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Autore: flors99    20/06/2012    24 recensioni
- Sono incinta. – specificò a quel punto Hermione, dissipando ogni suo dubbio e facendola strozzare con la sua stessa saliva.
Ginny spalancò gli occhi, incapace di credere che quello non fosse uno scherzo.
- Cos… eh?! C-come? Quando? Ma… ma… tu... – borbottò, pronunciando frasi sconnesse per quasi un minuto intero. – Non… non è divertente, Hermione. – disse alla fine, con la gola che bruciava per lo sforzo di parlare.
- Già. – mormorò Hermione, in un ansito di tristezza. – A chi lo dici. […]
- Ma… – la giovane Weasley cercò di mettere ordine nella sua testa, ancora sconcertata dalle parole della strega più grande. – Io… cioè tu… con chi…cioè… è Ron? – domandò, allucinata. – Io non sapevo neanche che vi frequentaste! Perché non mi hai detto niente? […]
- Ronnonèilpadre. – chiarì Hermione, pronunciando quelle parole nel modo più veloce possibile, scacciando dalla sua testa i cattivi pensieri.
- Che?
- Ronnonèilpadre! – ribadì, più in fretta di prima.
- Hermione, non capisco… cosa stai dicendo… - mormorò la giovane Weasley, non consapevole di quali parole usare.
Via il dente, via il dolore.
- Ho detto che Ron non è il padre! – esclamò tutto d’un fiato.
Via il dente, via il dolore. Sì, un cavolo!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Aspettare.

E' la prima lezione che si apprende sull’amore. O, almeno, che tutti dovrebbero provare ad imparare. Aspettare che il giorno si trascini, che i secondi passino incuranti di te e dei progetti che stai costruendo, attendere che le ore si susseguano e proseguano il loro corso per lasciar spazio a un nuovo giorno e a una nuova luna.
 
Ma, aspettare, è la cosa più difficile del mondo.
 
Le ore di attesa si trasformano in tensione e la tensione in paura.
 
Una paura che ci costringe a vergognarci di mostrare il nostro affetto.
 
E Hermione non ne poteva più di aspettare, di avere paura. Anche se in quel momento sembrava Draco, tra i due, ad averla, la paura.
Hermione non credeva di avergli mai visto uno sguardo del genere. Così… vuoto. Merlino, non c’era assolutamente niente nel suo sguardo e la ragazza si chiese come fosse possibile, interrogandosi sull’eventualità che il Serpeverde per la seconda volta non avesse capito un emerito paiolo. Per Godric, gli aveva appena rivelato di aspettare suo figlio e lui non spiccicava parola?
- Non dire cazzate, Granger. – sibilò Draco alla fine, dopo attimi di silenzio, con voce bassa e leggermente roca. – Non è per niente divertente.
Hermione sentì il sangue fluire sulle sue guance.
 
Non è divertente.
 
Anche Ginny aveva detto le stesse parole, qualche mese prima, ricordò Hermione in un lampo di lucidità. Merlino, ma come si poteva anche solo pensare che tutto quello fosse un misero scherzo?
 
Uno scherzo non avrebbe mai portato tutto quel dolore.
 
- Lo so. Non era mia intenzione quella di farti divertire. – mormorò la Grifondoro con un tono così basso e cupo che non riconobbe la sua voce.
Vide Draco stringere le mani in un pugno e strizzare gli occhi più volte come se non si rendesse conto di quello che stava succedendo, come se non avesse ancora realizzato che la ragazza si stesse rivolgendo proprio a lui, non capacitandosi della gravità del fatto. O, più semplicemente, rifiutandosi di accettare le sue parole.

Parole che feriscono e lasciano il segno.

Perché la verità non è meglio della finzione.

Il rumore di una pesante porta sbattuta fece voltare entrambi di scatto, facendo loro capire, in poco meno di mezzo secondo, che far svegliare Madama Chips alle quattro di notte non era stata proprio una buona idea.
- Lei che cosa ci fa qui, signor Malfoy? – brontolò l’infermeria, osservando il suo interlocutore con uno sguardo piuttosto severo. Il suo tono strascicato fece intendere a Hermione che doveva essersi appena svegliata: questo contribuiva a peggiorare l’umore dell’anziana signora, che era già facilmente irritabile di giorno, figuriamoci a notte fonda.
Draco alzò le spalle, senza degnarla della minima attenzione, come se quella domanda non fosse stata rivolta a lui.
- Non può entrare in Infermeria a quest’ora! – si accalorò Madama Chips, indignata per la mancata risposta e, di conseguenza, per il mancato rispetto nei suoi confronti. – Le costerà una bella punizione, signor Malfoy! Non può entrare qui di nascosto, senza preoccuparsi di modulare la voce, ma, anzi, azzardandosi a disturbare i pazienti! – aggiunse, lanciando un’occhiata a Hermione, pallida come un cencio.
Draco si limitò al silenzio e la Grifondoro non capì perché stesse rimanendo zitto, senza neanche provare a difendersi. Che poi, da difendersi aveva ben poco, perché tutto quello che aveva detto Madama Chips era assolutamente vero, ma il Serpeverde non era certo una persona docile e tranquilla, disposta a farsi malamente rimproverare. Anche se Draco fosse stato dalla parte del torto, Hermione era sicura che, a cose normali, il ragazzo avrebbe risposto per le rime, riuscendo a giustificarsi e a far valere le sue ragioni.
Quindi, il motivo del suo ostinato silenzio le rimase oscuro, finché non lo guardò nuovamente dritto negli occhi.

