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Autore: flors99    27/08/2012    21 recensioni
- Sono incinta. – specificò a quel punto Hermione, dissipando ogni suo dubbio e facendola strozzare con la sua stessa saliva.
Ginny spalancò gli occhi, incapace di credere che quello non fosse uno scherzo.
- Cos… eh?! C-come? Quando? Ma… ma… tu... – borbottò, pronunciando frasi sconnesse per quasi un minuto intero. – Non… non è divertente, Hermione. – disse alla fine, con la gola che bruciava per lo sforzo di parlare.
- Già. – mormorò Hermione, in un ansito di tristezza. – A chi lo dici. […]
- Ma… – la giovane Weasley cercò di mettere ordine nella sua testa, ancora sconcertata dalle parole della strega più grande. – Io… cioè tu… con chi…cioè… è Ron? – domandò, allucinata. – Io non sapevo neanche che vi frequentaste! Perché non mi hai detto niente? […]
- Ronnonèilpadre. – chiarì Hermione, pronunciando quelle parole nel modo più veloce possibile, scacciando dalla sua testa i cattivi pensieri.
- Che?
- Ronnonèilpadre! – ribadì, più in fretta di prima.
- Hermione, non capisco… cosa stai dicendo… - mormorò la giovane Weasley, non consapevole di quali parole usare.
Via il dente, via il dolore.
- Ho detto che Ron non è il padre! – esclamò tutto d’un fiato.
Via il dente, via il dolore. Sì, un cavolo!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Passarono secondi. Minuti. Ore. Forse anche molto di più.
Hermione rimase lì seduta per terra, fin tanto che quello strappo insopportabile dentro di sé non le concesse di aprire bocca e respirare a pieni polmoni. Gli occhi vacui e velati erano concentrati sul muro di fronte a lei, ma non riusciva a vederlo: l’immagine dei suoi pensieri era più vivida e quanto mai più forte rispetto a quella parete fredda e scarna.

Ron.

I suoi occhi… Merlino, i suoi occhi.

Così grandi ed enormi in un primo momento, quando si erano spalancati dalla sorpresa e dallo sconcerto, così piccoli dopo quando si erano assottigliati e stretti in due fessure, per trattenere quel dolore insopportabile, e così delusi, feriti, pieni di angoscia e confusione infine.

Dio, i suoi occhi.

Hermione deglutì, poggiando la testa al muro, chiedendosi in un lontano angolo della sua mente cosa avrebbe pensato chiunque l’avesse trovata in quel misero quanto patetico stato. Non aveva certo bisogno di uno specchio o di una fotografia, per figurarsi lì, seduta scompostamente per terra, i vestiti sgualciti, sui quali si erano adagiati piccoli granelli di polvere e le mani lasciate cadere inermi contro il pavimento. Non aveva bisogno di sforzarsi per immaginare quanto fossero gonfie le sue labbra, dalle quali si scorgevano piccole stille di sangue a causa dei violenti morsi dei suoi denti, che avevano martoriato la carne fino a romperla; quanto fossero bagnate le sue ciglia, che stavano trattenendo lacrime che non avrebbe versato; quanto fossero vuoti i suoi occhi, semplici sassi incastonati in quel piccolo spazio, buio e senza luce.
Ron se ne era andato molto tempo prima.
 
Ho bisogno di andarmene.
 
Le sue parole erano state un violento martello che aveva colpito con forza inaudita il suo cuore malandato.
 
Non… non mi cercare.
 
Cercherò di non farlo, Ron.
 
Avrebbe voluto rispondergli. Merlino, avrebbe sul serio aver trovato la forza per rassicurarlo, per rispondergli che sì, gli avrebbe dato tempo, non lo avrebbe cercato, almeno fino a che lui non fosse stato pronto e che sarebbe riuscita ad andare avanti, anche senza la sua rassicurante presenza al suo fianco, ma quello che aveva letto nei suoi occhi azzurri le aveva fatto serrare le labbra ermeticamente e non pronunciare neanche una singola sillaba. Aveva preferito tacere, perché le sue parole non sarebbero state del tutto sincere e Ron non si meritava altre bugie, né lei voleva raccontargliele.

Perché Hermione non sarebbe riuscita ad andare avanti anche senza di lui.
 
