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Autore: bluemary    26/08/2012    1 recensioni
"Un dolore terribile lo avvolse, mentre sentiva che gli stavano strappando la sua stessa coscienza, la sua anima. Con un ultimo barlume di lucidità ripensò a Viridian ed alla promessa che ormai non sarebbe riuscito a mantenere. Poi ci fu solo il buio."
Uno dei Cinque è caduto, ma sono ancora numerosi gli ostacoli da abbattere per chi desidera la libertà di Sylune. E mentre i tre ragazzi che hanno sfidato la Fiamma Nera si trovano a fronteggiare le conseguenze delle loro azioni e gli inaspettati intrecci dei loro destini, Kysa e Viridian si avvicinano sempre più ad un cammino da cui non esiste ritorno.
Seconda parte della mia saga su Sylune.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sylune'
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Ecco il nuovo capitolo, grazie mille ad Animor94 e a Maysilee per i commenti!




-Capitolo 1: Dopo la tempesta-

Kilik si stese sul letto, incapace di contrastare una stanchezza più opprimente e soffocante di quella puramente fisica.
Lui, Rafi e Sky erano giunti in quella locanda appena mezzora prima, dopo la fuga disperata attraverso la foresta, con cui pareva fossero riusciti a far perdere le tracce ai loro inseguitori. Nonostante fossero tutti esausti per lo scontro in cui erano riusciti ad uccidere Ghedan, avevano cavalcato senza sosta per ore, consci di doversi allontanare il più possibile da Darconn, la città dove avevano compiuto l’assassinio, per evitare di venire individuati dagli altri Oscuri.
Il cielo azzurro aveva cominciato ad incupirsi con le tinte della notte, mentre il giorno volgeva al termine, quando infine avevano raggiunto il rifugio a cui li aveva indirizzati Lensin, ed una volta di più Kilik era rimasto sorpreso dalla forza di volontà dimostrata in quel frangente da Rafi: pur dovendo sopportare la ferita al fianco, l’assassina era rimasta in sella fino alla fine e non aveva ceduto al dolore neppure una volta smontata da cavallo, riuscendo ad entrare nella locanda sulle sue gambe ed a dirigersi verso le stanze al piano superiore senza un lamento.
Schiacciata dalla sofferenza proveniente dalla costola fratturata, era crollata solo a metà delle scale e lui era stato costretto a prenderla in braccio, nonostante la debolezza e l’imbarazzo per un contatto tanto intimo con la sua nemica. Mentre la stava portando verso le camere l’aveva sentita pronunciare un nome, Locket, ed allora si era davvero preoccupato, convinto che il dolore la stesse trascinando verso il delirio e la follia; tuttavia, non appena si era ritrovata stesa sul letto, Rafi l’aveva aggredito come suo solito, colpendolo al volto e cacciandolo dalla propria stanza con una veemenza tale da fargli dubitare che fosse ferita. Prima di chiudere la porta dietro di sé, l’aveva vista chinarsi faticosamente sul suo zaino per prendere il sacchetto di erbe che le aveva dato Alista.
Nuovamente tornò a chiedersi quali segreti fossero racchiusi nei gelidi occhi dell’assassina, tuttavia questa domanda perse presto la priorità nei suoi pensieri, nel momento in cui altri quesiti gli attraversarono la mente, richiedendo la sua attenzione in maniera ben più pressante.
Aveva riflettuto a lungo su ciò che gli era successo nei sotterranei di Ghedan, quando aveva liberato un potere sconosciuto ed abbastanza potente da distruggere il suo stesso corpo in una vampata d’incommensurabile energia.
Subito il ricordo del fratello s’insinuò simile ad una brace rovente tra i suoi pensieri, nel tentativo di catturare la sua attenzione come già aveva fatto durante l’interminabile fuga da Darconn, ma lui lo rifiutò con fermezza, troppo esausto e logorato dalla tensione delle ultime ore per permettersi di soffrire ancora per quel giorno. Impegnando ogni fibra del suo essere per cancellare dalla sua mente l’immagine di Kohori, si concentrò invece sullo strano comportamento della sua magia, chiedendosi per l’ennesima volta in virtù di quale strano fenomeno fosse riuscito a sopravvivere.
