- Li ho già finiti.- Soffiò Ismael, e dannazione se non si riusciva a cogliere un tono di sfida. Alternava momenti seri e solenni a infantilismo acuto, snervante come poche altre cose. Solo le cose che interessano possono essere snervanti, terribilmente languide e desiderabili.
- Me li fai copiare?- Charlotte sollevò di scatto la testa dalle ginocchia di Maurice e le uscì un’esclamazione strozzata. Benno sonnecchiava sul suo petto, infilato in un cappello di lana; per gran parte del viaggio era rimasto nella scatola di cartone, tranquillo, quasi sedato dalla scorpacciata di sedano prima della partenza, fregava il nasino contro il dorso della mano di Ismael, si lasciava accarezzare e coccolare, pregustando forse i parquet di casa Chalm.
- Ora basta.- Brontolò Stephane posando la guancia contro la spalla di Ismael e obbligandolo a fermarsi, ad appoggiare la testa allo schienale e rilassarsi sul sedile.- Il problema non è con me, vero?-
- Vorrei tornare indietro e vivere là.- Sembrava quasi un’ammissione, sussurrata e accarezzata dalle labbra improvvisamente chinate contro la tempia di Stephane. Il leggero respiro, il calore. Semplicemente tutto.
- Con me?- Provò a domandargli, fingendo di non riuscire a leggere i suoi occhi. C’era quella luce soffusa e morbida che li rendeva di velluto, uniformi, un grigio scuro prezioso.
Un a mezza voce, in mezzo al cuore.











Chaque homme porte la forme
entière de l'humaine condition.

( Michel de Montaigne )








   
 
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