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Autore: xlairef    07/07/2012    2 recensioni
“Lascialo andare! Ha pagato a sufficienza!”
“Secondo i termini della nostra scommessa, la sua anima mi appartiene.” Replicò il dio della morte in tono cattedratico.
“Meg! Salvami!”
“Ti supplico… Farò qualunque cosa, qualsiasi cosa…” Sussurrò Meg, piangendo.
Ade alzò la mano, e l’avvoltoio si fermò.
“Qualunque? Specifica.” Chiese.
La ragazza trattenne il respiro, poi disse, con voce ferma: “Prendi me al suo posto.”
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                                       I found myself in Wonderland
                                                                                                                 Get back on my feet, again
 
Corinto, qualche mese più tardi.
 
“Ifigenia, attenta a dove metti i piedi!”
“Fermo! Callicrate ha ordinato di non spostare assolutamente i musici, per non creare troppa confusione!”
“Tutto questo non ha senso!”
“Per amor di Zeus, figliolo, va subito a chiamare Diomede!”
“Qualcuno ha visto la mia arpa?”
Quel giorno la città sembrava essere in grande fermento: uomini e donne indaffarati correvano da un capo all’altro delle vie che portavano alla piazza principale; servitori carichi di cesti di cibo e bevande si affrettavano ad accorrere al richiamo dei rispettivi padroni, e persino i bambini avevano ricevuto incarichi da svolgere, prima del grande evento.
“Di quale evento si tratta?” Domandò un viandante ad un uomo carico di arpe finemente cesellate.
L’uomo sbuffò irritato e proseguì per la sua strada. “Non sei in città da molto, non è vero, straniero? Oggi è il giorno in cui finalmente le truppe di Corinto ritornano dalle loro campagne in Asia!” La sua voce si perse tra le vie contorte della città.
 “Celebreremo il ritorno dei nostri valorosi guerrieri con tre giorni di feste e sacrifici agli dei!” Spiegò una vecchia, comparendo alle spalle del viandante confuso. “Tutti gli abitanti di Corinto parteciperanno, e tutti i forestieri sono bene accolti, se vorranno unirsi a loro.” Dicendo questo indicò con il bastone al quale si appoggiava uno dei viottoli più affollati. “Segui quella via, e arriverai in piazza in tempo per vedere le schiere corinzie di ritorno dalla guerra.”
Il viandante si chinò verso la vecchia. “E voi, kyria, non vi curate di arrivare in tempo per la festa?” Chiese, usando l’appellativo riservato alle nobili in segno di rispetto. “Non avete anche voi un figlio da riabbracciare?”
La donna si strinse nelle spalle incurvate. “Non servono tutti questi salamelecchi con me, giovanotto. Non ho più figli da poter perdere in battaglia. Ho solo una figlia di latte, che a quest’ora sarà già in prima fila per assistere alla parata.” Rispose, iniziando ad avviarsi lentamente verso la piazza.
L’uomo, gentilmente, le rimase accanto, e regolò il proprio passo con quello di lei. “Una dolce sposa in trepida attesa, immagino.”
“Piuttosto una piccola gatta selvatica vittima degli scherzi di Afrodite, temo.”
 
