Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Eyes of Mars    18/07/2012    2 recensioni
Swami è una ragazza di 16 anni, che negli ultimi 4 anni della sua vita ha vissuto con quello che ritiene "il suo salvatore", il maestro Azad. È timida, chiusa e molto fragile – conoscendo la sua storia, non si potrebbe biasimarla. Ma chi conosce la sua "storia"? Nessuno, tranne lei e Azad. Chi ne ha fatto parte ha finito sempre per andarsene, portandosi via un po' della piccola Swami. Così in 12 mesi Swami era cambiata totalmente, grazie ad avvenimenti non proprio felici. Ora la vita sembrava diversa, ma i ricordi la invadevano ogni volta che potevano e lei riviveva ogni attimo e ogni emozione.
Ma, signori miei, in questa storia – in solamente 3 capitoli – vi si racconterà il cambiamento definitivo di Swami, questa volta in meglio, la piega positiva che la sua vita prenderà quella mattina estiva dei suoi sedici anni, cominciata con una relazione di Storia dell'Arte.
Genere: Commedia, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La bambina con le trecce nere – la storia di Swami; capitolo1

La bambina con le trecce nere

la storia di Swami.

Capitolo 1: Cresciuta in 12 mesi.


    Swami aveva cercato di dimenticare. Non perché le piacesse vivere parti della sua vita e poi dimenticarle, ma perché quella parte della sua vita non era stata delle migliori.

    Come fosse finita in quella situazione, Swami non lo ricordava proprio – ed era forse l'unica parte di tutta la storia che non ricordava –, ma non era il “come” ad avere la parte più importante, nel contesto. I ricordi la riportarono a quel giorno, quando stava leggendo un libro sulla scalinata di Trinità dei Monti, che era proprio davanti alla fontana che aveva costruito Bernini. Il libro non era suo, lei non poteva permetterselo. Gliel'aveva prestato Wendie, l'unica amica che aveva, da cui, tra l'altro, in quel periodo viveva. “Vivere” era un termine piuttosto esagerato. Da sei mesi a quella parte aveva iniziato a uscire la mattina e a farsi un giro tra le piazze di Roma, quindi più che vivere, Swami mangiava e dormiva dalla sua amica. Il motivo era che i suoi genitori e Asia, sua sorella, erano partiti non dandole molte spiegazioni, dicendole solo che sua sorella era malata e avrebbe potuto curarsi in un posto molto lontano da casa, in cui non avrebbero potuto portare anche lei. La mamma, sapendo di questa unica amicizia, era andata a far visita alla madre di Wendie e le aveva chiesto se Swami potesse rimanere lì, facendole capire che non avrebbe rappresentato un peso, visto che il tempo che passava chiusa in casa era minimo. La donna aveva accettato e quindi da quattro mesi a quel giorno, Swami viveva da Wendie.

    Doveva molto a quella bambina. Agli inizi, quando Swami – stanca di stare sempre chiusa in casa ad aspettare Asia – aveva cominciato ad uscire e a girare le piazze di Roma come passatempo, la gente non la notava nemmeno: a Roma i turisti non mancavano di certo! Poi, però, Swami aveva iniziato ad uscire tutte le mattine e “la bambina con le trecce nere” era stata motivo di conversazione per due settimane intere. Nessuno l'avvicinava, perché tutti l'additavano come una zingara. Un giorno – sarà stato circa un mese che passava il suo tempo “nelle Piazze” – una ragazzina molto bella si avvicinò. Era bionda, aveva i capelli lunghi e mossi, gli occhi azzurri e pareva avere la sua età. Era vestita di bianco, quel giorno, e aveva uno zaino in spalla, che fece pensare a Swami che la ragazzina frequentasse la scuola. Dopo essersi avvicinata, si presentò: si chiamava Wendie ed aveva 12 anni, proprio come lei. Iniziarono a conoscersi, proprio sugli scalini della scalinata di Trinità dei Monti, ma Wendie doveva tornare a casa o la mamma avrebbe pensato che a scuola l'avevano punita. Da quel giorno, Wendie e Swami divennero molto amiche. E quando seppero che avevano l'opportunità di vivere insieme, da sorelle quali si consideravano, iniziarono una routine particolare: la mattina si svegliavano alle 7, si preparavano, poi Swami accompagnava Wendie a scuola e – dopo essersi accertata che fosse entrata – andava a leggere uno dei libri che Wendie le prestava sulla scalinata di Piazza di Spagna, perché ormai non frequentava nessun'altra piazza. All'una e mezza andava a prendere Wendie e insieme andavano a casa. Pranzavano, poi uscivano e andavano sulla scalinata, Wendie a fare i compiti e Swami a leggere e aiutare Wendie a fare un tema o un conto che non veniva.