Vuoto.

E, di nuovo, non c’era niente.
Eppure Hermione sapeva che non poteva essere così. Per forza.
Perché quello che Draco provava era più in profondità: e lei doveva semplicemente imparare a osservare, a scavare e, infine, a comprendere quello che nascondeva. Aveva già tentato in quei mesi a leggere i suoi occhi, nonostante non mostrassero niente a prima vista: aveva imparato a scorgere ogni sua minima luce, ogni piccolo cambiamento di sfumatura che attraversava quelle iridi plumbee; si era più volte scontrata contro il suo freddo muro, sentendosi respinta, imparando però a non desistere e a riprovare, ancora, finché quella barriera non fosse caduta. E soprattutto aveva imparato che quando si tratta di Draco Malfoy niente, niente è quello che sembra.
- Esca di qui, subito! – sbraitò Madama Chips, con tono maggiormente alterato. Evidentemente la mancanza di reazione da parte di Draco l’aveva fatta infuriare ancora di più.
Poiché il Serpeverde, oltre che imbambolato, sembrava incapace di muoversi, l’infermiera quasi lo sospinse verso la porta e Hermione per un attimo credette che avrebbe dovuto seriamente trascinarlo, perché il ragazzo non dava segni di vita. – Domattina parlerò con il professore della sua casa, non deve mai più permettersi di infrangere le mie regole, sono stata chiara? – esclamò, con gli occhi che mandavano lampi. Draco, ancora una volta, non rispose e Madama Chips, sempre più furiosa, gli puntò un dito contro, cominciando a sbraitare e a Hermione ricordò tanto sua madre quando, da bambina, la sgridava, sfoderando l’indice accusatore per farla sentire in soggezione.
Mentre Hermione si perdeva nelle sue riflessioni l’infermeria, evidentemente non abituata a discutere con persone che non la degnavano della benché minima risposta, sembrava sul punto di avere un esaurimento nervoso.
- Almeno chieda scusa! Le sembra forse una cosa normale? Cosa aveva intenzione di… – e fu proprio in quell’istante, mentre l’anziana signora continuava con i suoi rimproveri, quando tutto era in un equilibrio precario e avrebbe potuto spezzarsi in qualunque momento, con una parola, con un gesto, che Draco si decise, finalmente a guardarla davvero.
 
Il suo sguardo si riempì.
 
Hermione non sentì più niente.
Non sentì più il ronzio della notte nelle orecchie, non sentì più la consistenza del lenzuolo che ancora stringeva convulsamente tra le dita, non sentì più la voce di Madama Chips che pian piano si affievoliva fino a scomparire del tutto. Non percepì più neanche il tempo che scorreva incessantemente, i secondi e i minuti cristallizzati in quell’esatto istante. 

 
Il tempo si fermò.
 
Come se gli occhi grigi del ragazzo fossero diventati un vero e proprio mare in tempesta e avessero travolto anch’esso con le sue onde.
 
E lei, tra quelle onde, annegava.
 
Annaspava nell’oceano del suo sguardo, in quella tempesta che faceva paura solo a guardarla, annegava, senza riuscire a prendere fiato, né a muoversi. A Hermione non rimase altro che attendere di poter toccare il fondo e non opporre resistenza: decise semplicemente di lasciarsi trascinare dove lui volesse, fluttuando nel mare delle sue emozioni che mai erano state così vive e così avvolgenti.
 
Ma prima di poter toccare il fondo, quegli occhi diventarono neri.
 
Così neri da provare l'acre e amaro sapore della paura, da farle perdere il respiro, addirittura dimenticando la procedura di quel semplice gesto.
Così neri da farle attorcigliare lo stomaco, stringere il cuore, ridurla in un misero stato, sentendosi peggio di chiunque altro.
Così neri da farle desiderare di svanire senza lasciare alcuna traccia, dissolversi attraverso l’aria, scomparendo il più in fretta possibile.
 
Neri e arrabbiati, molto, forse troppo.
 
- Quando avevi intenzione di dirmelo?! – fu tutto ciò che disse Draco, con una voce che Hermione non aveva mai udito; le sue parole rimasero appese nell’aria per un tempo che parve infinito.
Parole talmente piene di odio che persino Madama Chips si allontanò di scatto da lui, forse spaventata.
Perché sì, quel nero nei suoi occhi non era altro che odio.
Un odio che le bruciò l’anima in un modo che non avrebbe mai creduto possibile, che le fece desiderare di urlare e dimenarsi, per proteggersi da quei tizzoni ardenti e spaventosi. Era un odio che la spogliava con gli occhi, lentamente e senza premura, come a voler prolungare la sua agonizzante tortura; era talmente forte e pressante, quell’odio nello sguardo di Draco, che sembrava che, al posto degli occhi, stesse usando le mani. La faceva sentire totalmente nuda, come se non avesse uno straccio di vestito addosso.
 
