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Autore: Walpurgisnacht    07/12/2012    3 recensioni
Nerima è un paese diverso dopo Secrets. Incontrato gente, fatto cose, visto posti, rotto equilibri. Poi un ragazzotto con la bandana e il senso dell'orientamento di un opossum morto torna dopo un anno.
Avete preparato l'armatura per difendervi, vero?
[EIP fra _Mana e Kaos, seguito di Secrets of the Heart Split in Two]
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Ukyo Kuonji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sei ancora nervosa, Akane?”
La ragazza si voltò verso Ukyo, scuotendo la testa. “No, no davvero. Perché dovrei…?”
“Magari perché stiamo rientrando a casa, e tu hai un certo discorso da affrontare con un certo ragazzo…”
Akane arrossì e abbassò lo sguardo.
“Un po’, in effetti…” sussurrò “è che non ho ancora deciso cosa dirgli esattamente… non è un discorso facile…”
“Beh, digli le stesse cose che hai detto a me, quando eravamo sul tetto” sorrise Ukyo, cercando di infondere un po’ di coraggio all’amica “è quello il nocciolo del problema, ed è quello che deve sapere.”
“Sempre se avrà voglia di parlarmi… non so se è disposto a rischiare un’altra frattura al naso…” commentò mogia Akane, sentendosi particolarmente in colpa per il naso di Ranma.
“Oh, lo farà” sorrise Ukyo, sorniona “la sua incoscienza ti tornerà utile.”
Akane guardò Ukyo di sbieco per quell’affermazione – benché verissima. Ukyo rise al broncio dell’amica.
“Scherzo! E comunque, ha già dimostrato di voler affrontare il discorso la sera stessa in cui è successo il fattaccio, se lo conosco abbastanza direi che ora freme per poter rimettere le cose a posto. Non hai di che preoccuparti, davvero!”
Akane sospirò, augurandosi che Ukyo avesse ragione ancora una volta.

“Hai finito di camminare avanti e indietro? Mi metti ansia!”
“Scusa, scusa!”
Ranma tornò a sedersi sul tetto, vicino a Ryoga. Avevano deciso di aspettare lì il rientro di Ukyo e Akane, e nel frattempo decidere cosa Ranma avrebbe detto a quest’ultima – tanto per evitare frasi che gli sarebbero costate un paio di ossa rotte. L’agitazione lo aveva portato a fare su e giù per il tetto, accrescendo la sua ansia – e innervosendo Ryoga.
“Allora, hai deciso cosa le dirai?” chiese quest’ultimo.
“…no.”
“…e perché abbiamo parlato per quasi due ore e mezza, discorsi con Mousse compresi, allora?”
“Mica ho detto che non sono serviti, mi avete schiarito le idee!” rispose Ranma, piccato “…solo che non ho deciso le parole esatte, ecco.”
Ryoga alzò gli occhi al cielo, esasperato. Si chiese se e quando Ranma avrebbe smesso di avere bisogno di essere tenuto per mano nelle questioni amorose.
Non ebbe tempo di rispondersi, perché lo vide saltare giù dal tetto svelto come una lepre.
Akane e Ukyo erano appena giunte davanti casa Tendo.
Soffocò una parolaccia mentre anche lui scendeva agile. Pensò fosse opportuna anche la sua presenza. Ukyo sarebbe stata messa inevitabilmente da parte dalla portata del discorso che i due... piccioncini... dovevano condurre in privato e non gli andava vederla appoggiata al muro ad annoiarsi.
E poi dovevano stabilire i dettagli del loro... appuntamento.
Quante parole strane in quel discorso. Gli facevano perdere l'equilibrio.
Pensa te, Ryoga. In un anno che non sei stato da queste parti guarda quante cose sono successe. E guarda quante cose stanno succedendo a te. Alcune belle, alcune brutte, alcune solo inattese e ancora da valutare.
Ti eri convinto che tutto sarebbe rimasto immutabile, uguale a se stesso. E invece adesso stai vedendo con i tuoi stessi occhi, e sperimentando con le tue stesse mani, che tiri mancini può giocare il destino. O il caso. O la volontà testarda di un papero cinese.
"Akane!" urlò Ranma mentre si avvicinava alle due ragazze. Si vedeva lontano un chilometro che era nervoso ma determinato. Il disguido si era protratto anche per troppo tempo, oramai. Non era più abituato a due giorni consecutivi di musi e silenzi fra lui e la sua fidanzata.
