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Autore: Vanderbilt    17/07/2012    8 recensioni
Pensa alla carriera e mai all'amore, lei è Isabella Swan, venticinquenne con una carriera promettente nel mondo di Hollywood. Il suo sogno è sempre stato quello di seguire le orme del padre, il suo mentore, e ora che ne ha la possibilità non vuole che nulla intralci il suo cammino.
Ma i progetti possono sempre cambiare o fallire, oppure offrire sorprese inaspettate. Quale tra queste opzioni sarà la strada di Bella? Tutte e tre? Forse...
Edward è un uomo dalle mille risorse, farà di tutto per ottenere ciò che vuole. Lotterà per l'impossibile che si trasformerà in possibile.
Nella vita per cosa vale la pena vivere? Isabella scoprirà la risposta.
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Non esistono coincidenze

 

Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario.

Steve Jobs

 

La sera precedente era stata intensa, mi aveva sconvolta in quanto era tutto inaspettato. Non mi sarei mai sognata di passare una serata con Edward Cullen, sapendo benissimo che qualcosa sarebbe cambiato. La serata aveva rappresentato una svolta, in qualche modo era impossibile dimenticare per me o lasciar perdere, non quando si scavalcava quella linea sottile che divideva un rapporto fragile dal lavorativo al personale: il mio e di Edward era diventato entrambe le cose. Era sicuramente una cosa che mi spaventava, poiché non c'entravo solo io, avevamo tutto un seguito attorno a noi che bisognava tenere a bada.

Poco meno di un'ora e sarebbe passato a prendermi ed io ero ancora in pigiama! Dio santo, ma come potevo essere così addormentata alla mattina? Ero lenta come una lumaca e pensare che a volte ero anche peggio di quella mattina!

A velocità che non mi apparteneva nemmeno nelle migliori mattinate della mia vita, corsi in bagno e feci una breve doccia, che sarebbe passata nella storia, quando mai stavo così poco sotto la doccia?! Poi passai alla camera da letto, dove scelsi un paio di pantaloni corti, nel caso Edward fosse venuto in moto, e una maglietta monospalla nera. Appena fui pronta sul fronte abbigliamento corsi verso lo specchio con il phon in mano e cercai di sistemare velocemente i capelli umidi. Averli lisci non era sempre così fantastico come sembrava nelle pubblicità dei prodotti per capelli, a volte appena asciutti diventavano elettrici e sparati in mille direzioni diverse e a quel punto il phon peggiorava solo le cose, esattamente come la piastra.

Mentre finivo di mettere le ultime cose nella borsa sentii suonare il campanello. Dovevo ancora infilare le scarpe e saltellando con un tacco in un piede e l'altro in mano andai fino alla porta. Feci due profondi respiri e poi aprii con il migliore dei sorrisi che quella mattina potevo concedermi. Inutile dire che la preoccupazione per la nostra entrata insieme sul set mi dava i brividi, tutti quei pettegolezzi...

La sua figura si stagliava sulla soglia e con la luce del sole che rifletteva dietro le sue spalle, sembrava una specie di apparizione divina. Bella, torna in te!

L'uscita di ieri sera mi aveva fatto male, altroché! Dovevo darmi una calmata, subito.

«Principessa», mi salutò Edward avanzando di due passi per darmi un bacio sulla guancia.

Se tutti i buongiorno potessero essere così nella vita...

«Sono sempre disposto a venire qui ogni mattina, è il tuo consenso che mi manca», ammiccò.

O cristo, qualcuno mi dica che non l'ho detto ad alta voce! No, no, no!

La mia faccia evidentemente esprimeva in tutto e per tutto ciò che stavo pensando, visto che Edward rispose con un semplice: «Sì, l'hai detto».

«Ehm... bene! Ora possiamo andare, che ne dici? Prima arriviamo meglio è!», dissi con una calma che non mi apparteneva, mentre cercavo le chiavi di casa.

«Isabella», mi richiamò Edward. Mi indicò qualcosa tra le mie mani e io scossi il capo. Accidenti, sì che la sua presenza mi faceva rimbambire quanto la mia cara nonna, ma adirittura non ricordarmi delle chiavi di casa che tenevo in mano...

