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Autore: afterhour    08/01/2013    4 recensioni
E' possibile convincere Sasuke Uchiha a tornare a casa?
Perchè la guerra è finita da pochi mesi, e lui, ovviamente, non è tornato.
Intanto Sakura si arrabatta tra lavoro, genitori, nonna impicciona, e un grosso...grosso problema frutto del loro ultimo incontro, ormai convinta che a lei il lieto fine sia precluso...
Ma non bisogna mai perdere la speranza!
Sasusaku
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Et voilà, eccomi qua!

Questo potrebbe essere considerato un eventuale seguito dell'ultimo mio racconto, 'Illusioni', ma non è affatto necessario leggerselo prima, anche perchè il tono delle due storie è completamente diverso.
Infatti nonostante le apparenze questa è una storia allegra e lieve lieve, forse anche troppo lieve (ogni tanto ci vuole), l'ho scritta in fretta e di buon umore, e potrebbe contenere diversi errori (per la fretta, non per il buon umore!).
L'ho divisa in quattro capitoletti, con il punto di vista alternativamente di Sakura e di Sasuke, sono capitoli assai brevi per il mio standard, ma sono così distinti e diversi tra loro che mi pareva la scelta più logica.

Ecco il primo capitolo, il secondo lo faccio uscire giovedì!



IL MIO LIETO FINE


1.
SAKURA


Sakura si appoggiò alla scrivania ed aspettò semplicemente che il malore passasse.
Non era niente di grave, erano solo gli ormoni in subbuglio, faceva troppo caldo lì dentro.

Ignorò la fiacchezza eccessiva che ultimamente la rendeva debole e controllò l’ora: ancora un poco e avrebbe potuto fare una pausa.

 - E’ tutto a posto? – la interruppe Shizune – ti vedo un po’ stanca –

 - Tutto a posto – ribadì ricacciando l’improvvisa nausea – ho solo bisogno di mangiare qualcosa –

Un’ora dopo si era decisa a lasciare l’ospedale e pochi minuti più tardi sorrideva meccanicamente mentre camminava con Hinata lungo le strade di Konoha, circondata dall’atmosfera festosa di un sabato pomeriggio.
L’aveva incontrata subito fuori dall’ospedale ed avevano fatto un po’ di strada insieme, parlando del più e del meno, dei propri progetti.
 
Era già iniziato un nuovo anno.
Ormai erano quasi quattro mesi che la guerra era finita, e con l’inizio del nuovo anno si avvertiva ancor più quel clima febbrile, pieno di speranza e voglia di ricostruire, dimenticare.
Se solo anche lei avesse potuto dimenticare.

 - Guarda, nevica! – esclamò Hinata sorpresa.

Un paio di bambini gridavano eccitati ed indicavano i fiocchi bianchi ai loro genitori.
Già, erano proprio grossi, radi, fiocchi di neve quelli che scendevano lievi dal cielo grigio, un evento del tutto eccezionale lì da loro.

 - Hinata! –

Naruto, il nuovo hokage, era piombato di fronte a loro con quell’aria perennemente affannata che aveva ultimamente – Sakura! Ci sei anche tu! Le mie due donne! Ahi! – si massaggiò la nuca cui lei aveva appena assestato uno scappellotto.

 - Zuccone! Non pensi che a Hinata possa dare fastidio? –

 - Oh no, non preoccuparti… so che ti vuole bene come a una sorella, e mi fa piacere –

 - Ecco, visto! –

Naruto aveva subito ripreso a sorridere beato e si era affiancato tutto felice alla sua ragazza.
Li guardò condiscendente mentre camminavano appaiati, vicini, lui che le accarezzava piano i lunghi capelli scuri prima di stringerle la mano: non riusciva proprio a non toccarla, a Sakura veniva da ridere ogni volta che lo vedeva in azione: lo sguardo adorante, la mano che le scostava una ciocca di capelli, o le sfiorava il collo, o la vita, sempre con delicatezza, quasi avesse timore di farle male.
La trattava come qualcosa di prezioso e fragile che per un qualche miracolo gli era stato donato dalla sorte, Sakura non avrebbe mai pensato di vederlo così innamorato, così felice.
 
Sorridendo rifiutò l’invito ad unirsi a loro e proseguì da sola, salutando qua e là le persone che incontrava per strada, quel sorriso condiscendente ancora stampato in faccia.

Com’erano belli quei due insieme, com’erano teneri…davvero, erano commoventi.
Doveva essere per quello che si sentiva gli occhi colmi di lacrime.
Doveva essere la commozione.

Arrivò davanti a casa che non riusciva più a trattenere il pianto, e sperava solo che non ci fosse nessuno per potersi rinchiudere in camera e sfogarsi in santa pace.

Entrò in fretta, tentando di non fare rumore ed evitando di proposito di guardarsi allo specchio d’ingresso (conosceva quel volto triste, purtroppo), e si precipitò sulle scale.
Si chiuse in camera e si buttò sul letto.

Per quanto poteva ancora fingere, non lo sapeva.
Per quanto poteva ancora nascondersi, un mese, due se si camuffava e raccontava un sacco di bugie, non di più.
E poi…
E poi…
Il futuro si stendeva davanti a lei angoscioso, pauroso, e si ritrovava ad aspettarlo inerme, piena d’ansie, e con un po’ di vergogna che rigettava, arrabbiata con se stessa, ma quella al di sotto rimaneva e scavava…scavava.

Perché lei?
Perché era stata così avventata?
Perché Sasuke non era tornato a casa dopo la guerra anche se li aveva aiutati?
Perché...perché si era innamorata di lui?
Perché era così dannatamente sfortunata?

E perché, perché non poteva avere anche lei il suo lieto fine?
Perché lei no?

