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Autore: GinevraCorvino    28/01/2013    5 recensioni
Questa FF riprende in tutto e per tutto gli avvenimenti del terzo libro della Rowling : Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban. In realtà io lo considero un libro che con l'ausilio di un personaggio inventato Lenora Corvino ( di cui detengo tutti i diritti), ripercorre con occhi e punti di vista alternativi la Storia.
E' il mio Sogno. Nulla di più.
Chiedo cortesemente a chi avrà voglia di sfogliare la mia immaginazione, di segnalarmi qualsiasi tipo di incoerenza ( sopratutto cronologica), con il testo originale della Rowling. E fatemi sopratutto sapere che ne pensate.
Grazie.
Non esistono Miracoli in terra, ma per fortuna esiste la Fantasia.
Il terzo e il sesto capitolo hanno partecipato al Contest"Can I have this dance?" di EmmaStarr giungendo sesta e vincendo con mio sommo orgoglio il premio speciale Stile.
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Strana creatura Lenora Corvino, bellissima, ma indefinibile. Non usciva mai nel parco con gli altri studenti; anzi la si trovava spesso nella penombra dei corridoi del castello, o con le gambe lunghissime e candide seduta nell'ombra di qualche anfratto.
Bizzarro che una così fosse finita a Tassorosso anziché a Serpeverde; che il Cappello Parlante vista la sua veneranda età stesse iniziando a perdere colpi? Per di più Lenora era stata affidata al Professor Piton (capo della Casa Serpeverde); si diceva per recuperare diverse lacune in varie materie. Eccentrica questione.
Già era stato inconsueto vedere una maggiorenne sedersi sullo sgabello davanti alle quattro tavolate e indossare il cappello.
Lenora ricorda bene quel momento; tutti quegli occhi curiosi puntati su di lei e poi quella vocina antica nel suo cervello : "Uhm, è fredda la tua carne, come quella di un serpente, e gelato il cuore. Troppa furbizia e poca logica in una mente troppo ardente e concetti relativi di bene e di male non si addicono a un grifone.
Ti smisterò nell'unica casa dove la tua natura non potrà fare danno, ma anzi, dovrai faticare per esserne degna." dopo di ché urlò: - TASSOROSSO!
Di tutta quella contorta riflessione la vampira aveva capito ben poco, ma allo scoccare di tutte le mani del tavolo di quelli che presunse fossero tassi, si alzò con un sorriso malfermo e andò a sedersi tra loro.
La ragazza pallida dagli occhi di gatta era giunta dall'Italia per frequentare Hogwarts nella classe dell'ultimo anno, ma più di questo non era dato sapere, e tutto restava avvolto nel mistero. Nessuno sapeva dove avesse studiato prima, o il perché si fosse trasferita. Non era arrivata col treno, come tutti gli studenti, bensì era comparsa dal nulla al fianco del professor Piton sulla soglia della Sala Grande e si era unita ai piccoli maghi di undici anni, davanti al preside che annunciava le novità del nuovo anno e presentava come professore di Difesa contro le Arti Oscure, quell'uomo gentile che l'aveva aiutata poche ore prima sul treno, quando i dissennatori l'avevano resa un grumo di dolore. Remus Lupin.
Era lui che l'aveva immediatamente accompagnata dal professor Piton perché la rimettesse in sesto in poche ore.
I due avevano avuto uno scambio di battute sarcastiche, mentre lei aspettava coi crampi allo stomaco che almeno uno dei due maghi si occupasse del suo stato.
All'ennesima frecciatina era scattata a zanne pericolosamente sguainate e con un brontolio sordo e minaccioso aveva imposto un rimedio. Dei loro dissapori che se ne occupassero in seguito. A quel punto Lupin si era congedato e Piton con freddezza glaciale le aveva dato il tanto agognato sangue di cui aveva bisogno. Dopo di ché le aveva lasciato il bagno perché si ripulisse e non terrorizzasse la scuola. Amen aveva sospirato con esasperazione la vampira.
 
Nei corridoi si bisbigliava di lei, gli studenti non potevano immaginare che ella era in grado di sentire ogni cosa come se fosse urlata. Non aveva stretto amicizie, per questo veniva considerata una snob e molti credevano fosse una purosangue. Infatti nonostante fosse una tassorosso, spesso i serpeverde cercavano di avvicinarla per cercare di scoprire a quale antica casata italiana appartenesse. Lei li ignorava.
A pranzo e a cena gli elfi domestici le preparavano solo scure minestre dall'odore dolciastro e ferroso. Rabarbaro? Le ragazze spettegolavano che dovesse essere talmente vanitosa, o malata da essere perennemente a dieta.
In realtà Lenora Corvino aveva un segreto.
Lenora Corvino era una vampira.
 