Cercai di superarlo per uscire, ma lui mi bloccò: «Magari sarebbe meglio mettere anche l'altra scarpa, anche se devo ammettere che hai dei piedi così graziosi che è un peccato coprirli».

Mi guardai le mani e notai il tacco non messo. Diventai rossa per l'imbarazzo e velocemente mi infilai la scarpa.

«Mi ricordavo, ovviamente», confermai a Edward.

«Sì, ovviamente», disse lui trattenendo le risate. Lo spinsi leggermente e lo superai diretta verso... la sua moto.

«Come mai moto anche oggi?».

«E perdermi te addossata a me? Mica sono scemo», disse in tutta franchezza.

«Quindi anche ieri sera non era casuale, il mezzo», chiesi più per conferma che per altro.

«Assolutamente».

«Oh, dio, ma tu fai mai qualcosa senza prima pensarlo e pianificarlo?», domandai curiosa della risposta.

«Sì».

«Cosa?».

«Questo», disse prima di attirarmi a sé e baciarmi. Fu un bacio breve fatto di soli sfioramenti. Appena mi lasciò andare rimasi ferma impalata, prima di prendere il casco che mi stava porgendo.

«Sorpresa?», mi chiese una volta salito in moto.

«Tzé, no, ovviamente no», dissi tutto tranne che convinta delle mie parole.

«Mi piace questo gioco», affermò una volta che salii in moto e mi ancorai alla sua schiena.

«Potevo mettere la mano sul fuoco che non me la sarei bruciata».

«Risposta sempre pronta, eh?», mi chiese ridendo liberamente. Il timbro della sua voce era melodico e cristallino, chiaro e leggermente roco.

«Sempre». Lo sentii ridere ancora più forte e sorrisi del suo divertimento, nonché del mio.

Dopodiché partì verso il set. Mi godetti il viaggio con qualche preoccupazione su chi ci avrebbe notati al nostro arrivo. Le notizie volavano e in poco lo avrebbero saputo tutti, sperai almeno in un po' di fortuna con i paparazzi, loro potevano benissimo non venire a conoscenza di questo piccolo passaggio del tutto obbligato da parte mia. Sì, Bella, credici.

Arrivammo nel parcheggio del set e tutto sembrò tranquillo. Alcune auto erano già parcheggiate, ma erano talmente poche in confronto a quanto si riempiva di solito che nacque in me la speranza di passare inosservata. Speranza vana, pensai appena vidi Alice e Jasper entrare nel parcheggio. Attraverso il vetro notai l'espressione compiaciuta sul volto di Alice e quella sbalordita di Jasper.

«Merda», sussurrai proprio nel momento in cui Edward spense la moto.

«Grazie, eh», mi rispose Edward con tono imbronciato.

«Non dicevo a te, Edward!». La mia voce stridula dovette risultargli come un segnale d'allarme, perché subito scese dalla moto e mi aiutò a fare lo stesso per poi piazzarsi davanti a me.

«Cosa sta succedendo?», mi domandò mentre mi aiutava a togliermi il casco.

Mi limitai a indicargli il punto in cui si trovavano Alice e Jasper. In risposta si salutarono tutti e tre con un gesto della mano, dopodiché Alice e Jazz proseguirono ed entrarono negli studi del set.

«E allora?», mi domandò nuovamente Edward con la fronte corrugata.

«Come "e allora"? Ci hanno visti, Edward!», risposi agitata. Mi passai le mani tra i capelli ed ispezionai il resto del parcheggio in cerca di altri collaboratori o attori del film.

«Non ci vedo nulla di strano in questo, Isabella». La sua voce risultava leggermente più alta del normale e molto irritata. Sapevo ciò che voleva intendere. Lo sapevo fin troppo bene, purtroppo.

«Edward», pronunciai il suo nome esasperata.

«Non siamo amanti che si devono nascondere, non siamo ladri o fuggitivi! Quando ti entrerà in quella testa?! Mi stai facendo impazzire, Isabella, che sia chiaro».

