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Autore: Sunny    01/06/2004    19 recensioni
I missing moments della saga di BAWM! Ormai sono diventati troppi...meglio farne una raccolta! E si comincia con...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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BAWM mi mancava… una insistente ispirazione mi ronzava nel cervelluzzo da un paio di giorni… e mettiamoci anche il compleanno

BAWM mi mancava… una insistente ispirazione mi ronzava nel cervelluzzo da un paio di giorni… e mettiamoci anche il compleanno della mia cuginetta/cuginona maggiorenne Paoletta, ecco qui il risultato! La shotty più lunga che abbia mai scritto, wow… beh, buona lettura!

P.S.: quando è ambientata? Mmh… diciamo che abbiamo a che fare con Jack quindicenne, Simon dodicenne e Katie…picciola di cinque anni! =)

 

 

 

 

MY NAME IS CUPIDO

 

 

Ron odiò con tutto se stesso la sveglia, che continuava a ripetergli di alzarsi e incominciare un nuovo giorno… quel maledetto attrezzo era puntualissimo come sempre, poco importava che fossero cominciate da poco le vacanze estive, il lavoro chiamava e bisognava rispondere… certo che sentirsi dire Alzati Grande Padre da una stupidissima sveglia alle sette di mattina non era proprio il massimo…una chiacchieratina in proposito con Jack ci sarebbe stata proprio bene…

 

Sbadigliando largamente, Ron allungò la mano sul materasso per trovare l’unica cosa che gli avrebbe regalato un sorriso di prima mattina… e si accigliò quando trovò l’altra metà del letto vuota. Si mise subito in piedi, sbattendo gli occhi. “Hermione?” mormorò, con la voce impastata dal sonno.

 

“Mmh.”

 

Ron sbuffò quando vide che cosa stava facendo la moglie. Era in piedi davanti allo specchio, col viso praticamente schiacciato contro la superficie. “…tesoro? Che stai facendo, si può capire?”

 

“Ho una ruga.”

 

Ron si sforzò di non ridere al tono terrorizzato della sua compagna, e scosse la testa. “Terribile rivelazione, ci credo che sei sconvolta. Come pensi di poter sopravvivere?”

 

Hermione gli lanciò un’occhiataccia nel riflesso dello specchio. “Sei il solito superficiale…guarda qui, sulla fronte…se mi acciglio così c’è questa piccola linea rosa che…”

 

Ron non seppe più resistere, e scoppiò a ridere. “Ma sei pazza, ti stai schiacciando tutta la faccia! E’ chiaro che ti vedi le linee!”

 

Hermione si voltò verso di lui con uno sguardo risentito e glaciale allo stesso tempo, e senza degnarlo di una risposta alzò i tacchi e si andò a chiudere nel bagno. Ron alzò gli occhi al cielo e con molta pazienza scese dal letto, trascinandosi sui piedi fino alla porta chiusa del bagno.

 

“Dai, amore, apri…” Mormorò ancora assonnato, sbadigliando largamente. “Hermione?” ancora nessuna risposta. “E forza, Hermione, ma che c’è stamattina…non mi dirai che ce l’hai ancora con me per ieri, vero?”

 

All’improvviso la porta si aprì, e Ron si ritrovò i suoi vestiti e i suoi asciugamani praticamente sbattuti in faccia. “Vai a usare il bagno dei tuoi figli, questo è occupato.” Sibilò ferocemente Hermione. “Non vorrai arrivare tardi al tuo appuntamento con Vanessa.”

 

“Ancora con questa storia, ma che cosa devo fare per convincerti che…” SLAM. “…ma ti vuoi comportare da persona matura, per favore?”

 

Quando la porta rimase chiusa Ron si arrese, e sospirando profondamente si avviò verso il bagno dei ragazzi. Lui e Hermione stavano avendo dei problemi ultimamente…forse erano arrivati alla loro prima seria crisi matrimoniale, ma quello che era assurdo era il motivo per cui ci erano arrivati.

 

Tutto era cominciato un mese prima, quando gli era stato assegnato un caso che al Ministero stava seguendo una giovane magistrata, la dottoressa Vanessa Gaggins, una donna dotata di molto polso…e molto charm, che aveva messo gli occhi su di lui. Ron non era certo stupido, ma nonostante il fascino della sua corteggiatrice fosse innegabile, non gli suscitava il minimo interesse. Certo non era stato d’aiuto il fatto che Hermione fosse saltata fuori nei momenti meno indicati, cioè ogni volta che la sfacciata magistrata aveva avuto atteggiamenti equivoci nei suoi confronti. Come se questo non fosse bastato, Hermione era entrata in piena crisi: tutto in una volta si era convinta di essere vecchia e brutta. Ron questo non riusciva proprio a capirlo: a parte il fatto che a trentotto anni non si poteva nemmeno lontanamente parlare di vecchiaia, ma poi ai suoi occhi lei era la donna più bella del mondo… e non solo ai suoi occhi. Hermione era una donna dotata di carisma e fascino, oltre che di una bellezza elegante ed estremamente sensuale. Più volte gli era capitato di sorprendere uomini anche più giovani a fissarla… come faceva a sentirsi brutta?!

 

E poi il colpo di grazia era venuto proprio da Harry. Quando la dottoressa Gaggins gli aveva chiesto di aiutarla col caso, Ron aveva dovuto rinunciare alla vacanza che stava progettando per la sua famiglia…a differenza di Harry, che aveva preferito negarsi alla missione e portare moglie e figli alle Hawaii. E proprio tre giorni prima una furibonda litigata era avvenuta davanti alla foto di Harry, Ginny, Dan e Julie felicemente abbronzati e rilassati, arrivata via gufo insieme a regalini, saluti e cartoline.

 

Ron scese in cucina con la speranza di trovarci sua moglie, ma niente. L’unica presente all’appello era la piccola Katie, che si stava dando da fare a sistemare le tazze dei suoi familiari ai loro posti sulla tavola. Ron sorrise e le stampò un bacio sulla fronte. “Come sei servizievole stamattina.”

 

“Voglio farvi trovare la colazione.” Katie fece un sorrisone, mostrando la boccuccia senza i due dentini davanti. “Così siete contenti e non vi arrabbiate.”

 

Ron si rese conto con suo profondo dispiacere che le ultime litigate con Hermione erano state un po’ troppo violente per i suoi figli…in particolare per Katie, che era ancora una bambina. “E’ un pensiero molto dolce, tesoro, grazie.” La piccola sorrise quando il padre le accarezzò la guanciotta.

 

Hermione entrò in quel momento, mentre ancora si stava sistemando una matita fra i capelli per tenerli su, nonostante le solite ciocche ribelli le scivolassero sul viso e davanti agli occhi. “Ciao piccolina.” Disse alla figlia, scoccandole un lungo bacio sulla guancia e correndo ai fornelli.

 

“Ho messo la tavola!” esclamò allegramente Katie.

 

 “Bravissima, cucciola, grazie.” Hermione fece un rapido sorriso. “I tuoi fratelli?”

 

“Stanno giocando.” Rispose tranquillamente la bambina. “A quel gioco che ci ha insegnato zio Harry.”

 

Ron non fece in tempo a voltarsi che si sentì un rumore di vetri infranti, e un pallone da basket rimbalzò nella cucina. “RAGAZZI!!” tuonò ferocemente Hermione.

 

“Scusa!” fecero due voci da fuori.

 

“Venite subito dentro, tutti e due!” insistette Hermione.

 

Ron dovette contenere un sorrisetto quando vide entrare i figli: erano tutti e due sudati fradici, coi capelli umidi – quelli di Jack appiccicati alla fronte, quelli di Simon più riccioluti  del solito – e le magliette che avevano cambiato colore per le chiazze di sudore. Una scena come questa era praticamente di casa alla Tana fino a una trentina d’anni prima.

 

“A quest’ora, dico io, a sudare di questa maniera nell’aria fredda della mattina?!” urlò Hermione. “Ma vi volete rovinare?!”

 

Ron agitò la bacchetta e riparò con aria distratta il vetro infranto. “Che stavate facendo?”

 

“Giocavamo a basket.” Disse vispo Jack. “Stavo massacrando il mostriciattolo.”

 

“See, ti piacerebbe.” Replicò Simon, sicuro del fatto suo. “Hai vinto per un miserabile punto, chi vuoi stracciare tu…”

 

Ron osservò divertito Jack e Simon, che mentre si sedevano ai loro posto a tavola si stavano tirando dei piccoli spintoni e anche qualche calcio, cercando naturamente di non farsi vedere. Tipico sangue di razza Weasley, osservò divertito Ron tra sé e sé.