E l’odio bruciava ancora di più a contatto con la sua pelle.
 
- C-cosa? – la voce di Hermione sembrò priva di forze. Assomigliava a una foglia secca d’autunno, pronta a cadere al primo tenero soffio di vento.
- Tu… una Mezzosangue. Come ho potuto… – s’interruppe, lo sguardo che la oltrepassava, come a perdersi nei meandri dei suoi pensieri. – E tu come hai potuto nascondermi una cosa simile?! – esclamò poi nuovamente, al limite del consentito. Un tono ancora più duro, ancora più ghiacciato, ma stavolta non aveva nulla a che fare con il suo muro, con la sua maschera.
Stavolta la rabbia, l’odio, che Draco le stava rivolgendo era vero. E questo faceva ancora più male.
E le sue parole erano, insopportabilmente, vere.
 
La stava accusando per l’unica cosa con cui non aveva ancora fatto i conti.
 
Fu Madama Chips a salvare la situazione. Alternò lo sguardo tra i due ragazzi e trovò nei loro occhi la conferma dei suoi dubbi, anche se avrebbe preferito non aver ragione.
- Questo non è certo il luogo e, sicuramente, non l’orario per mettersi a litigare! – brontolò. – Quindi, rimanderete questa discussione a domani! E lei, signor Malfoy, vada immediatamente nel suo dormitorio, prima che chiami qualcuno a trascinarla di peso! Che non accadano più cose simili nella mia infermeria, sono stata sufficientemente chiara? – concluse, con un tono di voce sicuro e deciso.
Draco digrignò i denti, sul punto di lanciarle una fattura Orcovolante, ma riuscì a trattenersi. Per un attimo gli occhi dei due ragazzi si incontrarono ancora, o meglio si scontrarono, e Hermione vi lesse talmente tanto disprezzo che le venne da vomitare. Ma non voleva essere distrutta un’altra volta: perché lei non avrebbe sopportato un’altra caduta, non era abbastanza forte.
 
E l’orgoglio reagì.
Affinché non fosse distrutta, di nuovo.
 
Allora gli occhi di Hermione, ripensando a tutti quei mesi d’inferno, si caricarono di una rabbia assoluta, la stessa rabbia che disegnava lo sguardo di Draco, e fu a quel punto che la ragazza vide i suoi occhi cambiare.
Un vero e proprio muro si eresse attorno allo sguardo di Draco, un muro spesso e forte si costruì intorno alla rabbia che fino a pochi secondi prima aveva impregnato tutta la stanza con la sua consistenza e al suo posto si fece strada una profonda, vuota e congelata indifferenza. Senza dire più una parola e senza rivolgere più lo sguardo né a lei né all’infermiera, Draco se ne andò, silenzioso come era arrivato, confondendosi con la notte.
Quando dopo parecchi secondi Madama Chips chiuse la porta, Hermione si accorse di tremare; solo quando l’infermiera le sciolse delicatamente le mani chiuse in un pugno si accorse che la sua stretta era stata così forte che le unghie si erano conficcate nel palmo della mano, dalla quale sgorgavano piccole gocce di sangue.
- Non ha preso bene la notizia, vero? – le chiese dolcemente l’anziana signora.
La Grifondoro alzò gli occhi di scattò, come se fosse stata fulminata, chiedendosi quanto l’infermiera avesse compreso di tutta la situazione.
- Mi odia. – sussurrò, senza rispondere alla sua domanda, lasciandosi scappare tutto il dolore che quella piccola frase poteva racchiudere.
- Shh… – bisbigliò. – Non è il momento per certi pensieri, signorina Granger. Le cose si sistemano sempre, anche quando sembra impossibile. – Le fece una lieve carezza al viso, mentre i suoi lineamenti spigolosi si piegavano in un dolce sorriso. – Adesso le ordino di dormire, altrimenti domattina non la farò uscire dall’infermeria. Chiaro? – il suo sguardo tornò rigido e autoritario in meno di un secondo, ma la ragazza scorse una sfumatura affettuosa nella sua voce.
Hermione sorrise, o almeno ci provò, dato che le venne fuori una specie di smorfia. Quando Madama Chips la lasciò da sola, spegnendo la luce, la Grifondoro si rannicchiò nel letto in posizione fetale, sperando di riuscire a proteggersi, sperando che quell’odio corrosivo non venisse a tormentarla anche durante i suoi sogni.
 
Sperando con tutta se stessa di non rivedere mai più quel nero negli occhi di Draco.
 
