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Autore: PeaceS    27/06/2012    1 recensioni
Quell'anno scolastico era stato così intenso, probabilmente Lily - come tutti gli altri - non lo avrebbe dimenticato facilmente.
Avevano conosciuto tutti l'amore, quello che fa mancare il fiato, quello che entra sotto pelle e non lascia più, rimanendo lividi indelebili; avevano conosciuto il dolore, mera conseguenza del cuore che pompa senza volersi fermare.
Avevano conosciuto l'amicizia, quella che resta, quella immortale. Hogwarts quell'anno aveva assistito a risate, lacrime, esaurimenti nervosi dati dallo studio, marachelle, il solito Quidditch e le solite dispute tra i dormitori. Hogwarts, ancora una volta, era stata partecipe di quella vita fatta di emozioni, sentimenti, dubbi e brividi.
Hogwarts li stava salutando, ma non stava dicendo addio, perché - come sempre - per chiunque avrebbe voluto tornare, casa loro sarebbe sempre stata lì a dare il "benvenuto".
- Storia scritta a quattro mani con sfiammella, mia eterna ispiratrice. -
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Hugo Weasley, Lily Luna Potter, Teddy Lupin, Un po' tutti | Coppie: James Sirius/Dominique
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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The Forbidden love

 

 

 

Prologo

 

 

 

Molte persone vivevano con il pensiero del buon puritano inculcato nel cervello, dove ogni cosa sembra essere perennamente sbagliata e ingiusta, come se fare sesso prima del matrimonio fosse un crimine spaventoso.

Lily Luna Potter odiava chi la pensava in quel modo: un ragazzino di sedici anni poteva immolarsi in una guerra - contro il mago oscuro di tutti i tempi - ma una ragazza non poteva fare sesso perché era contro morale. Idioti.

Non si era mai posta quel problema, aveva sempre evitato i bigotti di quella proprozione cosmica, ma delle volte si chiedeva se era giusto farlo con lui. Non che lo avesse fatto con chiunque altro. L'uomo che la guardava da fondo della stanza, osservandola come se fosse l'unica in quel momento, era stato il primo per lei.

Era sempre stata una ragazza tranquilla e posata, per quanto potesse esserlo una Potter, ma con lui perdeva ogni percezione di sé stessa; nonostante sapesse che alla sua età era abbastanza normale fare sesso, Lily sapeva che con lui l'aggettivo normale perdeva ogni significato.

Tutto, in loro, era ingiusto e anormale. Anche i propri nomi accostati l'uno di fianco all'altro, oppure sussurrati in una notte rovente, suonavano come qualcosa di proibito.

"Mi stai ascoltando?" la voce di suo fratello James le ingiuse quasi ovattata all'orecchio, e di malavoglia distolse lo sguardo dal tavolo dei professori per posarlo su quello arrabbiato di Jamie.

"No, naturalmente" rispose di malavoglia, giocando con il cibo nel piatto; ultimamente non faceva altro, e sapeva che se sua madre avesse scoperto quanti pasti saltava  al giorno l'avrebbe prima annoiata con i suoi rimproveri, poi l'avrebbe costretta ad ingozzarsi fino a star male.

Lily represse a stento un brivido.

"Come sempre. Dove hai la testa ultimamente, Lils?" sbuffò suo fratello maggiore. Lily non lo ascoltò nuovamente, guardando con la coda dell'occhio la sua figura alzarsi, salutare i colleghi presenti - compresi il preside che sorrise bonario - e uscire dalla Sala, volgendole un occhiata di sfuggita.

"Al Quidditch" mentì spudoratamente, mentre allontanava con una smorfia il piatto che aveva davanti. Alzò gli occhi al cielo, e vide che il sole era già al tramonto, tingendo la sala di un tenue colore aranciastro alquanto piacevole.

"Mi ritiro, devo ancora finire i compiti di pozioni." sbuffò, e si sorprese di come oramai, le sue parole, non suonassero più come una bugia fatta e finita.

Quasi si vergognava di quanto fosse diventata brava a mentire, non era di certo una caratteristica dei Grifondoro, quella, si addiceva molto di più ai Serpeverde.

"Forse è lo studio che ti sta rimbambendo, sorella" la salutò cordialmente James con il suo solito modo rude, mentre lei gli rispondeva con una semplice linguaccia. Se avesse saputo il vero motivo del suo rimbambimento, sicuramente l'avrebbe uccisa.

Jamie non era un tipo da parole, o un tipo particolarmente diplomatico, preferiva semplicemente fare a botte se qualcosa non gli andava a genio. L'ennesimo sospiro uscì dalle sue labbra: il primo a rimanere deluso del suo comportamento, sarebbe stato di sicuro lui. Con suo padre a seguito.

Le sue scarpine di vernice nero producevano un sinistro ticchettio sulla pietra rude dei corridoi di Hogwarts, quasi come se il pendolo della morte rintoccasse ad ogni suo passo. Notò che ogni cunicolo, corridoio e passaggio segreto era vuoto, erano ancora tutti a cena; il suo amante sceglieva quell'orario apposta per vederla: dove nessuno si sarebbe accorto di loro.

