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Autore: p a n d o r a    20/11/2012    1 recensioni
Salve, mi chiamo Naminé Tnetsixeton, ho sedici anni, i miei genitori e la mia matrigna sono morti e io, bhè, vivo in un collegio-riformatorio. Come ci sono finita? Lunga storia. Il succo è che ho praticamente accusato il sindaco della mia ex città di avere potere magici con i quali ha ucciso i miei genitori. Sono pazza, eh?
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naminè, Roxas, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La tua bellezza effimera ti rende dannatamente bello.
Cap. 4 - Bracciale elettrico ed alta fedeltà.


Tornata nella mia stanza, posai la macchina fotografica su un antico mobile di legno e mi guardai allo specchio. Passai la mano leggera su quel nastrino rosso, la cosa buffa era che il rosso era il mio colore preferito, ma come faceva lui a saperlo?
Guardai i miei capelli che ora mi arrivavano al massimo alle spalle e per un attimo pensai che forse avevo sbagliato a tagliarli, però dopo aver ricordato la sensazione provata nel sferrare quel pugno a Xion ributtai i miei pensieri nel dimenticatoio. Mi stesi dolcemente sul letto e mi misi a guardare il soffitto. Nulla di interessante, ma almeno passavo il tempo. All’improvviso mi vennero in mente le parole di quella vipera corvina, mi aveva umiliata davanti a tutti, aveva svelato a tutti il mio passato. Non era giusto. Le lacrime stavano per scendere, ma mi sforzai a bloccarle, non dovevo più piangere, l’avevo promesso a mamma e papà, l’avevo promesso alla mia matrigna e anche ad Axel. Non potevo infrangere la promessa. Mentre la mia mente vagava nei ricordi più oscuri della mia vita sentii qualcuno bussare alla porta. Una volta, due volte, tre volte, era un ritmo familiare. Dopodiché una voce parlò da dietro di essa.
 
“Nannà, apri! Muoviti, so che sei lì dentro. Forza! E’ urgente.”
 
Solo una persona in quel sudicio posto mi chiamava così. Axel!
Corsi alla porta e l’aprii delicatamente, ma proprio quando stavo per urlare il suo nome piena di gioia, Axel spense il mio sorriso con un sguardo visibilmente triste e facendomi segno di stare zitta. Così da sorriso, la mia bocca si incurvò in una smorfia di preoccupazione.
 
“Cosa ci fai qui?”
 
Sussurrai appena per non farmi sentire. Lui entrò e chiuse la porta dietro di sé, mi condusse al letto facendomi sedere e mi abbracciò. Solo dopo quel lungo e straziante abbraccio, che non faceva altro che mettermi ancora più ansia di quanta non ne avessi già, parlò.
 
“Naminé - aveva pronunciato il mio nome per intero, segno che era qualcosa di serio - Ora devi stare tranquilla. Promettimi che qualsiasi cosa ti dirò tu non farai sceneggiate e non ti farai prendere dal panico.”
 
Io ero spaventata, però sapevo di potermi fidare di lui e così, guardandolo nei suoi occhi verde smeraldo, annuii. Lui prese un bel respiro prima di continuare.
 
“Stavo camminando per i corridoi, quando ho sentito la voce di Xion che parlava con la preside del fatto che tu le abbia dato un pugno.”
 
Al nome Xion mi salirono i nervi e Axel, evidentemente, se ne rese conto prendendomi per i polsi e trasmettendomi fiducia.
 
“E alla fine la preside ha deciso che…”
 
Si bloccò, avevo paura. Axel non era mai stato il tipo da tirare le cose per le lunghe, le diceva chiare e inequivocabili in faccia. Ma questo suo comportamento mi procurava terrore.
 
“Nannà, tu sei mia sorella, e ti vorrò sempre bene qualunque cosa accada, però la preside ha detto che… Dovrai essere… Tranquillizzata.”
 
Appena finita la frase sentii le mani di Axel stringermi i polsi e provai una strana sensazione come se il cuore mi si fosse bloccato per qualche secondo, come se fossi in uno stato di coma. Una morsa nel petto, che stringeva sempre più forte, come se volesse farmi morire. Avevo paura e iniziai a tremare. Il rosso se ne accorse e mi abbracciò forte. Io volevo piangere, ma le lacrime non scendevano come se avessero sentito le mie parole precedenti riguardo alla promessa. Adesso capivo perché Axel ci metteva tanto a parlare, perché non aveva il coraggio di dirmi questa triste realtà. Lui ci era passato e ci stava passando tutt’ora, capiva come mi potevo sentire.
In quel momento ricordai il giorno in cui lo ‘tranquillizzarono’. Fu una cosa orribile, lo presero con la forza mentre lui era in lacrime, forse una delle poche volte in cui vidi Axel piangere, e lo portarono in una stanza dove gli misero quel dannato bracciale e tutto questo solo per aver spintonato un ragazzo nel fiume che scorreva vicino alla scuola. Una scena orribile che io guardavo da dietro la schiena di Kairi, non avevo il coraggio di stare in prima fila. Sentii una mano accarezzarmi la testa e Axel mi allontanò da lui in modo da poterlo guardare negli occhi. Mi rivolse un sorriso di incoraggiamento e sussurrò delle parole.
 
