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Autore: Il Professor What    14/06/2012    5 recensioni
"Così, alla fine, ci sono finito davvero ad Azkaban. Doppio omicidio, indagine, scoperta del colpevole, punizione: perfetto. Peccato che sia innocente".
A quattro anni dalla fine della guerra, Draco Malfoy, isolato e reietto dal mondo magico, viene rinchiuso ad Azkaban per un doppio omicidio che non ha commesso. Quando evade per scoprire la verità, troverà aiuto dall'ultima persona che si sarebbe mai aspettato.
***
“Ne ho piene le tasche” continuò lei “di essere considerata una piccola Mezzosangue dalle idee bizzarre che per caso ha contribuito a fermare il più grande Mago Oscuro mai conosciuto. E tu sei capitato proprio al momento giusto. Chiariamoci, tu sei uno dei Purosangue più supponenti, arroganti e superficiali che io abbia mai conosciuto. Questo, però, non è una prova per dimostrare che sei un assassino, al contrario di quello che pensa la maggioranza dei maghi… che, per inciso, è la stessa che mi ride alle spalle.”
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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(in un angolo del set, Harry ed Hermione chiacchierano amabilmente)
HARRY: Ma hai visto l'idea che Fletus vuol mettere in cantiere subito dopo aver finito questa fan fiction?
HERM: Per carità, non me ne parlare! Draco ne è letteralmente innamorato!
HARRY: Ti dirò la verità, non dispiace nemmeno a me. Insomma, è ambiziosa ma... wow, se gli riesce!
HERM: Sì, Fletus ha una fantasia niente male.
FLETUS (compare all'improvviso): Ragazzi, che ne dite, giriamo?

CAP. 24:

IN ATTESA DEL MIRACOLO


Malfoy Manor lo guardava male. Questo fu il suo primo pensiero, totalmente irrazionale ma giustificato dalla cupa aria grigia che si era stesa sull’immenso maniero. Le finestre della villa, innumerevoli occhi di quell’entità fatta di pietra, sembravano tanti sguardi di disapprovazione per la sua presenza, come se lui non meritasse di stare lì. E forse era davvero così, pensò Harry entrando, perché lui aveva permesso tutto questo.

Percorse i corridoi della casa sapendo precisamente dove andare, le indicazioni di Fletus erano state accurate. La rossa luce del sole che tramontava rendeva quel luogo incredibilmente desolato, mentre luccicava sulle ragnatele e sulla polvere. Raggiunse infine il salone dei ritratti, dove si fermò per un attimo a guardare lo spettacolo che gli si presentava, un peso enorme per il suo cuore.

Il divano su cui Draco aveva dormito in casa di Hermione troneggiava al centro della sala, facendo un singolare contrasto con la raffinatezza di tutto il resto. Draco Malfoy era steso sopra di esso, avvolto dalle spalle ai piedi in una coperta, gli occhi chiusi, rigido come una statua, pallido come non era mai stato in vita sua. Hermione gli era seduta accanto, su una sedia anch’essa prelevata da casa sua, e gli stava leggendo un capitolo del Signore degli Anelli. Sembrava che Draco avesse cominciato ad amare molto quel libro, gli aveva detto l’amica. Alle pareti, i ritratti dei Malfoy passati ascoltavano attenti la sua lettura, e di tanto in tanto qualcuno di loro, sotto forma di fantasma, scendeva ad accarezzare con la sua mano immateriale la guancia del loro amato discendente.

Era stata tutta un’idea sua. Quando avevano saputo, in seguito alle indicazioni di Zabini, quali erano le condizioni perché il rito non avesse effetto, Hermione aveva subito preteso che Draco non fosse portato al San Mungo. Aveva bisogno di essere circondato da un ambiente, da persone, luoghi, oggetti che avesse amato. Sharpmind era scettico, ma non aveva posto grandi obiezioni.
Era lì da tre giorni, ormai. Sia Fletus sia Gregory, che erano passati negli scorsi due giorni, gli avevano detto che Hermione non si era mossa da quella sala. Aveva dormito sul suo stesso divano, abbracciando quel corpo immobile, come aveva quando lui aveva avuto l’incubo, con la sollecitudine e la tenerezza di una mamma. Era lì a sperare in un miracolo.

