We’re just two lost souls
swimming in a fish bowl.
Paura,
l’aria ne era intrisa, così tanto da
risultare soffocante, o forse era lei che non riusciva a respirare.
Sessanta
secondi ancora e poi avrebbe dovuto correre
come non aveva mai fatto.
Facile,
ma non era sicura che le gambe riuscissero a
reggerla.
Marcus
non era distante da lei, e ostentava una
sicurezza da far invidia, sembrava solo aspettare il colpo di cannone
per
scattare mentre lei sarebbe rimasta impietrita aspettando di finire i
suoi
minuti.
Quaranta
secondi.
Forse
la morte è solo un vento freddo che ti porta
via, lontano dai turbamenti e dai pensieri, ma la sua morte non sarebbe
stata
veloce.
Lo
spettacolo è pur sempre spettacolo, e un agonia
lunga fa audience come poco sa fare, tiene la gente incollata alle
televisioni
e ai maxischermi come bambini davanti a una torta.
Il
suo fratellino avrebbe certo chiesto come mai sua
sorella era finita in tivù, troppo piccolo per capire o
forse troppo furbo per
farlo.
Trenta
secondi.
L’impulso
di mettere un piede avanti e chiudere gli
occhi era forte, morire su una mina, un attimo e il buio
l’avrebbe accolta come
un padre tra le braccia, ma la promessa a Finnick di rimanere in vita
il più
possibile bruciava come bruciavano i baci e le carezze della sera
precedente.
L’insistenza
con la quale il terreno sembrava
chiamarla era un invito piacevole che non doveva prendere in
considerazione per
qualsiasi ragione al mondo.
Venti
secondi.
Intorno
a lei tutto fremeva, i Tributi, l’acqua di
un timido ruscello che scorreva in un letto troppo grande per lui, e
anche la
cornucopia che rifletteva i raggi del mattino, invitante.
Tutti
erano pronti.
Lei
lo era?
Dieci
secondi.
Il
tempo per verificarlo non era sufficiente.
Affidarsi
a un istinto primordiale come la
conservazione era la scelta più ovvia e anche la
più facile
Un
colpo di cannone.
Lasciò
che i suoi piedi facessero tutto, decidessero
la sua sorte, e capii di amarsi troppo, di amare troppo la vita per
perderla
così facilmente.
Corse,
prese uno zaino e la direzione opposta a
quella di tutti; se puntavano al lago, le sarebbe andata alla sorgente.
I
primi alberi erano vicini, si fiondò sul primo non
preoccupandosi di essere vista, di essere troppo prossima al fuoco, al
pericolo, ma era un bisogno viscerale quello che sentiva: girarsi verso
la
cornucopia per vedere che andava tutto bene, che non era successo nulla.
Ma
l’aria intorno era come rossa, il sangue che
impregnava l’erba a poco più di un chilometro da
dove si trovava, nascosta
dalle fronde, era fresco come lei, troppo giovane e innocente per
partecipare a
un massacro.
La
cornucopia sembrava bearsi del sangue versato
tanto da rifletterne e accentuarne il colore cosicché anche
lei poteva
capacitarsene.
Un
groppo alla gola e uno al cuore.
Quanti
ragazzi erano già stati uccisi?
La
risposta non si sarebbe fatta troppo attendere.
I
fiori appassiscono, e le farfalle hanno vita breve,
troppo breve.
Recidono
il bozzolo, spiccano il primo volo, muoiono
non molto tempo dopo.
Marcus
non era mai stato una farfalla, lo sapeva.
Era
un bruco ed era consapevole di questo, e la sua
condizione gli era sempre bastata.
Per
essere un bruco era dannatamente sexy, o almeno le
ragazze che parlottavano tra loro al suo passaggio sembravano dire
quello e lui
non aveva fatto altro che convincersene ogni giorno di più.
Non
era un ragazzo superficiale, per quanto i suoi
diciotto anni gli permettevano di non esserlo, aveva un cervello
parecchio
acuto e una testa di capelli niente male.