Ryoga gli era indietro di qualche passo.
Ma fu Ukyo a percepire il cambio nell'aria. Bloccò, con uno scatto fulmineo, il pugno di Akane che era già alzato a mezz'aria.
"Akane! Cosa stai combinando?" le sussurrò.
"Io... io...".
"Niente scuse. Adesso ti calmi, respiri e lo lasci parlare. Se proprio vuoi mettergli le mani addosso, almeno aspetta che ti dica qualcosa che ti ha fatto arrabbiare. Non sempre prevenire è meglio che curare".
"Uff. Uff. Uff". Abbassò il braccio cercando di scaricare la rabbia che già le stava montando, imbizzarrita.
Ranma aveva colto il movimento di Akane ma non si era tirato indietro, né tantomeno aveva cambiato idea sul suo corso d'azione.
Doveva parlarle e le avrebbe parlato.
Finalmente furono faccia a faccia.
"Akane... dobbiamo parlare" esordì secco. L'essere diretto gli costava molta fatica, ma capiva che era il metodo migliore per affrontare il problema.
"Sì, hai ragione" rispose lei, ansimando ancora un poco.
"Ukyo, se non ti spiace..." disse il codinato in direzione della sua amica di infanzia. La quale, molto cavallerescamente, diede ai due lo spazio di cui avevano bisogno. Non disse neanche nulla su quello che lei e Akane si erano dette sul tetto della scuola, ormai era superfluo. Perché sentire per bocca di terzi qualcosa che, se tutto fosse andato come doveva andare, avresti sentito dalla bocca della diretta interessata?
Si avvide di Ryoga che sopraggiungeva e, senza dargli il tempo di far nulla, lo prese a braccetto e lo trascinò dentro casa.
"Anche noi dobbiamo parlare, maialino" disse, abbassando volutamente la voce sull'ultima parola "Non avevamo un appuntamento romantico da organizzare?".
“Uh u-uh s-s-s-s-s-i c-c-c-c-certo!” balbettò, preso totalmente in contropiede da Ukyo.
“Anzi, ancora meglio! Che ne dici di anticiparlo ad ora?”
Ryoga ebbe un principio d’infarto a quella proposta.
“M-m-m-a c-come, a-a-adesso?!”
“Perché, hai da fare?”
“N-n-no ma l-loro” disse, puntando un dito tremante in direzione di Ranma e Akane, intenti ad osservare il siparietto con curiosità – e anche divertimento.
“Oh, sono grandi abbastanza da cavarsela da soli” sorrise “non hanno bisogno dei suggeritori!”
“M-ma sta per piovere e-“ cercò di replicare, ma non ne ebbe il tempo perché Ukyo lo trascinò correndo in direzione dell’Ucchan, incurante della pioggia che iniziava a scendere.
“U-Ukyo sta piovendo!” fu l’ultimo, disperato appello di Ryoga, prima che il suo lamento si trasformasse in un grugnito. Fortunatamente, erano già abbastanza lontani perché Akane se ne accorgesse.
Quest’ultima era totalmente immersa nei suoi pensieri, preoccupata per l’imminente discorso da affrontare. Osservò la sua mano, incredula di aver reagito di nuovo in quella maniera così avventata. Sarebbe stata capace di trattenersi? Sarebbe riuscita a non picchiare Ranma, che voleva sinceramente parlare e chiederle scusa?
Alzò gli occhi verso quest’ultimo, ritrovandosi ad osservare due occhi azzurri decisamente più in basso di quanto si aspettava.
Ranmachan fece un mezzo sorriso, alzando lo sguardo verso il cielo coperto di nubi scure.
“Non ti dispiace se prima di parlare faccio una doccia calda, vero?”
Akane annuì, non riuscendo a trattenere un sorrisetto guardando la ragazzina rossa.
Di fretta corsero dentro casa.

“Mi dispiace Ryoga, mi era totalmente passato di mente!” Ukyo si scusò per l’ennesima volta col porcellino nero che teneva in braccio, chiudendo con una mano la porta del ristorante.
Posò l’animaletto su uno sgabello, continuando a parlare.
“Davvero, ero così presa dalla faccenda di quei due che ho dimenticato di collegare bocca e cervello e ho fatto la prima cosa che mi è passata per la testa!” disse, mentre strizzava i capelli bagnati. Il porcellino grugnì in segno d’assenso, muovendo la testolina. Poi starnutì.