 

“Quand’è che mi insegnate pure a me questo gioco?” chiese allegramente Katie, arrampicandosi sulla sua sedia.

 

“Quando sarai alta almeno il doppio, tesoro.” Hermione, bricco alla mano, cominciò la distribuzione di latte nelle varie tazze.

 

“Sempre la stessa storia…” borbottò Katie, nascondendo il musetto nella sua tazza.

 

“Ehi, che ne dite se stamattina ce ne andiamo a pranzo fuori tutti insieme?” fece all’improvviso Ron, cercando soprattutto lo sguardo di Hermione.

 

“Sii!” Katie esultò.

 

Simon sbuffò e nascose il mento in una mano. “Ci avrei giurato. Te lo sei dimenticato, non è vero?”

 

Ron si accigliò. “…di che parli?” Lo sguardo truce di Simon fu aggravato dal suo silenzio.

 

“Non prendertela con tuo padre se si è scordato della tua finale di scacchi, tesoro.” Fece Hermione, senza staccare gli occhi dal pane e marmellata che stava preparando a sua figlia. “Lui è un uomo molto impegnato ultimamente.”

 

Ron la guardò con stizza. “Il mio lavoro non ha mai interferito con la mia famiglia prima, e non lo farà ora né mai.” Replicò seccamente. “E non avevo dimenticato la finale di Simon, solo mi sembrava che fosse mercoledì prossimo… farò un po’ più tardi, ma ci sarò.”

 

“Me la dai a me questa coppa se la vinci, Simon?” fece Katie, sbattendo gli occhi. Il fratello annuì.

 

“Non contate sulla mia presenza.” Disse subito Jack. “Amelia e io siamo impegnati tutta la mattina.” Amelia Sheffield era la migliore amica di Jack, e da quando si era trasferita con la sua famiglia a poca distanza da casa Weasley, lei e Jack si vedevano ora, minuto e secondo.

 

“Tu è meglio se non vieni.” Replicò Simon. “Mi deconcentri e basta.”

 

Io?!” Jack fece una smorfia. “A parte che è materialmente impossibile deconcentrarti, piccoletto, e poi…”

 

“Non mi chiamare piccoletto, montato!”

 

“Ma come siamo suscettibili… agitato per la gara? Sicuro che la sbagli?”

 

“Jack, sei uno str…”

 

“Basta così!” intervenne subito Hermione.

 

Katie fece un sorriso felice. “Stavi dicendo una brutta parola, vero?”

 

“Cinque minuti di pace, va bene?” fece esasperata Hermione, rinunciando al suo pane e marmellata. “Non chiedo altro che un po’ di pace in questa benedetta casa, voi due non fate altro che litigare!”

 

“E allora?” Jack la guardò con aria di sfida. “Tu e papà non fate la stessa cosa?”

 

“Modera i toni, Jack.” Ron s’incupì. “Gli affari degli adulti lasciali agli adulti e pensa a fare il ragazzino.”

 

“Troppo comodo, non credi?” fece ostinato il figlio.

 

“La discussione si conclude qui.” Il tono di Ron era lapidario, ma il suo sguardo lo era mille volte di più. “Sono stato chiaro?”

 

“Sissignore.” Borbottò Jack fra i denti.

 

Hermione si alzò in piedi e cominciò a sparecchiare, se non altro per non sentire quella stretta allo stomaco che ultimamente non l’abbandonava mai. Simon la guardò con la coda dell’occhio, poi si voltò verso suo padre. “Allora, ehm…non verrai, vero?”

 

Ron fece una faccia dispiaciuta. “Potrei non fare in tempo…senti, perché non facciamo una cosa? Vengo a prenderti quand’è finita e mi racconti tutto, mossa per mossa. E poi ce ne andiamo a mangiare insieme, eh campione?”

 

Simon abbassò gli occhi e annuì, evitando di far notare a suo padre che questo non era quello che voleva lui. Ci teneva alla sua presenza…

 

“Io vengo!” esclamò Katie. “Mammina ha detto che veniamo!”

 

Ron si voltò verso Hermione. “Credevo che dovessi fare quella ricerca per la Gaggins…”

 

Hermione nemmeno si voltò. “Oggi sono in licenza, che se la faccia da sola la sua ricerca la Gaggins. Mio figlio viene prima del resto.”

 

“E con questo che vorresti dire?” ribattè subito Ron.

 

Simon nascose il viso fra le mani. Jack, vedendolo, si schiarì la voce e gli diede una bottarella sulla nuca. “Ho cambiato idea, quasi quasi ci vengo anch’io a vederti. E’ un po’ che non assisto a una partita a scacchi come si conviene.”

 

Simon allargò le dita quel tanto da scoprirsi gli occhi, e guardò suo fratello un po’ incerto…poi tolse le mani e fece un sorrisetto. “E’ la volta che impari qualcosa.”

 

“Ah ah.” Fece ironico Jack.

 

Sentendo bussare all’improvviso alla porta, Hermione si asciugò le mani sul grembiule che teneva legato in vita. “Ma chi è a quest’ora?”

 

Jack si alzò e si diresse verso l’ingresso. “Lascia, è Amelia…”

 

Con sua grande sorpresa aprendo la porta Jack non si ritrovò davanti la sua amica, ma un’estranea… un’estranea strepitosa. Era una donna bionda, formosa, con una gonna molto corta e una giacca alquanto scollata, in piedi su un paio di tacchi per niente bassi. La donna fece uno sgargiante sorriso e si sistemò meglio gli occhiali da sole.

 

“Ciao. Tu devi essere il figlio di Ron, vero? Sei il suo ritratto. E’ un piacere conoscerti…”

 

“…Jack.” Jack allungò la mano per stringere quella della donna, senza riuscire a chiudere la bocca che teneva spalancata.

 

“Jack.” La donna sorrise ancora. “Potresti chiamarmi papà, caro? Sono un po’ di fretta.”

 

“…pa’?” la voce di Jack era insolitamente stridula.

 

“Che c’è?” Ron raggiunse suo figlio alquanto imbronciato, e nel vedere la donna alla porta si fermò e sbattè gli occhi un paio di volte. “Dottoressa Gaggins.”

 

La donna fece un sorriso enorme. “Andiamo, Maggiore, quante volte le ho detto di chiamarmi Vanessa?”

 

“Si, uhm…” Ron sembrava parecchio a disagio. “A che cosa devo il piacere…?”

 

“Oh, stavo andando al Ministero quando mi hanno comunicato che devo presentarmi da Montgomery per aggiornarlo sulle evoluzioni del nostro caso…così ho pensato bene di portare anche lei con me, sarà senz’altro più completo nelle spiegazioni tecniche…Maggiore Granger, anche lei qui.”

 

Ron si voltò a guardare sua moglie. Hermione stava fissando la Gaggins con gli occhi ridotti a due fessure e le mani sui fianchi. Neanche a dirlo, Simon, che era in piedi vicino a sua madre, aveva il suo stesso sguardo truce.

 

“Si dà il caso che questa sia casa mia..” Sibilò gelida Hermione.

 

La magistrata annuì con un movimento più frenetico della testa, e tornò a guardare Ron. “Vogliamo andare, allora?”

 

Hermione precedette Ron, utilizzando il suo tono più secco. “E’ veramente gentile a disturbarsi tanto, addirittura passa a prendere a casa i suoi collaboratori.”

 

La donna scrollò spallucce e si sistemò una ciocca voluminosa di capelli dietro l’orecchio. “So riconoscere un buon collega quando lo vedo.”

 

Hermione mise su il sorriso più falso che poteva. “Saranno fortunati tutti gli impiegati del Ministero, in tal caso.”

 

Ron notò con orrore lo scatto con cui la Gaggins si sfilò gli occhiali dal naso, e per evitare l’irreparabile prese la giacca dall’attaccapanni e fece un passo fuori. “Ok, noi andiamo o faremo tardi. Ci vediamo dopo.”

 

Hermione si morse le labbra mentre guardava Ron allontanarsi con la formosa dottoressa, e stringendo forte le mani attorno al grembiule che aveva in mano alzò i tacchi e si diresse verso la cucina. Jack, che continuava a fissare la donna in lontananza, nemmeno si accorse della ragazzina castana che gli era comparsa davanti alla porta.

 

“Ehi, chi è la sofisticata bonona con cui sta andando via tuo padre?”

 

Jack scosse la testa e finalmente si decise a notare Amelia, che lo stava guardando coi suoi grandi occhi nocciola alquanto vispi. “Quella? A quanto ho capito io è una collega…”

 

Amelia fece una smorfia. “Che ci sta dichiaratamente provando con tuo padre.”