 


  
- Smettila di fare quella faccia! Ci scopriranno per colpa tua! – lo rimproverò la Serpeverde, camminando, al suo fianco, disinvolta e tranquilla.
- Ti odio, Daphne. – borbottò Blaise.
- La cosa è reciproca, tranquillo. – replicò la bionda senza scomporsi.
In realtà anche lei percepiva una leggerissima agitazione, cosa che, ovviamente, non avrebbe mai rivelato neanche in punto di morte. Blaise invece non si faceva alcun problema a manifestare la sua paura e il terrore di essere scoperti, e, probabilmente, se avessero incontrato qualcuno nei corridoi, non sarebbe stato in grado di mentire, confessando dove in realtà stavano andando.
- Blaise, avanti! Un po’ di coraggio! – lo rimproverò Daphne, quasi con gentilezza.
- Sono un Serpeverde. – sbottò malamente l’amico. – Se cerchi il coraggio vallo a chiedere ai Grifondoro! – sibilò il moro, agitandosi ancora di più. Daphne emise un lieve sbuffo, ma non replicò, limitandosi a proseguire in silenzio il suo cammino, lanciando di tanto in tanto un’occhiata al ragazzo, per essere sicura che non se la svignasse da un momento all’altro.
Giunti davanti all’ufficio della McGranitt, Daphne ingoiò la leggera inquietudine che persisteva nel suo petto, da fiera Serpeverde qual era, e facendosi coraggio puntò la bacchetta contro la serratura della porta, dopo aver assottigliato lo sguardo.
- Alohmora.
Lo scatto della serratura provocò un piccolo rumore, per colpa del quale Blaise sobbalzò.
- Bene, Daphne, adesso non hai più bisogno di me. Ci vediamo doma… – prima che pronunciassi qualcos’altro e, di conseguenza, riuscisse a scappare, la ragazza lo afferrò per il maglione e lo scrollò, rabbiosa.
- Se mi lasci qui, Zabini, giuro che domani racconterò a tutti il tuo grandioso coraggio da leone e di come sei scappato con la coda tra le gambe! – lo minacciò, con gli occhi a due centimetri dai suoi.
Blaise si liberò della sua stretta con facilità, scattando indietro come una molla.
- Ti odio, Daphne. – ripeté, lanciandole un’occhiataccia.
La ragazza alzò un sopracciglio, consapevole di aver vinto e sfoderando un ghigno degno di una vera serpe. Non rispose, ma si limitò a girarsi per aprire la porta con lentezza e intrufolarsi dentro l’aula con l’agilità di un felino.
Lumos. – la bacchetta produsse una lieve luce, quel che bastava per permettere ai suoi occhi di scrutare l’ambiente intorno a sé. – Cosa fai ancora fuori dalla stanza, Blaise? Dai, muoviti! – sbottò poi, neanche tanto gentilmente, ma il Serpeverde rimase fermo nella sua posizione, inquieto.
- Se non rimango di guardia, come faccio ad avvertirti se arriva qualcuno? – rispose, ironicamente.
Daphne si accigliò, convenendo con la logica del suo ragionamento e cominciò la sua ricerca.
Il gruppo di pergamene, rifletté, sarebbe dovuto essere sulla scrivania, ma non vi trovò niente: infatti, la scrivania era quasi del tutto sgombra se non per un paio di piume e una pergamena nuova, non ancora utilizzata.
- Qui non c’è niente! – esclamò, rivolgendosi a Blaise.
- Guarda meglio!
Daphne, frustata, controllò anche nei cassetti dei mobili lì accanto, sfogliò i numerosi fogli con impazienza e piuttosto frettolosamente, sentendo una strana inquietudine che le attorcigliava lo stomaco. Quando anche l’ultimo cassetto fu controllato emise un sonoro sbuffo, incrociando le braccia la petto.
- Fai silenzio! – l’ammonì Blaise. – Vuoi che qualcuno ci senta, maledizione? – erano rare le volte in cui aveva sentito Blaise imprecare e in quel momento Daphne si accorse di quanto terrore ci fosse nei suoi occhi e se ne chiese il motivo.
- Cos’hai, Blaise? Perché sei così agitato? Non è da te. – osservò giustamente. Il ragazzo si accigliò ed evitò di fissarla negli occhi, ma rivolse invece il suo sguardo oltre la porta.
Dopo aver osservato che non ci fosse nessuno entrò nell’ufficio anche lui, con gli occhi pieni di rabbia.
- Io non voglio finire sospeso, chiaro? Se mi scoprono è un disastro! Non solo mi sospenderanno, anzi, potrebbero anche espellermi!
- Espellerti? Ma cosa stai dicendo? Perché dovrebbero espellerti? – esclamò Daphne, guardandolo stralunata. Un vago senso di colpa s’insinuò dentro di lei, facendo poi di tutto per scacciarlo via. – Che cosa vuoi dire, Zabini? – ripeté, alzando la voce e strattonando il ragazzo che sembrava aver perso l’uso della parola.
- Niente, niente, sono solo in ansia e tu mi stai mettendo pressione! – la liquidò.
- Io?! – sibilò la ragazza a denti stretti. – Ascolta, smettila di lamentarti e aiutami, piuttosto, a trovare quelle Merlino di pergamene! – ordinò, cambiando discorso.
Con un tacito silenzio da parte di entrambi la conversazione s’interruppe, per lasciar posto a una frenetica ricerca.
- Ecco! – esclamò Blaise dopo qualche minuto. Accucciato sotto la scrivania, estrasse una borsa piena di pergamene, facendone cadere qualcuna; allungò la mano verso la ragazza per farsi dare la ricerca di Pansy e Daphne gliela passò, senza parlare, leggermente infastidita per non essere stata la prima ad aver scovato il luogo in cui erano stati riposti i rotoli.
- Adesso possiamo andare. – mormorò il ragazzo, sfregandosi le mani e correndo già verso la porta, felice che tutto fosse finito; ma appena la aprì la richiuse di scatto, allontanandosi dalla maniglia.
- Che c’è? – sussurrò la ragazza, affiancandolo.