Si schiarì la voce, rendendo nota la sua presenza. I ritratti lo fissarono per un attimo, scocciati dall’arrivo di un intruso, ma poi tornarono a ignorarlo. Hermione gli fece cenno di accomodarsi sul divano, poi tornò a leggere il capitolo. Questo diede tempo a Harry di guardarsi attorno, e di notare una lettera scritta con un’elegante scrittura nera, depositata sul petto di Draco: 

Guarisci presto. Non ci importa qual è il tuo nome: Draco Malfoy o Hades LeSerp, rimani sempre il nostro idolo.

Questo era il testo della lettera, a cui seguiva la firma svolazzante di Luna Lovegood, seguita da altre che non riconobbe. Harry non poté trattenere una smorfia di tenerezza.

Finalmente, Hermione smise di leggere, e con la testa gli fece cenno di parlare. Harry si scharì la gola.

“Theodore Nott è stato ufficialmente incriminato degli omicidi di Dean, Seamus e Goldstein, nonché di aver cospirato ai danni di Malfoy. Zabini e gli altri sono tutti sotto chiave per accuse di complicità, e hanno ben poche possibilità di cavarsela. Quanto a me, Sharpmind ha detto che aspetterà di vedere cosa succederà… con lui” gli costò non poca forza di volontà pronunciare queste parole “prima di decidere cosa fare riguardo a me. Sono riuscito a ottenere che Greg non passi dei guai.”
Seguì un attimo di silenzio, che sembrò durare un’eternità. Nessuno dei due riusciva a parlare, volevano farlo ma non trovavano le parole, come se l’attesa e l’ansia li avessero prosciugati.

“Andromeda è stata qui, sai?” disse infine Hermione. “E’ venuta ieri verso mezzogiorno. Si è seduta qui, e anche lei gli ha fatto forza: ha detto che doveva vivere, per Narcissa. Per un attimo, mi è sembrato che Draco reagisse.”

Aveva gli occhi lucidi, e Harry fu tentato di abbracciarla, di stringerla a sé sussurrandole che sarebbe andato tutto bene. E invece, sentiva solo una grande pena dentro di sé, un vuoto e un’angoscia che non aveva mai provato.

“Non voglio veder morire anche lui” sussurrò. “Non ha fatto niente per meritarsi questo.”

“Non morirà.” La voce di Hermione era ferma, decisa. “Non mi ha delusa finora, non lo farà adesso. Ce la farà, Harry, lo sento, e smetterò di crederci solo quando avrò la prova del suo fallimento.”

“Vorrei avere la tua stessa fiducia, Herm, perché non so se avrò il coraggio di ucciderlo… anche se sarà solo Voldemort nel suo corpo, io non posso farlo.”

“E’ buffo, vero?” rise piano Hermione. “Se ci avessero detto che io e te saremmo stati qui, un giorno, a fare da balie al furetto, a salvargli la vita, gli avremmo riso in faccia. E invece, adesso, tutto quello che vogliamo è che torni fra noi.”

“Posso chiederti come ha fatto?” Harry aveva finalmente trovato il coraggio di porre la domanda che da più giorni lo tormentava. “Come ha fatto a farsi voler bene così da te? Ti ha insultato per sette anni, ti ha maltrattata, ti ha considerato feccia... come ha fatto a…?”

Sperava capisse che la domanda non conteneva nessun giudizio di valore, e che la sua era semplice curiosità. Non intendeva certo fare la predica a lei, dirle di stargli lontana o roba simile. Non aveva mai considerato Hermione una sprovveduta quand’erano a Hogwarts, non si sarebbe certo messo a farlo adesso; inoltre, aver conosciuto uno come Severus Piton gli aveva fatto imparare che l’apparenza spesso e volentieri inganna.

Hermione lo capì, e si prese del tempo per rispondere alla domanda. Una domanda che si era posta più volte nelle ultime ventiquattr’ore, e a cui solo adesso stava cominciando a dare una risposta soddisfacente.