Ukyo finì di sistemare gli abiti di Ryoga nell’asciugatrice, dopo di che lo portò al piano di sopra.
“Vai a fare un bagno, su” disse, spingendolo oltre la porta “così torni normale. Io intanto mi tolgo questa divisa, che sto gelando!”
Mentre si allontanava, Ukyo sentì uno splash! provenire dal bagno, e dei passi avvicinarsi velocemente.
“Comunque non hai tenuto conto di una cosa” disse Ryoga, la testa gocciolante che spuntava da dietro la porta del bagno “i miei vestiti sono bagnati. E le mie cose sono rimaste a casa Tendo.”
Ukyo si voltò lentamente, sgranando gli occhi.
“Tu non mi hai dato tempo di parlare…” borbottò il ragazzo, osservando la cuoca arrossire visibilmente.
La pressione nella scatola cranica di Ukyo ebbe un'impennata da far paura.
Aveva un Ryoga nudo per casa. Senza vestiti asciutti, al momento irrecuperabili.
E non era tanto la situazione di per sé a metterla in tensione. In fondo non era niente di davvero grave: sarebbe bastato aspettare che smettesse di piovere e tornare dai Tendo a recuperare il resto della sua roba. Certo, avrebbe dovuto fare il tragitto coi vestiti bagnati ma capirai, per evitare casini peggiori si sarebbe fatto questo ed altro. E poi la strada era poca, correndo ci avevano messo non più di tre minuti dal cortile del dojo al ristorante. A passo tranquillo era questione di dieci minuti, al massimo.
No no, ti pare.
Ma... aveva... Ryoga... nudo... per... casa.
L'unica persona che aveva mai visto nuda in vita sua, da quando aveva compreso cosa di solito significava essere nudi a parte per farsi il bagno, era se stessa. Figurati un esponente del sesso opposto. Con cui forse magari può darsi stesse nascendo qualcosa al di là dell'amicizia.
"Ukyo? UKYO?" fece lui, sempre riparato dalla porta, nel vederla assumere tonalità sempre più accese e preoccupanti.
E lì l'equivalente giapponese di Loki calò l'asso.
Ryoga Hibiki, totalmente dimentico della sua situazione di quel momento, si fece prevaricare dal timore per le condizioni della sua amica.
Uscì dal bagno e corse verso di lei.
Appena la mente della cuoca registrò il cambiamento trovò una e una sola reazione appropriata: svenne, cadendo come un sacco.
"UKYO!".
Stupido porco...

"Ranma? Ti manca molto?".
"No, ho quasi finito" rispose una voce maschile oltre la porta del bagno.
Meno male. Mi stavo annoiando ad aspettare che finisse la toiletta.
Akane era mollemente appoggiata al muro, proprio accanto all'ingresso della stanza in cui, in quel momento, Ranma si stava riappropriando della propria mascolinità perduta.
Le sarebbe piaciuto sfruttare quel momento per riflettere su cosa li attendeva. Sul discorso che erano in procinto di affrontare.
E invece no. La sua mente aveva dato forfait e galleggiava sperduta in un mare di nulla. Come la particella di sodio nella pubblicità di quell'acqua minerale.
Sbuffò, un po' spazientita. L'attesa la logorava.
Poi arrivò qualcosa, o per meglio dire qualcuno, che non si limitava a logorarla. Di solito la prendeva a figurate martellate.
Nabiki rese nota la propria presenza, distraendo Akane dalle sue elucubrazioni, tossendo rumorosamente.
"Kerumph".
"Uh? Chi? Nabiki?".
"In carne, ossa e cupigidia sorellina. Che ci fai qui nel corridoio?".
"Niente di che. Aspetto che Ranma finisca di farsi bello. Hai visto che piove, no? Non siamo riusciti a ripararci e...".
"... e la piccola, minuta e molto ben fornita Ranmachan ci ha fatto visita. Capisco".
"Nabiki!".
"Che c'è? Cos'ho detto che non va?".
"Lasciam perdere. Piuttosto, ti devo chiedere se ci puoi lasciare soli. Dobbiamo... parlare".
"Mi spiace ma non posso farlo. Ho un conto in sospeso con il tuo ragazzo e, visto che intendo saldarlo a breve, tanto vale farlo ora".
"Cosa? Che hai combinato stavolta, approfittatrice che non sei altro?".
"Perché non te lo fai spiegare direttamente da lui?".
