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Autore: JulesBerry    27/08/2012    3 recensioni
[Seconda revisione ultimata]
Margaret Stevens è una strega diciassettenne che, nell'agosto del 1995, ritorna in Inghilterra, suo Paese natale, dopo nove lunghi anni.
Qui potrà rincontrare le persone a lei sempre state care: quelle persone che non ha mai dimenticato, che hanno sempre avuto un posto nel suo cuore, e che, nonostante tutto, hanno fatto sentire la loro presenza anche negli anni della lontananza.
Perché, questo lei lo sapeva, i Weasley sono sempre stati la sua seconda famiglia. E dalla famiglia, prima o poi, si ritorna.
-Dall'undicesimo capitolo-
«Fred, cosa dovrei fare? Fa’ sparire ogni pensiero strano, quel sorriso malizioso lo conosco fin troppo bene. E poi, per le mutande di Merlino, hai solo un asciugamano addosso: per me non è facile concentrarmi, il tuo corpo mi distrae!» esclamò Meg che, senza volerlo, si lasciò scappare quell’ultima frase. Si morse il labbro, maledicendosi mentalmente e pensando che buttarsi dalla finestra non doveva essere poi un’idea tanto cattiva.
«Ti distraggo? Be’, in effetti, sono stupendo, magnifico, incantevole! Come biasimarti? Sono la quintessenza della bellezza!» commentò Fred, vanesio, mentre il suo ego gonfiava a dismisura.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George e Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Che l'amore è tutto, è tutto ciò che sappiamo dell'amore'
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Capitolo 1


 
 

- Back in time -
L’assenza dell’essere amato lascia dietro di sé
un lento veleno che si chiama oblio
 


Well I know the road is long
But I'm staying strong
So don't cry
Cause this is not my last goodbye


 
20 dicembre 1978

 
Era un pomeriggio invernale come tanti, quello del 20 dicembre del 1978. L’atmosfera natalizia aveva già cominciato a farsi sentire da diversi giorni, e all’interno di quell’abitazione accogliente e riccamente addobbata si poteva percepire un’allegria fuori dal comune. Quasi insolita, in effetti, se si considerava il periodo difficile che si stava attraversando.
Due donne erano accomodate sul divano accanto al camino, una bassa, un po’ robusta e dai capelli rossi, l’altra un po’ più alta, magra e dai mossi capelli color castano rame. Stavano prendendo un tè, chiacchierando del più e del meno, e ogni cosa sembrava immersa in una quasi irreale tranquillità. Ci pensarono però delle urla e qualche schiamazzo a rompere quel piacevole equilibrio.
«Oh, George! Molla i capelli di Maggie! E tu, Fred, ridalle la cioccolata!» sbottò Molly Weasley, che con uno scatto si alzò dal divano e si diresse verso quei tre bambini che in quel momento si trovavano sul punto di azzuffarsi. Difatti, un bimbo di circa otto mesi, dai capelli rossi come la madre, gli occhi azzurri e il sorriso birichino, era intento a tirare con forza i capelli più scuri di una bambina di un mese più piccina, mentre il di lui gemello, dispettoso tanto quanto il fratello, le aveva appena rubato la cioccolata. La piccola, urlando, si gettò sul secondo e, con un morso ben assestato, si attaccò al suo braccio. Il piccolo, ovviamente, scoppiò a piangere, mentre il primo bambino se la rideva di gusto. La madre dei due gemelli, arrivata per separare i bambini, prese in braccio quello in lacrime e si diresse nuovamente verso il sofà, da dove Gloria Stevens aveva osservato tutta la scena senza riuscire a nascondere un certo divertimento nei suoi begli occhi azzurri.
«Fred, tesoro, non fare il melodrammatico. Non ha ancora messo tutti i denti!» disse Molly, cercando di calmare il pianto del figlio. «Scusami, Gloria, ma sono due pesti!» concluse, poi, un tantino esasperata.
«Figurati, Molly! Non mi racconti nulla di nuovo, Meg non è da meno: ha solo sette mesi e già ha un caratterino tutto particolare!» fece Gloria, che d’altra parte era corsa a prendere in braccio la figlia, la quale aveva appena provato a tirare un pugno al gemello rimasto sul tappeto insieme a lei, dando conferma di ciò che la madre aveva appena detto.
«Sono adorabilmente terrificanti, insieme. Ne combineranno di tutti i colori» commentò sorridendo, allora, e provando a far stare buona la bambina, che d’altro canto cercava in tutti i modi di avvicinarsi prima ad un bambino, poi all’altro.
«Non ci sono dubbi, mia cara. Credo anche che saremo costrette a proteggere con qualche incantesimo la recinzione che separa i nostri giardini. Con loro in giro, be’... non si sa mai» considerò Molly, che intanto aveva preso in braccio anche l’altro gemello, George, che reclamava la sua attenzione.