- Porco paiolo! – sbottò, arretrando ancora di più. Era già la seconda imprecazione che Daphne sentiva uscire dalla sua bocca, nel giro di un’ora, e non sapeva se preoccuparsi per lui o no.
- Sta arrivando Gazza. – rivelò a quel punto Blaise.
- Cosa?! – esclamò, tappandosi poi la bocca con la mano e ricevendo un’occhiataccia da parte del Serpeverde.
- Ma certo, mettiamoci anche a urlare, tanto per essere sorpresi prima… – ironizzò il ragazzo, in un sussurro.
Daphne deglutì e, dopo qualche secondo, afferrò la mano di Blaise, dirigendosi verso la porta.
- Andiamo prima che arrivi! Muoviti!
- Ma sei matta? – Blaise si liberò dalla sua presa. – Gazza veniva proprio verso l’ufficio, se usciamo ci vedrà di sicuro!
- E allora cosa facciamo? – sibilò frustata, sentendo l’agitazione e il panico crescere in lei.
Per altri secondi non si udì niente, solo i passi di Gazza che si avvicinavano sempre di più, di più, di più, finché non divenne un suono talmente nitido che entrambi i ragazzi smisero di respirare.
- E’ colpa tua, Zabini!
- Mia? – il ragazzo la guardò come se volesse ucciderla.
- L’idea è stata tua! – si giustificò la ragazza, convincendosi di aver ragione.
- Ah, lasciamo perdere! – borbottò, a limite dell’esasperazione. – Troviamo una soluzione, invece!
La voce di Blaise si spense, quando i passi rimbombarono ancora più forte, fino ad arrestarsi: probabilmente il custode si era fermato giusto davanti alla porta. Il cuore di Daphne prese a battere all’impazzata e strinse la presa sulla mano di Blaise, che, non si era accorta essere ancora stretta nella sua. Il ragazzo parve riscuotersi a quel gesto e, dopo aver osservato per circa due secondi le loro mani intrecciate, ebbe l’illuminazione.
Intanto, al di là della porta, si udì la voce di Gazza che richiamava Mrs. Purr, sentendo i suoi passi allontanarsi per recuperarla; magra consolazione, perché sia Daphne che Blaise sapevano che il custode sarebbe tornato da un momento all’altro.
Il moro, però, sembrava più tranquillo e dopo averle lanciato una breve occhiata la sospinse con delicatezza contro la scrivania. La ragazza sollevò le sopracciglia, confusa, già in procinto di protestare, ma Blaise la interruppe senza darle possibilità di replica.
- Stai al gioco. – mormorò, sciogliendo con dolcezza la presa della sua mano.
- Gioco? Quale gioco? – sbottò, non comprendendo le sue intenzioni. Il ragazzo non le rispose, ignorando palesemente le sue domande, ma continuò a sospingerla indietro fino a quando le gambe di Daphne non si scontrarono contro il mobile della scrivania.
- B-blaise… Che stai facendo, per Salazar? – balbettò Daphne, vedendo gli occhi blu di Blaise troppo vicini ai suoi e avvertendo una strana sensazione.
- Shh… Stai al gioco. – le ripeté a voce più bassa, quando avvertì Gazza tornare e rimproverare la sua gatta di non allontanarsi più da lui.
- Che… – tentò nuovamente di chiedere la ragazza, ma non riuscì a terminare la frase, perché il respiro le si mozzò in gola per la sorpresa, quando le mani di Blaise le strinsero i fianchi, con forza e delicatezza insieme, sollevando e appoggiandola sulla cattedra, come se pesasse cinque chili. Percepì lo stomaco attorcigliarsi quando si accorse del corpo di Blaise, tra le sue gambe, in una posizione eccessivamente intima, e quando vide la bocca del ragazzo, a un millimetro dalla sua. Trattenne il fiato, cercando di protestare, ma il suo sguardo la tenne incollata sulla scrivania, senza più essere in grado di muoversi. Fece appena in tempo a scorgere il sorrisetto disegnato sulle labbra di Blaise, prima che lui si piegasse di lato con un sospiro impercettibile e poggiasse le labbra sul suo collo. Daphne spalancò gli occhi in un primo momento, completamente scossa da quel blocco che sentiva nella pancia, dalle gambe che sentiva molli come gelatina.
- C-cosa… – provò a domandare, più o meno per la terza volta. Il ragazzo le morse una porzione di pelle per tutta risposta, intimandola al silenzio, e Daphne trattenne a stento un mugolio a quel gesto. E, a quel punto, le venne quasi naturale chiudere gli occhi, mentre i baci di Blaise, che sembravano adattarsi perfettamente alla sua pelle, le mandavano scariche elettriche lungo tutta la schiena, facendola rabbrividire.
Contro ogni logica si ritrovò a sperare che le sue mani forti stringessero i suoi fianchi ancora di più…
- Cosa sta succedendo? – strepitò una voce rauca che gli alunni di Hogwarts avevano imparato a conoscere in quegli anni.
Blaise si staccò da lei senza alcuna esitazione e con uno sguardo impassibile, mentre Daphne lasciò cadere stralunata le mani dalle braccia di Blaise, che neanche lei sapeva come ci fossero arrivate.
Il ragazzo si voltò verso il custode, assumendo un’aria vagamente imbarazzata.
- E lei cosa ci fa qui? – chiese ingenuamente a Gazza, prendendo la mano di Daphne per farla scendere dalla scrivania.
La ragazza, a mente quasi lucida, una volta riemersa dal limbo nel quale era scivolata, si rese conto del piano che aveva architettato Blaise in meno di cinque secondi e ne rimase piuttosto scossa. Non tanto per l’astuzia di Blaise, quanto per la maniera in cui aveva reagito il suo corpo. Cercando di non farsi notare si portò una mano all’altezza del petto: il cuore batteva ancora all’impazzata.
 