Come…come stava lui, stava bene, era vivo?

Ho paura, pensò, paura come non pensavo di potere avere, non dopo la guerra, non dopo tutto quello che ho passato…eppure sono terrorizzata, sono troppo giovane per questo, non posso affrontare tutto questo da sola, non ce la faccio, non ce la faccio.

Si soffiò il naso e si raggomitolò sul letto, sentendosi sola, così sola.

 - Sakura! –

Sollevò la testa di scatto, indecisa se rispondere o ignorare semplicemente la nonna. Era da prima di Natale che viveva con loro (con gran fastidio di sua madre che non sopportava la suocera), da quando era stata male, doveva essere accudita e si rifiutava di andare in ospedale.
Ormai stava meglio e minacciava di andarsene un giorno sì e un giorno no, ma suo padre l’aveva pregata di rimanere fino alla fine del mese, preoccupato per lei, e benché Sakura le volesse tanto bene non aveva proprio voglia di vederla, non ora, non aveva voglia di vedere nessuno.

 - Sakura? –

Sospirò.

 - Sono di sopra, nonna –

 - Scendi! –

Si sollevò a fatica ed andò in bagno a sciacquarsi la faccia con l’acqua gelida, la nonna non ci vedeva bene solo quando voleva lei, quando le interessava ci vedeva benissimo.
Si guardò allo specchio tentando di concentrarsi sugli occhi rossi, non sulla loro espressione, mai sulla loro espressione, e poi si allentò un poco i pantaloni, avrebbe dovuto comprarne presto di nuovi, cominciava a non entrarci più.
Rabbrividì.

Come poteva occuparsi di un bambino, di un altro essere umano, come poteva affrontare una cosa così grande?
E se non ne era capace? Se scopriva di essere una pessima madre?

Scese i gradini asciugandosi le ultime lacrime, ora basta piangere, avrebbe pianto più avanti, o magari non avrebbe pianto affatto, era meglio così. Non poteva cambiare le cose e in qualche modo avrebbe fatto, in qualche modo avrebbero fatto, lei e…e…il suo bambino.

La nonna dormiva nella stanza adibita a studio dato che faticava a salire le scale, e Sakura la trovò lì, intenta a chiudere l’enorme valigia, pesante da sola mezzo quintale, che aveva portato con sé.
Indossava anche il ridicolo cappellino con le piume che metteva spesso (perché le piaceva tanto e da giovane non osava portarlo, così ora si sfogava) e il suo grosso gatto annusava soddisfatto la valigia, quasi sapesse che presto sarebbe tornato a casa.

 - Nonna! Hai fatto di nuovo la valigia! Sai che ti fa male la schiena chinarti! –

 - Questa volta tua madre ha esagerato, ha detto che sono impicciona –

Be’, era vero, la nonna era una grande impicciona, ma Sakura non batté ciglio.
 - La mamma è stanca, lo sai, e tu non fai niente per andarle incontro –

 - Sono troppo vecchia per fare salamelecchi o per raccontare piccole bugie –

 - Lo so, lo so – sospirò ancora lei – dà qua, ti aiuto a disfare la valigia – era la seconda volta in quegli ultimi giorni che ripetevano quel rituale.

 - No Sakura – le mise una mano tremante sulla sua appoggiata alla valigia – ho proprio bisogno di tornare a casa…lì ho tutti i miei ricordi –

 - Ma ti muovi ancora a fatica e… -

 - Mi arrangerò –

Lei ritirò la mano, rassegnata – Però ti aiuto a portare il bagaglio, pesa un quintale –

 - Non sono ancora così malandata e tu sei stanca, sei sempre stanca ultimamente – brontolò l’altra – quell’hokage ti fa lavorare troppo, glielo dirò quando lo vedo –

 - Ma no nonna –

 - Guardami un momento – le intimò l’altra, e lei fu costretta ad alzare la testa e guardarla – hai pianto? –

 - No nonna, è che fuori fa freddo e… -

 - Non raccontare frottole a tua nonna…hai pianto ancora per quel giovanotto –

 Lei abbassò lo sguardo, perché ne aveva troppi di segreti e in quel momento non aveva voglia di mentire neppure lei, benché non fosse così vecchia, o forse non era questione di età, era solo questione di stanchezza.

- Non dirlo alla mamma – mormorò.

Sua madre non ammetteva che lei sprecasse ancora un solo pensiero per chi non lo meritava, e non era il caso di litigare, in fondo non era che la mamma non avesse ragione, era che lei…
Che lei…

Non voleva pensarci, voleva solo mettere la testa sotto la sabbia ancora per poco e non pensarci.

- A tua madre non dico proprio un bel niente, ma tu sorridi Sakura – le fece la nonna con quel tono più dolce che riservava solo a lei – se avessi la tua età andrei in giro a divertirmi a far girare la testa ai giovanotti, altro che bagnare di lacrime una vecchia fotografia...esci e trovati un innamorato prima che i migliori se li accaparrino tutti le altre! –

  - Sì nonna… –

Sakura sorrise di quel sorriso amaro e finto che le pareva più suo di tutti gli altri che si costringeva ad indossare, come maschere, con troppa gente ormai.

 - Mi ricordo che io alla tua età avevo quel bel… -

 In quel momento qualcuno aveva bussato frettolosamente alla porta, era un AMBU mandato dall’hokage che richiedeva la presenza immediata di Sakura.

 - Aspettami qui – intimò alla nonna prima di andarsene – appena torno ti aiuto a portare la valigia, ok? –

Non se n’era andata fino a quando l’altra non le aveva risposto di sì.

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Ho dimenticato di farvi gli auguri, Buon anno!
   
 
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