Anche
Annie era bella, aveva visto di meglio certo,
ma aveva quel qualcosa in più che la rendeva desiderabile, o
almeno agli occhi
del suo mentore lo era.
Non
lo sarebbe stata ancora per molto, perché a
quanto aveva capito non aveva intenzione di far altro che nascondersi
tutto il
tempo il che prevedeva che non sarebbe sopravvissuta a
quell’inferno.
Era
una ragazza simpatica infondo, magari se avesse
avuto l’occasione di conoscerla meglio le sarebbe anche
piaciuta, ma erano
finiti entrambi in bocca al lupo sicché.
Il
fuoco sfumava i contorni dei compagni seduti
intorno ad esso o forse erano gli omicidi appena commessi a non
permettergli di
delinearne i volti; aveva paura forse di vedere come la morte gli aveva
cambiati?
O
più di non riconoscere se stesso?
Si
allontanò senza dare spiegazioni per dirigersi al
corso d’acqua, si sciacquò il viso per poi
riflettersi sulla superficie
increspata.
No,
non era cambiato.
E
allora cosa lo turbava?
-È
legale?- il suono basso della voce di Wood
interruppe il suo flusso di pensieri e lo fece riavvicinare al gruppo.
-Cosa
vuoi!- rispose con uno squittio la ragazza
dell’1 che da svariati minuti intrecciava le ciocche delle
due ragazze che aveva
ucciso.
-È
piuttosto inquietante sai? Non credo che gli
sponsor apprezzeranno questo tuo comportamento… meglio che
ti facciamo fuori
subito…-
-Attento
sai- si gettò al suo collo brandendo un
coltello –io se fossi in te non sarei così sicuro
di me, sei solo un sudicio
taglialegna!-
-Piantala
Cherie- la ammonii Gold che continuava a
girare intorno alle provviste come per assicurarsi di non aver perso
nulla
–credo che ci convenga prendere tutto il possibile e bruciare
il resto, non mi
va di aspettare gli altri Tributi qua, cerchiamoli, uccidiamoli, e poi
vedremo.-
-Non
sarebbe meglio lasciare qualcuno a controllare
la roba? È uno spreco inutile bruciarla.- ribatté
la ragazza.
-Paura
dell’azione cara?- la schernì Wood.
-Zitto
sta per partire l’inno.- sviò la domanda del
ragazzo.
Il
sigillo di Capitol City illuminò il cielo della
sera, dieci volti come unico ricordo dei ragazzi morti.
Il
tributo femmina del 2 che non era stata accettata
tra i favoriti.
La
ragazza del 3.
Il
ragazzo storpio del cinque.
La
giovane del 6.
Entrambi
i tributi del 9 e del 10.
Il
tributo maschio dell’undici e quello che dodici.
Ma
quella notte il conto sarebbe cambiato.
Gli
svegliò un colpo di cannone, quella mattina, un
risveglio macabro che sapeva di morte.
A
pochi metri da loro il ventre di Cherie era
squartato, gli organi interni lacerati, le sue mani e i piedi legate e
la bocca
tappata con la treccia a cui stava lavorando la notte precedente.
Doveva
esser stata un’agonia non tanto lunga quanto
dolorosa, gli occhi ancora aperti in un grido che era soffocato dalla
bocca,
era morta guardando loro dormire.
Era
il suo il primo turno di guardia, e il
successivo era quello di Wood, come se ci potessero essere dubbi
sull’assassino: la ferita sulla pancia era perfettamente
riconducibile
all’accetta del tributo.
L’odore
di sangue, bile e vomito era acuto, ma non quanto
quello della paura.
“Nessuno
è al sicuro” sembrava gridare una voce.
“Nemmeno
voi.”
L’angolo del cranio.
Yeah!
Capitolo cortissimo lo so -.-“.
L’ho
reso meno crudo possibile togliendo vari/molti
dettagli che nella mia mente si erano formati (stanotte non
dormirò xD) e devo
dire che quando l’ho riletto mi è sembrato che non
facesse tanto schifo l’ultima
parte.
Il
prossimo però non sarà così
–lettore avvisato-.
A
presto, si spera.
cranium