Capitolo
2.
NdA:
leggete le note al fondo della storia, sono importanti!
Lo sceriffo non
ce la faceva più.
Quella
situazione era giunta al limite.
Quanti mesi
erano passati ormai?
Cinque lunghi
mesi, in cui aveva visto cambiare il
figlio.
All’inizio
aveva attraversato una fase in cui
sembrava uno zombie: si aggirava silenzioso per casa, a scuola arrivava
alla
sufficienza per pochissimo, non parlava quasi più e quando
lo faceva aveva il
tono monocorde.
Poi aveva
attraversato una fase in cui usciva
tutte le sere, senza dirgli mai dove andasse ovviamente, per poi
tornare a casa
nella notte fonda.
Ora invece era
nella fase della rabbia, o almeno
la definiva così Jeff.
Le poche volte
che trovava il figlio in casa
finivano con il litigare, e lo sceriffo odiava litigare con Stiles.
Ora sarebbe
ricominciata la scuola, e l’uomo
sperava con tutto il cuore che il ragazzo potesse riprendersi,
perché era
davvero preoccupato.
Stiles dal canto
suo non riusciva proprio ad
essere quello di prima.
Quegli ultimi
mesi erano stati devastanti.
La partenza di
Rachel era stato l’evento
scatenante di questa sua apatia generale, ed anche
l’avvenimento che più
l’aveva destabilizzato: poiché racchiudeva in
sé tutti i motivi che l’avevano
portato a soffrire nuovamente di attacchi di panico: il mondo dei
licantropi
che gli portava via un’altra parte della sua vita dopo il suo
migliore amico,
il fatto di essere troppo debole per proteggere le persone che amava il
sentirsi totalmente inutile.
Stiles odiava
sentirsi così, e la cosa peggiore
era che Scott non si accorgeva di nulla, all’inizio
perché troppo preso dalla
rottura con la cacciatrice, poi perché andava sempre, ed
è proprio il caso di
dirlo visto il ‘problema peloso’ del ragazzo, a
spasso con Isaac lasciandolo da
solo ai suoi problemi.
Così
il ragazzo passava i pomeriggi a spasso per
il bosco, inoltrandosi ogni giorno sempre di più.
Quella sera
però aveva cambiato itinerario, come
faceva ormai da qualche settimana, e si era diretto verso il centro
città.
Si aggirava per
i vicoli con il cappuccio della
felpa rossa tirato sulla testa e si guardava intorno con fare assente.
Ad un tratto
incrociò un compagno di scuola che
era conosciuto in tutto l’istituto per il fatto che potevi
trovare da lui
qualsiasi tipo di roba per sballarti o fuggire dal mondo che ti
circondava.
Così
il ragazzo, ormai per abitudine, gli si
avvicinò e pochi minuti dopo si dirigeva nuovamente verso
l’auto con in tasca
un pacchettino.
Quando
entrò in casa lo nascose per bene alla
vista del padre e si diresse in camera sua, dove vi si chiuse dentro e
mise uno
straccio lungo il bordo della porta.
Si
sdraiò sul letto e iniziò a fumare lo spinello.
E finalmente un
po’ di dolore andò via.
Sapeva di dover
smettere, che era sbagliato e
tutte le altre cose che suo padre gli aveva sempre detto sulla droga,
ma non
riusciva a fare a meno della situazione di pace che quella
‘sigaretta speciale’
, come lui la chiamava, gli poteva dare.
Proprio quando
stava per cadere in un sonno
pacifico suo padre bussò alla porta.
“Stiles,
apri la porta! Dobbiamo parlare!”
“Non
ora Pa’, sono occupato.” Rispose placidamente
il ragazzo, tornando ad ignorare il padre, il quale però nel
frattempo stava
già aprendo la porta con una chiave di riserva.
“Stiles
ho detto che dobb…che cosa stai facendo!?”
esclamò lo sceriffo quando vide il figlio che fumava lo
spinello.
“Non
iniziare.” Rispose il ragazzo dando le spalle
al padre, che fece il giro del letto e gli tolse lo spinello dalle mani.