 
18 luglio 1983

 
Era notte fonda, alla Tana, e lei non riusciva a riprendere sonno. L’aveva sognato di nuovo, come ogni altra volta che era rimasta a dormire lì, ed era a dir poco terrificante.
Una bambina di cinque anni molto graziosa, quasi copia di sua madre – se non fosse stato per gli occhi verdi del padre – scivolò giù dal letto e si incamminò per il corridoio con il suo pigiamino svolazzante.
Non l’aveva mai fatto, ma era giunto il momento: non poteva andare avanti così.
Entrò silenziosamente in un’altra camera, chiudendosi dietro la porta, e scorse subito quei due letti dove dormivano due bambini completamente identici. Per lei, come per quasi nessun altro, distinguerli era semplicissimo: erano uguali, ma allo stesso tempo avevano qualcosa di diverso: impercettibile per molti, forse, ma non per lei. Tuttavia, in quella situazione e immersa in quell’oscurità, non poteva capire chi fosse uno e chi l’altro. Si diresse verso quello vicino alla finestra e cominciò a picchettare delicatamente sulla spalla del bambino, invano. Si disse che doveva essere Fred, dato che solitamente non si svegliava nemmeno con le cannonate. Così, lo scosse un po’ più violentemente, ma nulla. Gli tirò i capelli, ma ancora niente da fare. Quasi con rammarico, dato che per una volta avrebbe voluto usare le buone maniere, decise che era rimasta solo un’unica cosa possibile ed efficace da fare. Così, lo scoprì leggermente e, senza esitare, gli diede un bel morso sul braccio, al che il bambino si svegliò di soprassalto.
«Che? Cosa? Che succede? Dove sono i biscotti?» fece lui, agitandosi e guardandosi intorno, probabilmente ancora convinto di stare sognando. Aveva un aspetto molto buffo: i capelli rossi erano più scompigliati del solito e gli occhi socchiusi davano l’impressione che sul suo volto ci fossero molte più lentiggini.
«Freddie, non c’è nessun biscotto, sono io! Ho bisogno di te» disse la bambina, portandosi i capelli sul viso per nascondere il suo leggero imbarazzo. Il bambino, preso alla sprovvista, si mise a sedere e cercò di sembrare il più sveglio possibile.
«Maggie, che c’è? È tardi, ho sonno!» fece lui, lagnandosi, al che la ragazzina gli tirò i capelli.
«Tu non capisci! L’ho sognato di nuovo, è il mostro dell’armadio! Ho paura, Freddie!» spiegò lei, contrariata, tentando di fingere uno sguardo disperato che convincesse il bambino a consolarla.
«Il mostro dell’armadio?» domandò questi, incerto, grattandosi la testa.
«Sì. Non ricordi cos’aveva detto Georgie? C’è un mostro invisibile nascosto nell’armadio che mi spia e che vuole trasformarmi in una puzzola mentre dormo! Devi aiutarmi!» disse lei, sfoggiando un adorabile faccino triste e abbracciando il ragazzino, che adesso aveva iniziato a rischiararsi di consapevolezza.
“George, sei sempre il solito!” pensò lui, compiaciuto e divertito dalla mente diabolica del gemello.
«Ti proteggerò io dal mostro dell’armadio, Pasticcino! Vuoi dormire qui con me?» le chiese, quindi, in uno slancio di presunta cavalleria, ed un sorriso birichino gli si disegnò sul volto.
«E ci voleva tanto a chiederlo? Fammi spazio, Freddie» fece lei, felice di aver ottenuto ciò che aveva voluto sin dall’inizio. Si infilò sotto le lenzuala insieme al suo piccolo amico e, stretti in un amorevole abbraccio, si addormentarono insieme.
Fu soltanto l’inizio di quello che si trasformò ben presto in un vero e proprio rito.

