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Autore: Eloise_Hawkins    10/01/2013    1 recensioni
Una raccolta di ricordi che si snoda tra le pagine di una vita vissuta con tenacia e affetto. Un'accozzaglia di giorni che narra di una crescita delicata, felice, a tratti sofferta, ma tutto sommato serena. Tra risate e coccole, tra lacrime e dolori, si svolge la vita di Chiara, la protagonista di questa storia, che con un sorriso a volte dolce, a volte amaro, racconta la vita che i suoi genitori le hanno regalato, l'affetto che la sua famiglia le ha donato, il sorriso che ha faticosamente costruito. Sempre all'insegna dell'amore, e del forte legame famigliare che Cinzia e Mauro hanno saputo creare.
A mio padre, che col suo sguardo mi ha insegnato il mondo.
A mia madre, perché nei suoi occhi ho imparato la fantasia.
A mia nonna, perché attraverso i suoi racconti ho capito la vita.
Ai miei folletti, Renata e Irene, che mi hanno tenuto per mano fino ad oggi, in questo girotondo chiamato vita
.
Questa storia si è classificata prima al contest "L'alfabeto dei ricordi", indetto da Angy Lulu sul forum di Efp.
Genere: Fluff, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Thanks for the memories'
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E come emozione

 

Diciotto anni – Questa storia

 

Il giardino in cui è cominciata questa storia, quel giorno, era illuminato da un sole gentile e tiepido. Erano passati esattamente diciotto anni da allora, e molte cose erano cambiate, io per prima. Avevo appena sopportato sei ore di lezione, nonostante il calore della città e la voglia che avevo di rendere quel giorno speciale, e non vedevo l’ora di immergermi nell’acqua salata di quel luogo che mi aveva vista nascere.

Ero emozionata di quell’emozione che avevo conosciuto anni prima, in circostanze del tutto diverse. Ma che quell’emozione sarebbe diventata così feroce, non avrei mai potuto immaginarlo.

 

Quando papà ci richiamò tutti in giardino, erano le cinque del pomeriggio: la parrucchiera aveva appena finito di torturarmi i capelli, e il dj stava sistemando la sua attrezzatura vicino alla terrazza. Mauro si sedette al centro del giardino, a pochi metri dall’ombelico del mondo, e recitò la storia della mia vita.

Mi raccontò di come, con amore, fui concepita; mi disse con quale gioia avevano accolto la mia nascita, e quale magia ci fosse stata in ogni giorno. Mi raccontò del mio coraggio il primo giorno di scuola - «Non ti sei mai voltata indietro» - e di quello che avevo avuto anche in seguito. Della mia energia, della mia testardaggine, e, inaspettatamente, parlò anche dei miei due grandi amori: lui, e la danza. Lui aveva capito, ma non aveva mai detto; in silenzio aveva coltivato le sue consapevolezze, ed io, sciocca, non avevo mai capito quanto di vero ci fosse in quello sguardo, quanto di sincero, quanto di cosciente.

Aveva scritto una storia, la mia, e l’aveva scritta per me; aveva speso parte del suo tempo per dedicarmi quel piccolo frammento del suo cuore, e non era tanto la storia ad emozionarmi, quanto quello che c’era dietro. Tra le pagine fitte di parole, c’era lui, e c’ero io, e c’eravamo noi.

Mio padre mi amava. Mai come allora intuii quel sentimento così potente e feroce che vibrava anche nella sua voce mentre raccontava. Vedevo i suoi occhi brillare, e dei miei, pieni di lacrime, non m’importava. Il mio cuore batteva, incontrollato, e la ferocia con cui un groppo aveva artigliato la mia gola mi impediva di parlare ed esprimere tutto ciò che avrei voluto. Sarebbe stato impossibile spiegare a parole il mio amore, ma avevo voglia di urlare al mondo quanto fossi felice in quel momento.

C’era tanta magia, in quel racconto, che non potei fare a meno di constatare quanto profondo e passionale fosse mio padre. Le sue parole erano gemme preziose, ma più di ogni cosa mi emozionava non il contenuto del suo racconto, ma la sua qualità: era il modo in cui narrava, il timbro con cui enunciava quella storia, il tremore segreto e sottile della sua voce, e il suo sguardo luminoso e fiero mentre la narrava. Quell’angolo di storia era stata ritagliato solamente per me, e ne ero tanto orgogliosa quanto incantata.

Mauro disse che somigliavo alla mamma; ne fui talmente felice, da non sapere cosa dire – come sempre, in quel momento – perché significava anche che parte del suo amore per lei era anche per me.

 

«Il tempo, che all’inizio sembra infinito, più andiamo avanti più sembra scorra veloce, e non sempre ce n’è abbastanza per dire e fare ciò che si vorrebbe. Abbiamo percorso in un lampo i tuoi diciotto anni, e magari, in futuro, potrebbe non esserci sempre il tempo per dirci tutto. Ho quindi preferito scriverti affinché tu possa non dimenticare mai: da dove vieni, perché è il tuo profondo; quello che è stato fin qui perché ti è servito per volare; e soprattutto – chi sei adesso… per non sporcarti mai. Grazie di esistere e Auguri Stellina piccola piccola»

 

Forse, in futuro, non ci sarebbe stato tempo per le parole; ma quei frammenti di vita strappati a un’esistenza troppo veloce, sarebbero bastati per sempre.

Quando lo abbracciai, avvertii il suo cuore battere forte contro il mio petto, ed ebbi la certezza che le emozioni più belle, sono quelle che si vivono una volta sola. Lo strinsi, e nel suo odore avvertii tutto l’amore che in quei diciotto anni mi aveva regalato. E tra le sue braccia, mi sentivo un’ostrichetta; e lui era la mia grande conchiglia.

 

   
 
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