“Da
quanto va avanti tutto ciò?” chiese severo
Jeff, spegnendo lo spinello e mettendoselo in tasca.
“Io
quello me lo stavo fumando.” Disse soltanto il
ragazzo, fissando il padre.
“Di
questo me ne ero accorto sai? Ora dimmi, da
quand’è che ti droghi Stiles?”
“Non
lo so.”
“Tu
cosa? Non, non lo sai!? Che risposta è?”
“La
mia risposta.” Rispose apatico il ragazzo,
chiudendo gli occhi.
“Stiles,
cosa succede? E’ ancora per Rachel? Sai
che volendo posso trovare il suo indirizzo, pasta che tu me lo dica. Ma
se c’è
qualcos’altro che non va, qualcosa che ti preoccupa, ti prego
parlamene.” Disse
Jeff sedendosi sul letto del figlio che si alzò
velocissimamente.
“Tu
vuoi sapere cosa mi succede?! La mia vita fa
schifo! Tutto fa schifo! La mia ragazza prima mi tradisce, poi se ne
va, il mio
migliore amico ormai non mi calcola più, sono sempre inutile
per qualsiasi
cosa, gli altri non fanno altro che considerarmi un peso e non faccio
altro che
rovinarti la vita! Gli attacchi di panico mi tormentano senza tregua,
quando
provo ad addormentarmi mi sembra di affogare e questo è
l’unico modo che ho per
stare meglio! Quindi sì Papà,
c’è decisamente qualcosa che non va!”
concluse il
ragazzo urlando contro il padre per poi chiudersi in bagno.
Sentì
il padre abbandonare la camera e scendere al
piano inferiore.
Per calmarsi
Stiles si buttò sotto il getto d’acqua
gelata, noncurante del fatto che fosse ancora vestito.
Non sa dire per
quanto tempo vi rimase, ma quando
uscì dalla doccia la luna era alta nel cielo e la mezzanotte
passata ormai da
venti minuti.
Scese al piano
inferiore bagnato fradicio, e si
fermò sulla soglia della cucina.
Il padre era
seduto al tavolo, la bottiglia di
whiskey quasi alla fine davanti a lui, la testa appoggiata sulla mano.
“Mi
manchi Marie. Non so cosa fare con nostro
figlio. Non so come aiutarlo. L’ho trovato che fumava uno
spinello. Mi ha
urlato contro. Non so come aiutarlo. Voglio solo che lui sia felice,
non voglio
che soffra. Vorrei sapesse quanto bene gli voglio. Vorrei smettesse di
farsi
del male da solo. Perché fumare? Perché se ha dei
problemi non ne parla con me?
Sono suo padre…Marie, ti prego proteggilo, veglia su di
lui…” diceva il padre,
ubriaco e con le lacrime che gli rigavano il volto.
Senza fare
rumore Stiles entrò in cucina ed
abbracciò il padre.
Rimasero
così per un’infinità di tempo,
finché il ragazzo
non spezzò il silenzio.
“Andiamo
a dormire Papà.” Disse Stiles, prendendo
il padre sotto braccio e portandolo in camera.
Andò
poi in camera sua e si cambiò e tornò dal
padre, per distendersi accanto a lui ed addormentandosi con alcune
lacrime che
gli rigavano il volto.
*Qualche ore
prima, a molti chilometri di
distanza…*
Tra pochi giorni
la scuola sarebbe ricominciata, e
Rachel avrebbe voluto con tutto il cuore varcare i cancelli del liceo
di Beacon
Hills, California, invece di quelli del liceo di Century, in Florida.
Come tutti i
pomeriggi Rachel si trovava seduta
sulla riva del lago della città, immersa nei suoi pensieri.
Quella notte
aveva fatto nuovamente quel sogno,
sempre lo stesso da un paio di settimane.
Si trovava in
una stanza buia ed improvvisamente
si accendeva la luce ed intorno a lei c’era il suo branco.
Poi degli spari
partivano da direzioni ignote, ed una persona, diversa per ogni sera,
moriva.