“Il fatto è, Harry” iniziò alla fine “che Hogwarts e la guerra ci hanno trattati fin troppo bene. Ci hanno insegnato, volontariamente o meno, che il mondo è diviso in buoni e cattivi, ma che i cattivi sono deboli, stupidi e violenti, e il Male, che sembra così terribile, si può vincere con un piccolo sforzo. Nessuno ci ha mai detto che in realtà la cattiveria, il Male, ha forme più sottili con cui realizzarsi, forme che non passano attraverso un Oscuro Signore teso alla dominazione dell’universo.”

“Credo di capire cosa vuoi dire” la interruppe Harry. “E’ più facile sconfiggere Voldemort che far cambiare idea alla gente; o peggio, convincerla a non cadere in un rimedio peggiore del male.”

“E’ questo che mi ha fregata, che ci ha fregato tutti” ammise Hermione. “Avevamo vinto, Harry. Eravamo gli eroi, i buoni, i cavalieri che avevano sconfitto il drago. E ci siamo illusi che, con la morte di Voldemort, avessimo risolto tutti i problemi del mondo magico.” Uno sbuffo di ironico disincato accompagnò quest’ultima frase. “Avremmo dovuto ricordarci che saper sfruttare una vittoria è più importante che ottenerla.”

Harry ascoltava il discorso dell’amica quasi religiosamente. Quelle parole riguardavano soprattutto lui, che finita la guerra aveva fatto di tutto per sfuggire alle enormi responsabilità contenute nel suo nome, proprio quando, invece, la sua presenza, le sue parole, le sue azioni erano più importanti che mai.

“Io sono stata quella che più di tutti si è illusa. Per me era la fine di sette anni di discriminazione, di insulti, di battutine. Ero convinta che adesso nessuno avrebbe osato opporsi a me… e invece ho trovato solo un muro di piccole meschinità, pregiudizi, trucchetti da quattro soldi, roba che non sapevo come affrontare. Per di più, da sola, Harry, perché tu facevi di tutto per starne fuori e Ron… be’… conosci Ron, o Ginny, o Neville.”

Una fitta dolorosa al cuore ricordò a Harry che da ormai una settimana evitava il suo migliore amico e la sua ragazza. Non sapeva come spiegare loro quello che sentiva, a loro che erano anime semplici, per cui la fine della guerra era stato solo un ritorno alla normalità, alla quotidianità di una vita di casa. Qualcosa che Hermione non aveva voluto e che a lui non era concessa.

“E Malfoy come è entrato in tutto questo?”

“Draco mi ha aperto gli occhi” rispose lei, accarezzando la guancia del biondo. “Non abbiamo eliminato il Male, abbiamo solo sconfitto una sua manifestazione particolarmente dichiarata. Il vero nemico è un altro. E’ la meschinità di ogni giorno, la difficoltà a parlare tra noi, la convinzione di essere nel giusto che finisce per assolverti sempre, la pigrizia mentale che accoglie i pregiudizi, l’indifferenza a ciò che avviene di fronte al tuo naso. Tutte queste cose per noi sono state scoperte amare, per lui, invece, hanno sempre costituito la normalità.”

Non poteva darle torto. Se lo ricordava bene, il Draco Malfoy di Hogwarts. Il bullo convinto assertore degli ideali Purosangue, lo stronzetto che non aveva mai una colpa al mondo, l’opportunista che si faceva scivolare tutto di dosso nel suo egoismo. Quanti ne conosceva come lui all’interno del Ministero, degli stessi Auror?

“Mi hai chiesto cosa ha fatto per farsi voler bene da me?” Hermione levò lo sguardo verso Harry, negli occhi la sua quieta dolcezza di una volta. “Mi ha detto la verità. Ha preso la mia delusione, e me l’ha letteralmente sbattuta in faccia. E così facendo, me l’ha fatta affrontare, mi ha costretto a scenderci a patti. Adesso non ho più paura di affrontare questa nuova lotta. Solo, non mi illudo più che basti ciò che ci ha insegnato Hogwarts.”

“E lui, cosa ha avuto da te?” chiese a questo punto Harry. Qualcosa gli diceva che non era finita qui, che c’era un aspetto del discorso ancora mancante. Hermione sembrò capirlo.

