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Autore: Walpurgisnacht    15/02/2013    3 recensioni
A quanto pare le rivoluzioni cinesi non bastano mai, da queste parti.
[Raccolta contenente missing moments legati a Secret of the Heart Split in Two e Two-Part Secret Heart, di Kaos e Mana Sputachu]
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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Quella che avete tra le mani è una raccolta di one-shot legata alla serie Secretception!, e in particolare alle due storie principali: Secrets of the Heart Split in Two e Two-Part Secret Heart: quindi se vi apprestate a leggere sarebbe buona cosa conoscere le due storie madri, giusto per non rimanere stupiti dal contenuto di quanto segue :D In attesa di completare la versione riveduta e corretta di Secret Heart, abbiamo deciso di iniziare questa raccolta di one-shot contenente missing moment legati alla serie, in particolare incentrati sulle varie coppie; le storie come da "tradizione" saranno scritte a quattro mani, ma non escludiamo anche storie scritte solo da uno di noi - e in caso specificheremo chi è l'autore.
Speriamo di aver fatto cosa gradita a chi ci ha seguito finora :)
Kaos e Mana Sputachu

Us from now on
 
1. Someone to blame
Well, I suppose you have the facts
To criticize me all the time
Are you the judge who decides?
Someone to blame - Entwine
 
 
“Allora, ci vuole ancora molto?”
“Ci vuole il tempo che ci vuole, Mousse, non mettermi fretta.”
Mousse guardò Ryoga di sbieco mentre controllava le foglie accese per l’ennesima volta. 
Scene come questa erano ormai una consuetudine in casa Tendo: la sua ribellione alle leggi amazzoni, cominciata più di un anno prima (1), aveva fatto in modo che non solo lui e Shan-Pu iniziassero a frequentarsi, ma che si instaurasse anche uno strano ma sincero rapporto di amicizia tra loro, Ranma, Akane e Ukyo. E ora anche con Ryoga, che tornato a Nerima dopo un anno si era ritrovato quel piccolo universo totalmente capovolto - e una inaspettata liaison con Ukyo. (2)
“Ma non potevamo cuocerle in un altro modo?” borbottò “Comincio ad avere fame...”
“Oh papero, calma. Le patate dolci vanno cotte in questo modo, fidati!”
Il cinese sbuffò. Non è che dubitasse delle qualità di boyscout autodidatta di Ryoga, ma non ce la faceva più ad aspettare. Si guardò attorno alla ricerca di Ranma, che sembrava essere sparito da un po’. Anche Shan-Pu in effetti si era volatilizzata...
“Ehi Ranma, dove sei?” lo chiamò, addentrandosi nel giardino di casa Tendo “Ti va uno sparring match? Ryoga è ancora alle prese con quelle patate e io ho fame e mi annoio...”
Stava per raggiungere il dojo, quando...
“NYAAAAAAA!!!”
 