 

Jack scosse la testa. “Tutte uguali voi donne, eh? Uno non può essere un po’ gentile che subito pensate male…”

 

“Veramente lì c’è molto poco da pensare, basta guardare com’è vestita.” Amelia inarcò un sopracciglio. “Tua madre che ne dice?”

 

“Paranoia totale.”

 

“Come se avesse torto.” Borbottò fra i denti Simon.

 

“Oh, andiamo!” Jack fece un sorriso disteso. “Quella ci prova con papà. E con ciò? Papà è innamorato di mamma, non le darebbe mai corda. Possiamo non pensarci più?”

 

Simon sbuffò e guardò altrove.

 

Amelia gli fece un sorriso dolce. “Ehi, sbaglio o è oggi la tua finalissima?” Simon annuì. “Allora meriti un deciso incoraggiamento.” Senza alcun preavviso gli stampò un sonoro bacio sulla guancia.

 

Jack non si contenne e scoppiò a ridere quando vide le orecchie di Simon farsi paonazze, e gli arruffò i capelli ancora più di quanto non lo fossero già. Amelia sorrise ancora di più, contenta di averlo distratto dai problemi dei suoi genitori. Ultimamente i ragazzi Weasley erano sempre così tesi…

 

 

***************

 

 

“Quant’è bella questa statuetta!”

 

Simon lanciò un’occhiatina di traverso alla sorella, che sulle spalle di Jack si passava da una mano all’altra il suo premio di campione del Torneo di Scacchi della sua città, e gli venne da ridere a vedere che fine inglosiosa avesse fatto la statuetta.

 

“Sei stato bravissimo, tesoro.” Disse orgogliosa Hermione, mentre tutto il gruppetto camminava lungo la strada assolata di Hogsmeade.

 

“E’ stata una vittoria schiacciante.” Esclamò vispa Amelia, che ogni tanto strappava qualche risatina alla piccola Katie facendole il solletico sotto le gambette.

 

“Scegli tu come vuoi festeggiare.” Gli disse Hermione.

 

“Qualsiasi cosa?” chiese incerto Simon. Sua madre annuì.

 

Jack, che continuava a camminare con la sorella sulle spalle, fece un sorrisetto losco. “Ehi piccoletto, perché non ti fai comprare i biglietti per la partita di domenica prossima delle Api di…”

 

“Non se ne parla, il regalo è mio e decido io.” Fece subito Simon. “E smettila di chiamarmi piccoletto.”

 

“Anch’io voglio un regalo!” esclamò Katie.

 

“Tu hai già avuto il mio premio, non ti basta?”

 

Hermione sorrise e scosse la testa. “Mentre ci pensate e trovate una soluzione, andiamo a prenderci un gelato al bar.”

 

Jack non gettò la spugna. “E dai, se andiamo a vederci la partita tutti insieme ci divertiamo!”

 

“Ancora?!”

 

“Jack, lascialo in pace.” Amelia si scansò un ciuffetto di capelli dal viso. “Ha diritto di scegliere il suo premio, no?”

 

“Parole sante, e mi piacerebbe che per una volta non vi azzuffaste, per favore.” Hermione appoggiò la mano sulla maniglia della porta del bar in cui stavano per entrare, e istintivamente diede un’occhiata nel piccolo saloncino dove una decina di persone prendevano il caffè e chiacchieravano tranquillamente. Dopotutto lei era un War Mage, e come tale il suo primo istinto era quello di prestare bene attenzione ai particolari…ecco perché non le sfuggi la macchia di capelli rossi in fondo alla sala. Quei capelli…

 

Amelia sbattè gli occhi e si voltò a guardare Jack, che a sua volta si era accigliato nel vedere sua madre immobile con la mano sulla maniglia. “Ma’? Tutto bene?”

 

Incuriositi, i ragazzi si sporsero oltre per seguire la traiettoria del suo sguardo… c’era Ron in fondo alla sala, seduto a un tavolo con la donna bionda che quella mattina aveva bussato alla loro porta. La donna si era tolta la giacca, restando solo con una scollata camiciola; teneva le gambe accavallate e sorrideva largamente, scansandosi in continuazione i capelli dal viso. Ron sembrava piuttosto serio, ma anche lui rise a un certo punto, e lei gli appoggiò una mano sul braccio come se si stessero divertendo molto.

 

“Chi è quella signora con tutti quei capelli?” chiese incuriosita Katie.

 

Simon ebbe quasi paura di voltarsi per vedere la reazione di sua madre. Hermione aveva un’espressione illeggibile sul viso molto pallido, sembrava sotto shock. “…mamma?”

 

Hermione si voltò verso i ragazzi e forzò un sorriso. “Scusatemi, ho un mal di testa tremendo… credo che tornerò a casa.”

 

“Torniamo tutti.” Disse subito Jack.

 

Hermione scosse la testa. “No, no, è una bella giornata…perché voi ragazzi non restate ancora un po’ fuori all’aria aperta, vi farà bene… state attenti a Katie, va bene?” i figli annuirono.

 

Amelia esitò. “Non…si preoccupi, signora.”

 

Hermione annuì freneticamente e salutò i ragazzi con la mano, non fidandosi della sua voce tremula e instabile, fondamentalmente rauca per il pianto ancora inesploso. Simon la guardò mentre si allontanava, e tutto in una volta si rese conto di avere anche lui un blocco alla gola.

 

“Dove va mammina?” fece Katie.

 

“Ehm…che ne dite se ce ne andiamo…al parco?” Amelia cercò di fare un sorriso genuino alla bambina, che s’illuminò e annuì festosamente.

 

Jack fissò accigliato suo padre per qualche istante, ma distolse lo sguardo in tempo per vedere suo fratello che marciava verso la porta del bar; riuscì a fermarlo appena in tempo, trattenendolo per un braccio e facendogli cenno di no con la testa. Quello non era né il momento né il luogo.

 

Katie si agitò sulle spalle di Jack. “Allora, ci andiamo al parco?”

 

 

***************

 

 

Ron si chiuse alle spalle il cancello del giardino di casa che era sera ormai, e con un rapido sguardo all’orologio si rese conto di aver fatto tardi. La gara di Simon…suo figlio sarebbe stato furibondo con lui. Ma non era colpa sua se in assenza di Harry il suo lavoro si era raddoppiato! Deciso a farsi perdonare, entrò in casa e subito si guardò in giro, cercando il resto della sua famiglia.

 

“Ehi, siete a casa?”

 

Il sorriso di Ron vacillò quando trovò tutti e tre i suoi figli nella camera da pranzo; dei tre solo Katie smise di colorare i suoi disegni per correre a salutarlo; Jack si stava lucidando la scopa, scuro in volto, e Simon stava sprofondato nella poltrona e fissava il pavimento con uno sguardo truce. Sospirando, Ron fece un passo avanti per raggiungerli, ma un rumore brusco di piatti lo fece voltare verso la porta aperta della cucina: Hermione stava mettendo a tavola…di spalle alla porta, con movimenti alquanto violenti e un’aura di rabbia tutta intorno a sé.

 

Pure…

 

Ron si schiarì la voce e sorrise. “Lo so già che ce l’avete con me perché avevo promesso che vi avrei portati fuori… mi dispiace davvero, ma senza zio Harry a lavoro è tutto molto più faticoso…”

 

“Immagino.” Ringhiò tra i denti Simon.

 

Ron rimase colpito dal suo tono. “Simon, mi dispiace.”

 

Suo figlio sollevò un attimo lo sguardo per incontrare e fulminare il suo, poi riprese a guardare a terra, stringendo forte le mani sui braccioli della poltrona.

 

“Non mi è piaciuto anteporre il dovere a voi, ragazzi, perciò vi prego di non farmene una colpa.” Ron appoggiò le mani sui fianchi, sperando in una reazione di qualunque tipo. Quella tensione era insopportabile. “Andiamo, non è la prima volta che manco a uno dei vostri appuntamenti, ma non avete mai fatto questi musi lunghi!”

 

Simon non si trattenne. “Si vede che ti abbiamo abituato male.” Sibilò.

 

Ron si accigliò. “Che cos’è questo tono, Simon? Non mi piace per niente.”

 

Jack alzò per la prima volta lo sguardo. Era duro anche il suo. “Lascialo in pace.” Gli disse con durezza.

 

A questo punto i dubbi di Ron si triplicarono. “Si può sapere che cos’è successo in questa casa? Hermione?” nessuna risposta, solo rumori bruschi.

 

Katie si grattò il nasino. “Papino, chi era quella signora bionda?”

 

Ron sbattè gli occhi. “Quale signora bionda?”