«Non è semplice!».

«Nessuno ha mai detto che la vita è semplice, sai?!».

Mi salì una tale rabbia per questo litigio assurdo che io stessa avevo creato con le mie paranoie, che l'unica cosa che fui in grado di fare era reagire attaccando.

«Sei... sei un presuntuoso!».

«E tu assurda, Isabella!».

Ci guardammo in cagnesco per qualche minuto, finché io non cedetti e mi voltai verso la sua moto per poggiare il casco sul sellino.

«Vorrei solo farti una domanda», iniziò Edward. «Perché riesci sempre a rovinare un inizio perfetto con i tuoi principi morali del tutto fuori luogo?!». Detto ciò prese e se ne andò.

Lo osservai camminare sotto il sole mattutino ed entrare negli studi cinematografici. Rimasi impalata e senza parole. Era vero, tutto ciò che aveva detto era la verità assoluta. Eppure non riuscivo a cambiare, era passato così poco tempo da quando lo avevo conosciuto e altrattanto poco tempo avevamo passato insieme. Non potevo cambiare per qualcuno di... sconosciuto. Sì, ora ero anche ingiusta, non potevo definire Edward come uno sconosciuto. Era ingiusto e falso, avevamo condiviso molto in poche settimane e sapevo che il mio istinto mi diceva esattamente che tipo di uomo fosse. La sua personalità socievole, allegra e determinata non erano frutto della mia fantasia e c'erano anche tante altre caratteristiche che potevo attribuirgli. Eppure non sapevo praticamente nulla della sua vita privata.

Mi imposi di mantenere la calma, la mia giornata lavorativa stava per iniziare e dovevo disporre i piani per la partenza. Le riprese del film sarebbero continuate in qualche parte degli Stati Uniti, molto probabilmente Seattle.

Entrai negli studi a passo spedito e mi diressi verso la mia stanza/ufficio senza fermarmi. Salutai tutti con un cenno e sperai che nessuno ne fosse rimasto offeso.

Mi sedetti sospirando rumorosamente e in quel momento ero certa che chiunque mi vedesse in quella posizione pensasse che ero esaurita: mani nei capelli, testa china e spalle ricurve. Mi stavo incasinando da sola, questa era la verità. Potevo essere più decisa, tagliare fuori Edward dalla mia vita privata come fin da subito avevo creduto di fare, ma in realtà ero entrata in quella specie di rapporto con mani e piedi senza neanche rendermene conto. Lui era stato in grado di sorpassare la linea di confine senza che ne fossi pienamente consapevole.

Cosa c'era che non andava? Nulla, era questa la realtà. A discapito di ciò che cercavo di impormi, sapevo che Edward non sbagliava in quello che cercava di farmi capire: non avevamo fatto nulla di male, eravamo due persone che si piacevano. Purtroppo fosse stato così semplice non mi sarei fatta tanti scrupoli a frequentarlo, invece c'era il piccolo problema della nostra posizione nel mondo del lavoro.

La cosa migliore che potevo fare era lasciar perdere i miei stupidi principi morali e buttarmi in quella relazione ancora acerba, eppure un'altra parte di me non ci riusciva, ero come bloccata da me stessa. Forse dovevo solo prendere ciò che veniva senza farmi tutti questi problemi.

«Bella!», mi chiamò Alice entrando come una furia. Mi spaventai e sentii un leggero crack provenire dal mio collo per il movimento brusco.

«Alice», la salutai sorridendo sforzatamente. Vidi il suo sorrisetto furbo allargarsi e mi fece paura. Sapevo cosa significava.

«Stamattina ti ho vista con Edward, avanti raccontami tutto!».

«Hai fatto pace con Jazz? Non mi sembri sul piede di guerra», sviai a mia volta la sua domanda cercando di indirizzare la conversazione sulla sua relazione. Ovviamente non ci cascò.

«Prima tu, poi ti farò un resoconto dettagliato! Non farti pregare, Isabella Swan!».