Per Salazar, cosa è appena successo?
 
- Cosa ci fate voi qui, semmai! – replicò Gazza piuttosto arrabbiato.
- Uhm… – mormorò Blaise. –  …Ecco, vede… Sa com’è… – si grattò la testa, assumendo un’espressione fintamente imbarazzata.
Allorché Gazza, dopo aver socchiuso gli occhi, fece una cosa che la ragazza non si sarebbe mai aspettata: ridacchiò e poi posò una mano sulla spalla di Blaise, quasi come se fossero amici, gracchiando:
- E’ carina.
Daphne sentì le guance in fiamme e con un ringhio afferrò Blaise per una mano, incerta o no se uccidere Gazza, oppure lasciargli quei pochi anni che aveva ancora da vivere.
- Andiamo, Blaise? – sottolineò il suo nome con voce estremamente gelata e il ragazzo, dopo aver lanciato un’occhiata complice al custode, seguì docilmente la Serpeverde che si era diretta fuori dall’ufficio della McGranitt, come una furia, procedendo lungo il corridoio a passo di marcia.
- Che cos’era quella scena? Perché Gazza ci ha lasciato andare così? – sbraitò poi, stranamente furiosa con Blaise.
- A cosa ti riferisci?
- Sembravate quasi… amici! – replicò, chiedendosi anche lei il motivo di tanta frustrazione e nervosismo. Per la seconda volta, si portò una mano all’altezza del petto: il cuore ancora batteva all’impazzata.
 
Per Salazar, cosa è appena successo?
 
Il moro la guardò, stavolta veramente imbarazzato, e alzò le spalle, distogliendo gli occhi dai suoi.
- Non è la prima volta che… – s’interruppe, guardandola di sottecchi. – …insomma, che…capita. – disse poi, ritornando a fissarla apertamente. Il rossore gli imporporava leggermente le guance e se, da una parte, questo a Daphne fece tenerezza, dall’altra percepì una folle rabbia omicida che avrebbe volentieri scagliato su qualcuno.
- Cosa vorresti dire che non è la prima volta che ti trova in una situazione del genere, eh? – esclamò, arrabbiata, mentre Blaise la perforava con lo sguardo. – Ti ha trovato con qualche altra ragazza? – continuò imperterrita Daphne, con uno sguardo sempre più spaventoso.
- E a te cosa importa? – replicò, giustamente, Blaise.
Niente! Assolutamente niente! – rispose la Serpeverde, sul punto di una crisi isterica. Incrociò le braccia al petto con uno sguardo di fuoco e cominciò a camminare più velocemente per allontanarsi da lui; improvvisamente la presenza di Blaise accanto a lei le parve intollerabile.
- Da. – Blaise le corse dietro e le afferrò un braccio, costringendola a guardarlo negli occhi. – Cosa ti è preso?
Daphne si scrollò di dosso la sua mano con violenza, lanciandogli uno sguardo accusatore.
- Sei un idiota, Zabini.
Senza dire altro si diresse a passo di marcia nei sotterranei e Blaise non tentò più di fermala, né di raggiungerla. La sua chioma bionda fu inghiottita dal buio fitto, lasciandosi dietro il ragazzo confuso e, soprattutto, molto perplesso da quell’incomprensibile reazione.
 