Tutte quante però prima di morire tendevano una mano verso
di lei per chiedere
aiuto, senza che lei potesse fare qualcosa, poiché gli altri
non la vedevano né
sentivano.
Quella sera la
persona ad essere uccisa era stata
Derek, e la ragazza provava un grande fastidio, senza sapere da dove
arrivasse.
Ad un tratto la
voce di due ragazzi che scendevano
da un’auto la distolse dai suoi pensieri.
“Per
quanto resteremo qua Dean?” chiese il moro.
“Giusto
il tempo di mangiare qualcosa e farci una
dormita, poi domani partiamo per Beacon Hills.” Rispose il
biondo mentre tirava
calci ad una pietruzza.
Rachel
continuò ad ascoltare curiosa la
conversazione tra i due ragazzi, soffermandosi sui particolari come il
loro
battito cardiaco o il loro odore.
Il moro aveva un
odore particolarmente
interessante: non era come quello degli esseri umani, ma nemmeno come
quello
dei licantropi.
“Perché
ci andiamo? E’ scritto sul diario di
Papà?”
chiese il moro, fermando quello di nome Dean.
“Gli
Argent hanno chiesto aiuto a Papà: un branco
di Alpha è arrivato in città, e da soli non
possono sconfiggerlo. Sammy… sembra
tu abbia fatto una conquista, fratellino!” esclamò
Dean indicando Rachel.
La ragazza
distolse immediatamente lo sguardo e
prese a fissarsi le punte dei piedi.
“Dean
smettila…” rispose il moro, sedendosi su una
panchina poco distante dalla ragazza.
“Mi
stavi raccontando degli Argent.” Disse poi
rivolto al fratello.
“Sì.
Come ti dicevo Sam, andiamo ad aiutarli.
Stando a quanto mi ha riferito Chris, si sono messi d’accordo
con il branco
locale, sai no quello che venne semidistrutto da un incendio? Comunque,
combatteranno insieme contro gli Alpha, e così faremo anche
noi. Ma quando
tutto questo sarà finito-disse Dean lanciando in aria le
chiavi della macchina
per poi riprenderle al volo- uccideremo anche quel branco.”
Concluse voltandosi
verso il fratello.
Rachel
provò un moto di rabbia improvvisa, la
voglia irrefrenabile di aprire in due la gola del ragazzo.
La voce del moro
attirò la sua attenzione.
“E il
codice?” chiese confuso.
“Noi
Winchester, così come gli altri cacciatori,
non abbiamo un codice. Troviamo un licantropo? Lo uccidiamo. Non
importa se non
abbia mai cacciato esseri umani Sammy. Sono esseri mostruosi- disse
Dean
volgendo lo sguardo verso il lago- sono esseri pericolosi, un abominio.
Per
questo non faremo eccezioni. Per cui non guardarmi in quel
mo… Sammy?” chiamò
il fratello il biondo indicando Rachel, o per meglio dire i suoi occhi
che,
gialli, lo fissavano intensamente.
Un ringhio
troppo basso per essere udito dai due
ragazzi proveniva dalla ragazza, che improvvisamente non trovava poi
così
sbagliato l’idea di avventarsi contro il biondo e staccargli
la testa a morsi.
“Il
demone.” Disse Sam, la mano che scattava verso
qualcosa nascosto dentro la giacca.
“Hei
frena Sam! Non vorrai sparare proprio qui, in
mezzo al parco, davanti a bambini e famiglie?!”
esclamò Dean fermando il
fratello.
Rachel nel
frattempo era tornata in sé e si
dirigeva verso l’uscita del parco.
Era una fortuna
che non l’avessero ricollegata ai
licantropi, ma era più che certa che quei ragazzi non
sarebbero andati via da
Century senza prima aver avuto delle risposte.
Si
assicurò di non essere seguita e tornò a casa,
dove trovò la zia intenta a lavorare a maglia.
“Va
tutto bene tesoro?” le chiese vedendo l’espressione
preoccupata della ragazza.
“Cacciatori.
Sono in due. Erano al parco e
parlavano degli Argent e degli Alpha e…”
tentò di spiegarsi la ragazza,
mangiandosi le parole ed andando in confusione.