    Il suo abbigliamento era quasi sempre lo stesso: una maglietta a maniche corte, una gonna e dei leggins che le arrivavano al ginocchio. D'inverno metteva degli stivali e una maglia a maniche lunghe con il cappuccio, al posto di quella a maniche corte; d'estate cambiava solo le scarpe, mettendosi dei sandali. I capelli, lunghi e neri, erano sempre legati nelle bellissime trecce che non scioglieva mai. Quando accadeva, significava che erano troppo rovinate e doveva rifarle, o che i capelli erano sporchi e doveva lavarli – ma in entrambi i casi rifaceva le trecce subito, o dopo aver lavato i capelli. La prima volta che, stanca di aver camminato tutto il giorno, Swami chiese a Selene, la mamma di Wendie, se poteva rifargliele lei, la donna aveva subito accettato e l'aveva fatta sedere sulla sedia del suo “angolo di bellezza”, facendola sentire una piccola principessa. Quando, poi, l'aveva vista con i capelli sciolti – quando aveva visto quelle onde che sembravano essere il risultato di lunghe ore di lavoro – le aveva dolcemente chiesto come mai tenesse i suoi capelli perennemente legati. Swami aveva risposto che la mamma, da piccola, le aveva detto che tenere i capelli sempre legati in quelle trecce, tranne per rifarle o per lavare i capelli, avrebbe allontanato il male da lei e che, di conseguenza, se avesse sciolto i capelli sarebbe successo qualcosa di brutto a lei o a chi le stava a cuore. Selene avrebbe avuto da ridire, ma aveva notato che Swami aveva un profondo rapporto con la madre – la quale le aveva detto che era l'unica, nella sua famiglia a volerle bene – quindi annuì e basta.

La seconda volta che Swami le aveva chiesto di farle le trecce, qualche settimana dopo, Selene l'aveva fatta nuovamente sedere sulla sedia del suo “angolo di bellezza” e le aveva chiesto di parlarle della sua famiglia. Swami aveva quindi iniziato a raccontare che la sua famiglia era composta da lei, sua sorella Asia, sua madre e suo padre. La famiglia era benestante inizialmente, ma – anche se le doleva dirlo – la rovina era stata sua sorella. Il padre, infatti, le voleva così tanto bene, che le comprava qualsiasi cosa. Questo non influì sull'educazione che la madre impartiva ad Asia, ma i soldi a disposizione andavano sempre diminuendo. L'arrivo di un secondo figlio avrebbe migliorato la situazione solo se questi fosse stato maschio, ma Swami era una femmina e l'odio riservatole dal padre aveva contribuito all'aggiunta di una sorta di folle adorazione nei confronti della primogenita. Ciononostante, la madre di Swami, che aveva origini giapponesi, la chiamò Swami* per farle capire che avrebbe ricevuto dalla madre e dalla sorella anche l'amore che avrebbe dovuto ricevere dal padre. Inoltre Asia, a partire dagli 11 anni di Swami, avrebbe iniziato a insegnarle a scrivere, leggere e fare i conti. Questo perché il padre di Swami impiegava molti dei suoi soldi nella retta della scuola privata in cui aveva iscritto Asia e quindi i soldi per mandare a scuola la secondogenita non c'erano. Swami aveva anche raccontato che il rapporto con la sua famiglia era arrivato ai minimi termini da quando lei passava le sue giornate fuori, riducendosi al prendere lezioni dalla sorella e al parlare con la madre la sera di ciò che faceva in giro.