 

“Quella che tu ci prendevi il gelato insieme stamattina.”

 

Una mano gelida s’impossessò dello stomaco di Ron. Ecco svelato l’arcano…ecco perché quegli sguardi. E soprattutto… ecco perché Hermione continuava a fare quel baccano in cucina. Sforzandosi di restare calmo, Ron sospirò. “Ragazzi, vi state sbagliando di grosso.”

 

Simon rimase a fissarlo col fuoco negli occhi per qualche altro secondo, poi senza aggiungere altro si alzò e corse su per le scale. Jack sbuffò e mise giù la sua scopa, alzandosi a sua volta e tendendo la mano a Katie. La sorella subito lo seguì su per le scalette, lasciando Ron da solo in quel terribile silenzio interrotto solo dai rumori bruschi delle pentole.

 

Ok, nervi saldi…

 

Ron entrò piano in cucina e si appoggiò con una mano alla porta. “Hermione?” lei non gli rispose né si voltò, semplicemente continuò a fare quello che stava facendo. Lui sospirò. “Per favore, ho bisogno di parlarti.”

 

Hermione s’interruppe bruscamente e si voltò, appoggiandosi con le mani sul tavolo e fissandolo con rabbia e sfida a più non posso.

 

“Se ho capito bene, tu e i ragazzi mi avete visto con la Gaggins oggi.” Lei non mosse un muscolo, continuò solo a guardarlo con aria di sfida. “Hermione, io non so cosa stai pensando ma ti posso giurare che ero lì solo per lavoro.”

 

Hermione inarcò un sopracciglio. “Lavoro?” sibilò, gelida e incredula.

 

Ron fece un passo avanti. “Vanessa Gaggins mi ha invitato a discutere di alcune soluzioni che le hanno proposto al Ministero per risolvere più in fretta il nostro caso, e lei mi ha invitato a parlarne lontano da orecchie indiscrete. Tutto qui.”

 

Hermione scosse la testa e si morse le labbra. “Quanto credi che sia stupida, Ron?”

 

“Io non ti credo affatto stupida, e ti ho detto la verità.”

 

Hermione fece una risata ironica. “Quindi vuoi dirmi che non sei più capace di accorgerti se una donna ha interesse per te? Non ci credo nemmeno se lo vedo!”

 

Ron perse la pazienza e fece due passi avanti. “Ok, ammettiamo che tra le varie cose Vanessa Gaggins ci abbia provato con me. Questo cosa cazzo cambia?”

 

“Te lo dico io cosa cazzo cambia!” Hermione sbattè rumorosamente le mani sul tavolo. “Cambia tutto! L’hai guardata bene in faccia quella bambolona? E’ praticamente perfetta, senza contare che avrà almeno una decina di dannatissimi anni meno di me!”

 

“E con questo che vuoi dire?!” Ron stava urlando a sua volta. “Che a me bastano tette e culo per perdere il controllo e dimenticarmi di quelli che amo?! E’ questa la stima che hai di me?!”

 

“Io non lo so più che cosa pensare!” strillò Hermione, con la voce che le tremava. “So solo che stamattina credevo che tu fossi al lavoro, e invece non solo non ti sei presentato alla gara di tuo figlio, ma sei stato anche a…bere uno stramaledettissimo caffè con una bellissima puttana senza dirmi niente!”

 

“E quando te lo dicevo, scusa?!”

 

“Dimmi una cosa, Ron: se noi non ti avessimo visto me l’avresti mai detto?”

 

“No!” Ron si passò una mano sulla faccia. “No perché non ha alcuna importanza per me, è stata una missione come un’altra!”

 

Hermione fece una smorfia intrisa di sarcasmo. “Certo, perché ora mi dirai che sei indifferente al fascino di quella donna!”

 

“Non sono cieco, cazzo, ma questo non vuol dire che…”

 

“Lo vedi, lo vedi che lo ammetti anche tu!!”

 

“Ma ti stai ascoltando??”

 

 

 

 

Seduta fra i suoi fratelli in cima alle scalette, la piccola Katie si tappò le orecchie con le mani e chiuse gli occhioni. Non ce la faceva a sentire ancora i suoi genitori che urlavano… stavolta stavano urlando più del solito. Perché non facevano pace? Mentre un paio di lacrimoni le scivolavano sulle guance, Katie si lasciò prendere in braccio da Jack, che le diede un bacio sulla fronte e le accarezzò lentamente la schiena. Ma quando facevano pace?...

 

 

 

 

“Non riesco a credere alle mie orecchie!” Ron scosse la testa. “Tu stai cercando di sfogare la tua frustrazione su di me, e questo è ingiusto!”

 

Tu sei la mia frustrazione, Ron!!” urlò Hermione. “Tu, che sei ancora un uomo maledettamente affascinante e io fatico a strati dietro, ma a te questo cosa importa?! Chi sono io per te?!?”

 

Ron sbattè un pugno sul tavolo, facendolo scricchiolare. “Non ti permetto di parlare a nome mio dei miei sentimenti, maledizione! Come ti permetti di mettere in dubbio il mio amore per te?!”

 

“Perché stamattina non hai liquidato quella puttana quando è venuta a fare la stronza in casa mia, eh?” Hermione avanzò minacciosamente, facendolo arretrare. “Perché invece di andare con lei non le hai detto che saresti venuto dopo con tua moglie?”

 

Ron esitò per un attimo. “Tu a momenti le davi della puttana! Anzi, scordati a momenti, gliel’hai praticamente detto! Che altro dovevo fare secondo te??”

 

“Dovevi semplicemente comportarti da uomo sposato, tutto qui!!” urlò lei. “Che cazzo ti costava stamattina, quando quella ti ha invitato fuori, dirle che non c’era bisogno di parlare in modo così intimo e isolato dagli altri?! Non hai pensato che mi avrebbe dato fastidio saperti con lei?!”

 

Stavolta fu Ron ad avanzare, urlando. “Ma se ti ho detto che per me non aveva alcun valore, sei sorda?!”

 

“Tu sei solo un egoista, e in tutti questi anni mi sono illusa che tu fossi cambiato, ma non è così!!”

 

La stanza si immerse in un tetro silenzio. Ron stava fissando la moglie con gli occhi a forma di fessure, e quasi non voleva credere a quello che aveva appena sentito. “Quindi è questo che pensi veramente di me.” Mormorò.

 

“Putroppo non ho bisogno di pensare, io vedo…e ho visto mio marito accettare le avances di un’altra donna esattamente come faceva quando era un ragazzo.” La voce di Hermione era rauca e rotta dal pianto. “Tu sei rimasto come allora, Ron. E io mi sono illusa del contrario per tutti questi anni.”

 

Quelle parole ferirono Ron più di una lama affilata. Gli fu difficile trovare il fiato per esprimere quel groviglio di sensazioni che provava. “Credevo che tu mi conoscessi più di chiunque altro al mondo…” mormorò, freddo e addolorato allo stesso tempo. “Ma se è questo che pensi di me, allora hai ragione quando dici che abbiamo sbagliato tutto.”

 

Due singole lacrime scivolarono giù dagli occhi di Hermione. “Non è più tempo di fare i ragazzini…siamo adulti, siamo genitori. Ultimamente non facciamo altro che litigare… Katie è confusa, i ragazzi sono sconvolti…stiamo facendo del male a noi stessi e soprattutto a loro.”

 

Ron ingoiò a fatica un boccone amaro. “Non posso pensare che proprio tu credi questo di me… credevo di essermi meritato la tua fiducia oltre che il tuo amore.”

 

Hermione strinse forte gli occhi. “Avrei dovuto lasciarti libero molto tempo fa.” Sussurrò.

 

 

 

 

Simon si voltò a guardare Jack con gli occhi spalancati, e lesse negli occhi del fratello la stessa espressione di orrore.

 

 

 

 

Ron si avvicinò alla moglie finchè non fu a un centimetro di distanza da lei, guardandola negli occhi dall’alto della sua statura imponente. “Nessuno è mai riuscito a farmi tanto male quanto te.” sibilò, stringendo i pungi. “Nessuno.”

 

 

 

 

Jack strinse forte gli occhi quando vide suo padre uscire di casa e sbattersi forte la porta alle spalle, e quando sentì i singhiozzi disperati di sua madre si rese conto che non sarebbe riuscito a restare su quelle scale un istante di più. Si alzò in piedi e prese in braccio la sorella, e con la coda dell’occhio vide Simon asciugarsi bruscamente le lacrime con la manica prima che anche lui si alzasse per correre via.

