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Autore: Kiki May    20/06/2012    7 recensioni
Questa fanfiction segue gli eventi del film "The Avengers". Loki ha scontato la sua pena nelle carceri di Asgard e Thor è divenuto re: per i due è giunto il momento di ritrovarsi.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui, scusate!
Ultimamente sto facendo un macello indegno su EFP! XD
Mi scuso in particolare con Edvige86 che, gentilmente, aveva già commentato il post e che ha visto sparire l’entry. Come avevo già scritto, non mi convinceva affatto la resa del capitolo e non ce l’ho fatta a tenerlo in linea, ho dovuto eliminarlo e modificarlo. Ecco cosa succede a scrivere a tarda sera. >O<
Scusate ancora per l’inconveniente! Spero di leggere le vostre considerazioni.






1






Il gioco degli dèi







Il cielo di Asgard era inondato da una luce calda, rosea, che pareva risplendere anche nelle ore più buie della notte. Nell’isola magicamente sospesa nel vuoto cosmico dell’albero del mondo, tenuta in orbita da un fascio d’energia nucleare incontaminato e potente, il sole pareva non tramontare mai.
Loki se ne era reso conto per la prima volta da bambino, dopo una battuta di caccia particolarmente sfortunata, quando si era perduto nei boschi assieme al fratello ed aveva speso lunghe ore a fissare gli astri e le nuvole, magicamente dorate come i capelli di Thor. Nell’innocenza dell’infanzia aveva immaginato al cielo di Asgard come ad un fratello premuroso: impediva l’oscuramento totale della terra per istinto di protezione nei confronti della sorella minore; in seguito, quando anche l’ultimo velo di ingenuità era stato spazzato via dagli eventi e Loki giaceva prigioniero nelle celle anonime del palazzo reale, anche il sole costantemente presente all’orizzonte era sembrato più una maledizione che una protezione di qualsiasi genere.