    Quel giorno, Swami aveva sciolto le trecce per rifarle, prima di accompagnare Wendie a scuola, ma poi si era fatto troppo tardi e aveva messo gli elastici dentro la borsa che si portava per tenere il libro da leggere. Con Wendie lungo il tragitto aveva parlato del libro finito giusto il giorno prima, che a entrambe era piaciuto moltissimo. Nella borsa, quel giorno, giaceva il sequel del libro del giorno prima e, arrivata alla scalinata, Swami era così ansiosa di leggerlo che si era scordata di rifarsi le trecce. Era inverno e quella “coperta” sulle spalle le faceva un infinito piacere, nonostante fosse vestita a dovere. Alle 11:00 aveva già finito almeno metà del libro, quando, correndo, arrivò Wendie.

    «Che cosa ci fai qui? Non hai il permesso di uscire da scuola fuori orario e senza una firma!»

    «Beh, mamma ha parlato al telefono con la professoressa e con la preside e abbiamo fatto un'eccezione. Ma non è questo il punto. Devi venire a casa con me, mamma ha detto che doveva dirti una cosa molto importante!»

Quel giorno Swami mangiò pochissimo e di uscire non se ne parlava neanche. Passò tutto il tempo in camera a piangere, consolata – per quanto si poteva – da Selene e da Wendie. Quello che Selene doveva dirle era che Asia era deceduta, per colpa della malattia, e che – dopo aver telefonato per farlo sapere anche lì, a chilometri di distanza – i genitori erano così disperati che aveva preferito raggiungere Asia. Swami non piangeva perché, per l'ennesima volta, i suoi genitori avevano dimostrato di amare solamente Asia, né perché la madre non aveva mantenuto la tacita promessa di non comportarsi come il padre nei suoi confronti e neanche per la morte in sé dei suoi familiari. Swami piangeva perché credeva di essere lei la causa della morta di chi le stava a cuore, aveva causato lei quel male, lasciando i capelli sciolti. Lei aveva tolto al mondo la mente brillante di Asia, l'arduo lavoro di papà e l'amore infinito di mamma. In realtà la sorella era deceduta durante la notte, quando i capelli di Swami erano ancora ben legati, e quindi non aveva nessuna colpa – era stato un cancro a portarle via la sorella e l'egoismo dei suoi genitori a portarle via i genitori stessi. Ma questo lei non lo seppe mai.

    Da allora le cose iniziarono a cambiare. Un mese dopo il padre di Wendie annunciò che doveva essere trasferito per lavoro, ma Swami non voleva dire addio a Piazza di Spagna. Selene trovò una sua sorella che era disposta a riservare a Swami una stanza del suo appartamento, in cambio di un po' di compagnia. La ragazzina aveva subito accettato: l'importante era che il tempo per uscire non fosse mancato. Wendie le regalò tutti i suoi libri e una borsa molto grande in cui stavano tutti, più la tracolla che aveva accompagnato Swami negli ultimi quattro mesi. Era la fine di un'amicizia, perché non avrebbero potuto più sentirsi, ma nessuna delle due pianse o si disperò, perché comprendevano che, stranamente, era giusto. Se, all'inizio, il tempo in cui usciva si era miseramente ridotto a quattro ore al giorno, dalle 12 alle 14 circa, col tempo la sorella di Selene capì che mantenere chiusa in casa quella bambina che sembrava respirare solo dell'aria di Piazza di Spagna era una gran cattiveria e la lasciò libera, facendola tornare alla routine di tanto tempo prima, quando stava in casa solo per mangiare e dormire. Intanto erano passati 4 mesi da quando la sua famiglia era morta e 3 da quando Wendie si era trasferita. Adesso Swami aveva i capelli fino alla fine della schiena e li teneva sempre, rigorosamente, sciolti – sperando che, non legandoli, non dovesse automaticamente legare la vita di qualcuno ai suoi capelli.