 

 

***************

 

 

Amelia si fermò davanti alla porta di casa Weasley. Quando li aveva lasciati la mattina precedente, i ragazzi le erano sembrati molto scossi e la madre sconvolta. Forse non era un’idea brillante presentarsi a quell’ora e rompere le scatole ai genitori di Jack, che forse non avevano ancora rimesso a posto le cose. Forse era meglio entrare col ‘Piano B’, come faceva sempre quando volevano evitare la sorveglianza degli adulti (anche se Amelia aveva la netta sensazione che sia la madre che il padre di Jack conoscessero perfettamente tutti gli spostamenti dei figli anche senza bisogno di vederli… non a caso erano due spie dei servizi segreti del Ministero). Così si mise a cavalcioni della sua scopa e si alzò in volo, fino ad arrivare davanti alla finestra della stanza del suo migliore amico.

 

Con sua grande sorpresa, Amelia vide che i letti erano perfettamente intatti nonostante fosse ancora molto presto; Jack era seduto sulla sedia della sua scrivania, e teneva il mento in una mano mentre giocherellava con una penna distrattamente. Simon era sdraiato in modo sbilenco sul tappeto con Katie rannicchiata contro la spalla, e tutti e due dormivano pesantemente.

 

Amelia picchiò leggermente il pungo contro il vetro. Jack alzò lo sguardo e la vide, e subito si alzò e venne ad aprirle la finestra. “Che è successo?” gli chiese piano lei.

 

Jack si guardò un attimo indietro, quindi le fece cenno di avvicinarsi e salì sulla sua scopa, chiudendosi la finestra alle spalle. Amelia volò fino a terra, ma invece di atterrare nel giardino di casa Weasley si diresse verso il parco vicino.

 

Jack sbuffò quando si appoggiò di spalle al muretto, incrociando le braccia sul petto e guardando un punto in lontananza. “Papà se n’è andato di casa.” Disse piano dopo una lunga pausa di silenzio.

 

Amelia si inumidì le labbra e saltò sul muretto, guardandolo attentamente. “Hanno litigato molto male, eh?”

 

Jack annuì. “Papà ha cercato di dire a mamma che per lui conta solo lei. Lei gli ha dato del bugiardo. E così lui ha detto che non sopportava di non avere la sua fiducia e se n’è andato.”

 

Amelia gli appoggiò una mano sulla spalla. “Era prevedibile, no? Voglio dire… tua madre lo ha beccato con quella specie di fotomodella…”

 

Jack fece una smorfia rabbiosa e si voltò a guardarla in faccia. “Perché diavolo punti il dito subito contro mio padre?” ruggì. “Lui non ha fatto niente, se l’ha detto io gli credo! E’ così difficile dargli un po’ di fiducia?! Sei identica a mia madre!”

 

Amelia si sforzò di restare calma. “E tu sei uguale a tuo padre.” Disse con tono tranquillo. “Jack, io non sto assolutamente dicendo che tuo padre ha tradito tua madre, proprio no. Però tu vedi solo il tuo punto di vista maschile…prova a metterti per un attimo al posto di tua mamma. Tuo padre è un uomo a dir poco bellissimo, e lei si sente sempre minacciata dalle altre donne, soprattutto da quelle come la tipa di ieri.”

 

Jack spalancò le braccia. “Ma se papà è innamorato pazzo di lei! Le altre non le guarda neppure!”

 

“Lo sai che noi donne abbiamo un tantino di sensibilità in più?” Amelia inarcò un sopracciglio. “Siamo molto insicure di noi, e spesso e volentieri abbiamo bisogno di essere rassicurate sui nostri dubbi. In tutta onestà, Jack, tuo padre ha rassicurato tua madre uscendo con quella tizia, anche se non gli importava niente di lei?”

 

Jack aprì la bocca per ribattere, poi la chiuse… sbuffò e scosse la testa.

 

Amelia scrollò spallucce. “Non ti devi preoccupare, si amano ancora… hanno fatto la sfuriata, ora si calmano.”

 

Jack scosse la testa. “Tu non li conosci…sono testardi, cocciuti…”

 

Amelia fece un sorrisetto. “Mi sembra di aver avuto a che fare con una personcina simile una volta o due…”

 

“Si, ma con loro è diverso… papà se n’è andato, mamma ha pianto tutta la notte, e sono pronto a scommettere che nessuno dei due vorrà fare il primo passo. Uff, vorrei tanto che ci fosse zio Harry…”

 

“Abbi un po’ più di fiducia nell’amore.”

 

“Io non ci credo nell’amore.” Disse cupo lui.

 

Amelia sospirò. “Simon e Katie come l’hanno presa?”

 

Jack scrollò le spalle. “Abbiamo passato la notte a parlare.”

 

“Cioè tu parlavi e loro dovevano ascoltare il grande capo?” lei fece un sorrisetto alla sua occhiataccia. “Di solito è così che il grande Jack Weasley tratta suo fratello e sua sorella.”

 

“Piantala… forse abbiamo un piano.”

 

Amelia sbattè gli occhi. “Un piano?”

 

Jack annuì vigorosamente. “Un piano per farli tornare insieme. Faremo in modo di far incontrare mamma e papà per caso oggi, e così si potranno parlare con calma e si chiariranno. ”

 

Amelia esitò. “Jack, non voglio dire che non è una buona idea, ma forse i tempi non sono ancora maturi…”

 

“Più tempo passa più rischiano di non tornare insieme. No, devono parlarsi e anche subito.”

 

“Non pensi che avrebbero bisogno di qualche giorno per rimettere a posto le idee e sbollire la rabbia?”

 

“No.”

 

Amelia fece un sospiro rassegnato e annuì. “Io direi di aspettare…comunque…”

 

Jack scosse ancora la testa. “Finirà tutto in una bolla di sapone, lo so. Abbiamo già preparato tutto fin nei dettagli. Rimetteremo noi le cose a posto, vedrai.”

 

Amelia si sforzò di fare un sorriso incoraggiante, pur sapendo che se i genitori di Jack avevano anche solo la metà del caratteraccio testardo e duro del figlio, l’impresa si sarebbe rivelata quasi impossibile.

 

 

***************

 

 

“Grazie per avermi accompagnato, pa’. Lo sai che mamma è un po’ impedita in queste cose.”

 

Jack fece un breve sorriso a suo padre mentre uscivano dal negozio dove avevano comprato la pluffa nuova. Ron sembrava molto giù di corda, ma non aveva esitato a dire di sì al figlio quando gli aveva chiesto di accompagnarlo a cercare una nuova pluffa, in sostituzione di quella che Katie gli aveva perso.

           

“Questa è proprio bella, starò attento a non farmela prendere da tua figlia.” Jack osservava con molto interesse il suo nuovo acquisto.

 

“Che si dice a casa?” chiese piano Ron, mentre s’incamminavano lungo Diagon Alley.

 

Jack scrollò spallucce. “Katie dice che non riesce ad addormentarsi senza di te, così stanotte ha dormito con noi. Simon ce l’ha col mondo intero… e io vorrei solo capire che cavolo ci è capitato tutto in una volta.”

 

Ron annuì e si grattò la nuca. “Per il resto?...”

 

Jack alzò gli occhi al cielo. “Ma se vuoi sapere di mamma non fai prima a chiedermelo direttamente, grande padre?” suo padre fece un piccolo sorriso vuoto. “Lei sta peggio di tutti… stanotte l’abbiamo sentita piangere tutto il tempo.”

 

Ron inspirò profondamente e continuò a guardare dritto davanti a sé mentre proseguivano per la strada.

 

Jack sentì che le mani gli prudevano. “Io proprio non vi capisco… non ti dispiace nemmeno un po’ che mamma sta soffrendo?”

 

“Mi fa stare molto più male di quanto credi, Jack.”

 

“E allora?”

 

“E allora ci sono delle cose che non puoi ancora capire.” Ron aveva una voce stranamente calma, ma molto triste. “Tua madre è il mio punto di riferimento in tutto, e se lei dice che non sono cambiato… io so che non è così, ma se a lei arriva questo vuol dire che c’è qualcosa che non va.”

 

Jack si accigliò. “Che vuol dire che non sei cambiato?”

 

Ron fece quasi un piccolo sorriso alla curiosità del figlio. “Un giorno forse te lo spiegherò.”

 

Jack sbuffò. “Tieniti pure tutti i segreti che vuoi, basta che torni a casa a parlare con mamma!”

 

A questo Ron non potè trattenere una piccola risata. “Tu sei proprio il mio ragazzo, eh? Mollare non rientra nel tuo vocabolario, a quanto pare.”