“Riesci a vederli?” Domandò Cleone all’amica Tersicore, intenta a farsi strada a gomitate tra la folla radunata attorno alla piazza.
“Ancora no… Per gli Dei, signora, faccia passare anche noi!” Sbuffò inferocita Tersicore all’indirizzo di un donnone grasso e corpulento, che le bloccava il passaggio.
“I giovani d’oggi! Non hanno nessun rispetto per gli adulti.” Si indignò quest’ultima, badando bene di non muoversi nemmeno di un millimetro dalla sua postazione, dalla quale riusciva a contemplare tutta la piazza.
“Se solo Meg fosse qui con noi…” Sospirò Cleone. “Allora sì che questi… bruti… si sposterebbero!”
“Già, i vantaggi di essere figlie della nobiltà al governo…” Tersicore continuava a lavorare di spalle. “Ma lei non è qui e noi non ne abbiamo bisogno. Ecco qui, Cleone, proprio in prima fila!” Esclamò soddisfatta, facendo passare la sua compagna tra un paio di cortigiane e spingendola davanti a sé. Le due amiche osservarono soddisfatte la piazza, addobbata per l’occasione da rami di alloro e da grappoli d’uva, e l’arco da cui di lì a poco avrebbero fatto la loro comparsa i soldati.
 “Ehi, guarda, ecco dov’era Meg!” Cleone indicò un posto in primissima fila, nel punto migliore d’osservazione.
“Come ho detto: il sangue non è acqua…” Le trombe squillarono nuovamente, interrompendo ogni possibile lamentela. “Eccoli! Eccoli!” Strillò Tersicore, dimentica di tutto il resto, agitando freneticamente le braccia. “Ettore! Ettore! Sei tornato! Non sei morto! Sei tornato da me!”
Le schiere corinzie facevano proprio allora il loro ingresso nella piazza, gli scudi illuminati dal sole del mezzogiorno. Un boato si alzò dalla folla: le mogli invocavano i mariti, le madri e i figli, gli anziani acclamavano gli eroi di ritorno da una delle migliori campagne di espansione mai compiute dalla città di Corinto.
 Ad un tratto, uno dei soldati si staccò dalla colonna, e con un gesto teatrale impose il silenzio attorno a sé. “Cittadini di Corinto!” La sua voce si levò alta nell’aria.
“Oh, miei Dei, è Damocle!” Sussurrò eccitata Cleone, arrossendo.
“Cittadini di Corinto!” Damocle percorse lentamente il piazzale, fino a portarsi al suo esatto centro. “Voi, che ci avete visto nascere e correre tra queste strade, fino al momento di abbandonare i giochi dell’infanzia per più virili occupazioni…”
“Ne avrei io di occupazioni virili per te…” Ammiccò una delle cortigiane accanto a Tersicore.
“… Voi, che ci avete visto partire, quattro anni orsono, per una campagna in una regione remota e, fino a poco tempo fa, semi-inesplorata… Oggi potete gioire!”
 “Damocle si sta dando da fare, come sempre.” Appoggiata al viandante, la vecchia ricurva era infine arrivata alla piazza. “Quattro anni di sangue e morte non l’hanno cambiato, a quanto pare.”
“Ci sa fare con la retorica, il ragazzo…” Commentò il viandante. “Tuttavia pecca di contenuto.” Concluse, fissando le sue due iridi azzurro ghiaccio su Damocle, che si affrettava verso il gran finale.
“…Questi festeggiamenti, dunque, non devono essere per noi: non abbiamo compiuto altro che il nostro dovere! I veri eroi siete voi, cittadini!” Proclamò fieramente. “Voi che ci avete sostenuto, ricordato nei sacrifici, voi che avete pianto per noi lacrime amare… Oggi, cittadini di Corinto, è la vostra festa!”
Il pubblico proruppe in boati di orgoglio, e fu quasi sul punto di saltare addosso al latore di cotanta eloquenza.
Damocle saltò sul palco al centro dello spiazzo. “Nonostante tutto, sarei ingeneroso se, prima di concludere questo mio umile discorso, mancassi di ricordare una persona. Qualcuno che con il suo coraggio, la sua forza, la sua astuzia, il suo valore, ha determinato le sorti della campagna. A quest’uomo noi dobbiamo tutti la vita, da lui salvata durante un’imboscata in Cilicia. Cittadini, questa è la vostra festa, ma vi prego di rendere omaggio al salvatore di tutti noi, un uomo che ho l’onore immenso di chiamare amico… Cittadini, rendete omaggio allo stratega Hyperion, figlio di Menelao!”
Le schiere di guerrieri si aprirono, unendosi anch’esse alle urla di approvazione del pubblico. Uno di essi, la cui armatura era ricoperta di lamine dorate, avanzò verso il centro del piazzale, chinando il capo in segno di modestia.
“Damocle esagera, concittadini, non sono degno di tanto onore.” Parlò Hyperion, con voce commossa. “Stratega, sei troppo modesto!” Urlò uno degli spettatori.
Hyperion fece per proseguire, ma il suo sguardo incrociò quello di una ragazza tra la folla.
 “Ehi.” Lo salutò lei, incrociando le braccia. “Sotto quei muscoli c’è qualcuno che conosco?”
Hyperion le sorrise. “Mi sei mancata, Megara.”
E lei, ricambiando il sorriso, gli gettò le braccia al collo, segnando la fine del discorso e l’inizio della festa.
 
