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Autore: JulesBerry    09/09/2012    5 recensioni
[Seconda revisione ultimata]
Margaret Stevens è una strega diciassettenne che, nell'agosto del 1995, ritorna in Inghilterra, suo Paese natale, dopo nove lunghi anni.
Qui potrà rincontrare le persone a lei sempre state care: quelle persone che non ha mai dimenticato, che hanno sempre avuto un posto nel suo cuore, e che, nonostante tutto, hanno fatto sentire la loro presenza anche negli anni della lontananza.
Perché, questo lei lo sapeva, i Weasley sono sempre stati la sua seconda famiglia. E dalla famiglia, prima o poi, si ritorna.
-Dall'undicesimo capitolo-
«Fred, cosa dovrei fare? Fa’ sparire ogni pensiero strano, quel sorriso malizioso lo conosco fin troppo bene. E poi, per le mutande di Merlino, hai solo un asciugamano addosso: per me non è facile concentrarmi, il tuo corpo mi distrae!» esclamò Meg che, senza volerlo, si lasciò scappare quell’ultima frase. Si morse il labbro, maledicendosi mentalmente e pensando che buttarsi dalla finestra non doveva essere poi un’idea tanto cattiva.
«Ti distraggo? Be’, in effetti, sono stupendo, magnifico, incantevole! Come biasimarti? Sono la quintessenza della bellezza!» commentò Fred, vanesio, mentre il suo ego gonfiava a dismisura.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George e Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Che l'amore è tutto, è tutto ciò che sappiamo dell'amore'
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Capitolo 7
 


 
L’insonnia è una vertiginosa lucidità che riuscirebbe
a trasformare il paradiso stesso in un luogo di tortura

 

Yesterday,
All my troubles seemed so far away,
Now it looks as though they're here to stay,
Oh, I believe in yesterday


 
Un’altra notte insonne, tanto per cambiare. Ormai avrebbe dovuto averci fatto l’abitudine, eppure non riusciva a impedirsi di girarsi e rigirarsi nel letto, sperando che Morfeo si decidesse a farle visita quanto prima possibile. Troppe immagini s’intrecciavano nella sua mente, ma la scena era dominata da tutto ciò che riguardava Fred e i suoi genitori. Chissà come stavano, pensò, dato che non li aveva più sentiti da quando era partita. Scacciò subito quel pensiero dalla mente, convincendosi del fatto che fossero al sicuro, che stessero bene e che presto l’avrebbero raggiunta e sarebbero stati accanto a lei.
Ma ciò che la tormentava maggiormente era Fred. Quel volto invadeva i suoi pensieri e i suoi sogni più di qualsiasi altro. Da quando si erano rincontrati, era come se una parte di lei fosse rinata, come se fosse riuscita a ritrovare fiducia e, soprattutto, speranza. Ricordava ogni singolo dettaglio da quando era ritornata, come l’espressione di lui quando lei improvvisamente aveva varcato la soglia di quella camera, gli sguardi sfuggenti e carichi di complicità, le battute, i pomeriggi passati a pulire la casa e a farsi scherzi a vicenda, gli abbracci, la giornata a Diagon Alley, le notti spese a chiacchierare e a mangiare schifezze giù in cucina, le crisi di nervi a volte sventate, altre volte no, fino ad arrivare all’ultimo pomeriggio, con il cuore che batteva all’impazzata, che sembrava sul punto di scoppiare, e con lo stomaco e le sue mille capriole ininterrotte. Mentre ripensava a questi piccoli particolari, sentiva le farfalle volare su e giù e fare le più disparate acrobazie all’interno del suo corpo.
Non riusciva a capacitarsi di come un ragazzo le avesse potuto fare quell’effetto, per di più quel ragazzo che conosceva da quando era ancora in fasce. Spesso il destino gioca degli strani scherzi alle sue vittime, considerò, e quella volta era stata proprio lei a essere designata. Non era sicura di aver mai avuto un colpo di fulmine per qualcuno: nessuno era durato più di poche settimane. Alcuni per il carattere, altri per le incomprensioni, ma tutti erano accomunati dalla consapevolezza di non essere stati ritenuti all’altezza di stare al suo fianco.
Stavolta, però, era diverso. Forse era quello, il famoso e allo stesso tempo temuto colpo di fulmine: quello che ti spiazza e ti lascia senza fiato, che ti fa vedere il mondo sotto un altro punto di vista, spesso più luminoso e pieno di colori e sfumature. Poteva essere definito amore a prima vista? Non ne era sicura, d’altronde si conoscevano da tanto tempo, ma quello era stato come un nuovo primo incontro, come l’inizio di una storia da cominciare a scrivere, arricchendola giorno per giorno, come un libro non ancora letto, perfetto nella sua copertina.
Ma era davvero quello, l’amore? La paura di fare cose imbarazzanti, di apparire imperfetta agli occhi dell’altro, magari sbagliata? Oppure era l’immensa felicità che portava solamente lo stare anche pochi secondi con lui? La voglia di guardarlo negli occhi, di respirare il suo profumo, di sfiorare la sua mano, di sentire il proprio nome pronunciato dalla sua voce? In effetti, però, cambiava davvero poco: Margaret provava ognuna di queste cose.