E Lily se ne vergogna tremendamente. Oramai conosceva ogni quadro, anfratto e crepa che precedeva quel tratto: lo percorreva tutti i giorni, e non cambiava mai nulla. Nemmeno il senso di colpa che l'attenagliava. Superò le cucine, da dove proveniva un leggero brusio - gli elfi probabilmente si stavano dando ancora da fare - e percorse il corridoio adiacente a quello che conduceva ai dormitori di Tassorosso.

Si ritrovò in un cuinicolo stretto, e salì delle scale prima di ritrovarsi davanti a una grossa porta di mogano. Era come salire in una soffitta, e trovarsi davanti ad una porta nascosta, che non avevi mai notato.

Il professore di Difesa Contro le Arti Oscure, nonché Capocasa del dormitorio Tassorosso, aveva i suoi appartamenti privati lì, in disparte da tutto e tutti. Lily nemmeno bussò quando entrò, guardando l'uomo che le dava di spalle con una fredda indifferenza.

La stanza era calda grazie alle fiamme che scoppiettavano allegre nel camino, mentre i colori giallo\neri predominavano sul tutto. Un letto a baldacchino al centro, un baule ai piedi del letto, una grossa finestra dal panorama finto, e un divanetto di fianco la piccola libreria. Uno scrittoio di mogano faceva bella mostra di sé, lucido, sotto la larga finestra.

La stanza era piccola, ma ordinata e arredata con tutta la semplicità del mondo. Tipico di lui. Si era trovato una bella sistemazione, Ted Lupin, con un lavoro rispettabile e di successo, arrivando dove un ragazzo della sua età non ci era mai riuscito.

Lo vide girarsi, con gli occhi castani appena opachi per la stanchezza e i capelli di un tenue azzurro ritti sul capo, ribelli come sempre. Aveva ereditato il potere di Metamorfogus da sua madre, e la predisposizione alla carne al sangue - gli occhi marroni, caldi e profondi - di Remus.

Lui le sorrise appena, togliendosi la maglia e rimanendo a torso nudo.

 

 

"Credevo non arrivassi più" sussurrò concitato, avvicinandosi verso Lily - ancora ferma sulla soglia della porta - a piedi scalzi. Tese la mano, accarezzandole con la punta delle dita le guance fredde. Lei continuò a rimanere immobile.

Ted si sorprendeva spesso della sua pelle, calda in alcuni punti e fredda in altri, liscia e morbida. Ma soprattutto profumata. Adorava accarezzarla, baciarla, sentirla fremere sotto di lui... era quasi una piacevole tortura.

"Sapevi che sarei arrivata comunque" disse Lily con le labbra strette in una linea sottile che denotava il suo disappunto. Ted sapeva che lei odiava mostrarsi debole, e ancor di più parlare delle sue debolezze; lui era una di quelle.

Lily si mosse appena sotto il suo tocco, mentre Ted sospirava appena sulla sua bocca.

"Guardami" sussurrò roco, e la vide alzare smarrita i suoi bellissimi occhi marroni. Erano caldi, come quelli di sua madre Ginny, con qualche pagliuzza verde ad illuminare i contorni delle iridi. Spesso riusciva a perdersi nella profondità di quello sguardo, e anche spesso si rammaricava di quanto poco gli appartenessero.

Afferrò il suo viso tra le mani, incavando appena le sue guance con le dita, e la baciò con forza; se la strinse al petto fino a sentire le sue costole coincidere con le proprie, e rilasciò un sospirò quasi deliziato. Lei gli circondò il collo con le braccia esili, quasi arrampicandosi su di lui per circondare le gambe attorno la sua vita.

Era piccola e agile, la sua Lily, una cercatrice degna di nota; esile quasi quanto una bambina.

Ted non trattenne un brivido quando la lingua bollente della ragazza esplorò la sua bocca, un bacio sensuale, passionale, ma che sotto sotto aveva un che di tenero che lo faceva impazzire. Indietreggiò fino a cozzare con la piegatura delle gambe sulla sponda del letto, e si lascio cadere senza sentire il peso di Lily su di sé. Non si staccarono nemmeno per prendere aria, respiravano uno sulle labbra dell'altro, spogliandosi ad occhi chiusi.

Gemevano di tanto in tanto, accarezzandosi a vicenda, arrivando quasi al culmine con dei piccoli movimenti dei bacini, che si toccavano quasi come si conoscessero da sempre. Ted ribaltò le posizioni, osservando incantato i riverbi del fuoco giocare con i capelli rosso carmonio di Lily, aperti a ventaglio sulle lenzuola bianche, a netto contrasto.

La liberò dall'intimo con una velocità quasi inumana, mentre il desiderio che gli cresceva dentro si faceva sempre più intenso: aveva bisogno di sentirla sua, in quel preciso momento.

"Toccami" le ordinò prerentorio, e lei lo fece, ma con una leggerezza quasi snervante. Sentiva appena i suoi polpastrelli sulle pelle, anche se lasciava una scia infuocata al suo tocco. Sembrava inesperta, e in effetti lo era - visto che lui era stato il suo primo in tutto - e questo lo eccitava terribilmente.