"Nabiki, smamma. Non è il momento".
Le due Tendo si voltarono insieme verso la porta del bagno, da dove era giunta la voce. Ranma osservava la sorella di Akane con sguardo duro.
"Starai scherzando, Saotome. Una volta te la faccio passare, alla seconda devi cominciare a pregare tutti i tuoi antenati".
"Nabiki Tendo, guardami fisso nelle palle degli occhi: io e tua sorella dobbiamo parlare. Di una cosa importante. Non fare in modo che debba rinnegare il mio codice d'onore riguardo il picchiare le donne".
Sapete nei fumetti, quando un personaggio parla in tono antagonistico verso un altro e gli disegnano i fulmini che gli escono dagli occhi? Ecco, se quella cosa fosse stata vera Nabiki si sarebbe potuta raccogliere con scopa e paletta. E ciononostante lei resse con notevolissimo coraggio quello sguardo.
"Non serve alterarsi, Saotome. Facciamo così: spiega a mia sorella qual è il nostro problema e, in cambio, vi lascerò da soli a sfogliare le margheritine".
Ranma ringhiò in direzione di Nabiki.
“Ti ho già detto che lo farò, a tempo debito.”
“Spiacente Saotome, ma gli interessi lievitano e i creditori non aspettano” sorrise melliflua “faresti meglio ad arginare il disastro, finché puoi…”
Ranma osservò Nabiki, e per un secondo la odìò. Si chiese se quella ragazza si rendesse conto di quando cattiva riuscisse ad essere, e di quanti danni causasse. Anche lui sapeva di avere la sua bella colpa – mai chiedere un favore a Nabiki, mai. Ma ciò non giustificava il comportamento della ragazza.
Poi, l’illuminazione. Capì improvvisamente che poteva sfruttare quell’inghippo a suo vantaggio, e con la benedizione dei Kami forse, molto forse, avrebbe smorzato l’ira di Akane. Quest’ultima continuava a spostare lo sguardo da Ranma alla sorella, cercando di capire in che guaio si fosse cacciato il fidanzato.
“Uno di voi due potrebbe spiegarmi cosa sta succedendo? Ranma che cosa hai combinato stavolta?”
“Assolutamente nulla… di grave” disse, lanciando a Nabiki un’occhiata di sfida. Quest’ultima inarcò un sopracciglio, curiosa.
“E allora perché dice che avete un conto in sospeso?”
“Perché è vero” ammise Ranma, continuando a sostenere lo sguardo della mediana delle Tendo “in quanto Ryoga non è l’unico ad avere un debito con lei per gli acquisti al centro commerciale.”
Akane sgranò gli occhi, incredula. Non era possibile.
“Non è stato il solo a… comprare degli abiti. D’altronde non era l’unico ad avere un appuntamento a cui pensare…” borbottò, arrossendo.
Akane non riusciva a credere alle proprie orecchie. Il cuore prese a batterle all’impazzata. Ranma aveva fatto questo… per lei?
“Notevole Saotome, notevole” applaudì sarcasticamente Nabiki “mi hai davvero sorpresa. Non che io abbia cancellato il tuo debito, sia chiaro, ma… questa sceneggiata è andata ben oltre le mie più rosee aspettative.”
“Lietò di averti divertito, strozzina.”
“Non sai quanto, mezz’uomo” sorrise “e ora dimmi, cos’avete tu e mia sorella da discutere?”
“Non. Sono. Fatti. Tuoi!” fu la risposta di Ranma, che fulmineo acchiappò Akane per i fianchi e corse via lungo il corridoio. Dimenticando di avere solo i boxer addosso.
A quanto pare era la settimana dei nudisti anonimi, a Nerima.

“Mi dispiace, n-non volevo…”
“Non fa niente, e poi la colpa di questa situazione è mia…”
Nascosto sui gradini che portavano al piano superiore, Ryoga se ne stava rannicchiato cercando di coprire le nudità come meglio poteva. Ukyo, dopo essersi ripresa, gli aveva dato un’ asciugamano e uno yukata che aveva lasciato Konatsu. Era piccolo per Ryoga, e anche leggero vista la stagione, ma meglio di niente.
"No dai, non è vero. Non hai mica deciso tu che dovesse piovere".
"In effetti no, non l'ho deciso io. Ma rimane che ti ho trascinato qui dimenticandomi del fatto che avevi i vestiti dai Tendo...".