Conosceva fin da bambino la legge che regolava i poteri di cui gli Eterei come lui erano dotati: nessuno sarebbe riuscito ad utilizzare appieno i propri poteri, in quanto essi erano una componente essenziale della loro esistenza, così come la carne ed il sangue, ed i pochi folli che provavano a disobbedire ad una simile costrizione perivano tutti entro pochi istanti: privati dell’energia vitale, i loro corpi smettevano quasi immediatamente di respirare e le loro coscienze si spegnevano nell’oblio.
Contro Ghedan aveva esaurito quasi totalmente la sua magia, giungendo sul labile confine tra la vita e l’annientamento. Avrebbe dovuto morire anche solo per il tentativo di bruciare ogni singola goccia della sua magia con quell’esplosione di collera disperata dinanzi al cadavere del fratello, ed invece essa era accorsa al suo richiamo, più violenta di quanto fosse mai stata, e perfino la spossatezza che l’aveva fatto cadere in ginocchio subito dopo era svanita in pochi secondi, permettendogli poi di utilizzare nuovamente i suoi poteri per curare l’assassina.
Scosse la testa, incapace di comprendere cosa gli fosse successo.
E c’era un altro particolare che lo incuriosiva e terrorizzava al tempo stesso: quella che si era risvegliata nei sotterranei e gli aveva invaso le vene con l’insostenibile intensità di un fiume in piena, non era la sua magia. Una forza tanto impetuosa ed inarrestabile, quell’energia allo stato puro in cui era stato pronto ad annullarsi per sempre, di cui forse solo i Custodi potevano rivendicare il possesso, non poteva appartenergli, neppure nei momenti finali della sua esistenza, a prezzo della sua stessa vita.
Studiò in silenzio il palmo della sua mano destra, quasi credesse di poter ritrovare la traccia di quel terribile potere che l’aveva avvolta solo qualche ore prima, ma sulla pelle liscia non c’era nulla a dimostrazione dell’accaduto.
Distolse lo sguardo e sospirò, troppo esausto per riflettere lucidamente e trovare le risposte alle sue domande.
Un discreto bussare alla porta lo distolse dai suoi pensieri, restituendogli un leggero sorriso. Prima ancora di aprire e trovarsi di fronte il suo volto da bambina, sapeva già che si sarebbe trattato di Sky. Era stata lei ad occuparsi di tutte le formalità con il gestore della locanda, chiedendogli alloggio per la notte ed un pasto caldo.
- La cena è servita!- esordì, mostrando trionfalmente i due vassoi ricolmi di cibo che teneva in mano.
Pur non avendo riportato vere e proprie ferite, né avendo subito la stessa terribile esperienza dell’Etereo di trovare il cadavere di un proprio familiare, la visita nel castello di Ghedan non era risultata indolore neppure per lei: i lividi violacei attorno al collo dove l’Oscuro aveva cercato di strangolarla, uniti ai rochi sussurri che avevano preso il posto della sua voce solitamente argentina e squillante, ne erano la chiara dimostrazione.
Accorgendosi del precario equilibrio delle vivande, Kilik afferrò entrambi i vassoi, togliendoli delicatamente dalla presa incerta dell’amica.
- Se sei d’accordo preferisco mangiare in compagnia. – le disse, facendole cenno di entrare nella stanza.
Sky gli sorrise.
- Anche io. – dopo una rapida esplorazione della camera con lo sguardo si diresse sul letto, prendendo posto accanto all’Etereo, che si era appena seduto con i piatti sulle ginocchia ed ora le stava porgendo la sua porzione - Sai, per un attimo ho pensato che mi volessi defraudare della cena.
- Non oserei mai. – rispose lui con un ghigno appena accennato, silenziosamente grato a quella presenza loquace e solare che allontanava dal suo animo le ombre della solitudine.