 

Jack si lasciò arruffare i capelli e gli strizzò un occhiolino. “E ti è andata ancora bene che sono io, Simon è leggermente più incazzato di me.”

 

“Andiamo, ho voglia di…”

 

“Ron?”

 

Jack rimase pietrificato nel sentire di nuovo quella voce, e controllò freneticamente l’orologio. Era quasi ora! Che diavolo ci faceva quella proprio lì?!

 

“Vanessa.” Ron fece un piccolo sorriso forzato. “Ciao.”

 

La donna fece il suo solito sorriso enorme e gli strinse la mano, quindi sorrise anche a Jack. “Torno ora da Montgomery. Ha accettato la tua soluzione, il caso è ufficialmente concluso. E io posso andare a casa.”

 

Ron annuì. “E’ stato un piacere lavorare con te. Nonostante…tutto.”

 

La donna rise e scosse la testa. “Ah, Ron…tua moglie è fortunata, lo sa, vero?”

 

“Al momento non proprio…”

 

“Beh, dovresti ricordarglielo. Non mi è mai capitato di incontrare un uomo così innamorato da precludersi qualunque… alternativa.” Lei gli tese la mano. “Sei davvero leale, ti fa onore questo.”

 

Jack strabuzzò gli occhi. Ma allora

 

Ron le strinse la mano. “Fa’ buon viaggio, e in bocca al lupo per la tua carriera.”

 

Vanessa annuì. “Ok, ma almeno fatti salutare decentemente.” Si avvicinò e gli stampò un bacio sulla guancia. “Addio, Maggiore Weasley.”

 

Jack guardò prima la donna che si allontanava, quindi si accigliò. “Pa’, ma allora lei…tu…” si voltò a guardare suo padre, che teneva lo sguardo dritto davanti a sé, ma gli lesse in faccia una strana espressione di orrore. Seguì la traiettoria del suo sguardo… e poco mancò che gli scappasse uno strillo di frustrazione.

 

C’erano Hermione, Katie e Simon dall’altra parte della strada, Simon era stato puntuale secondo i piani. Peccato che, a giudicare dalla faccia di Hermione, forse di tutto quel bel discorso di Ron non si era sentita una sola parola, mentre il bacio si era visto eccome…

 

Ma che cazzo, no!

 

Ron aprì la bocca per dire qualcosa, ma Hermione girò sui tacchi e si diresse dalla parte opposta, tirandosi Katie; Simon squadrò suo padre con un’espressione di disgusto, quindi seguì la madre e la sorella.

 

Jack sbuffò sonoramente, e provò una gran brutta sensazione nel vedere suo padre che nascondeva la faccia in una mano. Amelia aveva ragione, il loro piano era andato tutto storto.

 

 

***************

 

 

Katie si grattò il nasino e riprese a pettinare la bambola, accoccolandosi di più contro il fianco di Simon. “Ma perché papino e mammina non si sono dati il bacio come dicevi tu, Jack?” chiese tranquillamente. “Noi l’abbiamo portata mammina come ci avevi detto.”

 

Jack sbuffò, continuando a lanciare in aria la pallina e a riprenderla. “E’ andata male, Katie.”

 

Amelia, che stava seduta a cavalcioni sulla sedia di Jack, si passò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “E’ successo tre giorni fa…da allora non ci sono stati cambiamenti?” Jack scosse la testa.

 

Simon guardò stizzito suo fratello. “E come ti aspettavi che ce ne fossero? Dovevamo convincere mamma che papà ha occhi solo per lei, e le abbiamo fatto vedere papà che baciava quella stronza.”

 

“Quella stronza.” Esclamò Katie.

 

“Papà non stava baciando proprio nessuno.” Sibilò Jack fra i denti. “Te l’ho già spiegato mille volte, sei diventato scemo per caso?”

 

“E’ quello che lei ha visto, fattene una ragione.”

 

Jack si accigliò, scuro in volto. “Perché se mamma mettesse da parte per cinque minuti i pregiudizi…”

 

“Ce li ha anche papà i pregiudizi.” Ribattè Simon. “E’ che non riescono a cedere all’orgoglio.”

 

Katie annuì come se la cosa le fosse perfettamente chiara, e guardò il fratello. “Che sono i predizi?” Simon le accarezzò sbrigativamente la testa e ignorò la domanda.

 

Amelia si grattò una tempia. “Beh, ma sono anche passati dei giorni… se conosco un po’ i vostri genitori, hanno una voglia pazza di parlarsi… aspettano solo l’occasione giusta.”

 

“Che non arriverà mai, di questo passo.” Fece sconsolato Jack.

 

Katie continuò a pettinare la sua bambola. “Quando torna papà?”

 

Jack fece una smorfia. “Probabilmente quando mamma la smetterà di aspettarlo sulla porta con la bacchetta puntata in mano.”

 

Simon lo guardò inorridito. “Lo vedi, lo vedi perché non riescono a fare pace?” disse, alzando la voce. “Perché hanno il tuo stesso modo di pensare di merda!”

 

Katie sorrise largamente, mostrando con orgoglio i due dentini mancanti. “E’ tutto una merda!”

 

“Non ripetere, Katie.” Provò Amelia, sapendo bene che con quei due fratelli quella povera bambina aveva a sua disposizione un arsenale di porcherie da ripetere.

 

Jack si alzò in piedi, in tutta la sua altezza. “Meno male che ci sei tu ad illuminare il mondo, piccoletto! Ma perché non hai imposto le mani fin dal primo momento, così ci risparmiavi un sacco di tempo e fatica e salvavi il matrimonio di mamma e papà coi tuoi poteri sconfinati!”

 

Amelia scosse la testa. “Jack…”

 

Simon si alzò in piedi a sua volta, col fuoco negli occhi. “Su una cosa hai perfettamente ragione, amico, io sono più intelligente di te, anche di papà, e in questo momento anche di mamma.”

 

“Uuh, fantastico!” urlò Jack. “Gloria a te, o potente stregone, facci vedere che sai fare!”

 

Simon strinse i pugni. “Non mi provocare.” Sibilò.

 

Jack gli diede uno spintone. “Avanti, fammi vedere che cosa sai fare tu meglio di tutti noi! Avanti!” un altro spintone. “Visto che tu sei il più intelligente di tutti, trova nei tuoi stupidi libri una magia per rimettere le cose a posto!”

 

Katie aveva smesso di pettinare la bambola per guardare preoccupata i suoi fratelli. Amelia tentò inutilmente di afferrare Jack per la camicia. “Ragazzi, non serve a niente…”

 

Jack spinse un’altra volta suo fratello. “Forza e coraggio, piccoletto, dimostrami quanto sei forte!!”

 

Pochi istanti dopo Jack si ritrovò di schiena a terra senza neanche capire come c’era finito; sentì lo strillino di Katie e vide in lontananza Amelia che balzava in piedi, ma il suo campo visivo fu riempito da Simon, che lo teneva inchiodato a terra con un braccio sulla gola e una gamba sotto il suo ginocchio – ecco come l’aveva fatto cadere! – con l’espressione più furibonda che gli avesse mai visto addosso.

 

“VUOI CHIUDERE QUEL CESSO DI BOCCA E STARMI A SENTIRE???”

 

Jack spalancò gli occhi.

 

“Vaffanculo, Jack, vaffanculo!” Simon si tirò indietro, restando sulle ginocchia e continuando a urlare. “Mi avete rotto, sia tu che mamma che papà!! Mamma e le sue maledette crisi che non se le dovrebbe nemmeno far venire, papà che deve fare il frescone con tutti o non è lui, e tu che giochi a fare il grande eroe per lo sfizio di vedere se riesci a rimettere le cose a posto e dire che è merito tuo! NE HO ABBASTANZA!” Jack provò a replicare, ma non ne ebbe il tempo. “Nessuno di voi si è veramente preoccupato di quello che succedeva intorno, mamma e papà sono troppo impegnati a fare i bambini e tu sei tutto preso dai tuoi stupidi piani idioti che non hanno fatto altro che peggiorare la situazione! Che cosa credi di saperne tu, eh? Credi che solo perché sei più grande di me ne capisci di sentimenti?! Certo, come no! Vogliamo parlare di Brenda? O di Elise? O di quell’altra, come si chiamava… quella che è durata due ore, Jack, due ore!!”

 

“Charlotte!” suggerì Katie.

