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Autore: SofiDubhe94    26/10/2012    8 recensioni
Finnick Odair aveva diciannove anni.
Annie Cresta diciassette, ma Annie Cresta era stata sorteggiata per la Settantesima Edizione degli Hunger Games.
Finnick Odair avrebbe dovuto farle da mentore, riportarla a casa: VIVA.
Questo è Panem. Questo è il Distretto 4.
Questa è la storia di come Annie Cresta tornò a casa.
Felici Hunger Games e che la fortuna possa sempre essere a vostro favore.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ANNIE CRESTA. GIORNO DELLA MIETITURA. ORE 5.00
Ci dicono che essere sorteggiati per gli Hunger Games sia un onore, ci dicono che vincere gli Hunger Games doni gloria a noi e al nostro Distretto, ci dicono che gli Hunger Games hanno salvato tutto Panem. Io penso che gli Hunger Games servano solo a farci diventare burattini asserviti al potere.
Come Finnick Odair.
Ti osservo da quando sei tornato vivo dall’arena, cinque anni fa. Eri più bello di quando sei partito, con quegli abiti sfavillanti che mettevano fortemente in risalto i tuoi occhi color verdemare, della stessa tonalità dei miei.
Tu sei Finnick Odair, tu hai vinto. Ti guardo da quel giorno, forse persino da prima. Ma adesso è meglio che io smetta di sognare: l’alba del giorno della Mietitura sta sorgendo davanti ai miei occhi, questo pomeriggio il mio nome potrebbe essere estratto dall’urna ed io potrei finire in una tremenda arena. La buona sorte non è proprio a mio favore, quest’anno. Vedo il sole, in linea diretta con il mio sguardo, con i miei occhi verdemare.
Siamo in tanti, forse in troppi, ad avere occhi di questo colore, qui nel Distretto 4, ma i tuoi, Finnick Odair, i tuoi sono di certo i più belli.
Non ti ho mai parlato e adesso sento l’ardente desiderio di averlo fatto.
Sarà meglio che io mi alzi adesso, devo affrontare il sole che mi brucia gli occhi, devo essere coraggiosa.
Mi chiamo Annie Cresta, ho diciassette anni, oggi comincia ufficialmente la Settantesima Edizione degli Hunger Games, oggi alla Mietitura il mio nome potrebbe essere sulle labbra della grottesca donna dai capelli azzurri.
Le gambe mi fanno già male e mi sono appena alzata dal letto. Sono le cinque del mattino, è così presto, potrei dormire anche altre quattro o cinque ore.
Mi vado a specchiare, ma quasi stento a riconoscermi: alta e snella come mio solito ho gli occhi stanchi, l’espressione addolorata, i capelli arruffati. Questa non somiglia alla Annie con cui ho a che fare tutti i giorni. Questa Annie è stanca degli Hunger Games e persino della sua vita nel Distretto 4.
Esco di casa silenziosamente, stando bene attenta a non svegliare nessuno. Qui nel Distretto 4 disponiamo di piscine pubbliche che possiamo utilizzare a nostro piacimento. Io sono bravissima a nuotare, anche Finnick Odair lo è. Sono in pochi, qui nel Distretto 4, quelli che non sanno nuotare come delfini: di solito i vecchi o i bambini più piccoli. Io ho diciassette anni, Finnick Odair diciannove e sappiamo nuotare alla perfezione.
Raggiungo una delle piscine, mi tuffo senza badare al fatto di avere ancora tutti i vestiti addosso-
L’acqua mi dà una sensazione di pace e serenità, per qualche attimo posso anche non pensare alla Mietitura di oggi pomeriggio.
Nuoto un po’, qualche vasca giusto per ricordare una sensazione che mi fa sentire a casa, al sicuro, in un luogo riparato e protetto.
Quando mi appoggio al bordo riemergendo per prendere qualche boccata d’aria, un paio di piedi è in linea diretta con il mio sguardo. Alzo gli occhi: è Finnick Odair in costume.