La Grifondoro, nel più totale dei silenzi, era rimasta lì, troppo stanca per alzarsi o poter anche solo fare un tentativo. In quel modo, in quel penoso stato l’aveva trovata Ginny, quando l’aveva raggiunta, trafelata per la corsa. Per poco non aveva urlato di spavento.
Le si era avvicinata, inginocchiata di fronte e le aveva parlato. Erano parole veloci, frettolose, di un sapore tanto amaro quanto aspro, crudele. Inizialmente, Hermione non ne aveva udita neppure una. Dopo qualche minuto, la voce di Ginny si era affievolita, lasciando spazio a un silenzio veritiero e meschino che già a lungo si era imposto.
In quel momento, dopo più di mezz’ora, l’amica la stava ancora guardando, aspettando che parlasse, che le rivelasse il motivo di quella distruzione. Ma Hermione non aveva parlato e non sembrava intenzionata a farlo.
Ginny capì lo stesso.
- Ci sono solo due persone che possono farti stare tanto male, Herm. – sussurrò. – Oltre a Malfoy, intendo. – un sospiro. – E dato che lungo il corridoio ho incrociato Harry insieme a Seamus… – un secondo sospiro. – … credo che tu abbia appena discusso con Ron. – un ultimo sospiro, più forte dei precedenti, in cui si palesò tutta la sua incertezza e il suo timore. – G-gliel’hai… gliel’hai detto? – riuscì a domandare, con voce appena udibile.
- E’ tutto così complicato… – rispose Hermione. – E’ tutto sbagliato, tutto completamente… – un singhiozzo l’aveva scossa, ma le lacrime non erano scese. – Non doveva… andare… così.
Percepì una carezza leggera sul suo viso e poi sul mento, che Ginny sollevò per guardarla dritta negli occhi.
- Ha sofferto? – le chiese, con un’inquietante ombra nera a balenare nel suo sguardo.
- Sì. – sussurrò.
La Caposcuola abbassò lo sguardo, appena la presa sul suo viso si fece più debole, per poi rialzarlo qualche secondo dopo: si specchiò nelle iridi azzurre della sua migliore amica e se da una parte vi lesse tanto affetto e forza d’animo – ciò che le aveva permesso di non distruggersi in quei mesi –, dall’altra scorse nuovamente quell’ombra scura, un misto di delusione e rancore.
 
Come hai potuto fare questo a Ron?
 
Era questo che stavano urlando i suoi occhi. E se lo chiedeva anche Hermione stessa come avesse potuto, perché non avesse avuto il buonsenso di allontanarsi da lui quando poteva, perché non avesse mai riflettuto abbastanza a lungo sulle conseguenze del suo voler nascondere la gravidanza ad ogni costo.
- Lo sai perché cadiamo, Hermione? – chiese infine Ginny, dopo un lungo silenzio, stringendo le mani dell’amica nelle proprie. La più grande delle due ragazze la guardò, confusa, notando che i suoi occhi erano cambiati: erano tornati azzurri, come il mare più limpido, anche se un leggero strato di tristezza vi era steso sopra. – Per imparare a rimetterci in piedi. – rispose al suo posto, mentre si alzava, trasportando Hermione con sé. La Caposcuola si gettò direttamente tra le sue braccia senza risponderle alla ricerca di un calore che potesse spazzare via tutto quel freddo che sentiva addosso, mormorando sconnessamente parole di scuse e di profonda gratitudine.
Ginny si limitò a stringerla di più, una sofferenza persistente a incendiarle il cuore.
Fu proprio da quel momento in poi che entrambe smisero di sorridere.
 

 
 
 
Devo parlarti, Hermione.
 
Quelle parole erano rimaste sospese nell’aria, nella mente di Hermione, tormentandola. Ginny era riuscita a malapena a pronunciarle, che immediatamente la Grifondoro aveva capito che era successo qualcosa di grave o comunque non trascurabile. Quando poi le era stato spiegato cosa era accaduto il suo dubbio si era tramutato in certezza e aveva sentito nuovamente la paura avventarsi su di lei. Si era freneticamente chiesta come fosse possibile che Lavanda avesse il suo test di gravidanza, dato che l’ultima volta che lo aveva tenuto in mano era al sicuro tra le pareti della sua camera.
 
Non importa.
 
Era stata la sua risposta, alla fine, una volta messo a tacere il cervello. Ginny aveva strabuzzato gli occhi, ma Hermione, si era resa conto, che non le importava davvero. Quell’oca della Brown era l’ultimo dei suoi pensieri.
 
Non m’importa di cosa farà, se vorrà dirlo a tutti. Le opinioni degli altri non m’interessano e, per quello che vale, se ne accorgeranno tutti lo stesso tra poco.
 
L’unica altra persona a cui prima doveva dirlo era Harry.
 
Lo dirò a Harry, il prima possibile.
 
Questo Hermione aveva risposto alla muta domanda che si celava dietro gli occhi di Ginny, aveva avuto il potere di illuminarla.
 
Mi fido di te, Hermione.
 
La luce negli occhi di Ginny non si era spenta finché la Caposcuola non le aveva detto che doveva cercare Malfoy, per poter chiarire la situazione con lui. Di nuovo si palesò quel terrificante sguardo pieno di delusione nei suoi occhi azzurri, ma fu talmente veloce che Hermione non fu neanche tanto sicura di averla visto. O forse preferì far finta di non averlo notato.
In quel momento doveva chiarire con Draco e basta. Doveva finire.
- Ci vediamo più tardi a cena. – la congedò con un sorriso dolcissimo, mettendoci dentro tutto l’affetto e la gratitudine che provava nei suoi confronti, ben sapendo che non avrebbe mai potuto ripagare tutto quello che Ginny aveva fatto e stava facendo per lei.
La giovane Weasley le sorrise di rimando e, soltanto quando fu ben lontana dalla visuale di Hermione, lasciò andare un sospiro colmo di tristezza, mentre si asciugava gli occhi lucidi con la manica del maglione.
 