Nonostante la stanchezza, attaccarono entrambi la cena con una voracità simile all’ingordigia, terminando tutto in pochi minuti. Solo quando ebbe ingoiato l’ultimo boccone di cibo, Kilik parve ricordarsi dell’altra loro alleata.
- Rafi ha già mangiato?
La ragazza scosse la testa con aria avvilita.
- Non l’ho più vista da quando siamo arrivati. Prima di venire da te ho provato a bussare alla sua porta, ma non mi ha risposto e si era chiusa a chiave, così le ho lasciato il vassoio fuori dalla stanza. – la voce le si velò di preoccupazione - Come stava quando l’hai portata in camera?
- Bene, direi. – replicò laconicamente lui, mostrandole il lato sinistro del volto su cui spiccava un livido scuro, più recente di quelli riportati durante lo scontro con Ghedan.
Quando la spadaccina comprese cosa intendeva, assunse uno sguardo sorpreso.
- Perché?
Kilik scosse le spalle.
- Credo abbia frainteso le mie intenzioni. – rispose, mentre ricordava che l’assassina aveva recuperato la propria lucidità proprio nel momento in cui la stava adagiando sul letto, in una posizione troppo ravvicinata per non sembrare compromettente - Prima ed ultima volta che la porto in braccio.
La ragazza esitò un istante, prima di porre una seconda domanda.
- E tu come stai?
- Se ti dicessi che sto bene mi crederesti? – replicò l’Etereo.
Sky scosse la testa.
- Lo sapevo che era morto, però… - mormorò lui, senza riuscire a continuare per il sordo dolore che aveva cominciato a crescere nel suo petto ed ora cercava di infrangere il suo autocontrollo per liberarsi in un violento singhiozzo.
- Kilik… - sussurrò la ragazza, incapace di dire altro.
Conosceva fin troppo bene il dolore straziante di perdere una persona amata ed altrettanto tristemente sapeva che non esisteva alcuna cura per mitigare una simile sofferenza.
Lentamente spostò la propria mano fino a sfiorare la sua, abbandonata sul materasso su cui entrambi erano seduti, per poi accarezzarla e stringerla senza dire nulla, preferendo affidare il proprio desiderio di confortarlo ad un gesto silenzioso piuttosto che a parole vuote ed inutili.
Senza rompere quel momento di mutismo, l’Etereo ricambiò la stretta dell’amica, poi le cinse la schiena con le braccia e l’attirò dolcemente contro il suo petto, nel tentativo di scacciare la solitudine che aveva già gettato ombre cupe nel suo animo. Non voleva piangere, il suo dolore per la morte di Kohori raggiungeva un’intensità troppo elevata per sperare di poterlo sfogare attraverso le lacrime, tuttavia, nonostante tutti i suoi sforzi, la sua vista divenne a poco a poco sempre più sfocata, fino a quando una scia umida si fece strada lungo la guancia.
Timidamente, senza staccarsi da lui, la ragazza cominciò ad accarezzargli la testa, con fare impacciato ma pervaso di una dolcezza quasi materna, e per interi minuti nella stanza non ci furono altri suoni all’infuori dei loro respiri e dell’impercettibile rumore causato dal regolare movimento della sua mano immersa nei corti capelli neri dell’amico.
Poi, in maniera quasi improvvisa, Kilik si sciolse dall’abbraccio senza guardarla.
- Domani me ne andrò. – disse, la voce indifferente come lei non l’aveva mai sentita.
Spalancò la bocca, sorpresa e per un istante ammutolita da una simile affermazione che non comprendeva.
- Cosa?
- Passerò qui la notte per recuperare le forze, ma poi me ne andrò per la mia strada.
A queste parole, Sky balzò in piedi.
- Perché? Pensavo volessi uccidere gli Oscuri. – rimase in silenzio un attimo, alla ricerca di una motivazione per una simile scelta, prima di continuare a parlare, con voce sensibilmente più bassa - È per tuo fratello?
L’Etereo si alzò a sua volta dal letto e scosse la testa.