 

“E mentre voi grandi vi scannate, nessuno pensa a come possiamo stare noi! Tanto chi se ne frega?! Che cos’hai fatto tu la prima notte che papà se n’è andato, eh?!” Simon era furioso, ma sembrava quasi che la sua voce tremasse per un pianto inespresso. “Non ci ha dormito tu con tua sorella, non l’hai sentita piangere in piena notte perché voleva stare nel lettone di mamma e papà, non l’hai tenuta nel tuo letto tutte queste notti!! Dov’eri tu, Jack, quando Katie e io avevamo bisogno di te?! Alla tua dannata scrivania a disegnare progettini per far incontrare mamma e papà, e noi mocciosi non potevamo disturbarti, è vero?!”

 

Jack aprì e chiuse la bocca un paio di volte. “Io…”

 

Simon mise le mani sui fianchi. “Ora apri bene le orecchie, fratellone, per una volta ti toglierai dalle palle e farai fare a me!! Non voglio sentire un fiato su chi è più grande, perché il tuo corpo sarà anche più grosso del mio ma il mio cervello è cinque volte il tuo, ci siamo capiti?!E soprattutto NON CHIAMARMI PICCOLETTO!”

 

Seguì un momento di silenzio in cui nessuno mosse un muscolo. Jack sbattè gli occhi e curvò leggermente le labbra in una specie di sorrisetto furbastro, appoggiandosi sui gomiti. “Wow…ne hai di potenziale, eh?”

 

Con uno strillino gioioso Katie si buttò addosso a Simon, aggrappandosi al suo braccio come faceva sempre, e Amelia fece di meglio: gli prese il viso fra le mani e gli stampò un lungo bacio sulla guancia, facendogli un sorriso e congratulandosi ampiamente per la dimostrazione di carattere.

 

“Ehi, piantatela voi due!” protestò Jack, alzandosi. “E tu finiscila di baciarlo per ogni cosa buona che fa, quando ne azzecco una io nemmeno una pacca sulle spalle mi dai!”

 

Amelia incrociò le braccia sul petto e assunse un’aria dispettosa e fiera. “Perché tu non hai lo stile di tuo fratello.”

 

Jack le lanciò una breve occhiataccia, quindi si voltò a guardare Simon, che era tutto rosso e sembrava scombussolato dal bacio di Amelia. “Posso capire almeno che hai in mente di fare?”

 

Simon scosse brevemente la testa per riprendere la concentrazione. “E’ centomila volte più semplice di tutti i tuoi piani contorti, e funzionerà garantito al cento per cento.”

 

Jack inarcò le sopracciglia. “Ma perché non l’hai proposto subito se sei così sicuro?”

 

Simon lo guardò torvo, e incredibilmente fu Katie che cercò di imitare la voce del fratello maggiore e mise le manine sui fianchi. “Stai zitto, piccoletto, sono io il cervello dell’operazione.”

 

Amelia scoppiò a ridere così forte che si piegò in due, e Jack si passò una mano sulla nuca con un sorrisetto imbarazzato.

 

Simon incrociò le braccia sul petto e fece un sorriso furbo. “Allora, facciamo a modo mio?”

 

 

***************

 

 

Ron sbuffò rientrando nella sua stanza al quartier generale, e la prima cosa che fece fu togliersi il cinturone e lasciarlo cadere pesantemente sulla sua scrivania, sedendosi senza grazia sulla sua sedia. La solita stupida ricognizione del mattino gli aveva impedito di poter andare a parlare con Hermione prima che lei partisse per la sua, e così un’altra occasione era sfumata. Si sentiva fisicamente male a stare lontano da sua moglie e i suoi figli, una volta forse fare lo scapolone d’oro gli sarebbe piaciuto…ma non adesso, non adesso che sapeva quanto era bello essere marito e padre… sì che era cambiato, lo era davvero… perché la sua Hermione non riusciva a vederlo tutto a un tratto?

 

Il rumore proveniente dal caminetto scosse Ron dai suoi pensieri, e poco dopo il fumo compose l’immagine del viso di Simon. “Papà?”

 

“Simon?” Ron si alzò e subito s’inginocchiò davanti al caminetto. “Che è successo?”

 

Il figlio aveva una strana voce, e un’espressione sofferente. “Papà, sto male…non mi sento bene… ti prego, vieni… non trovo mamma… mi gira tutta la testa…”

 

“Arrivo in un istante, stai calmo.” Ron immediatamente prese la bacchetta e la passaporta per casa sua dal cinturone, e in meno di un attimo si ritrovò nella sua cucina. “Simon?” disse ad alta voce, mentre saliva a passo rapido per le scalette. Lo trovò sdraiato sul suo letto con una pezza sulla fronte, mentre Jack era seduto ai suoi piedi con Katie in braccio. “Ehi, campione…che succede?”

 

Simon si lasciò prendere in collo da suo padre lì sul letto, e si appoggiò con la testa sul suo addome. “Mi fa malissimo lo stomaco… e gira tutto… e mi bruciano gli occhi…”

 

Ron scostò un attimo la pezzuola per sentirgli la fronte. “Non scotti…”

 

“Ha vomitato.” Disse preoccupata la piccola Katie.

 

“Sta male da stanotte.” Fece serio Jack. “Si lamentava nel sonno.”

 

Ron accarezzò la testa di suo figlio. “E’ tutto ok, campione, sarà solo una stupida influenza…”

 

Simon sbattè lentamente gli occhi. “Mamma non c’era da nessuna parte…e non c’eri neanche tu… avevamo paura di essere soli.”

 

“Ehi, ehi.” Ron gli accarezzò la guancia con la sua manona callosa. “Non importa tutto il resto, mamma e io ci siamo sempre per voi…non dovete avere paura.”

 

“La fai facile tu.” Fece piano Jack. “Piccoletto stava davvero male stamattina. E Katie si è messa a piangere.” La bambina annuì vigorosamente. “Non sapevo nemmeno io che fare.”

 

Ron sentì lo stomaco stringersi. “Mi dispiace… mi dispiace da morire… sono qui adesso, non dovete aver più paura di niente.”

 

Simon si stropicciò gli occhi. “Papà… noi ti manchiamo un po’?”

 

“Un po’?” Ron fece un piccolo sorriso amaro e diede un bacio sulla testa del figlio. “Simon, voi siete la cosa più importante per me…mi mancate in ogni attimo della giornata.”

 

“E mamma? Lei ti manca almeno un po’?”

 

“Più di quanto tu possa immaginare.”

 

Simon fece un piccolo sorriso. “Sai a me cosa manca più di tutto?” suo padre scosse la testa e continuò ad accarezzargli i capelli. “Mi manca lo spuntino notturno che facciamo sempre io, tu e Jack… quando mamma arriva e si arrabbia con noi perché la cioccolata fa male ai denti.”

 

Ron sorrise e annuì. “Già.”

 

“Io invece voglio di nuovo fare il vola vola la mattina.” Disse vispa Katie. “E saltare nel lettone quando voi dicete basta che volete fare ancora la nanna.”

 

“E tu ti diverti a buttarci giù dal letto, eh signorina?” Ron le diede un pizzicotto sul naso.

 

Jack ridacchiò. “Una sana partita a basket…ecco cosa mi manca. Tu contro me e Simon… oppure due tiri con la pluffa. Non ti offendere, piccoletto, ma tu come portiere sei negato.”

 

Sia Ron che Simon risero. “Lui ha altri talenti, Jack.”

 

“Scacchi.” Simon sorrise. “Vorrei fare un partitone con te… voglio vincere, ti voglio schiacciare.”

 

“Oh, guarda che lo fa, eh?” Katie puntò il suo ditino grassoccio in avanti, e Jack le arruffò i capelli.

 

Ron ridacchiò. “Non ne ho dubbi.”

 

“Papà?” Simon esitò, cercando le parole giuste. “A te cosa manca di più?”

 

Ron sospirò e fece un sorriso malinconico. “Mi manca la sera, quando prima di andare a letto vengo a controllare che siate tutti a dormire nei vostri letti. Quando vi rimbecco le coperte perché vi rotolate nel sonno, e mi assicuro che siate tutti e tre vicini a me, dove vi posso proteggere da tutto e da tutti.” i tre figli fecero dei piccoli sorrisi timidi. “Mi manca quando mi infilo nel letto e tengo mammina stretta forte a me, e quando non caschiamo dal sonno riusciamo a raccontarci qualcosa e anche a farci due risate prima di addormentarci… è bello quando stiamo così.”

 

“Mamma ti piace così tanto?” chiese Jack, quasi curioso. “Più di tutte?”

 

“Anche della signora bionda?” fece Katie.

 

Ron sorrise annuì. “Certo che sì. Mamma è splendida…lo è sempre stata. Nessuna è come lei.”

 

Jack inarcò le sopracciglia. “Davvero?”

 

Katie fece un sorriso dolce e si gongolò sulle ginocchia del fratello. “Lei è la tua principessa?”