Senza rendersi conto che il cuore di Daphne, intanto, batteva ancora all'impazzata.

 


 
- Cosa le avevo detto riguardo alla dieta? – la rimproverò Madama Chips, con uno sbuffo esasperato.
- Io non sono a dieta! – rettificò Hermione, più o meno per la quinta volta.
- Sì, sì… – annuì distrattamente l’infermiera, fingendo di crederci. – Le preparerò un integratore allora, mangia troppo poco. Lei passi la prossima settimana a ritirarlo e mi consegni questo foglio che le sto dando. – ordinò.
Hermione prese il pezzo di carta sul quale spiccava una grafia tutt’altro che ordinata, molto somigliante a quella di Ron. Evidentemente, Madama Chips aveva fretta.
- E, mi raccomando, faccia attenzione! – si raccomandò ancora una volta l’infermiera, con sguardo serio.
- Starò attenta. – promise la ragazza con un sorriso.
Dopo averla salutata e aver assicurato per l’ennesima volta di smettere di fare la dieta, uscì velocemente dall’infermeria, felice di poter nuovamente frequentare le lezioni e incontrare i suoi compagni.
S’incamminò verso la torre, trotterellando con calma, sorridendo dolcemente quando un tenero raggio di sole le accarezzò il volto. Poi, come risvegliatasi, capì che se avesse perso ancora tempo, sarebbe arrivata tardi a lezione e non voleva mancare più di quanto non fosse già stata assente.
Stava quasi per salire le scale che avrebbero portato alla torre, ma un turbine rosso proveniente dall’alto, la investì prima che se ne accorgesse e la stritolò nel suo abbraccio. Hermione ricambiò la stretta, anche se con meno forza di quella che ci stava mettendo Ginny.
- Hermione! – esclamò la rossa quando si fu staccata dalla sua migliore amica, con uno sguardo sorpreso e felice. – Come stai? Ti senti meglio? Madama Chips cos’ha detto? È tutto a posto?
La raffica di domande s’interruppe solo quando Ginny si accorse dello sguardo un po' distratto della Caposcuola.
- Herm! Non starai già pensando alle lezioni, vero? – le chiese scherzosamente, sapendo quanto fosse scrupolosa e fiscale la sua migliore amica in fatto di studio.
- Beh… - borbottò. – Sì… Cioè, no… Non è quello a cui pensavo adesso, a dir la verità. Io… Devo dirti una cosa, Ginny. – concluse con un sussurro bassissimo.
- Hei… – sussurrò la giovane Weasley, prendendole le dita tra le sue e scrutandola, preoccupata. – Il…il bambino…
La più grande delle due ragazze scosse la testa, tenendo lo sguardo fisso sui suoi piedi.
- Non si tratta di questo. – chiarì. – Lo sa. Gliel’ho detto. – rivelò, infine.
Passarono istanti in cui nessuna delle due ebbe il coraggio di dire niente, perché sapevano che qualunque parola avessero pronunciato avrebbe peggiorato le cose.
 
Passarono istanti in cui entrambe desiderarono che qualcosa, qualunque cosa, spezzasse quell’inquinante silenzio.
 
- E…? – domandò alla fine Ginny, incitandola a sfogarsi, anche se non le sembrava proprio una buona idea. La Caposcuola non rispose, ma il suo sguardo si oscurò e tanto bastò a troncare sul nascere la conversazione.
- Hermione, mi dispiace. – mormorò Ginny, non sapendo cosa dirle in quel momento.
L’amica la fissò per un istante e un lampo di tristezza le attraversò gli occhi, ma fece finta di niente. Sorrise debolmente e cambiò discorso alla svelta.
- Il bambino sta bene, però! – disse invece sorridendo.
Lo sguardo di Ginny s’illuminò a quelle semplici parole e sorrise in modo così raggiante da far impallidire il sorriso di Hermione.
- E’ tutto a posto, quindi? – domandò, con gioia.
- Sì, Madama Chips ha detto che d’ora in poi devo fare più attenzione, ma il piccolo sta bene.
E, in quel momento, Ginny fece la cosa più tenera del mondo.
Si abbassò fino ad essere con gli occhi all’altezza della pancia di Hermione e la accarezzò dolcemente con una mano.
- Hai visto, cucciolotto? La mamma ha detto che stai bene, non devi più preoccuparti! Cerca solo di non farle venire troppe nausee, la fai star male, sai? – parlò, rivolta alla sua pancia come se parlasse con una persona vera, con un tono di voce così dolce e spensierato che Hermione scoppiò a ridere. – Sarà un bel maschietto! – proferì poi Ginny, sicura, balzando in piedi come una rana.
- Maschio? – domandò la Caposcuola, alzando lo sguardo e portandosi un dito all’altezza del mento. – Perché?
- Non so, credo che sarà un maschio, tutto qui. – rispose la giovane Weasley, alzando le spalle. – È una sensazione!
- Non ho mai pensato a questo. – confessò Hermione. – Potrebbe essere anche femmina. – mormorò poi a mezza voce, sfiorandosi la pancia in un gesto materno.
Quando entrambe distolsero lo sguardo dalla sua pancia e si fissarono di nuovo negli occhi, rimasero agghiacciate. L’aria si cristallizzò in quel preciso istante, il tempo si fermò e nessuna delle due percepì più niente.
Hermione e Ginny, una davanti all’altra, fissavano entrambe un punto dietro di loro, per l’esattezza la figura di due ragazzi che probabilmente avevano assistito a tutta la scena.
Gli occhi di Hermione erano fissi su Draco.
Gli occhi di Ginny erano fissi su Ron.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice
 