- No, lo faccio per voi.
- Come sarebbe a dire “per noi”?
- Tu e Rafi ve la caverete meglio senza di me. – distolse lo sguardo da lei per puntarlo verso la parete più lontana - Per colpa mia avete rischiato di morire.
- Per colpa tua? Cosa stai dicendo?!
Kilik trasse un respiro profondo, quasi avesse bisogno di tutto il suo coraggio per tornare a fissarla negli occhi.
- Sono stato io a chiederti a di non uccidere subito Ghedan, convinto di avere la situazione sotto controllo, quando invece vi ho praticamente condannate.
La spadaccina provò a mettergli una mano sulla spalla per confortarlo, senza che il gesto avesse un qualche effetto su di lui.
- Ma alla fine ce l’abbiamo fatta, cosa importa se Rafi l’ha ucciso al mio posto? L’importante è che siamo ancora tutti vivi, no?
- Certo non per merito mio! – esplose il ragazzo – Avrebbe potuto morire. Tu avresti potuto morire! Tutto perché io non sono stato in grado di contrastare l’incantesimo di Ghedan. Ha ragione Rafi, non sono di alcuna utilità, allora tanto vale che combatta da solo, così almeno non verrete uccise per colpa mia.
Respirando a fatica a causa dell’opprimente amarezza nel suo petto, si lasciò nuovamente tormentare dai sensi di colpa per quella folle richiesta con cui aveva quasi decretato la fine di due persone; perfino il pensiero che l’odiata assassina avesse rischiato di perdere la vita a causa della sua sconsideratezza lo turbava con un rimorso difficile da comprendere, dopo essersi ripromesso più volte durante i giorni precedenti che in un futuro non molto lontano l’avrebbe uccisa con le sue stesse mani. Era stato necessario vederla in bilico tra la sottile linea di demarcazione tra la vita e la morte per fargli capire che, nonostante tutto, aveva ormai cominciato a considerare quella silenziosa guerriera come una compagna, un’alleata difficile da sopportare, ma di cui avrebbe pianto la scomparsa.
Squadrò la spadaccina, che era rimasta in silenzio, sconvolta dalla violenza delle sue parole, ed un’altra fitta di dolore gli morse il petto alla sola idea di averla potuta mettere in una simile situazione di pericolo.
- Non sono stato in grado di proteggere mio fratello e certo non riuscirò a proteggere voi. Fareste meglio a trovarvi un altro compagno per la vostra lotta, se volete sopravvivere. – concluse con voce amara, fissando l’amica negli occhi per meglio rafforzare le proprie parole.
La mano della ragazza si abbatté improvvisamente sulla sua guancia con uno schiocco violento, lasciando dietro di sé una bruciante sensazione di dolore e la sagoma ben impressa di cinque dita.
- Se non ci fossi stato tu, nessuno di noi sarebbe vivo ora. Ghedan l’abbiamo sconfitto insieme! Se ti sento dire un’altra volta una sciocchezza simile sarò costretta a prenderti a calci fino a quando non mi faranno male le gambe!
Con il palmo premuto contro il volto percosso, sconvolto dalla reazione così diversa dal solito atteggiamento amichevole e gentile dell’amica, Kilik la fissò stranito: i suoi occhi castani ardevano per la collera e, nonostante in essi si potesse scorgere un luccichio di lacrime trattenute a fatica, la sua voce non aveva tremato in alcun modo durante la violenta replica.
Sempre con lo sguardo attonito fisso su di lei, rimase in silenzio per un paio di secondi, prima che la rabbia gli restituisse la voce.
- La mia magia è troppo debole, se non sono riuscito a contrastare neppure Ghedan, che speranze potrei avere con gli altri Oscuri? – urlò, riversando in quella domanda tutta la frustrazione ed i sensi di colpa che lo stavano tormentando.
- Le stesse che abbiamo io e Rafi! Cosa credi che ci sarebbe successo se tu non avessi dissolto la magia che lo difendeva?! Siamo riusciti a sconfiggere un simile avversario solo perché abbiamo unito le nostre forze, e tu adesso stai progettando di abbandonarci?
