Non ho la forza di
rileggerlo, abbiate pietà D=
Visto che è un secolo che non
aggiorno questa storia, beh, ecco a voi u.u
Fatemi sapere =)
Secondo capitolo
Il
settimo anno era iniziato da quasi due mesi e a Draco faceva assolutamente schifo.
Si
applicava nello studio perché non aveva nulla da fare.
Non
c’era traccia di Sanguesporco da prendere in giro nel castello, perché la nuova
legge li aveva messi al bando tutti. Non c’era nessun piano segreto da tramare
– sebbene non rimpiangesse affatto quello dell’anno precedente – perché Lord
Voldemort era al potere e decideva su tutto senza lasciar fare agli altri. Non
c’era neanche più gusto – se mai ce ne fosse stato – nel torturare la gente,
dato che dovevano farlo sui compagni messi in punizione.
E
c’era disciplina, un sacco di disciplina. Draco non voleva assolutamente finire
in punizione ma dubitava che i Carrow avessero il coraggio di anche solo
provare a toccarlo seriamente.
Quantomeno
non era a casa.
Al
Manor era un incubo: suo padre era screditato, sua madre neppure guardata, come
se non contasse. Non aveva privacy perché gente strana entrava e usciva a tutte
le ore e, soprattutto, doveva partecipare alle riunioni dei Mangiamorte e si
sentiva terrorizzato al solo pensiero.
Aveva
paura del Signore Oscuro, questo era il punto. Per anni Lucius aveva predicato
la loro superiorità Purosangue sulla feccia Sanguesporco e ricordava i
‘gloriosi’ tempi passati in cui Lord Voldemort spadroneggiava e lui era tenuto
in giusta considerazione dal suo signore. La realtà era che non era vero niente
e, anzi, tutto faceva schifo.
Lord
Voldemort trattava i propri sottoposti come pezze da piedi, forse anche peggio.
Dava ordini che dovevano essere eseguiti, pena la tortura – nei migliori dei
casi. Se sbagliavi una volta eri segnato a vita e non c’era niente che potessi
fare per scamparla. Era tutto un gioco a chi si metteva in mostra di più e a
chi era più cattivo per poter ricevere anche solo una briciola di potere da
quel mago che, nonostante molti di loro ci sperassero, non lo avrebbe mai
ceduto. Ti avrebbe fatto credere di averlo fatto e poi ti avrebbe tirato via la
terra da sotto i piedi.
Draco
si chiese se c’erano altre cose su cui suo padre gli avesse mentito, a questo
punto. Vero, trovava strano già allora che sua madre non lo appoggiasse né
contraddicesse, però…
Aveva
visto il professor Piton diverse volte durante l’estate ma in sostanza non
avevano alcun tipo di rapporto. Draco era stato troppo codardo – forse giusto – per uccidere Silente e, al suo
posto, l’aveva fatto il suo professore, premunendosi poi di trarlo in salvo.
Una
volta al ‘sicuro’ al Manor, dopo aver dato un resoconto dettagliato al Signore
Oscuro ed essere stato punito per la sua esitazione, i due non si erano più
rivolti la parola.
A
lui mancava forse un po’ il non potersi confidare con l’uomo. Dopotutto non era
solo il suo insegnante: era il suo padrino, il suo tutore, ed era abituato ad
averlo attorno sin da quando era nato. Severus Piton non era un uomo facile e
non sorrideva praticamente mai, però con lui era sempre stato gentile, a parte
durante quell’anno appena passato. E Draco non sapeva come riaggiustare le cose
e non sapeva nemmeno se voleva riaggiustarle.
Passò
quindi quei due mesi cercando di sopravvivere alla scuola e domandandosi cosa
fosse meglio fare della sua vita. Valeva la pena salvarsi delle amicizie – che
non fossero quegli inetti di Tiger e Goyle, per intendersi – e sotterrare così
il suo orgoglio facendo la prima mossa verso il professor Piton? Forse
‘amicizia’ non era il termine giusto. ‘Rapporto di stima e di affetto’ suonava
meglio.
Si
decise la sera di Halloween, dopo il banchetto.
In
Sala Comune si stava svolgendo la classica festa Serpeverde con alcool e prove
di coraggio e cerimonie di iniziazione per i gruppi più disparati, che consideravano
la festività adatta all’occasione.
Draco
ne aveva già abbastanza e, dopo qualche bicchierino di troppo, decise di
infrangere per la prima volta in quell’anno le regole scolastiche uscendo dalla
Sala Comune dopo il Coprifuoco.
Il
professore di pozioni – ormai preside – aveva tenuto il suo vecchio ufficio e
le sue vecchie stanze. Era una cosa parecchio strana, in effetti, come se non
volesse utilizzare la camera di Silente, ma durante l’estate aveva liquidato la
faccenda adducendo come scusa la ‘comodità’ e il ‘non voler spostare le sue
cose’.
Il
ragazzo bussò alla porta del suo vecchio ufficio, che sapeva condurre direttamente
negli appartamenti del professore.
Non
gli rispose nessuno. Forse era uscito a festeggiare Halloween come tutti.
Un
rumore strano attirò la sua attenzione e Draco accostò l’orecchio alla porta.
Di nuovo quel rumore strano. Cercando di fare più silenzio possibile – senza
nemmeno sapere perché – il ragazzo abbassò la maniglia.
La
porta era aperta e lui entrò. L’ufficio era vuoto, ma ecco che da un’altra
porta dietro la scrivania si intravedeva uno spiraglio di luce… E di nuovo quel
rumore strano…
Si
avvicinò e cercò di sbirciare dalla porta socchiusa.
Il
professor Piton era seduto sul letto, si stringeva le gambe al petto e aveva il
viso affondato nelle ginocchia, i capelli neri sparsi che impedivano di vedere
la sua espressione. Sul letto accanto a lui c’era un mazzo di fiori bianchi
parzialmente disfatto: i fiori sciolti lo circondavano e il tutto aveva un che
di surreale.
Di
nuovo quel rumore.
Stavolta
Draco lo riconobbe, anche grazie al movimento delle spalle del professore.
Un
singhiozzo.
Severus
Piton piangeva.
Il
ragazzo ebbe la netta sensazione di aver appena invaso la privacy dell’uomo in
un modo così profondo che se lui l’avesse scoperto avrebbe potuto Cruciarlo.
Cercando
di non far rumore tornò sui propri passi e si richiuse la porta dell’ufficio
alle spalle, correndo poi verso la Sala Comune.
Adesso
non gli rimaneva che riflettere su ciò che aveva appena visto.