"Su su, consideriamo l'incidente chiuso. Ora sono vestito e non c'è più il rischio che attenti...".
Entrambi si congelarono. Una parola sbagliata e sarebbe scoppiato il finimondo.
"Non dire niente, Ryoga" lo avvisò lei.
"Io? Cos'è che devo dire, io?".
"Niente. Non devi dire niente".
"Già, proprio niente. Niente di niente. Nulla. Zero. Il vuoto".
"Ecco, esatto. Cuciti la bocca".
E lei stessa seguì il proprio consiglio.
Passarono alcuni minuti in un imbarazzatissimo silenzio, temendo di incrinare qualcosa di molto fragile.
Poi lui trovò un po' di coraggio per parlare: "Credo... credo che il nostro appuntamento sia... da rinviare".
Lei, che fino a quel momento lo aveva accuratamente evitato, si voltò nella sua direzione. Pareva... ferita all'idea. "No, perché?".
"Come perché? Io sono mezzo nudo...".
"Appunto, mezzo. Pensi davvero che il vederti con indosso uno yukata, che fa vedere abbastanza dei tuoi guizzanti muscolacci senza il pericolo di creare situazioni pepate, possa davvero essere un ostacolo? E poi hai l'asciugamano per... quello...".
"Io so solo che non mi sento per niente a mio agio".
"È perché sei un maialino tanto tenerino e ti sale il vapore alle orecchie al primo accenno. Ora la situazione è calda il giusto senza pericolo di diventare bollente. Su, tirati in piedi e seguimi. Andiamo in camera mia, che c'è un discorso in sospeso fra me e te".
"Ma... ma...".
"In piedi, Hibiki!".
"Signorsì signora!".

"Ranma, tu sei un pazzo suicida" disse Akane ridendo mentre apriva la porta di camera sua. Se solo avesse saputo che, proprio negli stessi istanti, Ukyo stava facendo lo stesso con Ryoga... diciamo che avrebbe faticato a contenere la propria gioia per l'amica.
"E perché? Solo perché sono il primo uomo sulla faccia della Terra a tenere testa a Nabiki Tendo la cannibale?".
"Esatto! Ti pare poco?".
"Ora che mi ci fai pensare no, non lo è per nulla. Ma vedi" si interruppe sedendosi per terra, mentre la padrona di casa si sedeva sul letto "sono stufo e arcistufo di vedere gente che si intromette fra di noi. Specialmente adesso, dove dobbiamo sostenere un discorso fondamentale".
Lei lo guardò e istantaneamente le tornarono alla mente le sue parole, quando aveva detto che Ryoga non era l'unico a doversi preparare per un appuntamento. Si intenerì e sentì il residuo di rabbia che ancora le circolava in corpo sciogliersi più velocemente di un cubo di ghiaccio messo sotto al sole cocente.
"Ranma, io...".
"Prima fai parlare me, per favore" la supplicò in tono serio.
"Va bene".
Ranma inspirò ed espirò in maniera teatrale per qualche secondo, come se oltre all'aria stesse raccogliendo il coraggio. Poi si rivolse a lei per il discorso più serio e sentito della propria vita: "Akane, ti chiedo scusa in ginocchio per tutte le volte in cui mi sono comportato come un gorilla stupido. Non ti meriti nulla di quanto sfugge da questa mia boccaccia non addestrata. Credimi, ti scongiuro di credermi: non penso che tu sia rozza, senza fascino e con la vita larga. Sono parole automatiche, che ormai hanno una volontà propria ed escono quando ne hanno voglia. Ti prometto che cercherò di trattenermi il più possibile, da ora in avanti. Invece ti assicuro che le parole che sto per pronunciare sono reali, esattamente come il mio cerotto e tutte le sacrosante botte che mi hai dato quando ti insultavo: Ranma Saotome ama Akane Tendo più della sua stessa vita. Sono cotto e stracotto di te. Queste ultime ore sono state una tortura a fuoco lento. Il non riuscire a parlarti per più di venti secondi mi ha fatto più male di quanto Safulan sia riuscito a fare durante tutto il nostro combattimento. Perdonami, ti prego. Perdonami".
Quando finì buttò le mani in avanti e si prostrò, sinceramente pentito di tutte le malvagità che non era mai riuscito ad evitarsi di dire.
Akane lo guardò sbigottita, gli occhi lucidi. Si aspettava qualcosa del genere, le ultime due volte aveva esordito con parole simili. Ma quanto era appena sgorgato dal cuore di Ranma l'aveva lasciata di sasso.