Le parole della ragazza lo colpirono come un secondo schiaffo.
Indietreggiò istintivamente, mentre la consapevolezza di essere guidato dall’altruismo e dal terrore di poter assistere alla morte delle sue alleate risvegliavano in lui una rabbia profonda, nel ricevere una simile accusa di cui non si sentiva colpevole.
- Credi che mi piaccia la solitudine?! – ringhiò, incurante di sfogare la propria amarezza proprio con l’amica che desiderava difendere ad ogni costo - Se ho deciso di lottare da solo è per il vostro bene, almeno in questo modo potrò proteggervi dai miei stupidi piani!
- Dovresti proteggerci con la tua magia, non lasciandoci sole! – replicò la spadaccina ancor più violentemente, nonostante il dolore alla gola le arrochisse la voce.
Strinse i pugni e chiuse gli occhi, mentre sentiva le lacrime che era riuscita a trattenere fino a quel momento rigarle suo malgrado le guance.
- Sei un idiota, Kilik!
Si volse all’improvviso, per non mostrare al compagno quel segno di debolezza, ma lui riuscì lo stesso a scorgere il riflesso dei suoi occhi lucidi e questa immagine spazzò via la sua collera in un istante, lasciandolo solo con un bruciante senso di colpa al pensiero di averla fatta piangere per la seconda volta in quel giorno.
- Scusa. – le disse, afferrandole dolcemente le spalle per arrivare a guardarla in viso.
Sotto la gentile pressione delle sue mani, la ragazza acconsentì a voltarsi, ma prima d’incrociare il suo sguardo si passò un braccio sugli occhi, in modo da cancellare ogni traccia delle lacrime.
- Credevo che ormai fossimo amici, come hai potuto pensare di abbandonarci così? Posso capirti se non vuoi più combattere, ma non puoi andartene per lottare da solo contro un nemico tanto forte. Vorrebbe dire condannarti a morte certa, condannare anche noi! Tu non sei in grado di sconfiggere da solo un Oscuro e credi forse che io e Rafi possiamo avere una qualche possibilità di andare lontano senza la tua magia? – si bloccò per riprendere fiato solo lo stretto necessario, in modo da impedire all’amico di intervenire prima della fine del suo discorso - Se è stata proprio lei a chiederti un’alleanza, nonostante il suo odio per la tua gente, come puoi pensare di essere inutile?!
Momentaneamente zittito da una replica tanto accorata, l’Etereo si prese qualche secondo di silenzio, durante il quale lottò ferocemente con se stesso, diviso tra l’impulso di contraddire la compagna per rimarcare le proprie colpe ed il desiderio quasi disperato di poter credere alle sue parole ed accettare la sua incondizionata fiducia.
- Mi dispiace, Sky. – mormorò poi in maniera appena percettibile - Sono stato proprio un idiota.
La ragazza annuì senza dire nulla ed un altro minuto di silenzio passò prima che trovasse il coraggio di porgli la domanda che le torturava la mente.
- Rimarrai?
- Come potrei non farlo, dopo quello che mi hai detto? – replicò lui, con un debole sorriso, prima di tornare serio – Ma se la prossima volta cercherò di fare ancora simili sciocchezze, non ascoltarmi e tirami un pugno.
Invece di concordare con le sue parole, la ragazza scosse la testa.
- Io nella tua situazione avrei fatto lo stesso. – commentò, con una voce tanto pacata e sicura da dargli l’assoluta certezza della sua sincerità - E sono convinta che anche Rafi, se avesse una persona a cui tiene davvero, avrebbe anteposto la possibilità di trovarla alla propria salvezza.
Per quanto non attenuassero in alcun modo il suo senso di colpa, simili parole scaldarono il cuore del mago, che per un istante si sentì quasi rinfrancato.
- Grazie. – le disse, senza guardarla
Sospirò, quindi ricercò gli occhi dell’amica, con uno sguardo in cui la collera aveva lasciato spazio ad un’intensa amarezza.