“Ukyo, stiamo solo cuocendo delle patate in giardino, non è un ballo di gala...”
“Ma non è una buona scusa per farsi vedere brutte e sciatte! Ora fammi lavorare, su!”
Akane sbuffò, osservando Ukyo intenta ad acconciarsi i capelli: dopo aver messo a soqquadro la sua stanza per trovarle qualcosa di carino da mettere - e le proteste di Akane sul fatto che non voleva vestirsi elegante per stare in cortile che vennero totalmente ignorate, si era dedicata al suo look. 
“Voglio che Ryoga mi veda carina, ok?”
“E io che c’entro col tuo essere carina per Ryoga?”
“Anche tu devi essere carina per Ranma, mia cara.”
“Anche per mangiare le patate in giardino?”
Ukyo si voltò a guardarla, con un sopracciglio inarcato.
“Ti offendi se ti dico che certe volte il soprannome maschiaccio è proprio azzeccato?”
Si voltò appena in tempo per evitare un cuscino, quando il loro scambio di battute venne interrotto dai passi di qualcuno che correva in corridoio fino alla sua porta.
“A-Akane...? Possiamo entrare?”
“Uh? Ryoga?” chiese Akane, facendo cenno al ragazzo di entrare.
“S-scusa non volevamo interrompervi m-ma è successa una c-cosa e...”
“Ryoga perché balbetti? Cos’è successo?”
“E-ecco v-vedi...”
“Quello che vuole dire” si intromise Mousse, che fece capolino da dietro la porta “è che Ranma si sta... comportando in maniera strana. Parecchio.”
“Più del solito?” ironizzò Ukyo.
“Che vuoi dire?” chiese Akane. Mousse e Ryoga si scambiarono uno sguardo, poi chiesero alle ragazze di seguirli in giardino.
“Credo sia meglio farvelo vedere...”
Giunti fuori, lo spettacolo che si trovarono davanti era sicuramente la scena più assurda che si potesse immaginare... se non si era abituati: Ranma, appollaiato sul ramo di un albero, miagolava e si puliva il muso con una mano chiusa a pugno, a voler imitare la zampa di un gatto.
Akane gemette sconsolata. Era parecchio tempo che non lo vedeva sotto l'effetto più estremo del Nekoken.
Poi il suo istinto le fece presente che, se Ranma era in quello stato, c'era o doveva esserci stato un gatto nei paraggi. Non che la cosa costituisse un pericolo, ovviamente, ma era comunque il caso quantomeno di allontanarlo.
Ignorando gli altri, con gli occhi ancora fissi verso l'albero, cominciò a guardarsi in giro alla ricerca del colpevole.
Toh, eccolo lì. E ha il pelo lilla. Stupida cinese.
Si avvicinò alla gattina e la raccolse senza troppa delicatezza, rimproverandola per aver causato quel pasticcio. Poi la affidò a Mousse dicendo di portarla dentro e di bagnarla con l'acqua calda, che a Ranma ci avrebbe pensato lei.
Che gioia essere l'unica persona che può gestirlo mentre è ridotto così.
"Micio micio micio, vieni giù che sennò cadi e ti spezzi l'osso del collo" disse in tono suadente, con Ryoga e Ukyo che la guardavano a dir poco scombussolati da quel che stava succedendo. Immaginatevi le loro facce quando lo videro saltare giù dal ramo con uno zompo e finire dritto dritto in grembo ad Akane, la quale sospirando prese ad accarezzarlo in un tripudio di fusa e versetti.
"A-Akane" azzardò Ryoga "cosa... cos'è questa cosa?".
"Oh? Non lo sai? Credevo te l'avesse accennato".
"A dire il vero no...".
"Allora lo farò io per lui, visto che al momento è impossibilitato. Vedete, suo padre è un pazzo furioso. Quand'era piccolo, per insegnargli una tecnica, l'ha ricoperto di pesce e l'ha gettato in mezzo a un branco di gatti affamati. Più di una volta. Così facendo gli ha creato la fobia. E quando la fobia raggiunge livelli insopportabili la sua psiche recede e lascia il posto a quello che state vedendo. Ci vorrà un po' prima che torni normale".
"Uh. Allora non sono l'unico ad avere dei problemi con una forma animale...".
Ryoga si paralizzò e pregò con tutto se stesso che Akane non ci avesse prestato attenzione.
Speranza vana.
“Che vuoi dire?”
Per un attimo, Ryoga sperò che un fulmine lo colpisse in quell’istante; o che qualche sfidante folle di Ranma facesse la sua entrata in scena, o che tornasse Happosai, persino i fratelli Kuno gli sarebbero andati bene. Tutto purché qualcuno distraesse Akane da quella conversazione.
“Ryoga...?” 
“N-nulla davvero...”
Qualcuno lassù doveva aver avuto pietà di lui, perché in quello stesso istante Shan-Pu corse fuori in giardino, semi nuda, inseguita da Mousse a sua volta inseguito da Kasumi con in mano gli abiti di Shan-Pu.
“Aiya! Era solo scherzo, non volevo fare diventare Ranma gatto!”
“Ok ti credo, però per cortesia adesso vorresti fermarti e riverstirti?!”
“Shan-Pu non sta bene correre per casa svestiti!”
“Guarda, ci basta già Ranma e il suo inesistente senso del pudore femminile...” commentò Nabiki, rallentando la corsa di Shan-Pu con uno sgambetto.
“Nabiki! Non si fanno gli sgambetti!” commentò Kasumi, piccata.
“Suvvia, è un’amazzone! Non si farà male solo per questo, era solo per fermarla...”
E in effetti riuscì nell’intento... ma finì per inciampare su Akane, spintonando Ranma nel laghetto delle carpe, da cui poco dopo fece capolino Ranmachan.
“Argh! È gelata! Perché mi avete buttato nel laghetto?!”
Mentre tutti si arrabattavano per tirar fuori Ranmachan e rivestire Shan-Pu, Ryoga ringraziò tutti i Kami per quel diversivo. In cuor suo sperò che Akane dimenticasse del tutto la loro conversazione.
 