“Respira
little Rachel, e dimmi esattamente cos’è
successo.” Disse la zia prendendole le mani.
“Ero
al parco quando questi due ragazzi attirano
la mia attenzione, in particolare uno dei due, che aveva un odore
così strano…
Comunque, iniziano a parlare degli Alpha e del branco di Derek, quando
Dean,
uno dei due cacciatori, dice che una volta risolto il problema degli
Alpha
elimineranno anche Derek e gli altri e… non so cosa mi sia
preso, ma mi sono
ritrovata a ringhiare e hanno visto i miei occhi, ma hanno pensato che
fossi un
demone o cose simili… Aspetta, i demoni esistono!? Io
credevo fossero una
leggenda!” disse a ruota libera la ragazza, troppo presa
dall’ansia per
concentrarsi realmente su ciò che stava dicendo.
“Hai
detto che uno dei due si chiama Dean giusto?
L’altro Sam, non è vero?” chiese la zia
e Rachel fece cenno di sì con la testa.
“I
fratelli Winchester, figli di John Winchester.
Sapevo avrei avuto nuovamente a che fare con loro. Non preoccuparti,
sweetheart, non sei in pericolo. Vedi, tanto tempo fa loro padre mi
salvò la
vita e diventammo amici, e da quel momento potei contare sulla sua
protezione,
così come tutta la mia famiglia. Ma immagino che tu non sia
preoccupata per te
stessa, non è vero? Comunque sia, immagino che questa sera
avremo due ospiti in
più a cena. Meno male che tuo zio è via per un
congresso!” rispose la zia
Muriel sorridendo alla nipote e si diresse in cucina.
Circa un paio
d’ore più tardi qualcuno suonò alla
porta e la zia Muriel andò ad aprire.
“Sam e
Dean Winchester, che piacere conoscervi!”
esclamò stupendo i due ragazzi.
“Lei,
lei ci conosce?” chiese Sam.
“Oh
si, vostro padre mi ha parlato tanto di voi.
Mi dispiace tanto per la sua morte, era una persona straordinaria e di
larghe
vedute… ma non restate lì impalati, prego entrate
in casa!” disse facendo loro
strada nel piccolo ingresso.
Rachel apparve
dalla porta del salotto ed i due
ragazzi quando la videro portarono le mani alle pistole, nascoste nelle
giacche.
“Non
preoccupatevi, non è il demone che state
cercando. Anche perché altrimenti vi avrebbe già
uccisi, non credete? Ora
andate a lavarvi le mani, la cena è pronta!” disse
Muriel, sparendo in cucina.
Inutile dire che
il pasto venne consumato nel più
totale silenzio imbarazzante.
“Che
cosa sei?” chiese girando il caffè Dean,
rivolto alla ragazza, che gli rivolse un’occhiataccia.
“Perché
vuoi distruggere il branco di Hale?”
rispose Rachel, non entrando troppo nel personale per quanto riguardava
il suo
rapporto con Derek.
“Tu
come, cosa… Come fai a saperlo?” chiese
confuso e un po’ irritato il biondo.
“Ti
sto irritando.” Constatò la ragazza, bevendo
un sorso di caffè.
“Non
è vero.” Rispose mentendo il ragazzo.
“Menti.”
Rispose Rachel, fissandolo negli occhi.
“Tu
riesci a sentire quando una persona mente?” si
intromise Sam, e prima di rispondere la ragazza si assicurò
di poter parlare liberamente
lanciando uno sguardo alla zia.
“Non
solo. Qualsiasi emozione voi proviate posso
sentirla e distinguerla.”
“Sei
una sensitiva?” chiese Dean, ricevendosi
un’occhiata
in cagnesco da parte della ragazza.
“No,
non lo sono.”
“Allora
cosa sei?”
“Qualcosa
che la vostra gente uccise senza
ritegno, fino a portarla quasi all’estinzione.”
Rispose acida la ragazza,
fissando la tazzina davanti a sé.
“Ci
sono tante creature sull’orlo
dell’estinzione.”
Disse Sam.