- Non mentivo, come Etereo sono un fallimento. Credo di essere il mago più debole di tutta la mia razza.
- A me non sembravi tanto male. Sei riuscito a contrastare un incantesimo di Ghedan, non mi sembra una cosa da poco!
- Per farlo però ho consumato quasi tutta la mia energia. – replicò Kilik – Contro gli altri Oscuri non ho alcuna speranza di essere d’aiuto.
- Allora allenati. – replicò la ragazza, sorridendogli per incoraggiarlo a liberarsi da quell’opprimente sensazione di sfiducia che trapelava dalle sue iridi viola, ma lui scosse la testa.
- La magia è una capacità innata, non la si può allenare.
- Se non provi come fai a dirlo?
Kilik scosse le spalle.
- Lo so e basta. Viridian non te ne ha parlato? La quantità di magia che un Etereo possiede è sempre costante. Può cambiare l’abilità con cui ci si serve di essa, ma non la si può aumentare a proprio piacimento. – commentò, deciso a chiudere il discorso con quell’ultima frase.
Sky rimase a fissarlo senza alcun cedimento nell’espressione decisa.
- Secondo me dovresti comunque provare.
- Non avrebbe senso.
- Fai come preferisci. Io comunque continuerò a chiedertelo finché non accetterai, e sappi che so diventare davvero insopportabile, quando mi impegno! - lo minacciò, con uno sguardo serio che avrebbe voluto sembrare truce e spietato.
Kilik scosse la testa, mentre un leggero senso di pace affiorava dai suoi lineamenti e nel suo cuore, senza tuttavia cancellare l’angoscia con cui aveva rivissuto ogni secondo del combattimento e quei terribili momenti nelle celle di Ghedan, con gli occhi fissi sul cadavere del fratello. Si costrinse a reprimere quel sordo dolore dentro di lui, quel vuoto quasi palpabile che l’avrebbe tormentato per sempre, e rilassò il volto, in modo da non far preoccupare ulteriormente la compagna.
- A volte sei proprio una bambina. - commentò, con un sospiro di falsa rassegnazione e l’ombra di un ghigno, che cercò con tutte le sue forze di non far risultare forzati.
La ragazza accennò un sorriso.
- Solo perché tu e Rafi siete troppo seri. Non lo sai che ogni tanto ridere fa bene?
- Non pensavo di esserne ancora capace. - mormorò l’Etereo dopo un po’ di silenzio.
Da quando aveva perso il contatto con Kohori le sue labbra si erano raramente piegate verso l’alto senza alcun accenno di sarcasmo o ironia, tuttavia in compagnia di Sky gli sembrava che prima o poi avrebbe potuto nuovamente abbandonarsi a quella sensazione su cui credeva di aver perso ogni diritto.
L’attirò a sé, in un abbraccio improvviso che le fece quasi perdere l’equilibrio, comprendendo in quell’istante come quella ragazzina fosse riuscita ad entrare tanto in profondità nel cuore di Viridian. Con l’amica adagiata contro di lui e la sua guancia all’altezza del cuore, la sensazione di disperazione e sconfitta che gli attanagliava il petto pareva affievolirsi fino a divenire quasi sopportabile.
Sky ricambiò con trasporto, nonostante la stretta convulsa dell'amico le rendesse quasi impossibile respirare.
- Allora, domani comincerai ad allenarti? - gli chiese, con la voce semisoffocata dal suo torace, dopo qualche secondo di silenzio.
Kilik incurvò le labbra in un sorriso, allontanandosi di un passo da lei, in modo da poterla fissare direttamente negli occhi.
- Sei esasperante!
- Te l’ho detto che sono testarda! – replicò la ragazza, quasi con fierezza – Allora, lo farai?
Senza che il suo volto rivelasse la sofferenza da cui era tormentato senza tregua, il mago le sfiorò i capelli, con un gesto a metà tra una carezza appena accennata ed un tentativo di scompigliarglieli amichevolmente.
- Promesso.