Non provò nemmeno a sfiorare la sua intimità, troppo smanioso, penetrò direttamente in lei, rilassandosi impercettibilmente e poi arcuando nuovamente la schiena. Sentì distrattamente le unghia di Lily nelle sue spalle, e cominciò a muoversi sempre più velocemente, alternando spinte lente e regolate a quelle frenetiche e impazienti.

Era sua in quelle notti, e nessuno poteva negarlo.

Era sua quando si muoveva dolcemente e lentamente, sospirando e alzando il capo verso di lui, socchiudendo appena gli occhi marroni e mordendosi il labbro per non gemere troppo forte.

Era sua quando inclinava il capo, trattenendo il fiato bruscamente e stringendo le gambe attorno la sua vita, per trattenerlo più a lungo. Ogni bacio era suo, come ogni respiro che catturava con le labbra, trattenendolo dentro sé come fosse oro.

Ma tutto finiva stesso la notte in cui si donavano corpo e anima, lasciandolo solo la mattina dopo, con la mente piena di pensieri e il cuore che pregava per poterla rivedere.

Quella ragazzina di sedici anni gli aveva rubato ogni cosa, compreso l'orgoglio e la voglia di amare qualsiasi altra persona.

Voleva lei e basta.

 

***

 

Dall'altra parte del castello, invece, James si chiedeva chi cazzo avesse inventato Serpeverde; poi ricordava il caro e vecchio Salazar... e lo malediva in tutte le lingue che conosceva, sibilando alcune imprecazioni verso l'antenato che avrebbero fatto impallidire persino Sirius Black. Ed era tutto dire.

C'era una cosa da sapere su James Sirius Potter: oltre ad essere un terribile narcisista egocentrico, tendeva ad essere isterico su alcune cose, odiandole con così tanta intensità da spaventare la maggior parte dei cugini e compagni Grifondoro.

Alcuni di questi erano: Serpeverde, trasfigurazione, serpeverde, Derek Zabini, serpeverde, i maglioni orribili che gli mandava sua nonna ogni natale, e serpeverde.

Soprattutto serpeverde.

Non c'era un motivo preciso, in realtà; semplicemente, a pelle, quella casa gli stava altamente sulle palle - come avrebbe detto zio George su uno dei tanti fidanzati che Roxanne si azzardava a fargli conoscere -. Naturalmente nessuno era tornato a casa. Almeno non sano di mente.

Odiava la loro aria snob, quei colori così freddi e cupi, quella convinzione subdola che faceva credere tutti loro di essere superiori.

E Dominique. Sì, sua cugina era uno dei tanti motivi, oltre Zabini e Malfoy, a fargli odiare quella casa più di sé stesso. Lei lì aveva imparato le giuste maniere, il come comportarsi decorosamente, a come portare le gonne inguinali con un eleganza quasi strafottente, e ad essere stronza fino al midollo.

Dominique Weasley, con un quarto di sangue veela. E il resto tutto Weasley. Anche se si notava poco e niente. Forse, di quella famiglia inglese dai capelli rossi, aveva ereditato solamente una spruzzata di efelidi sul naso e la propensione ad essere brava a Quidditch. E l'altezza, James ancora si chiedeva come riuscisse ad arrivargli sotto al mento, visto che lui era un metro e novanta e faceva davvero paura, come gentilmente gli faceva notare la sua cara e dolce sorellina.

La odiava perché era una Weasley e si comportava come una Malfoy. E James odiava i Malfoy tanto quanto suo zio Ron.

La odiava perché scuoteva i suoi capelli biondo\ramati con troppa enfasi, e riusciva a farlo rabbrividire con i suoi occhi azzurri.

La odiava perché era brava a Quidditch, e qualche volta era riuscito anche a batterlo, facendogli perdere una partita importante di campionato.

La odiava perché... beh, perché era lei e basta!

"Stronza" butto lì con noncuranza e la sua solita finezza, mentre suo cugino Fred, seduto a rigirarsi i pollici di fianco a lui, si chiedeva se veramente non avesse perso il senno.

Ora parlava anche da solo.

"Perché mi preoccupi sempre di più?" domandò Fred, sbuffando e riavviandosi i capelli rosso carota con un gesto secco. James nemmeno rispose, come sempre, grattandosi appena il mento coperto da una leggerissima barba incolta.

Per attirare le ragazze, aveva detto.

Sembri un barbone, aveva risposto Dom in uno dei suoi tanti saluti simpaticissimi. Un altro motivo per cui la odiava: rispondeva sempre in modo ironico, come se lui fosse un idiota e lei chissà chi.

"Stronza due volte" ri-borbottò James, assottigliando pericolosamente lo sguardo.

"Sì, sei proprio fuso" ridacchiò Freddie, spaparanzandosi ancor di più sul divanetto.

Ecco l'altro motivo per cui la odiava: era fuso di lei.

  E lei... beh, era sua cugina.

   
 
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