 

 
 
Hermione cercò Draco a lungo e in svariati luoghi: in Biblioteca, in Sala Grande, in varie aule in disuso del terzo piano, il tutto ignorando le occhiate di vari alunni, che la guardavano in modo strano, forse perché si stavano chiedendo il motivo per cui lei non fosse a lezione. Prese in considerazione l’idea di provare a cercarlo nei Sotterranei e successivamente nel suo dormitorio, ma dubitava seriamente che avrebbe trovato qualche anima pia, disposta a rivelarle la parola d’ordine per accedere alla Sala comune dei Serpeverde; né lei era poi così convinta di essere in grado di sopportare gli sguardi sprezzanti e le battutine sarcastiche che sicuramente le sarebbero state lanciate, non appena l’avessero vista.
Poi capì. Non aveva idea di dove si trovasse Draco, ma un impulso, un istinto accesosi improvvisamente dentro di lei, la guidò senza alcuno indugio, né dubbio. Si lasciò condurre docilmente da quella sensazione e quando arrivò di fronte alla porta seppe con certezza che Draco fosse lì dentro.
La porta del bagno, quel bagno. Dove tutto era iniziato e dove tutto sarebbe finito, perché ormai anche quella debole speranza che Draco potesse corrispondere i suoi sentimenti si era dissolta in una nuvola di vapore.
Hermione abbassò la maniglia ed entrò.
Fu come fare un tuffo nel passato.
Fu come immergersi nell’acqua fredda e gelida di quel ricordo che non si sarebbe mai cancellato dalla sua mente neanche se avesse voluto; annegò nelle spire di quel segreto che portava con sé e che aveva taciuto a tutti, persino a Ginny e, a volte, persino a se stessa. Vide Draco nella stessa posizione, le mani appoggiate al lavandino, nello stesso silenzio, nello stesso luogo che aveva scelto quella notte di un anno fa per far sgorgare fuori dalla maschera le sue emozioni. Perfino i colori erano gli stessi, i dettagli completamenti identici, ogni minimo angolo di quel bagno era un ricordo, che pian piano tornava a riaffiorare nella mente della ragazza. Ma stavolta non c’erano lacrime sul volto del Serpeverde, nei suoi occhi, non c’era il suo viso distrutto da una sofferenza che finalmente aveva rotto gli argini della maschera, tenuti alzati troppo a lungo.
C’era lui. C’era lui e basta.
 
Draco.
 
- La situazione si è invertita, Mezzosangue.
La sorprese con la sua voce, era sicura che lui si fosse accorto della sua presenza, ma era altrettanto sicura che non le avrebbe rivolto la parola. Impiegò parecchio tempo prima di comprendere a cosa si riferisse: lo capì soltanto quando entrò del tutto nel bagno, avanzando di qualche passo, osservando il suo viso in uno specchio lì vicino.
Vide il proprio volto stanco, devastato, sciupato; gli occhi lucidi e rossi, proprio come quelli di Draco un anno prima, la pelle cadaverica, resa ancora più evidente dalle pesanti occhiaie che si stagliavano sotto i suoi occhi.
- Sono rimasto stupito dal fatto che tu non abbia detto niente a nessuno della tua gravidanza, Granger, neanche a Potty e Lenticchia. – confessò il ragazzo dopo un breve momento di esitazione, la curiosità ben celata dietro al suo tono tanto arrogante, quanto sprezzante. – Perché? Non ti fidavi neanche di loro?
- Ti interessa? – rispose Hermione, aggrottando lo sguardo. Sapeva di aver sbagliato, lo sapeva benissimo e quello che era appena successo con Ron ne era la chiara e palese dimostrazione, non aveva certo bisogno che Draco le ricordasse quanto fosse stata stupida e codarda in quel periodo.
Il Serpeverde la fulminò.
- Onestamente? No. – mentì. – Ma voi Grifondoro non professate tanto di essere leali e sinceri con tutti fino al midollo? – ironizzò, cominciando a perdere la pochissima pazienza che madre natura gli aveva donato. – Anzi, fino alla nausea. – si corresse con una smorfia.
- Questo non è affar tuo. – ringhiò Hermione, sulla difensiva, la tristezza mischiata alla malinconia a pervaderla, non appena aveva sentito nominare i suoi due migliori amici.
- Certo, non è affar mio! Come non era affar mio sapere che tu eri incinta, vero?! – scoppiò Draco a quel punto, una vena che pericolosamente pulsava sul suo collo. La incenerì letteralmente con lo sguardo, stringendo i pugni per la rabbia e la frustrazione.
- Non… non volevo dire questo. – borbottò la ragazza, cercando le parole per scusarsi. – Ho sbagliato, ho fatto un disastro enorme e mi… uhm… dispiace, ecco.
- Non me ne faccio niente delle tue stupide scuse. – la gelò lui, per tutta risposta. – E non se ne faranno nulla neanche i tuoi cari amichetti, che ti abbandoneranno lasciandoti sola come un cane. – aggiunse con disprezzo, sperando di vederla vacillare.
Hermione strinse le labbra, costringendosi a non cadere per terra come un burattino, le gambe avevano preso a tremarle quando Draco aveva parlato. Non era forse per questo che aveva costruito quell’enorme bugia? Non era forse per questo che aveva preferito tacere a quasi tutti della sua gravidanza? Per non essere abbandonata o ripudiata, ma per continuare ad essere accettata. Sapeva che queste bugie non l’avrebbero portata lontano e che nel suo piano c’era qualcosa di vagamente crudele nei suoi confronti e verso gli altri, ma credeva che sarebbe riuscita a trovare una soluzione in breve tempo.
Improvvisamente un sospetto le pungolò la mente.
- Hai intenzione di dirglielo? – chiese, desiderando un secondo dopo potersi rimangiare la sua domanda.
Quello che Draco le rispose la fece raggelare.
- Ascoltami bene, Mezzosangue, perché te lo dirò una volta sola: non m’importa niente dei problemi che hai con Potty o con chiunque altro, a dir la verità non mi importa niente neanche di te! – esclamò, come se la cosa non potesse assolutamente essere messa in dubbio. – E comunque è questo il leggendario coraggio Grifondoro? – sibilò sprezzante, con l’intento di ferirla.
Ci riuscì. Lo fece così bene che Hermione ebbe voglia di scappare.
- Non è questione di coraggio. – bisbigliò a malapena.
- No, eh?
Hermione sentì il sangue ribollirle nelle vene.
- Non capisco dove tu voglia arrivare, Malfoy! Non è accanendoti su di me o sugli errori che so di aver commesso, che cambierai i fatti! Prenditi le tue responsabilità! Sono incinta, tu sei il padre: questa è la verità! È inutile girarci intorno! Se vuoi farmi star male o farmi sentire in colpa, puoi anche smetterla, perché ci penso già da sola! – concluse con voce acuta. Le lacrime fecero capolino ai lati dei suoi occhi, mentre una sensazione di malessere si diffondeva nel suo corpo; ricacciò indietro quelle perle salate che volevano uscire a tutti i costi, promettendosi di non cedervi.
Gli occhi di Draco divennero metalli, freddi e calcolatori come quelli di un serpente di fronte alla sua prossima vittima. 
E Hermione capì che stava per colpire.
Aspettò la ferita, imponendosi di mantenersi rigida e indifferente a qualunque cattiveria stesse per pronunciare. Strizzò gli occhi, mentre Draco le si avvicinava con passo felpato e leggero, come se volesse confidarle chissà quale segreto.
- Tu parli di verità, Mezzosangue?
 