Lo vide con gli occhi della mente senza neppure il bisogno di cercarlo, già a diverse miglia dal suo castello.
Stava volteggiando nel vento, i suoi passi leggeri sfioravano l’erba per un solo istante prima di prendere lo slancio per un nuovo salto, quasi portare i colori del cielo e delle nuvole lo rendesse un’eterea creatura dell’aria in grado di muoversi senza sforzo alcuno, mentre il paesaggio sfrecciava attorno a lui in una macchia indistinta.
Nonostante fosse pronto ad allacciare un contatto con i suoi pensieri, scelse di rimanere una presenza muta, quasi impercettibile, lasciandosi andare ad un raro momento di ammirazione per quella che rimaneva la sua pedina più preziosa, il suo alleato più sincero ed indecifrabile al tempo stesso; quando lo vide rallentare, tuttavia, si rese conto che era stato in grado di percepire il contatto della sua mente, pur non avendo proferito alcuna parola per attirare la sua attenzione.
Ormai consapevole dell’inutilità del suo silenzio, s’insinuò in maniera più profonda nei suoi pensieri, ma non si manifestò dinanzi ai suoi occhi com’era successo durante l’ultima loro conversazione, preferendo limitare il loro contatto telepatico al solo dialogo.
- Hai già compiuto il compito che ti avevo affidato?
Il giovane si fermò, con il respiro regolare e quasi impercettibile, in cui non si riscontrava alcun affanno per la lunga corsa appena interrotta, e gli occhi incolori fissi sulle stelle appena comparse nel cielo.
- Sì, la Fiamma Nera è stata rinvigorita.
- Hai notato qualcosa di strano?
L’albino scosse la testa.
- Il sigillo è intatto, nessun Etereo è riuscito a liberarsi dall’Esilio.
- Dunque l’assassino di Ghedan dev’essere un Alher. – commentò Daygon, trovando nel silenzio del suo interlocutore un muto consenso.
Come al solito la mente del suo alleato era un libro aperto ai suoi occhi, un luogo familiare e conosciuto in cui si era addentrato infinite volte senza che alcun ostacolo cercasse di fargli deviare il cammino. Kyzler si offriva a lui privo di protezioni: per quanto la sua persona rappresentasse ancora un enigma di difficile comprensione, durante quei momenti di contatto telepatico si abbandonava in sua totale balia come la più indifesa delle creature, che non aveva mai neppure fatto il tentativo di nascondergli le sue emozioni più intime e nascoste.
Grazie a questa conoscenza quasi assoluta dell’altro mago, gli bastò qualche secondo per accorgersi di una nota stonata dentro di lui. C’era un’impalpabile inquietudine nei suoi pensieri, simile ad una leggera increspatura sulla superficie di un lago che avrebbe dovuto essere invece liscia quanto uno specchio.
- I ricordi ti tormentano, Kyzler? – chiese, nel percepire il volto confuso di una giovane Eterea attraverso quel turbamento tanto flebile ed inconsistente, di cui poteva solo indovinare l’esistenza.
- Sempre. – mormorò in un soffio l’albino.
All’improvviso parve ritrarsi nella parte più intima del suo animo, pur senza alcun tentativo di sfuggire al contatto con la sua mente.
Daygon preferì non indagare oltre, conoscendo le ombre presenti nel suo giovane alleato come se ne venisse angosciato lui stesso.
- Dovresti dimenticare il passato. – commentò, senza alcuna emozione, ma le parole con cui avrebbe desiderato archiviare un simile discorso ottennero una replica appena percettibile, che, come in altre occasioni lo lasciò muto, ad interrogarsi sul suo significato.
- Il passato è l’unico posto in cui ho vissuto.
Quando anche l’eco di questa risposta svanì dalla sua mente, il più forte sovrano di Sylune si costrinse ad ignorare l’accenno di frustrazione che l’aveva colto nel riconoscere ancora una volta quanto il suo alleato potesse risultargli incomprensibile, in modo da poter introdurre il motivo principale di quella conversazione.