“Conosci
la famiglia Hale, ciò vuol dire che sai
cosa sono. Ma i licantropi purtroppo non sono in via
d’estinzione.” Si intromise
Dean, ricevendo un ringhio esplicito da parte della ragazza.
“Voi
non li ucciderete.” Disse bruscamente la
ragazza, il ringhio che cresceva d’intensità e gli
occhi che s’illuminavano.
“Woh
calma ok?” disse Dean alzando le mani in
segno di difesa davanti a sé.
“Sei
una genitrice, non è vero?” chiese
all’improvviso
Sam.
La ragazza gli
fece cenno di sì con la testa e
tornò ad osservare il biondo, che la guardava con
un’espressione esterrefatta.
“Non
provare nemmeno a prendere la pistola, o la
prossima volta che dovrai fare qualcosa di manuale dovrai usare
l’altra mano.” Disse
prontamente la ragazza.
“John
promise a me e alla mia famiglia l’immunità.
Disse che saremmo state al sicuro, che né lui né
la sua famiglia ci avrebbero
mai fatto del male. Controllate sul suo diario se non mi credete
ragazzi.” S’intromise
Muriel sorridendo tranquillamente.
“Ora
capisco cosa volessero dire le parole al
sicuro , scritte sotto il vostro
indirizzo.” Disse Dean accasciandosi sulla sedia.
“Esatto.
E se vi azzarderete anche solo a puntare
una pistola contro Derek o il suo branco vi aprirò la gola
in due, con i miei
denti.” Rispose Rachel, ringhiando per ribadire meglio il
concetto.
“Mi
dispiace dovertelo dire piccola, ma il branco
di Hale non fa parte della tua famiglia.” Rispose con un
sorrisetto Dean,
sporgendosi leggermente verso Rachel.
“Perciò
dovrai tenere il tuo volto lontano dalla
mia gola, anche se ammetto di essere curioso di cosa potrebbe fare un
po’ più
in basso, oltre la cintura dei pantaloni.” Aggiunse facendo
l’occhiolino alla
ragazza.
Rachel gli
soffiò contro (si esatto, proprio come
un gatto!) con tanto di zanne scoperte.
“Prova
anche solo a fare del male al mio
branco, e sarai morto prima di poter
battere ciglio, umano.” Rispose la ragazza, per poi
continuare.
“Questo
vale per te ovviamente, dato che tuo
fratello mi sembra una persona tanto più cordiale, socievole
e umana.” Disse sorridendo
leggermente a Sam.
“Quando
avete intenzione di partire?” chiese
Muriel.
“Domani
mattina, al più tardi domani sera.” Rispose
Dean.
“Vuoi
venire con noi?” le chiese dal nulla Sam.
“Che
cosa!?” dissero in coro Rachel e Dean.
“Sì
insomma, mi sembra di capire che ci tieni a
questi tuoi amici, e ho l’impressione che tu non ami stare
qui.” Rispose sorridendo
Sam.
“Tu mi
stai simpatico.” Rispose la ragazza,
sorridendo leggermente.
“Presumo
che dovremo dire a tuo zio che domani
partirai, mi immagino già le scenate che dovrò
sopportare al ritorno di quel
lupo scorbutico!” esclamò la zia, alzandosi da
tavola.
“Bene,
ora c’è anche un licantropo che non posso
uccidere in questa casa?! La mia frustrazione non potrebbe essere
maggiore!”
Esclamò Dean alzandosi anche lui da tavola e si
avviò verso la porta d’ingresso.
“Partiremo
domani sera, così hai più tempo per
preparare le valigie.” Disse Sam rivolto alla ragazza, mentre
andavano verso la
soglia di casa, ricevendo uno sbuffo da parte del fratello.
“Dove
pensate di andare? Non esiste che dormiate
in macchina! I divani qui sono piuttosto comodi, potete fermarvi se
volete! E’
il minimo che possa fare per i figli di John!”
esclamò la zia, chiudendo la
porta dopodichè fece accomodare i ragazzi in salotto, dove
portò un paio di
coperte e dei cuscini.