Tu sei il padre, questa è la verità.
 
- Sì.
- E parli di responsabilità?
 
Prenditi le tue responsabilità!
 
La ragazza deglutì, bisbigliando di nuovo un leggero “sì”.
Sentì lo stomaco contrarsi e le viscere attorcigliarsi, provocandole una fitta di dolore.
- Io dovrei prendermi le mie responsabilità, Mezzosangue?
Si avvicinò ancora, fino a rendere minima la distanza tra i loro corpi: per Hermione reggere ancora lo sguardo fu impossibile e abbassò la testa.
 
Ma non glielo permise.
 
Draco la strattonò, afferrandole rudemente il mento.
- E tu allora? Tu non dovresti prenderti le tue responsabilità, Granger? O forse il tuo discorso vale solo per me?
- A cosa stai alludendo? – soffiò, mentre tentava di liberarsi dalla sua stretta, ma con scarso successo. Ottenne solo il risultato di avvicinarsi di più.
- Dico solo che anche tu dovresti imparare ad affrontare quello che è successo e non addossare le tue bugie su altre persone. – le sibilò maligno, non accennando a sciogliere la presa.
- A cosa ti riferisci, Malfoy?
- Tu non hai detto a nessuno che sei incinta, Mezzosangue. Questo non è un modo per cercare di sfuggire alla realtà e per non prendersi le proprie responsabilità?
Hermione deglutì. Cosa diavolo ne sapeva lui?
- Anche questi non sono affari tuoi.
Questo poteva anche non essere propriamente vero, perché, in effetti, sì, erano anche affari suoi, ma in minima parte.
- Anzi, mi correggo. A qualcuno, alla Piattola, lo hai detto. – continuò Draco, come se non l’avesse  minimamente sentita.
Al nome della sua migliore amica, Hermione si liberò dalla sua presa con uno strattone violento, fissandolo con astio e sconcerto, chiedendosi nuovamente come lui potesse essere a conoscenza di queste informazioni e perché ne stesse parlando proprio in quel momento.
- Cosa vorresti dire, Malfoy? – sentiva l’agitazione crescere e non sapeva bene a cosa attribuirla.
E Draco colpì.

Proprio nel punto dove sapeva che le avrebbe fatto più male.

- Davvero non capisci, Granger? Non ti rendi conto del male che le hai fatto?
La mente di Hermione vorticò impazzita a quelle parole.
Non capiva.
- Di che cosa parli? – esclamò, al limite dell’esasperazione, non comprendendo dove quell’argomento li avrebbe portati e soprattutto cosa gli interessasse a Malfoy delle sue confessioni con Ginny.
- L’hai messa in una posizione orribile. – sibilò Draco, incurante della sua agitazione, soffiando quelle parole sul suo viso e facendola irrigidire più che mai. – Ha dovuto mentire a Lenticchia, allo Sfregiato e ha dovuto farlo per te, per una bugia che non è sua. L’hai costretta a scegliere tra te e la sua famiglia… Hai idea di quello che deve aver provato a mantenere un segreto così grande, a pagare le conseguenze di un tuo errore?
 