Negli ultimi giorni il mio rapporto con Alice si era rafforzato, avevo trovato in lei una vera amica, sempre allegra ed esuberante. Era strano, non me lo sarei mai aspettata; be', ultimamente erano molto poche le cose che mi aspettavo.

«Ieri la macchina non mi partiva, caso strano è passato Edward nonostante fosse il suo giorno libero...», continuai a raccontarle della serata, tralasciando alcuni dettagli che ritenevo personali, o probabilmente il raccontali ad alta voce avrebbe reso ancora più tangibile ciò che era successo la sera prima.

«Lo sapevo! Dovevi solo lasciarti andare, proprio come ti avevo consigliato! Sono così felice per te, che...».

«Alice, aspetta, frena il tuo entuasiasmo. Non è come sembra, stamattina abbiamo litigato, cioè non è stato un vero e proprio litigio», dissi abbassando lo sguardo e fissando il tavolino posto al mio fianco.

«Come?», mi chiese disorientata.

«Mi sono... innervosita quando vi ho visti entrare nel parcheggio. Edward dice che non facciamo nulla di male e che devo smetterla di farmi questi scrupoli».

«Sai già come la penso», affermò sedendosi di fronte a me.

Annuii e mi rilassai contro lo schienale della sedia. «E' difficile», dissi solamente.

«Sei tu che ti complichi la vita».

«Probabilmente hai ragione». Mi laciò un'occhiataccia. «Okay, senza "probabilmente"».

«Non voglio rifare lo stesso discorso, posso solo ripeterti che facendo così ti stai rovinando i tuoi anni più belli. Non pensare sempre alle conseguenze delle tue azioni, prendi le cose come vengono. Ciò che è giusto per te a volte non è giusto per gli altri, ma devi farlo e fregartene delle conseguenze». Mi immersi in ogni singola parola. Era uno dei migliori consigli che avessi mai ricevuto.

«Accidenti Alice, come sei saggia oggi», dissi per stemperare l'atmosfera troppo seria. «Ed ora tocca a te, com'è andata con Jasper?».

«Abbiamo chiarito, lui è così dolce e romantico e quel giorno non si era propriamente dimenticato, anzi sì, ma era in buona fede, ha avuto una brutta notizia ma non voleva dirmelo per non farmi intristire il giorno del nostro anniversario, solo che poi ha perso di vista...». Alice continuò a spiegarmi perché il suo ragazzo si era scordato, in definitiva una sua lontana parente aveva avuto un grave incidente e la madre di Jasper era molto preoccupata, anche se lui non sapeva nemmeno chi fosse questa lontana parente. Alla fine preso da questa situazione si era scordato di fare anche solo un accenno a quel giorno tanto importante per loro e quando se n'era ricordato era troppo tardi: Alice era a cena con me.

Alla fine arrivò Emmett a interrompere Alice che si era persa nei meandri della sua relazione. «Ehi, Bella, siamo pronti».

«Arrivo subito Emmett, grazie». E così iniziò anche quella mattinata di riprese.

Quando entrari nella parte di teatro adibita con gli appositi oggetti scenici, notai subito gli attori che provavano alcune parti. Edward non mi rivolse neanche un'occhiata quando entrai, fece finta di nulla e mi salutò con un cenno, mentre gli altri attori mi rivolsero saluti più entusiasti.

Iniziammo con alcune scene di poco conto, fino ad arrivare a scene centrali. Una scena in particolare tra Rosalie ed Edward era particolarmente difficile, perché carica di sentimenti che dovevano assolutamente trasparire.

«Edward, ascolta, quando afferri Rosalie dalle spalle devi essere più passionale, deciso, deve trasparire tutta la rabbia e il desiderio che provi per lei in quel momento, non basta un semplice scossone, dev'essere un terremoto». Edward annuiva ad ogni mia parola, mi fissava intensamente; mi sentivo nuda di fronte al suo sguardo.

Poi mi rivolsi a Rosalie: «Devi essere combattuta, tu non vuoi cedere alla passione di quest'uomo, ma allo stesso tempo non puoi resistere».