Nel mondo magico era molto raro che una strega una volta morsa conservasse la propria magia, di solito il sangue oscuro divorava quello precedente, non conviveva con esso. A Lenora non era successo, il suo sangue di strega era sopravvissuto all'infezione vampirica. Ma certo questa non era cosa da rendere pubblica. Solo il preside e il corpo insegnanti ne erano a conoscenza.
Le lunghe ore che la ragazza passava nella stanza del professor Piton erano dovute a questo segreto : non esisteva un antidoto contro il vampirismo, ma esisteva una pozione con la quale se non esposta direttamente al sole Lenora poteva sopravvivere avvolta nell'ombra anche durante il giorno.
Non era questo però il suo problema maggiore, in realtà la vera sfida era la vertigine immanente del sangue, era perennemente circondata da carne mortale e l'odore succulento che le invadeva le narici ogni volta che si trovava nelle vicinanze di uno di loro era un tormento diabolico!
In quella prima settimana di scuola, una volta, a cena, si era incantata a guardare il pulsare ritmico e costante della giugulare di Justin Finch-Fletchley . Il suo cuore morto aveva accelerato e rombava come un' auto da corsa, le pupille avevano divorato il lilla dell'iride e schiudendo le labbra come si apre il bocciolo di una rosa i canini avevano iniziato ad allungarsi predatori.
Fortunatamente era passata lì accanto la professoressa McGranitt, la quale non si era fatta sfuggire quell'incantamento famelico.
- Signorina Corvino - la chiamò toccandole una spalla.
Lenora si ridestò come da un sogno, in un attimo le pupille le tornarono normali e ritrasse immediatamente le zanne portandosi anche una mano diafana alla bocca per nasconderla.
- Signorina Corvino - ripeté la McGranitt - venga con me -
Lenora si alzò da tavola senza fare domande, sapeva cosa aveva rischiato. La professoressa McGranitt si fermò dal professor Piton, si chinò su di lui e gli sussurrò qualcosa ad un orecchio. Piton puntò subito i suoi occhi gelidi su di lei.
L'avrebbero espulsa? Di già?
Piton si alzò fece cenno a Lenora di seguirlo, lei obbedì imbarazzata. Il professore di pozioni la portò giù nel sotterraneo nelle sue stanze, ma stavolta, aprendo l'armadietto non le diede la fiala contro la luce solare, no, prese una bella bottiglia di cristallo decorata d'argento antico, la stappò e gliela porse.
- Bevi - le disse senza preamboli.
Lenora aveva già avvertito il profumo pungente del sangue, quella deliziosa punta di rame e sale.
Afferrò la bottiglia e la trangugiò .
- Ora basta - Piton le strappò quel nettare dalle mani e lei soffiò come una gatta inferocita.
- Signorina Corvino, io non le avrei mai permesso di frequentare Hogwarts, ma il professor Silente ha il cuore tenero. Lei è solo un bizzarro caso di natura, troppo pericolosa. Ora vada. -
Piton le voltò le spalle tappò la bottiglia e la ripose di nuovo dentro l'armadietto di legno di tasso.
Lenora si sentì gli occhi ardere, stava forse per piangere? Ma i vampiri non piangono, secernono solo sangue...
- E' stato lei ad approvare il mio ingresso. - disse a denti stretti di rabbia la vampira.
- Ho fatto un errore - le rispose con occhi gelidi e tono sdegnoso Piton.
Di scatto la vampira aprì la porta e si mise a correre ad una velocità che l'occhio umano non consentiva di seguire.
Si ritrovò nella foresta proibita, cullata dalla notte, sotto lo sguardo bianco della luna.
Lacrimava sangue. Urlò tutto il dolore e la rabbia che il suo esile corpo poteva contenere. Poi si lasciò cadere a terra come una bambola rotta.
Non aveva chiesto lei di vivere fingendosi una mortale tra i mortali. Era colpa di Klaus, e se Piton non la riteneva opportuna al luogo perché torturarla scrivendo al preside che era idonea, per poi massacrarla costantemente con frecciate velenose sulla sua natura?
Sentì un frusciare di fronde vicino a lei, si voltò allertata, ma vide solo degli strani cavalli scheletrici pascolare per l'erba scura. Si alzò incuriosita, cercando di avvicinarli piano. I cavalli neri con le ali di pipistrello nitrirono nervosi. Lei si bloccò.
- Prova con questo -
Lenora si voltò a zanne sguainate. C'era una ragazza bionda con una borsa immensa dietro di lei, vi rovistava dentro; ne tirò fuori un pezzo di carne cruda e gliela porse.
Lenora rimase interdetta. Quella ragazza dagli occhi grandissimi la guardava sorridendo, senza paura.
- So cosa sei - le disse dolce - mi chiamo Luna, Luna Lovegood, Corvonero. -
Lenora ritrasse le zanne nel fodero delle gengive.
- Era abbastanza ovvio, non credi? - continuò l'angelica fanciulla.
- E non hai paura che possa dissanguarti?- domandò stupita la rossa.
- No - rispose lapidaria l'altra.
Lenora restò pietrificata.
- Prendi- di nuovo Luna le offriva quel pezzo di carne macilento.
La vampira lo raccolse dalle mani di Luna, lo guardò. Era carne e sangue, ma carne e sangue morta, l'avrebbero intossicata.
- Lancialo ai Thestral-
- Thestral ? -
- Si, sono creature incomprese sai? Spesso le persone ne hanno paura perché solo chi ha visto morire qualcuno riesce a vederli -
Lenora aveva visto morire se stessa. Si voltò verso i cavalli alati e provò per loro un istintivo senso di compassione, lanciò loro il pezzo di carne. Un Thestral si avvicinò e iniziò a mangiarlo.
Lenora sorrise.
- In realtà sono creature docili, è solo il pregiudizio della gente a isolarle -
La rossa si voltò verso Luna che le sorrideva serafica, con quegli occhi immensi del colore del cielo incorrotto delle mattine primaverili.
- Sono Lenora Corvino, Tassorosso - e le porse la mano.
Luna la strinse senza titubanze o timori. Lenora la sentì calda e non pensò al sangue, bensì solo al calore di quella stretta che incredibilmente riscaldava anche la sua.
 
La rossa vampira aveva trovato un'amica. Non era più sola, non era più un mostro.
Forse Hogwarts era sopportabile.
  
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