Draco non sapeva perché stesse pronunciando quelle parole.
 
Forse voleva ferirla, forse voleva semplicemente lasciarle un segno, profondo come quello che lei aveva inferto a lui.
- Non m’importa niente della Piattola, intendiamoci. Voglio solo farti presente la realtà dei fatti, che credo che tu in questi mesi abbia dato per scontato.
 
Draco non sapeva perché stesse pronunciando quelle parole.
 
Più parlava, meno capiva il motivo che lo spingesse a colpirla in quel modo, si rendeva conto soltanto che le sue parole erano lava bollente nel cuore della ragazza e più avrebbe premuto su quel tasto, più l’avrebbe distrutta.
- Ginny è la migliore amica, lei… lei me lo avrebbe detto se… Io non l’ho costretta a… –  bisbigliò Hermione, inconsciamente, momentaneamente dimentica di chi aveva davanti.
- Lei in questi mesi ti ha protetto e sostenuto. – la interruppe il Serpeverde, senza pietà. – Ho notato come ti è stata appiccicata tutto il tempo e penso che lo abbia fatto per infonderti coraggio, aspettando che tu fossi pronta per rivelare tutto, cosa che tu non hai fatto! Hai preso il tuo fardello di bugie e lo hai affidato a qualcun altro e vuoi sapere qual è la cosa peggiore? – domandò in tono mellifluo. Non aspettò la risposta della Grifondoro, per mormorare: – Non te ne sei resa conto. L’hai fatta a pezzi e neanche te ne sei accorta. Quindi, Granger, non osare provare a parlarmi di responsabilità, quando tu sei la prima a non affrontare le tue.
 
Draco non sapeva perché stesse pronunciando quelle parole.
 
Per lui la Piattola sarebbe potuta morire anche in quell’esatto momento, non gliene sarebbe importato niente, anzi probabilmente avrebbe ringraziato il fato per aver tolto di mezzo almeno un Weasley dalla circolazione; non accettava semplicemente il fatto che Hermione lo attaccasse in quel modo e con quell’aria arrogante che la seguiva come un’ombra.
Ma fece bene.
 
Le fece un gran bene.
 
Forse il suo discorso, più lungo del solito, fu uno dei più buoni e giusti che pronunciò.
Hermione cominciò a tremare, spalancando i suoi occhi marroni. Una stretta al cuore la fece sussultare quando si rese conto di quanto crudelmente fossero vere le parole di Draco e quanto brutalmente le fossero state sbattute in faccia.
Aveva commesso un errore a non dire niente ai suoi migliori amici e ne aveva commesso uno di portata di gran lunga maggiore chiedendo a Ginny di mentire con lei, per lei.
Non si era mai chiesta cosa dovesse essere per la sua migliore amica portare un simile fardello.
 
Mostro.
 
Non si era neanche data la pena di preoccuparsene, credendo forse che le cose le stessero bene così, pensando che Ginny gliene avrebbe parlato, se davvero quella bugia la stesse distruggendo.
 
Egoista.
 
Era sempre stata Ginny a sorreggerla quando cadeva. Sempre.
 
Non puoi continuare così! Non puoi permettere a uno stronzo di rovinarti la vita! Devi reagire!
 
Era sempre stata lei ad assisterla per tutto quel tempo. Sempre.
 
Non mangi, non dormi, stai male, Herm! Male!
 
Era sempre stata lei a darle fiducia, lealtà, cuore. Sempre.
 
Un bambino è la cosa più bella che ci sia, non devi vergognartene.
 
Era sempre stata la sua migliore amica a darle sostegno e bontà.
 
Vuoi che venga con te?
 
Le aveva dato tutto. Sempre.
 
Lo sai perché cadiamo, Herm? Per imparare a rimetterci in piedi.
 
Era sempre stata lei a farla sorridere quando credeva che non lo avrebbe fatto mai più. Ed Hermione aveva sempre, sempre, dato la sua presenza per scontato.
 
Voglio solo farti presente la realtà dei fatti, che credo che tu in questi mesi abbia dato per scontato.
 
Mostro.
 
Egoista.
 