 

“Si, tesoro, lei è la mia principessa.” Ron le baciò la fronte.

 

Simon tirò su col naso. “E perché non glielo dici? Noi vogliamo che torni… rivogliamo la nostra famiglia così com’era prima.”

 

Ron fece una piccola smorfia e scosse la testa, accarezzando la guancia lentigginosa di Simon. “Non è così semplice, purtroppo…gli adulti sono capaci solo di complicarsi le cose.”

 

Jack fece un sorriso identico a quello di suo padre. “Comportati da ragazzo, allora… se tu avessi la mia età cosa le diresti?”

 

“Ah, beh…” Ron ridacchiò. “Le direi che è la persona più cocciuta, fissata, testarda, ansiosa, gelosa e paranoica di tutta la terra.” Il suo sorriso si fece furbastro. “E per questo la amo da impazzire… devo essere pazzo anch’io per morire dietro a una così, eh?” Jack e Simon risero piano.

 

Un piccolo singulto catturò l’attenzione di tutti i presenti, e Ron spalancò gli occhi quando vide Hermione sulla soglia della porta; aveva ancora addosso l’uniforme, sembrava stanca e aveva due lacrime che le stavano lentamente scivolando lungo le guance… ma subito se le asciugò col palmo della mano, facendo un piccolo sorriso e venendo avanti.

 

“Ho ricevuto il gufo di Jack.” Disse piano, con la voce rotta. “Stai bene, tesoro?”

 

Simon annuì, restando appoggiato a suo padre. “Molto meglio, non ti preoccupare.” Hermione annuì nervosamente e si passò una mano fra i capelli, ciondolandosi sui piedi.

 

Ron le offrì un sorriso genuino…non sopportava di vederla così. “Un mal di stomaco passeggero… è tutto passato adesso.”

 

Katie battè le manine. “Mammina, lo sai che sei la principessa di papà?”

 

Due lacrime fresche scivolarono sulle guance di Hermione, che però cercò di ignorarle. “Sono contenta che… che tu sia arrivato subito, mi dispiace di aver fatto tardi, è solo che non riuscivo a…”

 

“Ehi.” Ron le prese una mano senza alzarsi, cercando i suoi occhi. “Va tutto bene, i ragazzi stanno bene.”

 

“E sono fortunati ad avere un padre come te.” Hermione rinunciò a trattenere le lacrime.

 

Simon annuì soddisfatto. “Questo si.”

 

Jack le strizzò l’occhiolino. “Beh, ci è andata bene anche ad avere una mamma come te, sai.”

 

Katie si stropicciò il naso. “Si, ma se mamma è la principessa di papà… allora io pure voglio fare la principessa! Simon, posso fare la tua principessa?”

 

“Va bene.” Simon annuì pazientemente.

 

Jack le diede un pizzico sul naso. “Guarda che puoi essere anche la mia.”

 

Katie scosse allegramente i riccioli biondi. “No, perché tu hai troppe principesse.” Qui tutti risero, Jack incluso.

 

Simon guardò sua madre. “Ma adesso papà mica se ne va di nuovo, vero?” disse piano.

 

Hermione si sentì stringere da un nodo la gola, e istintivamente strinse la mano di Ron nella sua. “Io non… non pensavo tutto quello che…non è vero che non ho fiducia in te, ne ho così tanta…” mormorò tra i singulti. “…tu e loro siete le cose più belle che la vita mi abbia mai dato, e non sono disposta a condividervi con nessuno, ecco…ecco la verità…”

 

“Vieni qua.” Ron la tirò giù finchè non la ebbe di nuovo fra le sue braccia, e la strinse forte a sé mentre lei singhiozzava e si aggrappava forte a lui. “Per me non è diverso, lo sai questo, vero?” le sussurrò contro una spalla, e lei annuì nel suo collo.

 

Jack sollevò i pollici a Simon, che gli strizzò l’occhiolino.

 

Ron sorrise quando Hermione si ritrasse indietro. “Ma riesco sempre a farti piangere io, eh?” lei rise e tentò di asciugarsi le lacrime.

 

“Alla buon’ora.” Fece Simon, appoggiandosi sui gomiti.

 

Katie battè festosamente le manine. “Bacio, datevi un bacio!” Ron e Hermione accontentarono la bambina più che volentieri, evitando di lasciarsi andare. Jack si mise le dita in bocca e cacciò un fischio, Katie battè le manine e Simon li prese in giro ululando.

 

Hermione rise e si scansò i capelli dalla faccia. “Ok, ok…” disse allegramente, tirando su col naso. “Tu hai bisogno di una tisana per lo stomaco, io devo lavarmi la faccia e bisogna preparare la cena… vado a darmi da fare.”

 

Jack notò lo sguardo di adorazione con cui suo padre stava seguendo sua madre che usciva dalla stanza, e suo malgrado fece un sorrisetto. “Avanti, valle dietro.” Gli disse ammiccante. “Tanto lo sappiamo che muori dalla voglia di sbaciucchiartela per bene.”

 

Ron gli strizzò l’occhiolino e si alzò, soffermandosi solo un attimo a dare un bacio a Katie prima di uscire anche lui dalla stanza. Simon aspettò che si sentissero i suoi passi lungo le scalette, quindi si mise eretto e si tolse la pezza dalla fronte, guardando il fratello con un’aria di orgoglio, sfida e furbizia scritta tutta sulla faccia.

 

Jack rise e scosse la testa. “Tu, piccolo sadico bastardino cervellotico e manipolatore… sei un maledetto genio, lo sai?”

 

“Oh, eccome se lo so.” Simon annuì con orgoglio. “Ma non ho sentito le parole.”

 

Pure?!”

 

Simon incrociò le braccia dietro la testa, con aria ostinata. “Allora?”

 

Jack s’imbronciò, ma le labbra gli si incresparono in un minuscolo sorrisetto compiaciuto. “Avevi ragione tu, e il tuo cervello è più grande del mio. Soddisfatto adesso, poppante?”

 

Simon rise e annuì. “Si.”

 

 

***************

 

 

Ron entrò molto piano nella cameretta di Katie, facendo bene attenzione a non svegliarla e a non urtare la sua lampada preferita, quella che proiettava le immagini sul muro e in cui lui inciampava sempre. Katie dormiva della grossa, e i suoi morbidi riccioli biondi erano raccolti in un paio di piccole trecce. Ron le sistemò meglio il lenzuolo leggero e si soffermò a darle un piccolo bacio prima di uscire e andare nella stanza degli altri due figli.

 

Tanto per cambiare si erano addormentati con l’abat-jour ancora accesa i vestiti per metà a terra. Simon dormiva a pancia sotto con la testa sul bordo estremo del letto e un braccio di fuori, mentre Jack aveva una gamba penzoloni dal materasso e la testa appoggiata a un cuscino di troppo. Ron li sistemò delicatamente entrambi, e uscì spegnendo la lucetta e gettando un ultimo sguardo ai suoi ragazzi, quindi riuscì a raggiungere la sua camera.

 

Hermione era già sdraiata nel lettone, in attesa; appena lo vide entrare gli tese le braccia, e lui con un sorriso s’infilò nel letto e le passò le braccia attorno ai fianchi, dandole un bacio sulla fronte. Lei si sistemò bene nel suo solido abbraccio, e si accoccolò con la testa sulla sua spalla. “Sai cosa?” gli sussurrò. “Ho tre notti di sonno arretrate… a quanto pare da sola non riesco più a dormire.”

 

Ron fece un sorrisetto. “Ah, ora mi hai rassicurato davvero…così adesso so cosa fai quando mi mettono di turno la notte.

 

Hermione gli diede uno schiaffetto sul braccio, gongolandosi su di lui. “Mmh…ho tante di quelle cose da raccontarti…ma sto crollando dal sonno…”

 

Ron le vide socchiudere gli occhi, e la rassicurò con un bacio. “Mi dirai tutto domani… chiudi gli occhi e fa’ un bel sogno, adesso.”

 

Hermione li chiuse, ma fece un sorriso assonnato. “Sogni d’oro anche a te.”

 

“Buonanotte.” Ron ci mise un po’ di più ad addormentarsi… preferì godersi di nuovo la quiete di casa sua, e crogiolarsi ancora un po’ in quella magica sensazione di pace e serenità che solo Hermione e i suoi figli sapevano dargli. Quella magica sensazione di nome amore.

 

 

 

*** The End ***

 

 

 

Quasi dimenticavo! Un in bocca al lupo generale a tutti quelli che devono fare gli esami quest’anno! Spaccate il mondo, ragazzi! ^_-

 

Sunny

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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