«Questa parte verrebbe molto bene a qualcun altro», sussurrò Edward. Lo fulminai sperando che Rosalie non avesse sentito e per fortuna fu così o fece finta di nulla.

«Provate», ordinai ad entrambi.

Edward recitò la sua frase per poi afferrare Rosalie con decisione e passione, esattamente come gli avevo suggerito; Rosalie fece la sua parte in modo eccellente e infine fu il momento del bacio e non un semplice sfioramento o quei baci finti che si vedono in alcune soap opera, quello era reale. Non ne rimasi ingelosita, era lavoro e sapevo essere obiettiva. Riprovammo la scena altre tre volte, finché non fu perfetta e infine passammo ad un'altra parte del film che avremmo girato a Seattle.

Dopo alcune ore tutti chiesero una pausa, me compresa. Senza ulteriori indugi mi diressi verso l'uscita e qualcuno mi affiancò; lo riconobbi all'istante.

«Andiamo al ristorante qui fuori?», mi chiese con un sorriso da infarto.

«Non sei più arrabbiato?», gli chiesi curiosa.

«Non porto rancore, anche se non posso negare di essere ancora infastidito dal tuo atteggiamento di stamattina; ma non posso neanche farmi sfuggire una simile occasione», ammiccò e io rimasi imbambolata a fissare i suoi occhi verde prato.

«Chi ti ha detto che voglio pranzare con te?», gli chiesi ridendo. Aveva un'innata capacità di farmi tornare il buonumore e rendermi spensierata.

«Mmh, forse il fatto che tu non mi abbia ancora cacciato?». Storsi il naso alla parola "cacciato".

Prima che potessi rispondere sentii la voce di mio padre chiamarmi.

«Papà?», dissi stranita. Mi voltai verso il suono della voce di Charlie e lo vidi con al guinzaglio Muffin. Appena si avvicinò il mio piccolo cucciolo iniziò a scondinzolare felice e strusciarsi contro le mie gambe. Mi accucciai e lo presi in braccio. «Oh, piccolo, non mi sono scordata di te», sussurrai accarezzando il suo pelo morbido.

«Tesoro, sono venuto solo a ricordarti dell'anniversario di tua nonna», mi disse mio padre osservando Edward al mio fianco. E a sbirciare il mio lavoro, avrei voluto aggiungere.

Mi schiarii la voce: «Papà, ricordi Edward Cullen? Lui è il protagonista principale del film».

«Sì, certo, è un piacere rivederti Edward», intervenne mio padre. Charlie lo aveva già conosciuto alla serata di beneficienza, benché non ci fossero state presentazioni ufficiali.

«Piacere mio, Signor Swan». Si strinsero la mano e mi parve di vederli sorridere.

«Comunque ricordo benissimo della serata che ha organizzato la nonna, mi ha lasciato un messaggio in segreteria ieri sera e per dirla tutta è una settimana che me lo ripete ogni santo giorno».

«Ha solo paura che lo scordi con tutto il lavoro che stai facendo con il film. A proposito, come va?», chiese mio padre rivolto anche a Edward.

«Bene, tra pochi giorni partiremo per Seattle, lo sai», dissi prima che potesse intervenire Edward.

«E tu ragazzo, come ti trovi a lavorare con questa tiranna?», domandò Charlie con fare scherzoso.

Edward rise di gusto e mi rivolse un sorriso soddisfatto. Era felice di constatare che anche mio padre sapeva che ero abbastanza dura? Allora non sapeva da chi avevo preso questo lato del mio carattere.

«Più che bene direi, anche se ha il brutto vizio di precludersi esperienze degne di nota», rispose Edward. Come si permetteva di alludere a situazioni private di fronte a mio padre? Questa me l'avrebbe pagata presto!

«Quello che continuo a ripeterle da anni, ma ha la testa dura la mia Bella». Charlie gli diede corda e io sbuffai per far capire loro che ero presente, in risposta risero anche in sincronio! Dio mio, che situazione.

«Bene, se avete finito di parlare di me come se non fossi presente andrei a mangiare, avrei un certo appetito». Edward, alla parola appetito, si dipinse in volto un'espressione maliziosa.