Davvero aveva avuto bisogno delle parole di Draco, per comprendere la verità che si celava dietro gli occhi azzurri di Ginny e capire il dolore che nascondevano? Davvero non era riuscita a capirlo da sola? Era stata un mostro fino a quel punto?
La ragazza scosse la testa, scacciando quei pensieri e promettendosi di parlare con la sua migliore amica al più presto.
- Te lo ripeto, Malfoy. – mormorò, con voce malferma. – Non sono affari che ti riguardano.
Il ragazzo alzò le spalle, indifferente, ben consapevole di quanti dubbi in realtà le avesse fatto nascere e quanto fosse rimasta turbata dalle sue parole.
Hermione lo fissò, cercando di capire quali fossero le sue intenzioni ora che sapeva la verità. D'un tratto le sembrò di vedere qualcosa di stanco nei suoi occhi, come se non avesse più voglia di continuare quella discussione e fosse arrivato al limite della sopportazione.
- Ad ogni modo, non mi tirerò indietro. – sbottò. – Mi prenderò le mie responsabilità, Granger. – Non ho idea di cosa tu abbia bisogno in questo momento, ma…insomma…se… cioè… puoi… io… – s’interruppe da solo, probabilmente rendendosi conto dell’illogicità del suo discorso. – Beh, hai capito, no?
Quella fu la prima volta probabilmente che Hermione lo vide a disagio. Nonostante Draco avesse pronunciato parole per lo più sconclusionate, la Grifondoro capì al volo quell’offerta d’aiuto che le stava lanciando; la colpì in modo così profondo che avrebbe voluto abbracciarlo in quel preciso istante.
Di fronte all’espressione completamente meravigliata della Grifondoro, Draco fece una smorfia.
- Sono uno stronzo, Granger, lo ammetto e non me vergogno in alcun modo. – sputò, malamente. – Ma non sono cattivo. – ammise, infine.
- Lo so.
Lo sorprese la risposta immediata di Hermione. Una risposta sincera, senza fronzoli, autentica.
Draco la trapassò con lo sguardo, come se fosse sul punto di dire qualcosa, qualcosa che probabilmente lo stava tormentando già da prima, quando ancora stavano parlando e Ron non era ancora arrivato, non era ancora stato distrutto. Ma quel qualcosa rimase rinchiuso nelle sue labbra e non emise parola.
Come un tacito accordo nessuno dei due disse più niente e, dopo qualche secondo, Draco se ne andò, lasciando Hermione da sola.
Un sorriso le spuntò a malapena sulle labbra.
 
 

 
 
- Draco?
Solo Blaise Zabini poteva pensare che chiamare Draco Malfoy nel cuore della notte potesse essere un’idea da essere presa anche solo in considerazione. Come risposta ottenne soltanto un borbottio indistinto, accompagnato da un lieve movimento delle coperte, segno che il povero malcapitato del suo compagno di stanza non era ancora riemerso dal mondo dei sogni.
- Draco, mi senti? – sussurrò Blaise, voltandosi verso di lui.
Continuò a chiamarlo insistentemente per svariati minuti, invano. Il biondo, infatti, aggrottò per un attimo le sopracciglia, borbottando qualcosa di indefinito su un certo rumore che lo stava infastidendo, per poi tornare quieto, il respiro profondo e regolare.
- Draco! – esclamò infine, balzando in piedi e lanciandogli il suo cuscino addosso.
- Porca puttana, Blaise! – imprecò Draco, svegliato bruscamente. - Ma che cavolo vuoi?! – sibilò, guardandolo glacialmente e già pronto a prendere la sua bacchetta per affatturare quell’idiota del suo migliore amico.
- Oh… Stavi dormendo? In realtà volevo solo sapere se eri sveglio…
Erano momenti come questo che Draco si chiedeva cosa diavolo avesse avuto nella testa quel giorno di tanti anni prima, quando gli era passata per la testa la malsana idea di stringere amicizia con un soggetto del genere. 
- Blaise, sei un cretino.
Si risistemò compostamente nel letto, deciso più che mai a porre fine a quella brutta giornata, anche se la voce di Blaise lo disturbò nuovamente.
- Stai bene, Draco?
- Alla grande. – sbottò, senza neanche guardarlo. – Anche se adesso preferirei dormire, senza la tua voce che mi tortura, grazie.
- Lo so che hai qualcosa che non vuoi dirmi! – replicò Blaise, totalmente incurante delle sue parole e dei suoi ripetuti sbuffi.
Draco assottigliò lo sguardo, chiedendosi cosa stesse aspettando per affatturarlo.
- Anche se così fosse, non mi sembra il momento di parlarne. – chiosò.
- Per tutta la sera ho cercato di parlarti, ma non hai rivolto la parola a nessuno!
- Blaise, seriamente, lasciami in pace e fatti gli affari tuoi.
- No!
- No?
- Assolutamente no! Non pretenderai davvero che faccia finta di non aver notato il tuo viso a metà tra l’incazzato e il distrutto di oggi pomeriggio? Come anche solo puoi pensare che io ti permetta di crogiolarti nella tua miseria, quando hai me, splendido e meraviglioso Serpeverde, sempre pronto a…
Draco, ormai stufo, avendo capito che probabilmente quella notte non avrebbe dormito se non avesse accontentato il suo compagno di stanza, si tolse le coperte di dosso e si voltò a guardarlo.
- Dopo mi lascerai dormire? – lo interruppe, stancamente.
Blaise annuì, un sorrisetto sarcastico e divertito a disegnargli le labbra.
- Un disastro, questo è successo. – mormorò semplicemente.

