Fui colpita negli occhi da una luce accecante. Accidenti. Provai a rigirarmi dall'altra parte, ma nulla da fare. Così mi rassegnai ed aprii gli occhi. Quello che vidi mi spaesò.
Le pareti color crema erano quasi spoglie. L'unico quadro appeso era un'opera di Picasso.
Fu solo in quel momento che realizzai dove mi trovassi e con chi. Per poco non ebbi un infarto. Feci un profondo respiro e cercai di calmarmi. Maledizione.
Ma cosa avevo fatto?
Cercai di riconnettere il cervello e, senza voltarmi, lanciai un'occhiata al mio fianco. Il letto era vuoto. Non sapevo se considerarlo un buon segno, oppure no. Fortunatamente avevo mandato un sms a Wil dicendogli che ero tornata a casa.
Okay... Avevo mentito, ma dubitavo che sarebbe stato entusiasta delle mie azioni.
D'altra parte non avevo fatto nulla di sbagliato. Non era successo assolutamente niente fra me e George Wellington.
Mi ero solo limitata a restare a casa sua.
“Will non la vedrebbe così”, disse una vocina nella ma testa.
Tuttavia, ormai non potevo tornare indietro, per cui mi limitai ad alzarmi ed a recuperare il cappotto e la borsa. La mia idea era quella di sgattaiolare via prima che George tornasse, ma non potei metterla in pratica perché l'attore apparve, quasi mi avesse letto nel pensiero, mentre mi stavo chiudendo il cappotto.
La sua espressione era contratta: pareva imbarazzatissimo ed, in effetti, ne aveva motivo.
“Buongiorno”, gli dissi, cauta.
“Buongiorno”, mi fece eco con voce vuota.
Restammo a fissarci come due manichini per qualche istante interminabile.
“Mi dispiace molto per quello che è accaduto stanotte”, esordì. “Era una brutta serata”.
“Me ne sono accorta”, dissi, probabilmente mancando di tatto.
Lui arrossì.
“Sì, beh... E' più imbarazzante di quanto non avessi immaginato. E... Ehm... Puoi rinfrescarmi la memoria sul tuo nome?”
“Sarah. Sarah Kant. Ci siamo conosciuti ieri mattina al Ritz. L'intervista”, gli ricordai, tesa.
Un lampo di preoccupazione si fece strada nei suoi occhi azzurri.
“Troverò questa roba sull'edizione della sera della tua rivista? Oppure hai già postato la notizia su Twitter?”, mi chiese a bruciapelo.
“Scusa?”, gli domandai, senza capire dove volesse andare a parare. O forse non volendolo comprendere.
“Non fingere di non capire. Hai passato la notte qui”.
“Perché tu me lo hai chiesto”, replicai, confusa ed anche irritata.
“Non ti sei fatta sfuggire l'occasione. Quindi quanto vuoi per far sparire le foto che hai scattato e l'articolo?”
Rimasi senza fiato.
“Non c'è nessuna foto. Non c'è nessun articolo, a parte quello di cui abbiamo parlato insieme”.
“No, certo”.
George mi guardava come se fossi un mostro. Anzi. Il mostro. Il suo sguardo era carico di odio e mi ferì più in profondità di quanto non avrebbe dovuto.
Ma cosa mi ero messa in testa?
Avrei dovuto fare quello che la mia parte razionale mi aveva ordinato: fregarmene di quel tizio che non conoscevo e farmi gli affari miei. A quest'ora sarei stata a casa, nel mio letto, invece che dall'altra parte dalla città a discutere di soldi con uno sconosciuto.
Dovevo andarmene da quella casa. Il prima possibile. Subito.
“Senti non voglio i tuoi soldi e ti garantisco che non c'è nessuna foto”.
“Quindi qualcuno ti ha già offerto una bella cifra. Posso raddoppiartela”.
Lo guardai schifata.
“Io non sono in vendita e di certo non è il mio lavoro. Non c'è nessuna foto e ora, se vuoi scusarmi, dovrei andare a cercare un taxi e tornare a casa”.
Feci per andarmene, ma George mi bloccò afferrandomi per un braccio.
“Mi fai male”, dissi.
Avevo le lacrime agli occhi: volevo solo uscire da lì.
Lui mi lasciò andare.
“Non troverò questa roba su internet?”, mi chiese di nuovo.
Scossi la testa, ferita.
“Okay... Mi dispiace. Senti posso chiamare un taxi e...”.
“No, grazie”, risposi a denti stretti e, detto ciò, mi diressi verso la porta alla velocità della luce, sbattendo la porta in faccia a George Wellington.
Ciao a tutti!!!
Come promesso, ecco qui il terzo ed ultimo capitolo della storia.
Spero che la lettura sia stata piacevole!
Aspetto i vostri commenti!!!
Un bacione, a presto
Vale