 
3 febbraio 1987

 
Giusto prima di chiudere per l’ultima volta la porta di ingresso di quella casa, Gloria e Desmond Stevens si guardarono negli occhi per diversi istanti: chissà quando sarebbero ritornati. I loro volti esprimevano profonda tristezza, non erano mai stati così tetri.
L’uomo, che esercitava un grande fascino a causa dei suoi grandi occhi verdi e del suo sorriso disarmante, si apprestò a caricare i bagagli nell’automobile che il Ministero aveva messo a loro disposizione, mentre il vento scompigliava i suoi già indomabili capelli biondi.
Nel frattempo, sua moglie era intenta a guardare la figlia, di quasi nove anni. Questa, in lacrime, era abbracciata a due bambini, completamente identici, e non sembrava fosse disposta a lasciarli, né tantomeno loro lo erano.
Gloria si avvicinò a Molly e l’abbracciò più forte che poté, sentendo grosse e fastidiose lacrime scendere giù per le sue guance, nonostante avesse cercato in ogni modo di trattenerle. Desmond e Arthur, desolati, si unirono alle loro mogli, ma i bambini non riuscivano a darsi pace.
«Voglio restare qui con voi, non ci voglio andare !» strillò Margaret, stringendosi più forte ai due amici.
«Veniamo con te! Avevamo detto che saremmo stati sempre insieme! Perché adesso dobbiamo dividerci? Perché?» protestò George, quasi furioso, non riuscendo a trovare una spiegazione a tutta quella storia.
«Io non ti lascio, e nemmeno George. Non vai da nessuna parte senza di noi!» si lamentò subito dopo Fred, deciso a non mollare la presa su di lei.
Quella scena, per Gloria, era straziante. Il dolore che provava nel vedere la sua piccola Margaret in quello stato era indescrivibile: poteva forse essere paragonato a quello subìto quando centinaia di coltellate ti attraversano il corpo, infierendo affinché nemmeno un centimetro di esso venga risparmiato da quell’atroce tortura. Ma loro, purtroppo, dovevano partire. Desmond, che si era specializzato in Magisprudenza e lavorava all’Ufficio Internazionale della Legge sulla Magia, era stato trasferito in Spagna a tempo indeterminato con l’incarico di assistere dei clienti estremamente importanti e, naturalmente, di continuare a svolgere le sue abituali mansioni al Ministero della Magia del Paese che li stava per ospitare. Non sapeva per quanto tempo gli sarebbe toccato rimanere lì, e non poteva certo partire senza sua moglie e la sua adorata figlia. Era stata una decisione difficile, ma l’unica possibile, così anche Gloria era stata costretta a chiedere il trasferimento per poter continuare a lavorare come Auror.
«Ragazzi, per favore, così peggiorate una situazione già fin troppo complicata. Torneremo, è una promessa» disse quest’ultima, cercando in tutto e per tutto di essere forte, proprio come sua madre.
E così, più rapidamente di quanto avessero temuto, era giunto il momento degli addii. Gli Stevens salutarono la famiglia Weasley per l’ultima volta, poi si accomodarono in auto e Desmond mise in moto.
Margaret, ancora in lacrime, scorse dal finestrino la sua seconda famiglia ancora ferma sul giardino incolto della Tana e volse loro un ultimo triste cenno con la mano. Pian piano, tutto divenne sempre più lontano. Guardò per un’ultima volta la sua casa, confinante con quella dei Weasley. Una domanda le sorse spontanea: come avrebbe fatto a sopportare tutto questo?