    In un giorno molto caldo, Swami si chiese se anche legare i suoi capelli in una crocchia potesse mettere a rischio la vita di qualcuno. Alzò gli occhi e vide un ghiacciolo davanti a sé. Stranita, dopo aver controllato che non fosse un sogno si era accorta che, allargando la visuale, avrebbe capito subito che il ghiacciolo era reale, visto che lo teneva in mano un ragazzino della sua età, che si era poi presentato: si chiamava Yari e aveva compiuto 13 anni da poco. Era in cerca di una sua zia, che corrispondeva incredibilmente alla descrizione della sorella di Selene, e gli avevano detto che lei viveva con una ragazzina dai capelli neri che sembrava Swami, quindi si era rivolto a lei. Effettivamente, aveva avuto ragione, perché “zia Clarissa” era proprio la sorella di Selene da cui viveva. Yari voleva chiedere alla zia se poteva rimanere a casa sua mentre sua madre scopriva che lui aveva messo fine alla vita dell'ennesimo marito. Seppure un po' contrariata, Clarissa sembrava adorare Yari almeno quanto Swami adorasse i libri; quindi lo accolse ben presto. Questo significò, per Swami e Yari, passare le giornate insieme – tra le letture di lei e gli scherzi di lui. Swami stava bene con Yari, molto meglio di come stesse con Wendie. Con Yari non mancava mai il divertimento e quei due mesi furono i più belli della sua vita. Ma i tempi belli non erano destinati a durare tanto – e questo Swami lo sapeva bene. Un giorno Clarissa, a cena, si era dimostrata ansiosa e aveva motivato questa sua ansia dicendo che aveva dei brutti presentimenti.

    Al suo risveglio, Swami si era trovata nei sedili posteriori di una macchina.


*Swami significa Amore, fonti: internet.



Mars' space:

Questo capitolo è molto più lungo del precedente ed è anche il più lungo dei tre. Qui sono scritti i dodici mesi (facendo un calcolo non molto approssimativo va dall'agosto in cui Swami inizia a girare per le Piazze all'agosto in cui si sveglia nei sedili posteriori della macchina) di avventure della piccola Swami, che ai tempi aveva solo 12 anni – anche se non è paragonabile a certe ragazzine di 12 anni di oggi: bisogna tener conto che Swami era sempre stata in casa. In questi 12 mesi succedono moltissime cose, è un anno che cambia Swami completamente.

Capitolo revisionato – alcuni chiarimenti (che mi sembra giusto dover inserire, sempre grazie ad Isarma):

  • Il passato di Swami è inconcepibile, è vero. Una bambina che a soli 12 anni sta tutto il giorno fuori da sola e viene abbandonata da tutti nel giro di, appunto, 12 mesi non è qualcosa di usuale. Io, però, penso che nel contesto non è qualcosa di troppo esagerato: nella sua famiglia, lei non è la benvenuta e sua madre cerca di non farglielo pesare, non riuscendoci. A 12 anni vuole uscire e farsi un giro e la madre le da il suo consenso, perché crede che sua figlia sarà sempre protetta dal suo nome, che significa Amore.

  • Yari potrebbe sembrare un serial killer, dipende da come si legge la frase "Yari voleva chiedere alla zia se poteva rimanere a casa sua mentre sua madre scopriva che lui aveva messo fine alla vita dell'ennesimo marito". In realtà la vita di Yari non è proprio normalissima (tanto per cambiarexD): sua madre e suo padre hanno divorziato quando era piccolo, e da allora lui non ha più visto il padre. La madre si sposava ogni 6 mesi (anche se so che tecnicamente non è possibile), perché all'inizio il neo-marito sembrava l'amore della sua vita, poi lei si stufava e lo lasciava. Questo "ennesimo marito" è durato 8 mesi, ma a Yari non andava a genio e l'ha fatto fuori (mi scuso se il termine può sembrare indelicato o inadatto).

Detto questo, vorrei ringraziare chiunque sia arrivato fin qui – quei pochi.

Saluti!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Eyes of Mars