«Oh, sì, non vi trattengo oltre. Ci vediamo stasera, tesoro. Ah, Edward, se ti fa piacere venire stasera sono certo che a Marie, mia madre, farebbe piacere avere qualche giovane in più a cena».

Charlie aveva appena invitato Edward. Stasera. Alla cena d'anniversario di mia nonna. O mio dio.

Prima che potessi dire anche solo una vocale, Edward colse la palla al balzo e accettò entusiasta. Dopodiché con me ancora in stato di shock, mio padre mi chiese di Muffin e io glielo restituii, non potendo portarlo a casa visto che ero in moto con Edward.

«A stasera, ragazzi», ci salutò mio padre per poi scomparire.

«Allora, andiamo a pranzo?», suggerì Edward; sprizzava allegria da tutti i pori.

«Sì, ho bisogno di zuccheri», dissi sconvolta.

Portare a casa di mia nonna Edward era un suicidio assicurato. Marie lo avrebbe messo sotto torchio per poi farlo passare come mio fidanzato davanti a tutti i suoi amici. Era già capitato ed era stato disastroso e pensare che in quel caso si trattava davvero di un ragazzo con cui uscivo.

Entrati nel ristorante notammo mezza troupe in un tavolo abbastanza grosso da ospitare altre persone e quindi non potemmo rifiutare di pranzare con loro. Alcuni avevano strabuzzato gli occhi appena ci avevano visti entrare insieme dalla porta principale, altri avevano fatto finta di nulla.

Durante il pranzo Edward ed io ci scambiammo parecchie occhiate, alcune sfuggenti, altre intese. Durante tutto il pomeriggio non avevamo avuto opportunità di parlare o chiarirci per la serata, solo a fine giornata, quando doveva riportarmi a casa, rimanemmo soli.

«A che ora dobbiamo essere da tua nonna?», mi chiese Edward mentre mi passava il casco integrale.

«Alle otto».

«Ti passo a prendere alle sette».

«Posso venire anche da sola, grazie dell'offerta», risposi gentilmente, non volevo sembrare sgarbata, ma solo evitare che mia nonna mettesse su ulteriori dicerie vedendoci arrivare insieme.

«Non ti sto offrendo un passaggio», mi disse Edward sorridendo.

«Ah», risposi solamente. Ero confusa, molto confusa.

«Te lo sto imponendo», finì Edward chiarendo la sua posizione.

«Sarebbe meglio evitare, Edward», affermai montando in sella dietro di lui.

«Perché?», domandò curioso.

«Mia nonna Marie ha il desiderio di vedermi sposata e quindi ogni ragazzo che gli porto a casa inizia a presentarlo come mio fidanzato e futuro sposo. Con gli altri, ed erano veramente due in croce, era diverso, erano ragazzi che stavo realmente frequentando, ma con te non è così e non vorrei... Hai capito, no?», domandai a lui per togliermi dall'imbarazzo.

«No, non ho capito», disse duro e tagliente.

«Ti prego», lo pregai esasperata.

«Siamo in bilico e sai perché? Perché non vuoi ammettere la realtà. Non vuoi dare a tua nonna un'impressione sbagliata, ma è qui che sei in errore! Quello che gli altri vedono in noi con un solo sguardo è ciò che siamo insieme, non puoi affermare che siamo semplici conoscenti come non puoi dire che siamo fidanzati. Ma non puoi nemmeno negare che ci stiamo frequentando».

«Tu sei matto, noi non ci stiamo frequentando!», cercai di negare con tutta me stessa. Come non potevo aver visto a che punto eravamo arrivati?!

«Cerchi di negarlo a te stessa, ma guarda in faccia la realtà», urlò Edward per farsi sentire sopra il rumore della moto.

Non risposi, non sapevo come contraddirlo perché effettivamente non avevo mezzo con cui farlo.

Davanti il viale di casa mia scesi in tutta fretta passandogli il casco.

«Grazie del passaggio, ci vediamo stasera!».

