Salve
a tutti! Dove eravamo
rimasti? Ah, sì…Melissa arriva a Edimburgo e fa subito conoscenza con
il bel
Will, sarà amore? Si vedrà…per ora godetevi il secondo capitolo
Baci
La
vostra
Schiaccianoci
Capitolo 2
-
Signorina, mi sente?
si svegli!
Melissa aprii
lentamente gli occhi e guardò con aria
perplessa il volto della sconosciuta che le stava scuotendo leggermente
la
spalla.
-
Scusi, mi dispiace
svegliarla ma
siamo giunti al capolinea.
Dopo un attimo di
confusione si riprese e si guardò
intorno: doveva essersi addormentata. La signora le sorrise e proseguì
assieme
al resto della gente che si accalcava verso l’uscita del treno. Melissa
si
sfilò le cuffie dell’ipod e guardò con aria stanca fuori dal
finestrino. Oltre
i vetri appannati si intravedeva la stazione di Elgin, la piccola
cittadina
scozzese in cui avrebbe passato il seguente anno della sua vita. A quel
pensiero non poté non trattenere un profondo sospiro. Stava scappando,
questo lo
sapeva bene e se ne vergognava. D’altra parte non poteva restare, i
suoi
genitori non glielo avevano permesso. E anche se adesso si sentiva una
codarda
e si odiava profondamente per aver rinnegato una parte di se stessa,
doveva
ingoiare la pillola amara e andare avanti come aveva sempre fatto.
Melissa
raccolse il trolley e lo zaino e scese dal treno.
Una leggera nebbia
aleggiava tra i binari; tutto era
calmo e silenzioso. Ormai anche gli ultimi passeggeri si stavano
disperdendo
tra i binari. Il grande orologio della stazione segnava la mezzanotte.
Melissa
procedette verso l’uscita e ben presto si trovò fuori nel buio della
città. Ok,
ci sono. Non è il momento di agitarsi. Tirò fuori dallo zaino
Eastpack la
cartina e il foglio con le indicazioni per il B&B cerchiate in
rosso.
Avrebbe alloggiato lì per la sua ultima notte prima di essere segregata
in
collegio. Dopo essersi orientata e aver individuato il percorso per lo Scottish
Heritage, procedette lentamente seguendo le luci dei
lampioni che si
spargevano radi ai lati del marciapiede. L’eco dei suoi passi risuonava
sinistro per poi perdersi nel soffio del vento di fine estate; Melissa
si
strinse nella sua leggera ventina azzurra. Dopo un quarto d’ora di
camminata
era giunta ai confini della città, davanti a lei si stagliavano solo
campi e
brughiere. Controllò e ricontrollò la cartina ma non ci fu niente da
fare,
doveva essersi allontanata di un buon pezzo dalla strada segnata. Si
era persa.
All’improvviso un tuono rimbombò nel il cielo e iniziò a piovere.
Maledizione! Odio il
tempo scozzese, odio questa città,
odio questo posto!
Melissa buttò il
trolley a terra ci si accasciò sopra
con le mani sulla faccia. Le sue lacrime salate si confondevano con le
gocce di
pioggia che le scendevano lungo le punte dei capelli bagnati. Che cosa
doveva
fare? Era arrivata solo da mezz’ora in questa città e già ne provava
una
profonda avversione. Più di tutti, però, odiava se stessa: si odiava
per quello
che aveva fatto, si odiava per non essere stata abbastanza forte da
dire ai
suoi di non volersene andare. E ora si ritrovava lì, sotto la pioggia,
persa in
un paesino scozzese di appena 20.000 abitanti...
Un leggero cigolio
come di un cancello sbattuto provenne
dalle sue spalle. Melissa si voltò di scatto ma non riuscii a scorgere
nulla
oltre il buio della strada. A un certo punto un lampo illuminò le
rovine di
un’antica cattedrale che minacciose svettavano verso il cielo. Melissa
si alzò
incuriosita e si avvicinò all’alto recinto di ferro che circondava
l’edificio.
Con la mano spinse il cancello d’entrata che si mosse cigolando
sinistro: era
aperto. La ragazza si fermò esitante. Era sicura di quello che aveva
sentito.
Qualcun doveva essere entrato là dentro.
-
C’è nessuno?
Passarono alcuni
minuti ma non ottenne risposta. La
ragazza riprovò con più forza.