La mattina
seguente Rachel aveva deciso con la zia
che non avrebbero detto nulla a David fino al suo ritorno dal corso per
non
allarmarlo troppo, ed ora la ragazza era sommersa dai vestiti.
Non sapeva cosa
portare, se avrebbe dovuto
prendere anche i libri scolastici o meno, e alla fine decise che se
fossero
serviti se li sarebbe fatti spedire.
Finì
la valigia prima di mezzogiorno, e dopo
pranzo era pronta a partire con i fratelli Winchester.
Salutò
la zia promettendole di chiamarla appena
arrivata dopodiché, posata la valigia nel bagagliaio,
salì in macchina e partì
con i ragazzi.
Durante il
viaggio scoprì che Sam era
particolarmente simpatico ed ebbe modo di rivalutare un po’
la sua opinione su
Dean.
“Sebbene
tu voglia uccidere il mio branco, devo
ammettere che i tuoi gusti in fatto di musica e di auto non sono male.
Potresti
iniziare a starmi simpatico.” Esclamò, suscitando
l’ilarità generale.
Giunsero a
Beacon Hills la mattina seguente, e
decisero che avrebbero avuto come campo base la casa che suo zio non
aveva
venduto e che era ancora totalmente ammobiliata.
Rachel scese
dall’auto e mentre apriva la porta di
casa vide lo sceriffo uscire di casa e guardare con sospetto i fratelli
Winchester che prendevano le valigie.
Decise di
andargli incontro e lo salutò
abbracciandolo.
Sembrava
parecchio invecchiato e particolarmente
stanco.
Il profumo di
Stiles era ovunque su di lui e per
Rachel fu come ricevere un pugno nello stomaco.
“Sei
tornata! Perché non mi hai avvisato?! Stiles
sarà contento di sapere che sei qui! Ora sta ancora
dormendo… Ma quelli chi
sono?” chiese lo sceriffo indicando i due ragazzi.
“Sono
i miei cugini, siamo tornati qui per
sbrigare alcune cose.” Rispose sorridendo la ragazza.
“Per
quanto resterete?”
“Non
saprei, credo finchè dovremo. Onestamente
però, spero il più a lungo possibile.”
Rispose la ragazza.
“Non
vanno bene le cose, dove siete ora?”
“No,
no le cose vanno bene, solo che…beh, lì non
è
qui.” Disse malinconicamente Rachel.
Salutò
lo sceriffo che partì verso la centrale ed
entrò in casa.
Disse
ciò che aveva detto allo sceriffo e comunicò
ai ragazzi che sarebbe andata a fare un giro.
“Stai
andando dal tuo Alpha, non è vero?” chiese
Dean, seguendola fuori dall’abitazione.
“Sì,
e non penso che voi siate i benvenuti.” Rispose
fermandosi quando si rese conto che Sam aveva chiuso la porta di casa e
stava
arrivando da loro.
“Ma
proprio perché è l’Alpha deve sapere
che ci sono
cacciatori estranei sul suo territorio. Perciò verremo con
te.” Rispose Dean,
ricevendo un cenno d’assenso da parte del fratello.
Il trio
salì in macchina e partì verso il rifugio
di Derek, ignaro che uno Stiles stupefatto e deluso aveva osservato
tutta la
scena dalla finestra della sua camera da letto.
NdA: Salve!
Ok, devo chiedervi una cosa!
Come avrete notato in questa storia ci sono i carissimi fratelli
Winchester!
Ora mi chiedo: anche se non compaiono in tutti i capitoli devo mettere
tra le
note della storia che si tratta di un crossover??
Vi prego
aiutatemi! D:
Anyway, mi
farebbe davvero tanto, ma tanto piacere
sapere cosa ne pensate di questo capitolo, e della storia in generale!
Davvero, lascatemi una piccola recensione, mi fareste felice!
Se poi avete
voglia di leggere qualcosa di
natalizio, ed estremamente Sterek, date un’occhiata alla
Oneshot “All I want
for Christmas is you” e magari lasciate una recensione, se vi
va!
Detto questo vi
lascio andare, ci vediamo al
prossimo capitolo!
Much love,
Kiki.