Senza nemmeno capire il perché si trovò a piangere.
"Ranma... siamo due stupidi...".
Ranma si azzardò a sollevare lo sguardo verso Akane; quando vide le lacrime, istintivamente si avvicinò a lei, incurante del rischio di prendersi altri pugni. Che comunque non arrivarono.
“A-Akane perché piangi? Cosa ho detto stavolta?!” disse, lasciandosi prendere dal panico. Senza neanche rendersene conto, le accarezzò il viso con una mano e le asciugò una lacrima.
“Piango perché sono felice, scemo” rispose lei, ridacchiando e tirando su col naso. Ranma la guardò stranito: non avrebbe mai capito come si potesse piangere dalla gioia – dimenticando quante volte a lui stesso era capitato di farlo, dall’incontro con sua madre al salvataggio di Akane sul monte Hooh.
“Allora mi… mi perdoni?” chiese, cauto. Akane sorrise, uno di quei sorrisi che scaldano il cuore, e Ranma si rese finalmente conto di una cosa: bastava un sorriso di Akane per annullargli qualunque pensiero razionale. Non ci aveva mai fatto caso – o forse non voleva ammetterlo, ma ogni volta che Akane gli sorrideva lui dimenticava totalmente il mondo attorno a sé, le sue difese si abbassavano e il mondo era improvvisamente un bel posto in cui vivere. Poi la voce della ragazza lo risvegliò dai suoi pensieri.
“Anche io devo scusarmi con te… ho decisamente qualche problema di gestione della rabbia.”
“Beh, non è esattamente una novità” azzardò lui, con un sorrisetto “ma ci sono abituato. E comunque me lo sono meritato.”
Akane per un attimo mise il broncio, poi sorrise di nuovo.
“Giuro che imparerò a controllarmi, promesso.”
“E io prometto che imparerò a pensare prima di aprire la bocca.”
“Che sarebbe anche ora.”
“Ehi, guarda che devi collaborare anche tu affinché io non dica più che hai le tette piccole!”
“Cosa…?” ringhiò lei, pronta a rimangiarsi la sua promessa.
“…o quantomeno che completi la frase, ammettendo che a me vanno benissimo così come sono.”
Akane lo fissò con occhi sgranati e il volto in fiamme. L’aveva detto davvero?
Ranma la guardò, altrettanto rosso in viso e un mezzo sorrisetto. Era decisamente una giornata di rivelazioni.
La ragazza si strinse il petto con le braccia, non riuscendo a trattenere un sorriso sornione. Probabilmente non si sarebbe più preoccupata troppo delle sue misure, da ora in poi.
“E quindi… hai comprato dei vestiti…” disse, cercando maldestramente di cambiare argomento.
“Per l’appuntamento…” annuì lui, ridendo sotto i baffi.
“Devo aspettarmi qualche nuova camicia cinese?”
“No, per una volta.”
“Oh” commentò, sorpresa “e allora ti vedrò con quello smoking terribile…”
“Neanche” borbottò lui, piuttosto offeso. Non capiva cosa tutti ci trovassero di così brutto in quell’abito.
Akane lo fissò per un momento, curiosa. A parte quel genere di vestiti, ed esclusi pigiami, boxer e costumi da bagno, non aveva mai visto Ranma con abiti diversi da quelli di foggia cinese. Aveva persino faticato ad immaginarselo con la divisa scolastica maschile, quando le aveva raccontato dei suoi trascorsi con Ryoga alle scuole medie.
“Mi stai mettendo parecchia curiosità, Saotome” sorrise, sorniona “non vedo l’ora di vederti vestito… beh, in qualunque modo sarai vestito per il nostro appuntamento!”
“Lieto di sentirtelo dire” commentò, alzandosi in piedi “ma ora è meglio che vada, comincio a gelare con solo i boxer addosso…”
Non fece in tempo a completare la frase, che si ritrovo le labbra di Akane incollate alle sue.
“Ecco, ora puoi andare” disse lei, ridacchiando.
“P-perché questo…?” balbettò Ranma, totalmente stupito - e instupidito dal gesto.
“Perché te lo meritavi. E ora, vai a vestirti!” rise lei, buttandolo fuori dalla sua stanza.
Per un tempo indefinito, Ranma rimase davanti la porta della camera di Akane, lo sguardo stralunato e una mano sulla bocca.