Heiiiiiii!!!!!!!!!! Salve a tutti! Bentornati lettori e lettrici, scrittori e scrittrici! Sono tornata!!!!!!
Ennesimo ritardo…Ormai non so neanche più in che modo scusarmi, sono imperdonabile :(
Spero lo stesso che qualcuno sia sempre disposto a seguirmi ^_^
 
Punto 1: Ho una brutta notizia da darvi. Ho litigato con mia madre, a dir la verità non ho ben capito cosa le ho fatto, ma lei mi ha sequestrato il computer a vita: ha cambiato tutte le password e mi ha bloccato tutti i siti. Se in questo momento sono al computer è perché lei non c’è e sono riuscita a scoprire la password del computer di mio padre, dove per fortuna non ci sono cesure e limitazioni. Non so bene quando potrò ri-usare il computer, sono tre giorni che non ci rivolgiamo la parola se non per il minimo indispensabile e dubito che la mia punizione finirà tanto presto. Non potrò aggiornare molto spesso come avevo promesso, mi dispiace :(
Cerco di fare il possibile, appena mia madre esce di casa scrivo quello che posso, ma non so quanto ci vorrà per l’arrivo del prossimo capitolo! Non uccidetemi vi prego!
Massimo massimo tenterò di fare arrivare il capitolo tra due settimane, ok? (Spero).
 
Punto 2: Avevo in mente tutt’altro modo di svolgere il capitolo, ma poi le mie dita hanno cominciato a scrivere, come dotate di vita proprio ed ecco il risultato. Mi starete odiando di sicuro per aver rimandato ancora la reazione di Draco, ma almeno in questo capitolo un piccolo assaggio lo avete…Mi dispiace, è che mi sento bloccata, il fatto che possa usare il computer solo quando mia madre è via mi mette fretta e ansia e non riesco a dare il meglio di me quando scrivo velocemente. Inoltre ero anche in un grosso ritardo con l’aggiornamento, quindi ho deciso di postare il capitolo così com’è anche se è venuto fuori un vero schifo.
Il prossimo cercherò di farlo meglio :)
 
Punto 3: La scena tra Daphne e Blaise è arrivata!!!!! Vi è piaciuta? Ve l’aspettavate? Daphne era un tantino nervosa, chissà perché…xD
 
Punto 4: Un grazie enorme a quelle 22 dolcissime ragazze (Ci sono maschietti nel pubblico? Non voglio offendere nessuno) che hanno recensito lo scorso capitolo: Harry PotterishBlack_YumiDracoMattyMalfoysuckerforloveJimmyB_Simi462MadamaBumbSasoriza98Helen StylescraniumStella94chiaramFedePluck93blair_87Shaunee Blackladyathenabritney18Felpik93Angelique BouchardTizianaRivera, Missboxer
e EmmaTom.
22, 22, 22!!!!! Io sto collassando per la gioia! Non avevo mai ricevuto così tante recensioni, grazie grazie grazie. Un grazie va anche a Charlene che ha recensito il primo capitolo ^_^
Probabilmente ripeto le stesse cose ad ogni capitolo, ma lo faccio perché la mia gratitudine nei vostri confronti è immensa, non vi ringrazierò mai abbastanza.
Ci tengo a ringraziarvi perché io amo scrivere…E se continuo a scrivere di questi di Draco e Hermione è solo GRAZIE a voi che avete un ruolo fondamentale in tutto questo. Siete voi che mi rendete orgogliosa di ciò che scrivo, siete voi che mi sostenete e mi date sempre il vostro appoggio. Alla fine non sono solo io a scrivere, ma siete anche voi e il merito è mio quanto vostro.
Quindi grazie anche a chi legge silenziosamente: vedere quanti sono i preferiti/seguiti/ricordati è motivo di grandissimo orgoglio per me e tira un po’ su la mia stima sempre abbastanza bassa XD
Un grazie gigantesco va sempre a quelle 5 ragazze che hanno segnalato la mia storia: Felpik93, 
aranciataDarleenSasoriza98 e DracoMattyMalfoy. Credo che finirò al reparto psichiatrico per commozione (dovuta alla gioia ovviamente).
Detto questo passo e chiudo e mi metto al lavoro per scrivere i prossimi capitoli! Stavolta ho già in mente tutta la scena e dovrei metterci meno tempo, ma tutto dipende da quanto mia madre sarà presente in casa xD
Al prossimo capitolo,
flors99
  
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