-
Scusate, mi sono
persa...qualcuno può aiutarmi?
Ancora nessuna
risposta.
Il rumore di un
veicolo alle sue spalle la fece voltare.
Melissa socchiuse gli occhi accecata dalla luce dei fari dell’auto. I
tergicristalli si muovevano all’impazzata cercando inutilmente di
scacciare la
pioggia che imperterrita continuava ad abbattersi picchiettando sui
vetri
dell’auto. La portiera si aprì di scatto e un poliziotto si avvicinò
velocemente a Melissa riparandosi la testa con un braccio alzato.
-
Tutto bene,
signorina?
- Sì credo di sì. Mi sono persa e ho sentito delle voci...credo che provenissero dalla cattedrale.
-
Qui non c’è nessuno,
miss, é
solo un vecchio rudere. é sicura di aver sentito bene?
-
Ecco, io non ho visto
nessuno
ma...
-
Deve essere stato il
vento,
soffia molto forte in questo periodo dell’anno. Andiamo, le do un
passaggio.
L’agente accompagnò
Melissa all’auto e richiuse a chiave
dietro di sé il cancello della cattedrale.
***
-
Tesoro, devi capire
che è per il
tuo bene...
-
No, non è giusto! Io
voglio
rimanere con voi...papà diglielo, ti prego!
Melissa si cercò di
incrociare lo sguardo del padre
nello specchietto retrovisore. Il signor Marchesi rimase però
impassibile, gli
occhi vacui persi a guardare fuori dal finestrino della macchina. La
signora
Marchesi, seduta a fianco della figlia, era intenta a pulire gli
occhiali da sole
sul suo maglione di cashmere bianco.
- La polizia ha
pensato a tutto. I nuovi documenti sono
già pronti e il passaporto dovrebbe arrivare tra una settimana.
Melissa la fulminò di
nuovo con lo sguardo e aggiunse
con aria di sfida
-
Io non me ne vado!
La madre la guardò
stizzita - Ora basta, Melissa! Ti
stai comportando come una bambina! Vuoi farti ammazzare, è questo che
vuoi?
Poi continuò più
dolcemente - Tuo padre è coinvolto in
un’importante inchiesta e non può farsi distrarre da niente e nessuno
in questo
momento. Cristo Santo, pensa se ti rapissero o se minacciassero di
ucciderti!
Non ce lo perdoneremmo mai! Tra l’altro, comprometteresti l’indagine di
tuo
padre e della sua squadra, te ne rendi conto?
Melissa voltò la
faccia disgustata
- Ah, è così che
stanno le cose allora! Liberiamoci
della mocciosa, sbattiamola in collegio in qualche paesino sfigato
chissà dove!
L’agente alla guida
della macchina aggrottò le
sopracciglia e si schiarì leggermente la gola.
-
Stai esagerando
Melissa. -
ribatté seccatamente la madre. - Glenalley è uno dei collegi più
prestigiosi
del Regno Unito, metà della famiglia reale d’Inghilterra ha studiato
lì. E sono
sicura che centinaia di ragazze sarebbero pronte a fare qualsiasi cosa
pur di
andarci.
-
Beh, IO no.
La madre guardò la
figlia di sbieco e un sorrisino
ironico apparve sulle sue labbra perfettamente truccate.
-
Tra l’altro, non eri
tu quella
che voleva andarsene e viaggiare per il mondo? Non hai sempre detto che
questa
realtà di provincia ti stava stretta?
La ragazza proruppe
con calore - Non in questo modo! Non
sapendo che papà rimane qui a rischiare la vita! Perché non possiamo
continuare
a stare sotto scorta?
La signora Marchesi
alzò gli occhi al cielo con aria
esasperata.
-
Forse perché lo Stato
ha altro
da fare che sorvegliare adolescenti viziate dalla mattina alla sera?
Si massaggiò le
tempie, le sue unghie laccate fresche di
manicure le danzavano ai lati della testa.
-
Dio santo, Melissa!
sei riuscita
a farmi venire un’emicrania...
Il padre di Melissa
di si girò di scatto e ripresosi
dalla sua trance, disse in tono risoluto - Ora basta! Hai sentito cosa
ha detto
tua madre? Andrai in Scozia!
La ragazza sprofondò
nel sedile della macchina
stringendosi nella sua ventina tirata su fino al collo. Calde lacrime
rigavano
il suo viso arrossato.