Completamente priva di sonno, si alzò dal letto. Guardò l’orologio, che segnava le 4.20 del mattino: tra pochissime ore si sarebbero dovuti alzare, e lei non aveva proprio chiuso occhio.
Silenziosamente, nel tentativo di non svegliare Hermione e Ginny, s’incamminò in direzione della cucina, mentre il leggero brontolio del suo stomaco si andava facendo più insistente. Probabilmente, era più una fame da noia che una fame vera e propria.
Percorreva i corridoi bui e tetri del numero dodici di Grimmauld Place con una calma impressionante, il corpo totalmente in contrasto con l’anima, in tumulto e in rivolta contro se stessa.
Alla vista di un vassoio sul tavolo della cucina, il suo cuore iniziò a battere più furiosamente che mai contro la gabbia toracica. Si guardò intorno velocemente, nella speranza di scorgere un bel ragazzo dai capelli rossi seduto lì ad aspettarla, ma non c’era nessuno. D’altronde, erano le quattro e mezzo del mattino.
Accanto al vassoio, però, era poggiato un bigliettino, al quale era allegata una bella margherita bianca.


Signorina Margaret Stevens! Se è lei, può continuare a leggere e a ingozzarsi. In caso contrario, posa tutto ciò che hai in mano, chiunque tu sia!
Pasticcino, immaginavo saresti venuta qua: non hai mangiato quasi nulla a cena, e conoscendoti è davvero strano!
Sbrigati che è tardi (ne ho la certezza assoluta!), domani ci aspetterà una lunga e intensa giornata!
Buonanotte, ragazzaccia!  
Ps. La margherita. Sai che ogni fiore ha un significato, no? Ecco.
 

Un sorriso si aprì spontaneamente sul suo viso, mentre guardava con dolcezza il fiore che le era stato donato. Era sempre il solito: riusciva a colpirla anche con la più semplice delle cose. Sul vassoio le aveva fatto trovare un cornetto rigorosamente alla marmellata di pesche, che sapeva bene fosse la sua preferita, e un pezzo di deliziosa torta alla vaniglia. La conosceva meglio delle sue tasche, e si poteva capire soprattutto da gesti comuni come quello. Era certo che si sarebbe svegliata nel cuore della notte, com’era certo che sarebbe andata in cucina con una fame da lupi a cercare proprio quelle cose.
Meg iniziò a mangiare, e ripensò a quanto fosse straordinario il fatto che Fred esistesse, che fosse lì anche per lei, che le destinasse quotidianamente almeno uno dei suoi pensieri, anche se probabilmente erano molti di più – ma lei questo non poteva immaginarlo. E poi, quella margherita cosa poteva significare? Non se ne intendeva proprio di fiori e dei loro significati, e non si spiegava come potesse capirci qualcosa lui. Perché doveva amare così tanto farla impazzire? Perché non una rosa, ad esempio? Sarebbe stato molto più semplice. E invece no, e Margaret era convinta del fatto che l’avesse fatto di proposito, perché, conoscendola, sapeva perfettamente che lei non si sarebbe data pace fino a quando non avesse scoperto cosa voleva dirle con quella margherita.