“A cosa pensi, fratello?”
Loki si voltò con grazia, inclinando il capo illuminato dal calore del tramonto.
Si trovava nelle sue stanze, nel palazzo reale di Asgard, circondato da nuovi libri, drappi e sete preziose, vicino a Thor, venuto a dialogare con lui dopo una lunga giornata di governo.
Il re si era seduto al tavolo degli scacchi e beveva vino, studiando con attenzione la posizione delle pedine.
“Al moto dei pianeti.” Replicò Loki, sobrio.
Abbottonò distrattamente la veste nera e carezzò i capelli lunghi, pettinati indietro e intrecciati morbidamente.
“Stai bene.” Disse Thor, quasi arrossendo. I suoi occhi chiari non abbandonavano la sagoma del fratello per più di qualche secondo, come impegnati a rassicurare la mente che, sì, Loki era tornato, era presenza tangibile e libera, finalmente. “Stai meglio.”
“Ti ringrazio.” Replicò il dio dell’Inganno, intrecciando le mani sul grembo, accomodandosi sul sedile opposto a quello di Thor: le sue pedine erano nere e Thor aveva appena mangiato una torre. “Interessante …”
“La mia strategia è migliorata, fratello?” ironizzò il re, carezzando la barba folta sul mento. “Regnare su Asgard mi ha forse istruito nell’arte dell’attesa?” Aggiunse ancora, più sibillino.
Loki umettò le labbra rosse, sfiorando con attenzione il capo delle pedine scure.
“Come ti senti?” domandò ancora Thor, con un tono più preoccupato, onesto.
Loki rifletté attentamente.
“Gli incubi sono finiti.” Disse solamente, e le sue pedine volarono a scontrarsi contro quelle di Thor: due vennero mangiate, una riuscì a fare breccia nelle difese dell’avversario.
“Capisco.” Mormorò il re di Asgard, ingoiando la tensione come vino amaro. “Capisco.”
Le dita di Loki si avvicinarono timidamente alle sue, in una carezza accennata.
“Ti ringrazio per la tua ospitalità e per le cure che hai messo a mia disposizione. Non riuscirò mai a sdebitarmi.”
“Sai perché lo faccio,” rispose il dio del Tuono, alzando lo sguardo fiero, deciso. “Sei parte della famiglia nonostante tutto e ti voglio al mio fianco. Ti voglio al mio fianco, Loki.”
Lui non replicò.
Avanzò ancora con un alfiere.
“L’oro dei re ti dona,” esalò con un’onestà che lo fece quasi soffrire. “È il tuo colore.”
Lo è sempre stato.
“In qualità di principe di Asgard potresti indossare l’oro che ti ho donato: hai scelto di non farlo, invece.”
“Non sono più un principe, Thor. Sono solo un mago, l’ombra di un passato perduto. Lasciami vivere in pace, al riparo dall’odio del tuo popolo.”
Il re serrò la mascella, colmo d’ira e rimorso.
“Ho bisogno di te …” sussurrò, talmente piano da rivolgersi più a se stesso che a Loki. “Non ritirerò la mia offerta, soprattutto ora che mi hai assicurato di esserti rimesso in forze. Un mago potente come te è prezioso nel Consiglio di Asgard e tutto ritornerebbe come … sarebbe più giusto, più simile al passato.”
Le labbra del dio dell’Inganno si piegarono in una smorfia sarcastica, sgradevole.
“Sono divenuto re,” riprese Thor, determinato. “In un modo che non avrei mai immaginato. A prezzo della vita del padre e senza il fratello amato al mio fianco, a guardare le mie spalle e tenere il mio scudo in battaglia. Sono solo, Loki. Il potere mi ha allontanato dagli altri.”
“Il potere è solitudine,” replicò lui, muovendo ancora l’alfiere. “E il tuo potere è grande Thor, anche più grande di quello di Odino.”
L’espressione del re si colmò di dolore muto, inesprimibile.
“Vuoi che ti narri i suoi ultimi giorni?” mormorò, la voce rotta dalla commozione.
“Non è necessario.” Fece Loki, frettoloso. “Ho saputo ogni cosa dai domestici e … ho visto. L’ho visto accadere, nei miei sogni. La barca sul fiume, le lacrime di Frigga e il tuo braccio che reggeva la torcia infuocata …”
La discussione s’interruppe brevemente, così come la partita.
Un silenzio insostenibile, carico di parole non dette, schiacciò i giocatori sulle sedie. Thor dovette scuotere il mantello e alzarsi, soffocato dal peso dei ricordi, della distanza forzata che Loki riusciva ancora ad imporgli.
“Avrei dovuto averti al mio fianco …”
“Avresti potuto scarcerarmi.” Ribatté Loki, crudele.
“No, non avrei potuto. Non a prezzo di ignorare la legge di Asgard, di infangare il ricordo delle vittime midgardiane con un’ingiustizia. Dovevi scontare la tua pena.”
Il respiro lieve di Loki si spezzò percettibilmente.
Il dio dell’Inganno dovette espirare piano, a fondo.
“Un re giusto, Thor. Sei molto di più di quello che è stato Odino …”
“Nostro padre!” esclamò lui, incapace di contenere l’ira e l’emozione. “Nostro padre, Loki! Un re giusto quanto me!”
“Tuo padre.” Replicò l’altro, a denti stretti. “Tuo padre. Non dimenticare che non siamo veramente fratelli.” Sibilò orribilmente, deciso a infliggere sofferenza nel cuore di Thor.
Il re si era poggiato alla finestra che dava sui cortili interni, lo sguardo perso nel chiarore del crepuscolo, l’armatura d’oro scintillante.
“Sei mio fratello, Loki. Sangue del mio sangue, nonostante tutto … e anche se non siamo nati dallo stesso padre e dalla stessa madre – Non avrei potuto fare diversamente.” Ammise poi, interrompendosi. “Non avrei potuto negare giustizia ai corpi straziati sotto le macerie dei grattaceli newyorkesi, agli agenti che avevano perso la vita per mano tua. L’unica cosa che oso sperare ancora è riaverti accanto a me, dimenticare il passato e ricominciare con una nuova vita. Non permetterò a nessuno di ferirti, di farti del male. Ti proteggerò come il dono più prezioso degli dèi.”
Loki aveva chiuso gli occhi, le dita sospese sul capo dell’alfiere nero, pronto a sferrare lo scacco contro il re bianco.
“Non sono un dono,” disse. “Non sono neanche il fratello che hai conosciuto e amato. Troppe cose sono successe e troppe notti si sono alternate nella solitudine della prigione asgardiana. Non sono che un’ombra, Thor, un’ombra danneggiata dal tempo e della solitudine. Non ho più niente da offrirti.”
Thor batté un pugno contro la parete e si rassegnò ad accettare le parole del fratello.
“Non mi arrenderò così facilmente.” Fece, accomodandosi nuovamente, scrutando concentrato la sua posizione in campo: Loki era sul punto di eliminare il re. “Non lo farò.” Aggiunse, ostacolando le mosse del fratello.
Il dio dell’Inganno aggrottò la fronte, impensierito.
Continuò a sferrare attacchi contro le difese dell’avversario.
La mano di Thor, grande e forte, ruvida, aveva stretto la sua in una morsa.
“Non mi arrenderò, Loki.”

  
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