 

*



Fred e George Weasley
Sala Comune, Torre di Grifondoro
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Scozia
1 aprile 1992

 
Cara Meg,
Noto con piacere che non ti sei dimenticata del nostro compleanno, dati i tuoi precedenti imperdonabili. No, non mi interessa se è successo solo una volta e no, non mi interessano le tue giustificazioni che attribuiscono la colpa a quell’idiota del tuo gufo. Ripeto, i-m-p-e-r-d-o-n-a-b-i-l-e.
Comunque, Pasticcino, lasciamo perdere questi convenevoli e passiamo alle cose serie – sono Fred, per la cronaca, ma l’avrai già capito dalla grafia.
Grazie mille per il regalo, anche se non ho capito bene: mi hai regalato un libro di poesie e frasi letterarie... Babbano?! No, dico... credevo sapessi con chi hai a che fare! Mi stai chiedendo di fare uno sforzo enorme, Cioccolatino! La biblioteca della scuola non sa nemmeno della mia esistenza, non so se mi spiego.
Be’, tuttavia, proverò a leggerlo... ma solo ed esclusivamente perché me l’hai regalato tu – non per questo adesso potrai montarti la testa.
Ma una cosa devi ammetterla: è da quando sei diventata una secchiona che vuoi trascinare anche me nel baratro per farti compagnia. Mi dispiace, ma ti dirò una cosa: non accadrà mai.
Bando alle ciance, devo proprio salutarti: mi attende un’intensissima ora di punizione nell’ufficio di Gazza. Troverò un modo per svignarmela, o non mi chiamo più Fred Weasley.
Lascio continuare George, okay? Mi manchi!

Fred

 
Ehi, Maggie!
Lascia perdere quello che dice Fred, se ti può consolare io credo fermamente nel fatto che quella volta il tuo gufo si sia confuso e abbia sbagliato strada. Insomma, se ti somiglia anche solo un pochino sarà mezzo ubriaco tutto il giorno – scherzo, non mi uccidere.
Passando oltre, grazie mille per il regalo! “Tutte le tecniche di seduzione, dal 1128 ad oggi”. Zuccherino, sei un genio! Grazie a questo libro, tutte le dooolci donzelle cadranno ai miei piedi – non che avessi bisogno di un aiuto per riuscirci, ma non si finisce mai di imparare.
Ma adesso, mi tocca farti la solita, immancabile domanda: quando accidenti ti decidi a tornare? E sei sicura che per quest’estate non si possa far niente, anche solo per pochi giorni?
Manchi a tutti, qui. Mamma ricorda ancora quando quasi divoravi senza pietà alcuna il vassoio di dolci fatti in casa o quando giocavamo tutti insieme a scacchi per Natale. Sì, a volte ho il sospetto che le piaccia infierire. Il fatto è che vorremmo avervi di nuovo qui con noi, in fondo non ci siamo mai abituati. Sono passati cinque anni e la tua assenza si sente molto più di prima.  
Adesso però scappo anch’io, ho gli allenamenti di Quidditch!
Ricordati che ti vogliamo bene, sorellina.