Una volta che ebbe finito, Meg si alzò e si diresse al terzo piano, dritta nella camera dei gemelli. Quando entrò, non ebbe difficoltà a decifrare chi fosse George e chi Fred, anche perché aveva già dormito un paio di volte con quest’ultimo. Questa scena le ricordò quando erano piccoli e lei, a notte fonda, s’intrufolava nella camera dei due ragazzi, all’epoca “innocui” bambini, pronta a picchiare Fred nel caso non si fosse svegliato per farle posto.
Quella volta, però, l’unica cosa che voleva era contemplare per qualche secondo il suo volto, immerso nel sonno, e fissarlo bene nella mente, come se tutte le volte che lo aveva fatto in precedenza non le fossero bastate. E, in effetti, era proprio così.
Si accorse che sorrideva. “Chissà cosa sta sognando”, si chiese, aggrappata alla speranza che in quel sogno ci fosse anche lei. Si avvicinò un altro po’ al suo letto e con la mano destra, delicatamente, gli accarezzò i capelli e il viso, poi gli posò un lieve bacio sulla fronte.
Era sul punto di allontanarsi, quando Fred prese a mormorare, segno che doveva essere in dormiveglia. Margaret si apprestò nuovamente al letto e vi s’inginocchiò accanto, in modo che il suo viso fosse all’altezza di quello del ragazzo. Passò lievemente un dito sulle sue labbra, rimanendo piacevolmente sorpresa dalla loro splendida morbidezza. Fred si mosse un altro po’, e il suo mormorio si fece più insistente, fino a quando non pronunciò il suo nome.
«Meg» disse lui, debolmente, e il cuore di Margaret sembrava stesse per esplodere: l’aveva solo sfiorato, e lui, nonostante stesse dormendo, aveva capito che era lei.
«Dormi, sono solo venuta a fare un salto» gli sussurrò lei, e un caldo sorriso le illuminò il volto quando la mano di Fred si strinse alla sua. Questi aprì con poca convinzione un occhio e fece una smorfia, che in realtà doveva essere un sorriso.
«Cosa sei, un angelo?» le domandò, scherzando, con la voce impastata dal sonno.
«Non ci metterei la mano sul fuoco, lo sai. Avanti, ti lascio dormire. Buonanotte» fece Meg nell’atto di alzarsi, ma lui strinse di più la mano e si rifiutò di lasciarla andare.
«No, resta» le sussurrò Fred, che aveva chiuso di nuovo entrambi gli occhi.
«Lascia stare, dai... se non riesco a dormire va a finire che rimani sveglio anche tu» continuò lei, ma trovò ancora il dissenso del ragazzo.
«Vedrai che dormi. Resta qui» disse lui, che le faceva così tanta tenerezza che alla fine non riuscì più a dirgli di no.

Margaret s’infilò sotto le coperte e si strinse di più a Fred, poi poggiò la testa sul suo petto e lasciò che una mano del ragazzo le accarezzasse debolmente la schiena, mentre con l’altra le stringeva la sua. Lui riprese subito a dormire, quasi come a comando, e lei si sentì pian piano travolgere da un tepore che quella notte era tardato più del solito ad arrivare.
Allora capì che lui non era solo colui che la rendeva energica, euforica, che invogliava il suo estro a mostrarsi in ogni occasione; era anche la sua camomilla, il suo calmante personale, una delle poche persone capaci di metterla in pace con il mondo. Lì, avvolta nel suo abbraccio, l’Universo era perfetto: esso finalmente assumeva un profumo e un sapore familiare, non più estraneo.
Lasciò che il sonno s’impossessasse di lei, che la liberasse da ogni pensiero asfissiante, che la legasse ancora di più all’essere vivente al quale era quasi incollata; e finalmente si addormentò, una mano intrecciata a quella di Fred e l’altra sul petto, quasi a protezione della collana con il ciondolo di smeraldo.


- Angolo autrice

Eh sì, eccomi di nuovo!
-Poveri noi!
Meg, sempre tra i piedi?
Allora, eccomi qui con un nuovo capitolo, anche questo soffertissimo e modificato fino al midollo ogni singola volta che ho aperto Word in questi giorni. D: Ed ecco il risultato di tutti questi lavori di “ristrutturazione”! Prima delle numerosissime correzioni era orrendamente molto più breve, ma resta comunque abbastanza corto.
Spero che non vi abbia annoiato, ho cercato di focalizzarmi maggiormente sui pensieri e sui sentimenti della nostra Margaret che, poverina, è più confusa e tormentata che mai!
Tenete a mente il particolare della margherita, potrebbe riapparire tra un po’ di tempo! :)
Adesso passiamo all’illustrazione di ciò che ha ispirato la mia mente contorta (?). :33 Il titolo è di Emil Cioran, filosofo e scrittore rumeno; la canzone che apre il capitolo di oggi, invece, è, a mio avviso, una delle canzoni più belle che siano mai state scritte. *Modalità venerazione attivata* Sto parlando dell’immortale capolavoro di Paul McCartney, Yesterday.
Ora, come sempre, ringrazio chi ha inserito la storia tra le seguite, ricordate e preferite, e chi ha recensito il capitolo precedente.
Ragazze, tutti quei complimenti mi fanno saltellare per la stanza come un’idiota! *---*
Al prossimo capitolo, e nel frattempo spero di leggere qualche recensione! :)
Un bacione,
Jules

Ultima revisione: 24.01.2015

 
 
   
 
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