- Allora forse potrò distrarti da simili pensieri. Sei pronto a scendere in campo al mio fianco?
Un bagliore di vita illuminò gli occhi del giovane Oscuro, cancellando lo sguardo spento con cui fino a quell’istante aveva fissato l’aria dinanzi al suo volto.
- Che genere di nemico sarebbe tanto pericoloso da richiedere la mia presenza?
- Dovresti saperlo, Kyzler. Credo sia giunto il momento di lasciarmi alle spalle chi non è fidato.
- Quale dei tuoi alleati desideri eliminare? – chiese ancora l’albino, con una vena di aspettativa nella voce priva di ogni apprensione - Forse entrambi?
Daygon sorrise.
- Non posso privarmi sia di Lotar che di Sawhanna, non ancora. Ma presto relegherò entrambi nelle tenebre.
- Pensi di riuscire a governare Sylune unicamente con il mio supporto?
- Ho anche Devil al mio fianco.
La replica sommessa del giovane non si fece attendere.
- È umano. Non ti basterà il suo aiuto per mantenere viva la Fiamma Nera. Anche se gli hai fatto dono della magia, resta una creatura estranea ad essa, non possiederà mai i nostri poteri.
- Per questo tu cercherai l’Alher che ha ucciso Ghedan e mi porterai la sua magia. – gli disse l’Oscuro più vecchio, con un tono autoritario che non sarebbe stato possibile scambiare per una semplice richiesta - I tuoi poteri superano di gran lunga quelli di Lotar e Sawhanna, non ti sarà difficile arrivare alla tua preda prima di loro.
Per la prima volta dall’inizio di quella conversazione, la voce di Kyzler assunse una sfumatura sorpresa.
- Per quale motivo allora li hai incaricati dello stesso compito che mi stai affidando?
- In questo modo saranno troppo impegnati a ricercare l’Alher per complottare contro di me. – replicò il suo interlocutore, con appena un velo d’ironia - Sono convinto inoltre che su Sylune ci sia almeno un altro possessore della magia, oltre a noi Oscuri ed all’assassino di Ghedan, e desidero averlo al più presto nelle mie mani.
L’albino rimase un istante in silenzio, all’inseguimento di un dubbio che lo tormentava da quando aveva provato a percepire i tre ribelli, ricavandone una strana sensazione di familiarità.
- E se non fosse un Alher? – chiese poi, prima di abbassare ulteriormente la voce con cui parlava nella mente di Daygon - O se lo… riconoscessi?
- I miei ordini non cambierebbero.
I lineamenti del giovane Oscuro ebbero un guizzo improvviso.
- Mi stai chiedendo di uccidere un Etereo?
- Non sarebbe la prima volta, Kyzler. – replicò dolcemente il signore di Sylune - Le tue mani sono impregnate del sangue del tuo popolo fin da quando eri un bambino.
Attese invano una risposta dal suo giovane alleato, ma il silenzio all’interno della sua mente era tanto profondo ed assoluto da fargli dubitare per un istante di avere ancora un collegamento con lui. Una ruga infastidita comparve sulla sua fronte per quell’inaspettato indugio da parte di chi gli aveva sempre obbedito senza alcuna obiezione, poi il suo sguardo severo venne mitigato dall’ombra di un sorriso.
- Vorresti forse ribellarti a me? - la voce venata di blando divertimento con cui gli si era rivolto assunse un’accezione di velata minaccia - Io ti ho reso ciò che sei, Kyzler, te ne sei dimenticato?
- No, questa è l’unica cosa che non potrei mai fare. – rispose lui, con uno strano tono di voce in cui s’intrecciavano gli echi di mille emozioni.
- Allora, sei pronto ad obbedire ai miei ordini e portarmi la magia che ti ho chiesto?
L’albino chinò il capo in un silenzioso segnale di sottomissione, prima di volgere un’ultima volta lo sguardo al cielo, con gli occhi nuovamente spenti in cui si riflettevano i gelidi bagliori delle stelle lontane.
- Sì, maestro.

   
 
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