Si china verso di me, per essere alla mia stessa altezza. Sorride. È un sorriso seducente, questo, pieno di fascino, lo stesso che ha incantato tutto Panem, che gli ha permesso di tornare a casa dall’arena e che, al medesimo tempo, lo ha condannato.
            “Non pensavo che qualcun altro fosse tanto folle da nuotare a quest’ora!” dice.
Esco agilmente dall’acqua e mi rimetto in piedi, dandogli le spalle. Mi porto i lunghi capelli castani su una spalla e li strizzo per eliminare l’acqua superflua. Non voglio essere scortese con Finnick Odair, ma nemmeno voglio che fraintenda il mio comportamento, lui è proprio una di quelle persone che potrebbero farlo.
            “Annie” dice ancora.
Come può Finnick Odair conoscere il mio nome?
Ruoto parzialmente la testa in sua direzione, con la coda dell’occhio posso vedere quanto il sole faccia ardere i suoi capelli ramati, faccia brillare il suo addome perfettamente scolpito, come appartenesse ad una statua di alabastro.
            “Non ti chiami Annie?” domanda allora e sembra davvero terrorizzato all’idea di aver sbagliato il mio nome.
            “Sono Annie Cresta” rispondo, freddamente.
Non aggiungo altro, non serve aggiungere altro.
            “Nuoti veramente bene, sicuramente meglio di me!” mi dice e sono sicura che mi stia sorridendo di nuovo in quel modo seducente, capace di distrarre chiunque.
Come si reagisce, come si risponde ad un complimento di Finnick Odair, il Vincitore, il sex symbol di Panem?
            “Grazie, Finnick” rispondo.
Gli volto di nuovo le spalle e riprendo a camminare, allontanandomi da lui; un paio di attimi più tardi sento il rumore del suo tuffo.
Mentre percorro la strada di casa ripenso all’incontro con Finnick Odair. Che io mi ricordi non ha mai parlato con nessuno che non fosse un suo amante o un abitante della Capitale. Che io mi ricordi Finnick Odair non ha mai imparato un solo nome di un suo concittadino, allora perché proprio il mio? Che io ricordi Finnick Odair è un presuntuoso e frivolo ragazzo diciannovenne, allora perché oggi non sembrava affatto così?
Entro in casa ancora perduta nelle mie domande, che forse non troveranno mai una risposta.
Sono le 6.00, è ancora così presto, credo di avere un sacco di tempo per darmi una bella ripulita e vestirmi in modo consono per la Mietitura prima che la casa cominci ad animarsi di vita. Mi dirigo in bagno e faccio tutto con estrema calma e cura: questo potrebbe essere il mio ultimo giorno qui. Mentre mi lavo penso a cosa potrei indossare: Capitol City pretende che siamo impeccabili almeno durante il giorno della Mietitura, quindi niente pantaloni strappati o maglie striminzite che lascino l’ombelico scoperto; quelli sono abiti volgari, assolutamente da evitare.
Mi domando quest’anno quale sarà stravaganza della donna dai capelli azzurri – il cui nome è Eve. Mi domando che parrucca sfoggerà, che abito eccentrico o che accessorio al passo con le mode assurde di Capitol City.
La odio. Nella maniera più assoluta.
Esco di casa perché i capelli si asciughino all’aria tiepida che oggi sta svegliando il mio Distretto; dalla mia casa si vede il mare, laggiù, in lontananza, lo si sente ruggire e infrangersi sugli scogli.
Finnick Odair è a qualche metro da me, con lui c’è una bambina dai capelli biondissimi, così chiari da sembrare quasi bianchi. Finnick si china su di lei per sentire cos’ha da dirgli, le sorride in maniera assolutamente dolce, quindi la solleva dal suolo e la fa roteare per tre volte, scatenando la sua ilarità.
Poi si volta verso di me, i suoi occhi verdemare non hanno mai avuto una luce simile e il suo sorriso non è mai stato così sincero e, in qualche modo, nostalgico.
In quel momento capisco, Finnick Odair, in che modo il mio cuore batte per te.
  
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