Corinto, piazza del mercato
 
“Portate altro vino, dobbiamo festeggiare!” Urlò Damocle, gettando a terra la brocca ormai vuota, frantumandola in mille cocci.
La notte era calata da molto sui baccanali, senza che gli abitanti di Corinto avessero accennato a ritirarsi nelle loro case. Al centro della piazza il palco aveva lasciato posto ad un falò, attorno a cui si alternavano danzando giovani e vecchi, completamente ubriachi.
Le tavolate del banchetto erano state spostate lontano dalla luce del fuoco; al suolo si intravedevano ancora i resti delle ossa spolpate e dei crateri di vino denso e dolce che avevano allietato il festino.
Seduta su una delle panche, nell’ombra, con un gomito poggiato sopra un ginocchio, Meg osservava i suoi concittadini danzare, con un sorriso stranamente ironico.
Un fruscio fece voltare la ragazza. “Tu non balli, ragazza mia?”
Meg riprese a respirare. “Mi hai spaventata, Euriclea.” Tornò a volgere il capo verso il fuoco. “Perché sei qui?”
“Non posso festeggiare anch’io il ritorno dei nostri eroi?” Chiese beffarda la vecchia Euriclea, sedendosi sulla panca. Meg sembrò volersi alzare e andarsene, ma, come per un ripensamento improvviso, tornò a sedersi e si avvicinò alla donna più anziana. “Tu disapprovi tutto questo.” Affermò, senza guardarla.
“A volte hai un dono per l’ovvietà, ragazza mia.” Ribatté Euriclea. “Anche questo fa parte della tua nuova vita?”
“Non ho intenzione di farmi dire da te come dovrei comportarmi. Se è per questo che sei qui, puoi pure andartene. “ Meg la fissò con rabbia. “Non ho più bisogno della balia.”
“Invece non ne hai mai avuto tanto bisogno quanto ora.” Sospirò la vecchia. “Eppure non parlerò questa notte, se così preferisci.”
Cadde il silenzio, rotto solo dai suoni della festa davanti a loro.
 “Altro vino! Altro vino!”
“Cleone, stai bevendo troppo, come farai a dichiararti a Damocle se non riesci nemmeno a parlare?”
“Alla salute di Hyperion, il nostro eroe!”
Euriclea scosse il capo. “Eroe…”
“E non lo è, forse?” Meg riportò gli occhi su Hyperion, e i lineamenti duri del suo volto si addolcirono, inconsapevolmente. “Ci ha regalato grandi vittorie, per terra e per mare.”
“Un eroe non si misura dall’ampiezza delle sue spalle.” Sentenziò Euriclea.
Meg si inalberò. “A te non è mai piaciuto, dunque non criticarlo.”
“Non è che non mi piaccia, soltanto lo disprezzo.”
“Non hai nessun motivo per farlo!”
“Non ho nessun motivo?” Euriclea fissò la sua pupilla, ormai cresciuta. “Ma guardati. Sei talmente presa da lui che ne vedi solamente la luce, non le ombre.”
In quel momento Hyperion si unì alle danze assieme ad alcune fanciulle.
“Hyperion!” Cinguettarono quelle, attorniandolo entusiaste.
“Non sei gelosa?” Chiese Euriclea.
“E’ solo ubriaco. E ti ricordo che le promesse solenni le ha fatte solo a mio padre.” Rispose Meg seccamente, ma una sottile ruga le si disegnò sulla fronte, tra gli occhi.
“Promesse vecchie di quattro anni, fatte davanti ad un uomo che ora dorme sottoterra.”
“Mio padre non avrebbe accettato le sue richieste, se non si fosse fidato di lui.” Irata, la ragazza si alzò in piedi, ma qualunque cosa avesse avuto in mente di dire o fare, venne bloccata dall’arrivo dell’oggetto della conversazione.