“Ti ricordi come ci disprezzavamo a Hogwarts, vero? Per noi, i Serpeverde erano gli opportunisti viscidi e vigliacchi; per loro, eravamo gli eroi stupidi che andavano in cerca di guai senza che nessuno gliel’avesse chiesto. Non riuscivamo a vedere che siamo indispensabili l’uno all’altro, che il nostro coraggio avrebbe dovuto compensare la loro astuzia, correggerla, indirizzarla. Noi ci siamo illusi, loro hanno aperto troppo gli occhi e non sono più stati capaci di chiuderli.”

Hermione si prese una pausa, per ricordare i primi tempi di convivenza con Draco: la difficoltà a parlare, la vergogna reciproca nello svelarsi, l’antipatia mai sopita, pregiudizi e comportamenti ormai dati per scontati.

“Quando l’ho incontrato, ho visto che andava alla deriva. Non credeva più in nulla, non sperava più nulla, e non aveva più sogni, ma solo incubi. Io sono semplicemente rimasta lì a dirgli che non doveva abbattersi, che esiste sempre una via d’uscita, se si sa cercarla con tenacia.”

Sentì gli occhi farsi umidi al ricordo di come erano cambiati poi i rapporti tra loro in seguito: le piccole scenate di gelosia per le sue fan, la complicità nella scrittura delle canzoni, e il momento in cui le aveva detto di volerle bene, di aver bisogno di lei.

“Dopo la puntata dell’Oracolo, lui… mi ha detto che ero la prima cosa buona che aveva fatto in vita sua, e che era geloso di me per questo. Credo di poter dire lo stesso, comunque vada a finire questa storia… anche se, certo, preferirei averlo qui.”

“In poche parole” sorrise a sua volta Harry “vi siete trovati: lui ha avuto da te gli ideali e l’amore che gli mancavano, tu la sua… consapevolezza di serpe.”

Hermione annuì, gli occhi lucidi e un sorriso in volto. Harry aveva capito alla perfezione il loro rapporto, lo strano rapporto che miracolosamente si era sviluppato tra lei e quel biondo bellissimo che in quel momento lottava per la sua vita.

Era ormai scesa la notte, e fuori dalla finestra le stelle iniziavano a brillare. Le finestre della villa stendevano l’ombra dei loro telai nella stanza, ma non erano inquietanti, sembravano anzi le braccia di una madre che proteggeva il suo bambino. Attorno a loro, i ritratti dei vecchi Malfoy parlavano tra loro, confortandosi a vicenda, incitando Draco a reagire.

Harry tirò fuori dal suo mantello due panini e una bottiglia d’acqua, e mangiò assieme a Hermione. Parlarono del più e del meno, facendo una chiacchierata che avrebbero dovuto fare da fin troppo tempo. Harry si scusò con lei per non essere stato capace di capire in tempo le crepe tra lei e Ron, e a sua volta le confessò i suoi problemi con i due rossi.

“Nemmeno io, Herm, avevo capito che la guerra non è finita, e che adesso cominciava davvero la lotta. Volevo solo scappare, dimenticare di essere Harry Potter. Per questo, ho evitato di occuparmi dei processi ai Mangiamorte, ho rifiutato di rilasciare interviste, non sono intervenuto a nessun dibattito. Poi, però, ho conosciuto Greg, e posso dire che lui ha avuto per me la stessa importanza che per te ha avuto Malfoy. Mi sono accorto che così facendo autorizzavo la gente a sfruttare il mio nome per promuovere se stessa, le proprie visioni. E poi, tu sei scappata. La sera in cui l’hai fatto, è stato come ricevere una doccia fredda. Io sono d’accordo con te, Herm, ma non avevo fatto nulla per aiutarti, e avrei potuto. Stavo lasciando che il mondo magico affondasse nei suoi pregiudizi, vecchi e nuovi, quegli stessi pregiudizi che avevano consentito a Voldemort di prosperare. Ho deciso che ne avevo abbastanza.”

Hermione si immaginò facilmente il resto ancora prima che Harry ne parlasse. Capiva perché Ron e Ginny non riuscissero a capire Harry: in fondo, loro erano sempre stati le spalle, gli aiutanti dell’eroe, e non avevano mai chiesto altro che tornare alla propria tranquillità. Non avevano né la sua ambizione politica, la sua sete di grandi cose, né la pesante eredità eroica di Harry.