Quella ragazza sapeva davvero come polverizzargli il cervello.

“Ryoga, guarda che puoi avvicinarti. Giuro che non ti mangio!”
Il ragazzo guardò Ukyo dubbioso, rosso come un peperone. Era rannicchiato in un angolino della stanza della ragazza, cercando di rimanere ben coperto dallo yukata. L’idea di essere in camera di una ragazza praticamente mezzo nudo era una cosa che lo mandava in crisi. E il fatto che la ragazza gli piacesse anche, beh… lo agitava ancora di più.
“N-non è questo il punto” piagnucolò, non sapendo come spiegarlo ad Ukyo.
"E qual è il punto, caro mio?" ridacchiò la cuoca, ora incuriosita dalla piega presa dagli eventi.
"Ukyo..." balbettò lui senza dir nulla.
"Sono qui, Ryoga. Ti sento".
"Ukyo..." ripetè.
"Ho detto che ti ho capito, diamine".
Lui si evitò di ripetere il nome per la terza volta. In compenso alzò un dito e se lo puntò... in mezzo alle gambe.
"C'è un problema...".
La temperatura di quella camera passò dai comodi dieci gradi di un secondo prima agli insopportabili milleduecento del secondo dopo.
"C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-Cosa..." fu tutto quello che riuscì a dire lei.
"T-T-Ti prego... di s-s-scusarmi ma... s-sono un m-m-m-m-maschio in fondo...".
Ukyo Kuonji si trovò davanti a uno dei bivi più difficili della sua ancora giovane vita. Aveva fondamentalmente due opzioni: la prima consisteva nel trasformare Ryoga Hibiki in un piccolo oggetto di chincaglieria, imbucarlo nella buca delle lettere vicino casa sua e sperare che si perdesse da qualche parte sull'Himalaya durante il trasporto verso Nessundove; la seconda era di ingoiare il rospo e far finta di nulla, cercando di riprendere da dove si erano interrotti prima di quella pioggia sfortunata che tanti casini aveva creato.
In realtà ce n'era una terza che implicava un letto disfatto. Tentò di ignorarne l'esistenza.
Dopo qualche secondo di stato confusionale decise che non poteva appioppare troppa colpa alla natura maschile di Ryoga, che comunque stava dimostrando di non essere per nulla a suo agio nel frangente. Quindi optò per la seconda ipotesi.
"Ryoga, cancelliamo questo piccolo incidente, mh? Non è successo nulla. E ti conviene che sia così, altrimenti ti ritroverai in un tempio buddhista sul Nanga Parbat sotto forma di spilletta per tenere insieme un faldone di fogli".
Lui alzò immediatamente le mani e si proclamò innocente e totalmente d'accordo con la sua proposta.
"Adesso vedi di mettere il guinzaglio a quel... coso".
"N-N-Non posso... assicurare nulla ma... ci proverò...".
"Sarà meglio per la tua cotenna, Hibiki" dichiarò col tono marziale di un boia.
"Okokokokokokokokokokokokokfaròdelmiomegliotelogiuromanoncastrarmi!".
Ci fu un sospiro e un mezzo sorriso. Nessuno avrebbe potuto accusare Ukyo di non star davvero provando a far funzionare la cosa.
“Che ne dici se vado a controllare l’asciugatrice?”
“Che te ne sarei immensamente grato!” pigolò Ryoga, sull’orlo delle lacrime e dell’imbarazzo.
Ukyo fece per dirigersi verso il corridoio… poi, in preda a un’idea folle dell’ultimo secondo, andò dritta verso Ryoga. E gli stampò un bacio sulle labbra. Un contatto brevissimo, nonché un gesto che a mente fredda l’avrebbe probabilmente mandata nel panico, e forse se ne sarebbe anche pentita. Ma non in quel momento.
“Non c’è di che, Hibiki” commentò, prima di correre al piano di sotto e lasciandosi alle spalle un Ryoga che faticava a contenere la più copiosa emorragia al naso della sua vita – nonché quell’altro piccolo problemino maschile.

Mentre l’atmosfera all’interno dell’Ucchan si surriscaldava, qualcuno fuori dalla finestra osservava la situazione.
Forse tornare era stata la scelta peggiore che potesse fare, pensò.
Saltò giù dal ramo su cui era appollaiato, nascosto tra le fronde, e si dileguò tra le ombre della sera.
   
 
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