«Ehi, dove vai tutta di fretta, aspetta un secondo!», disse tirandomi per la mano. Rimasi immobile davanti a lui che sorrideva sereno per averla avuta vinta meno di dieci minuti prima.

In un attimo mi tirò a sé e incollò brevemente le sua labbra alle mie. Era un semplice saluto che comunque mi aveva ipnotizzata.

Mi abbracciò e mi sussurrò all'orecchio: «Non pensare che mi sia scordato della tua mancara risposta. Hai lasciato cadere il discorso, ma sai che ho ragione». Non risposi ancora.

«A stasera, principessa». La sua voce era così dolce e sensuale, era come l'ipnosi con il metodo catartico: mi riportava in mente i nostri baci della sera precedente.

«A stasera, Edward». La mia voce turbata era chiara anche alle mie orecchie e il suo sorriso si allargò ancora di più.

Ero entrata in qualcosa di più grande di me, di chiunque: l'amore era così, faceva quest'effetto, ipnotizzava, indeboliva, rendeva forti, vivi, morti, qualunque sentimento esistesse poteva essere ricondotto al sentimento supremo.

 

Buonaseraaaa ragazze/i! Come stanno andando le vostre vacanze? Spero ci sia ancora qualcuno qui xD Sì, sto cercando di dirottare il discorso sull'estate, le vacanze, etc, per non dire nuovamente: sono in ritardo! Ma lo sono, quindi che posso dire se non scusate, scusate, scusate?! Mi dispiace davvero, ho mollate le storie per ben due mesi e mezzo, ma avevo gli esami e non voglio dire di non aver avuto un attimo libero, sarebbe una bugia, ma quando ero libera dai libri preferivo rilassarmi. Sono sparita da efp per un po', infatti sono indietro con molte storie >.< Se c'è qualcuno qui di cui seguo le storie voglio dirvi che arriverò, non mollo ù.ù

Cooomunque, parliamo di questo capitolo... anzi, no ditemi voi che ne pensate! Dopo mesi che non riprendevo la storia in mano mi sono sentita un po' spaesata. Volevo aspettare e vedere se mi veniva un lampo di genio e cambiare qualcosa, ma alla fine mi sono detta che avrei fatto attendere voi inutilmente! Volevo dire solo due cose (sì, non so stare zitta ç__ç): le cose si stanno muovendo tra loro e avverto già da ora che non sarà una storia infinita, il tempo di chiarire le cose tra loro, far capitare due o tre eventi che ho in mente da tempo e si può dire conclusa (sì, detto così sembra che debba postare ancora mille capitoli, ma no). Secondo punto: so che l'atteggiamento di Bella può sembrare un casino, contraddittorio e lo è, non posso negarlo; cambia molto appena si trova in presenza di altre persone e di Edward, quando sono soli lei è una ragazza diversa, più spensierata e allegra. Questo contrasto della sua personalità è un po' il fulcro della ff, ma non durerà a lungo, voglio concentrarmi sul dopo... capite che intendo xD

Ho già risposto alle recensioni della scorsa volta! Ce l'ho fatta! Sì, ora posso dirlo, mi sento tipo un genio ahahahah xD Okay, togliamo questo momento "me".

Prossimo capitolo non vi metto date, ma sappiate che ho del tempo libero, quindi non vi farò attendere molto.

Ultima cosa: dedico questo capitolo a Sara (tu sai perché) *-* Tanti auguri, tesoro <3

Ora mi eclisso, promesso! Grazie mille per le scorse recensioni e per chi segue la storia, vi adoro sul serio *-*

Alla prossima!

Kiss

Jess

Ps il mio contatto Fb per chi fosse interessato: Jess Vanderbilt.

PPs cercherò di postare Scusa se ho aspettato la pioggia a breve! Scusate anche per questa storia ç.ç

Altre mie storie nella sezione Twilight (per chi fosse interessato... un urlo mi dice nessuno, okay ahahah):

Problemi di coppia (os)

Resta anche domani (os)

Maledetto ascensore (os con due extra)

Scusa se ho aspettato la pioggia (ff ancora in corso) 

   
 
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