 


 
- Insomma Daphne, mi vuoi dire che cos’hai?! Sto perdendo la pazienza, su!
La mora saltò sul letto dell’amica, con l’intento di scuoterla. Dopo la sua piccola bravata, Daphne non le aveva più rivolto la parola, neanche a cena, quindi le sembrava una buona idea cercare di chiarire con lei alle tre di notte.
- Per Salazar, Pansy! Tralasciando il fatto che sono le tre di notte e che io vorrei dormire, dato che domattina ho il compito di Storia della Magia, anzi abbiamo il compito, ma a quanto pare a te non interessa, tralasciando anche il fatto che non ho nessuna voglia di parlare con te e tralasciando anche il fatto che hai chiuso le mie finestre perché tu hai sempre freddo, non mi interessa un fico secco se stai perdendo la pazienza.
- Innanzitutto, le finestre non sono tue. – specificò Pansy, incrociando le braccia. – E poi dimmi almeno se hai parlato con Blaise!
- Sì, ci ho parlato, ok? – sbottò Daphne infine. – Purtroppo, ci ho parlato… – mugugnò poi, inconsapevole che Pansy l’avesse sentita.
- Oh, per Salazar! – esclamò la mora, all’improvviso.
Daphne inarcò un sopracciglio.
- Tu… e... Blaise… – mormorò, leggermente più pallida rispetto a prima.
- Non c’è nulla tra e me e Blaise e mai ci sarà. Smettila con questa storia! – la aggredì l’amica, infervorandosi immediatamente.
Pansy ghignò.
- Ma io lo so cos’hai! – trillò contenta.
- Pansy, voglio dormire.
Con quelle parole non fece altro che aumentare l’euforia della sua compagna di stanza.
- Ti sei presa una bella cotta! – esclamò Pansy, con un sorriso larghissimo.

  


 
- Draco, ma stai scherzando?
- Merlino, ma secondo te potrei scherzare su una cosa simile? – ringhiò.
- Oh… – mormorò, con uno strano tono, fissando la parete dietro di lui. Si distese sul letto, senza tornare a guardarlo, perso nei suoi pensieri, litigando per un secondo con il cuscino che non voleva saperne di adattarsi alla sua testa.
Non disse più nulla per almeno dieci minuti, cosa che impressionò sia Draco, che se stesso. Non che non avesse cose da dire, o da chiedere – ne aveva fin troppe – ma non aveva la minima idea di come dirle, o chiederle; aveva paura di indisporre o spaventare Draco più di quanto già non fosse, perché sì, anche se il suo migliore amico non lo aveva ammesso a parole, e mai lo avrebbe fatto, Blaise aveva capito che era paura quella che albergava nel suo sguardo, rendendolo più cupo e tetro. Per questo gli parve davvero un’idea geniale tentare di sdrammatizzare un po’.
 - Sai che Theo una volta mi ha parlato di una strana disciplina che s’insegna tra i babbani? Mi sembra si chiami matematica o qualcosa di simile. Dicono che la matematica sia come il sesso: aggiungi un letto, togli i vestiti, dividi le gambe e non moltiplicare… Tu invece hai moltiplicato, Draco!
- …. –
Quando Blaise si rese conto che aveva davvero detto ad alta voce quello che stava pensando, si chiese da dove Merlino gli fosse uscita quella frase. Certo che sapeva essere davvero cretino, quando si impegnava… Beh, poteva sempre sperare sull’elevatissimo senso dell’umorismo di Draco, che, dal canto suo, era fin troppo scioccato anche solo per rispondere.
- Sei andato contro le leggi della matematica! – affermò Blaise, più convinto.

Oh, Salazar, adesso mi mangia.

- Blaise Zabini. – scandì Draco lentamente. – Io ti dico che ho messo incinta la Granger e tu mi vieni a parlare della MATRATICA?!

Ok, forse non è stata proprio un’idea geniale.

- Si dice matematica… – preciso, con un filo di voce.

 …    

- Blaise, sei un cretino.
 
 


 
- Pansy, smettila di pronunciare stupidaggini come tuo solito, voglio dormire!
- Io dico stupidaggini? Tu semmai!
Il sopracciglio di Daphne tremò pericolosamente.
- Se non vuoi ritrovarti schiantata dall’altra parte della stanza, ti consiglio di chiudere la brutta boccaccia che ti ritrovi!
Pansy fece una smorfia, delusa, rimettendosi a letto.
Daphne piantò l’orecchio contro il cuscino, decisa più che mai a non dare ascolto alle chiacchiere dell’amica.
- Tanto lo so che non stai dicendo la verità, è inutile che tenti di sviare il discorso!
- Pansy, io detesto Blaise Zabini! Te lo vuoi mettere in testa?! – sbraitò Daphne, in collera.
- Ah, l’amore…riesce ad agitare anche il più quieto degli animi… – rifletté la mora, con tono talmente da dolce, da farle venire il diabete. – Lo sai che l’odio è solo una delle facce del cubo dell’amore? – continuò, ghignando maliziosamente. Al che, la bionda, persa completamente la pazienza, le lanciò contro il cuscino. Ebbe la sfortuna di sbagliare mira e colpire accidentalmente la gallina, che dormiva ai piedi del letto di Pansy. Il povero pennuto era ancora vivo solo grazie alla mora e al fatto che gli fosse stato insegnato a non dormire assolutamente sulla testa di Daphne, altrimenti sarebbe già stato morto stecchito. La gallina cominciò a starnazzare impazzita, volando fuori dalla stanza delle ragazze e facendosi un giretto in Sala Comune.
- Maledizione, Daphne! Perché hai lasciato la porta di camera aperta? – chiese Pansy, nello stesso momento in cui la bionda inveiva contro l’animale.
- Io uccido quel pollo se non la smette!