“Meg…” Hyperion le circondò le spalle con un braccio, appoggiandosi a lei. “Meg, tesoro… Vieni a danzare con me…”
“Sei completamente ubriaco, ragazzo.” Lo redarguì Euriclea. “Mi domando come tu possa essere in grado di ballare.”
Hyperion stese le labbra in un sorriso entusiasta. “Euriclea! Vecchia amica mia… Quanto tempo è passato…”
“E ancora sei rimasto quello di sempre.”
“Sempre spiritosa, la cara vecchia Euriclea…” Hyperion tornò a volgere la sua attenzione verso la fidanzata. “Meg, vieni a danzare con me.”
Senza parlare, sotto lo sguardo di rimprovero della nutrice, Meg passò un braccio attorno al collo di Hyperion, e si allontanò con lui verso il fuoco e verso la musica.
Qualcuno prese il posto di Meg sulla panca. “Non sembri felice per lei.” Osservò pacato Il viandante della mattina.
Euriclea non si girò. “Prego solo gli Dei di poter essermi sbagliata sul suo conto.”
Il viandante esaminò i due giovani, ormai presi dal vortice della danza. Le luci del falò si riflessero nei suoi occhi cerulei. “Lui è un guerriero valoroso…”
“ Niente di più. Un giorno, fra qualche decennio, lei si sveglierà con i capelli bianchi, e si accorgerà che lui non la guarda più come sta facendo ora.” Euriclea accennò nella loro direzione. “Attorno a sé troverà solo serve fin troppo scaltre, amiche ottuse, le cui uniche preoccupazioni saranno figli e nipoti, e le mura di una casa che la separeranno dal mondo esterno.”
“Non è quel che sogna la maggior parte delle donne?” Domandò il viandante.
“Meg non è la maggior parte delle donne, lo so bene io che l’ho cresciuta.” L’anziana donna abbassò il capo. “Eppure l’amore può cambiare anche le stelle…”
Il viandante distolse lo sguardo dal fuoco, e lo puntò al cielo notturno.
“Amore…” La parola sembrò uscirgli a fatica dalla bocca. “Qualcosa di così contrario alla ragione.”
“Hai un nome, straniero?”
L’uomo si riscosse. “Puoi chiamarmi Medamos.”
“Un nome che non è un nome.” Commentò Euriclea. Poi continuò il suo discorso. “A volte la ragione da sola non basta, e forse le preoccupazioni di una vecchia nutrice pessimista come me sono infondate. A volte l’amore compie miracoli.”
Hyperion sussurrava parole all’orecchio di Meg, la quale sorrideva felice. Nel frattempo i suoi occhi si posavano involontariamente sulle altre danzatrici davanti al fuoco.
“Ma non penso questo sia il caso.”
I due giovani si allontanarono insieme, sparendo nell’ombra al di là della festa.
 
                                                                                                                                        Is this real?
                                                                                                                                        Is this pretend?
                                                                                                                                        I'll take a stand until the end
Note al capitolo: Medamos: dal greco, significa nessuno
                                   Cilicia: regione dell’Asia minore
                                   Afrodite: dea dell’amore 

  
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