“Nannà, non devi aver paura. Io sarò sempre al tuo fianco.”
 
Io caddi di nuovo fra le sue braccia e iniziai a piangere dicendo con un filo di voce appena percettibile.
 
“Ti voglio bene.. Fratellone.”
 
All’improvviso, sentii di nuovo bussare alla porta. Andò Axel ad aprire, non ne avevo la forza. Da dietro la soglia apparvero la preside e Poffer, la guardia che mi guardava triste e rassegnato. La donna entrò nella stanza con un sorriso di quelli che ti verrebbe voglia di prendere a pugni, ma ero già abbastanza nei guai e preferii evitare, e si avvicinò a me.
 
“Oooh, cara la mia Tnetsixeton, mi sembra che il tuo fratellino ti abbia già anticipato la tua sorte! Bene, così sei più preparata. Andiamo! Adolf, prendila!”
 
Fece segno a Poffer di portarmi con lui e ad Axel di seguirci. La guardia si avvicinò a me sussurrando un “mi dispiafe” con il suo buffo accento. Io gli lanciai uno sguardo di rassegnazione e intanto ascoltavo la preside pavoneggiarsi per i corridoi e ‘parlare’ con Axel.
 
“Oh che bello! AH AH AH. Avremo entrambi i fratellini in manette! Chi vuole assistere allo spettacolo?”
 
Mi sentivo un fenomeno da baraccone e, in più, era la terza volta che mi facevo notare quella settimana, ma ne fosse stata una positiva. Arrivammo davanti alla fatidica stanza e io guardai per l’ultima volta Axel, dopodiché entrammo. Lì dentro c’era un uomo che mi prese la misura del polso e si diresse verso una specie di valigetta da cui estrasse quello stupido bracciale. Stavano per scendere le lacrime ma pensai che così la scossa sarebbe stata più forte perciò riuscii a trattenerle. Aprì il bracciale e me lo mise intorno al polso per poi richiuderlo. Era piccolo e non dava fastidio, ma all’improvviso quell’uomo parlò.
 
“Ora ti farà un po’ male.”
 
Disse prima di cliccare su un bottone che mi diede una scossa talmente forte che non riuscii ad trattenermi dall’urlare. Per qualche secondo mi sembrò di aver perso i sensi perciò caddi a terra. Ripensai alla voce di quell’uomo, non era cattiva come quella della preside. Evidentemente non gli piaceva fare quel lavoro, ma era come se fosse obbligato. Dopo il mio atterraggio a terra il braccio destro, quello a cui mi avevano messo il bracciale, tremava e la porta si aprì sbattendo contro il muro. Era Axel che mi voleva portare via. Nessuno fece obbiezione perché ormai la punizione mi era stata inflitta e quindi potei andarmene senza tante storie. Appena fuori dalla stanza mi liberai dalla presa di Axel. Non volevo aiuto. Mantenni la testa bassa e appoggiando la mano destra sulla sinistra me ne andai verso la mia stanza sotto gli occhi curiosi di tutti e quelli malinconici di mio fratello, il quale non fece resistenza ma mi capì e mi lascio andare.
Aprii piano la porta della mia camera e sdraiato sul letto trovai il biondino. Dannate serrature, dovevano farle controllare. Gli passai davanti con sguardo basso.
 
“Vattene, voglio stare sola.”
 
Mormorai, ma lui sembrò non volermi ascoltare.
 
“Vattene.”
 
Niente.
 
“VATTENE HO DETTO!”
 
Alzai la testa verso di lui e me lo ritrovai davanti che mi sorrideva. Non mi importava se avrei preso un’altra scossa. Tentai di tirargli un pugno, ma lui lo schivò e prima che potesse darmi la scossa elettrica mise la mano sul bracciale e la prese anche lui. Cademmo entrambi sul letto tremanti per le scosse. Io riuscii a cacciare un filo di voce appena percettibile.
 
“Perché?”
Una semplice domanda a cui ricevetti però un’enorme risposta. La quale mi fece scendere le lacrime che fino a poco prima si erano bloccate.
 
“Per mostrarti la mia treue.”
 
Mi abbracciò stringendomi a sé con quella poca forza che gli era rimasta mentre io piangevo, ma non per il bracciale. Perché dopo tanto tempo qualcuno mi avevo dimostrato la sua fedeltà.






Spazio autrice:
Allora.. So che sono stata assente per un mese e mezzo, ma capitemi il liceo linguistico NON E' FACILE c.c
Oggi fortunatamente mi sono tolta di mezzo la maggior parte delle interrogazione e ho trovato il tempo di scrivere D:
Perdonatemi ancora e vorrei tanto che LASCIASTE OGNI TIPO DI RECENSIONE. :)
Da oggi in poi cercherò di aggiornare ogni due settimane però capitemi, non è facile. Grazie per la comprensione *C:

LittleHippie_Amber
  
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