“Hai provato a spiegarti con loro?” chiese a sua volta. Harry fu costretto ad ammettere che no, non l’aveva fatto. Non si fidava delle loro reazioni. “Dovresti farlo” insistette allora lei. “Con gli amici, le cose vanno messe in chiaro. E se loro non riescono a capire o ad accettare qualcosa che per te è importante, allora bisogna andare per la propria strada.”

“Un altro insegnamento del furetto?” chiese Harry. Il sorriso divertito di Hermione fu la risposta affermativa che si attendeva.

Continuarono a parlare a lungo, di come Hermione aveva intenzione di continuare adesso la sua carriera, dell’apprendistato di Harry come Auror, di Fletus, Gregory, Andromeda, qualsiasi cosa venisse loro in mente.

Era quasi l’una quando esaurirono gli argomenti, tornando alla dura realtà. Quella era la notte del secondo giorno dal compimento del rito, e ancora non c’era stato, da parte di Draco, nessun segno di ripresa. La prospettiva che fallisse era ormai sempre meno remota, e li faceva tremare tutti e due. Harry iniziò a tormentare nervosamente l’impugnatura della bacchetta.

Hermione, invece, tornò a fissare quel volto pallido come il marmo, quelle labbra socchiuse, quello sguardo vitreo. La speranza in lei lottava contro la disperazione crescente, rifiutandosi di cedere. Non l’avrebbe abbandonata ora, no, non poteva farle questo. Non era giusto che morisse così, proprio adesso che aveva iniziato ad amare.

Come in un flash, ricordò quel bacio che si erano quasi scambiati la sera dopo l’Oracolo. Non ci aveva più pensato da allora, aveva anzi tentato di dimenticarlo. La spaventava la prospettiva che tra loro ci fosse qualcosa di più di un affetto reciproco, di un’amicizia nata dalla comune solitudine. Non in quel momento, però, quando tutto sembrava sul punto di essere perduto.

In un impeto di sincerità, riconobbe che sì, era attratta da lui. Le piaceva come uomo, oltre che come persona. Anche adesso, era bellissimo. E se la cosa fosse stata reciproca – e non le sembrava nemmeno poi così assurdo - una parte di lei sarebbe stata spaventata, ma un’altra felice, felice perché desiderava che le cose andassero così.

Fu così che, senza nemmeno rifletterci, si ritrovò ad appoggiare le labbra sulle sue. Un atto del tutto spontaneo e irrazionale, frutto più della disperazione che di altro, forse, ma da cui non si ritirò. La sua lingua si schiuse la strada attraverso la bocca gelida di lui, tentando di rintracciarvi un po’ di calore, mentre le sue mani passavano sulle guance di lui, sui suoi capelli biondi e ispidi. Ondate di eccitazione la percorsero da capo a piedi, mentre il bacio si faceva sempre più passionale.

Harry vide tutto, senza sorprendersi. In un certo senso, se l’era aspettato. Continuava a sembrargli strano, ma aveva accettato tante cose incomprensibili in vita sua che una in più o in meno non faceva differenza.

Con riluttanza, Hermione si staccò da Draco per guardarlo. Nessuna reazione. Era sempre lì, immobile. Qualcosa le morì dentro, mentre lottava per non piangere. Harry la raggiunse e la abbracciò, e lei si nascose nell’incavo delle sue braccia, lasciandosi andare.

E non vide il bagliore bianco che iniziò piano a risplendere dal petto di Draco, e poi si sparse per tutto il corpo, finché non esplose in una luce accecante che costrinse entrambi a chiudere gli occhi, illuminando a giorno tutto il Manor.

DRACO (si presenta in scena con uno smoking): Allora, come sto?
HARRY (vedendolo): Cos'è, fai già le prove per la nostra prossima serie?
DRACO: Dovresti farle anche tu, Sfregiato! Con il ruolo che hai, non puoi girare vestito da straccione, saresti un'offesa al buon gusto!
HARRY: Ah, per me va bene! Qui lo dico e qui lo nego, ho sempre negato la tua eleganza.
DRACO (sorriso ambiguo): Bene, vediamo di rimediare...

  
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