George
 

*



Margaret S. E. Stevens
Dormitorio de las mujeres, Castillo del Fuego
Colegio Esperanza de magìa y hechiceria, Espa
ña

19 maggio 1994

 
Carissimi Fred e George,
Mi sembra inutile ripetervi che voi due siete sempre una sorpresa. A volte in senso profondamente negativo, devo ammetterlo, ma pur sempre una sorpresa – e i vostri regali di compleanno parlano chiaro ormai da anni, peccato che io non ci abbia fatto ancora l’abitudine.
Quindi, per cominciare: grazie, grazie, grazie. Ovviamente mi sono piaciuti, anche se devo confessarvi che, be’... erano un po’ imbarazzanti, ma ho il sospetto che l’abbiate fatto di proposito. Cioè, per me non ci sono problemi, avrei solo dovuto evitare di scartarli di fronte a Flor e Mercedes, dato hanno riso per due ore dopo averli visti – e per la cronaca, vi proibisco tassativamente di provarci con loro.
Comunque, Fred: veramente carino quell’intimo. Certo, è molto eloquente, e il reggiseno era di due taglie in più, ma fa niente. L’ho rimpicciolito con un sol colpo di bacchetta.
Quanto al tuo regalo, George: wow. No, seriamente. “Tutto quel che c’è da sapere sul sesso”. Ammirevole, piccola canaglia, non c’è che dire! Un libro che può sempre tornare utile, no? Devo solo stare attenta e scovare un posto sicuro affinché mio padre non lo possa trovare MAI.
Adesso, l’angolo delle novità: tre giorni fa ho mollato Pablo, quella sorta di bipede – e lo so che state esultando, quindi continuate pure a farlo perché avevate pienamente ragione e io avrei dovuto darvi ascolto già qualche mese fa.
Come tutti avremmo potuto aspettarci, Matìas, quell’idiota fissato con quella stronzata della purezza di sangue e tutto il resto, non appena è venuto a sapere della notizia ha iniziato a provarci ancor più di prima, pensando di avere il terreno spianato. Ovviamente l’ho affatturato.
Non alzate gli occhi al cielo, vi scongiuro. So che non avrei dovuto farlo, ma non ho resistito. D’altronde, mia nonna Julia mi dice sempre: “Se lo respingi e lui ci prova, o lo affatturi o gli lanci le uova”. E naturalmente non avevo le uova.   
Per concludere, ragazzi, devo darvi una brutta notizia: non potrò raggiungervi per la finale della Coppa del Mondo di Quidditch. Papà non è riuscito a procurarsi i biglietti, mi sa che il destino si diverte a remarci contro. Sapete già che mi mancate tanto, tantissimo. Spero di poter tornare presto, sono già passati sette lunghi anni e non ce la faccio proprio più ad avere vostre notizie soltanto grazie a delle schifosissime lettere. Vorrei tanto riabbracciarvi.
Ora però devo lasciarvi, devo correre a lezione di Trasfigurazione!
Vi adoro e... be’, mi mancate.
Vostra Maggie, da oggi 16enne.

Ps. Arriverà mai il giorno in cui smetterete di trattarmi come una bambina solo perché sono più piccola di voi di un mese e diciotto giorni?


- Angolo dell'autrice

Hi guys! :D Eccomi con il nuovo capitolo!
Come vi avevo preannunciato, abbiamo fatto un salto indietro nel tempo per ripercorrere alcuni momenti dell'infanzia della nostra Margaret e dei gemelli. Come avete visto, Meg lascia la Gran Bretagna nel febbraio del 1987, ancor prima di compiere nove anni.
La frase che ho scelto come titolo è del poeta e scrittore francese Claude Aveline, mentre le strofe che aprono il capitolo sono tratte dalla canzone Last Goodbye di Alex Band.
Ringrazio infinitamente chi ha recensito il capitolo precedente, nella speranza che anche questo vi piaccia! :)
Nel prossimo, assisteremo alla reazione di Fred e George nel rivedere dopo così tanto tempo la loro cara amica. Che altro dire?
Un bacio,
Jules

Ultima revisione: 13.01.2015
 
   
 
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