  


 
- Non è che potrei parlarti un secondo anch'io? – chiese il moro, dopo un po’ di tempo.
Draco alzò le spalle, apparentemente disinteressato. Per Blaise fu sufficiente per esporre il suo problema.
- Sono preoccupato per Daphne…
Draco assottigliò lo sguardo, indeciso se rimettersi a dormire o ascoltarlo. L’accenno però all’amica lo incuriosì, per cui decise di concedergli la sua preziosissima attenzione, per quanto l’orario fosse improponibile.
- Perché? – chiese infine.
- E’ strana! – esplose Blaise.
- Sai che novità.
- No, è strana… strana! Da qualche tempo non riesco più a capirla, io…
- Ah…perché tu prima riuscivi a capirla? – domandò Draco, alzando un sopracciglio, ricordando i loro numerosi diverbi.
- Oh…insomma, sai cosa intendo!
In tutta onestà Draco non aveva la minima idea di cosa stesse parlando, ma Blaise sembrava piuttosto agitato, per cui decise di non rispondere.
- E’ che… Non so, a volte mi sembra così…
- Così?
- Strana.
- Ok, Blaise, abbiamo appurato che Daphne è più strana del solito. Adesso spiegami un’altra cosa: per quale assurdo motivo a te dovrebbe importare?
- E’ questo il problema! – esclamò infervorato. – Perché me ne importa? – chiese più a se stesso che a Draco.
- Se non lo sai tu…
- E poi quando mi ha tirato lo schiaffo, insomma è stata un po’ esagerata, non tr…
- Ti ha tirato uno schiaffo? – lo interruppe Draco, incuriosito.
- Sì.
- Perché?
- Stavamo litigando e le ho detto che si stava comportando come una bambina.
Draco lo fissò con una nota d’incredulità nello sguardo.
- Le hai detto che è una bambina…e sei ancora vivo?
- Uff… non mi sei per nulla d’aiuto! – si lamentò, imbronciandosi.
- Sai com’è… sono le tre di notte…
- Ma tu devi sapere cos’ha! Sei il suo migliore amico!
- Ma che devo dirti, Blaise? Avrà le sue cose! – sbottò infine, rimettendosi sotto le coperte, di umore di gran lunga peggiore di quanto già non fosse.
- Oh… Tu dici?
- Sì, Blaise, dico. Adesso lasciami dormire, per Salazar!
Merlino voleva solo dormire qualche ora, non gli sembrava di chiedere tanto!
L’amico non disse più niente, limitandosi a borbottare frasi spezzettate per qualche minuto, senza disturbarlo come prima.
Draco aveva appena cominciato ad abbassare le palpebre e a sperare veramente di riuscire a riprendere il suo tanto agognato sonno, anche solo per qualche ora, quando nella Sala Comune risuonò lo starnazzare impazzito di un animale non ben identificato.
Strinse il cuscino, con la voglia pazzesca di rompere qualcosa.
No. Decisamente quella notte non avrebbe dormito.

 
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


Angolo Autrice 
 
Uhm…..Allora….Come va?
….Ok….PERDONO!!!!!!!!
*Singhiozza disperatamente*
Non uccidetemi! *Lacrime di coccodrillo per rendere veritiera la scena*
 
Dopo varie esitazione l’autrice decide di ricomporsi.
Ok, è inutile girarci intorno, sono di nuovo in ritardo, maaaa….Ho una bella notizia! Il prossimo capitolo è già scritto! Non tutto, ma quasi, quindi non dovrei ritardare troppo…Diciamo che al massimo potrebbe arrivare in due settimane…
Volete sapere cosa è successo per la seconda volta?
IL CAPITOLO E’ SPARITO!!!!!! Ma perché capitano tutte a me?!? Volevo postare il capitolo il 18 agosto, dato che era il mio compleanno, ma mi si è cancellato! Mi sarei mangiata le mani se non mi fossero servite per scrivere!
Va beh, ormai è fatta e io sono di nuovo in ritardo. Mi dispiace tanto :(
Passando a parlare del suddetto capitolo non succede granché a dir la verità, ma dopo varie esitazioni l’ho postato lo stesso. Ho voluto mettere la parte finale (quella con Draco, Blaise, Pansy e Daphne), principalmente per risollevare la malinconia che si era venuta a creare leggendo tra le righe, quindi spero che non vi sia sembrata di troppo :)
Non ho molto altro da dire, aspetto i vostri commenti per sapere cosa ne pensate.
Ah proposito! Ho una novità!
Ho un’idea per una nuova Dramione! Eheh…Credevate che dopo aver finito questa, avrei smesso di tormentarvi? XD
Coomunque, bando alle ciance, scrittori e scrittrici, lettori e lettrici!
E’ giunto per me il momento di ritirarmi in branda, perché il nemico (mia madre) si sta muovendo…
Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, ma grazie anche a chi ha solo dato una sbirciata.
Ma un GRAZIE speciale a quelle 13 meraviglie che hanno commentato lo scorso capitolo: Harry Potterish, Black_Yumi, Stella94, Slytherin_Ss, Notteinfinita, CChanel, chiaram, Ginny_, cranium, Lierin_, Virus14, elisadi80 e tonks17
Grazie ragazze, grazie davvero! ^____^
Al prossimo capitolo, carissime!!!!!!!!!!
flors99
 
 
 
  
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