“E quindi il cambio di sesso interferisce col Nekoken e ti fa tornare normale?”
“Già. Almeno a qualcosa serve” rispose Ranma, intento a rivestirsi ed asciugarsi i capelli. Mousse conosceva il Nekoken per sentito dire, in quanto tecnica bandita e mai più utilizzata, e aveva tempestato Ranma di domande alla quale il ragazzo aveva risposto, da un lato gonfio di orgoglio - perché usare tecniche bandite persino dai grandi maestri non è cosa da tutti!, ma dall’altro con un bel po’ di vergogna che cercava di nascondere. Era fin troppo ridicolo avere la fobia dei gatti, figurarsi mettersi a miagolare per contrastarla e dover diventare donna per tornare a pensare come un essere umano. Farsi coccolare da Akane fino ad addormentarsi e tornare normale era piacevole, almeno...
Quando tornarono in soggiorno trovarono tutto più o meno normale: le patate finalmente pronte, Shan-Pu rivestita e...
“Ehi, ma dov’è Ryoga?”
A quella domanda di Ranma un solo cuore ebbe una leggerissima aritmia: quello di Ukyo. Era stata in silenzio per tutto il tempo, osservando il suo amico d'infanzia che imitava straordinariamente bene un felino domestico e la frase di Ryoga le era passata dentro le orecchie senza che ci prestasse particolare attenzione. Ma sentirglielo chiedere così ad alta voce aveva risvegliato la sensazione di pericolo imminente.
Le passò davanti agli occhi, come in un flash, la scena di un paio di mesi prima quando era tornato a Nerima e stava per rivelare ad Akane quel suo innocente segretuccio da due soldi. In quell'occasione era stata lei a salvargli la vita.
Lo avrebbe fatto anche in quel caso. Soprattutto alla luce del loro nuovo rapporto.
Senza farsi vedere si defilò andando a cercarlo per escogitare una scusa credibile agli occhi di Akane. E poi non era salutare lasciar andare un Hibiki in giro senza guinzaglio.
Cercò nel cortile. Non c'era.
Cercò in palestra. Non c'era.
Cercò in ogni singola stanza che non fosse quella da pranzo. Non c'era.
Non gli sarà mica venuto in testa di andarsene di propria volontà, a quel cretino.
"Ryoooooooooooooooooooooooooooooooga!" prese ad urlare, cominciando a preoccuparsi.
Non gli rispondeva.
Che cos'hai fatto, suino? Dove ti sei nascosto?
Scese in strada per vedere se forse riusciva a scorgerlo. Ed ebbe fortuna: una sagoma inconfondibile stava girando l'angolo in fondo alla via proprio in quel momento.
Prese ad inseguirlo. Le ci volle un po' ma alla fine lo raggiunse.
Afferrandolo di prepotenza lo schiacciò a terra per impedirgli di continuare la fuga.
"Anf anf anf... cosa stai combinando? Perché... anf anf... sei scappato come un ladro?".
"Ukyo! Sei tutta matta, tu".
"Qui c'è un solo matto e non sono io. Si può sapere cosa ti è saltato in testa? Evaporare come una nuvoletta di fumo? Perché?".
"Perché Akane non deve sapere che sono P-chan, dannazione!".
...
"Ryoga".
Si voltarono entrambi verso la fonte della nuova voce.
E naturalmente, come in ogni film che si rispetti, videro la faccia stupita di colei che non avrebbero mai voluto vedere.
E Ryoga ebbe la conferma che lassù qualcuno si divertiva da morire a rendere la sua vita un inferno tragicomico.
Ukyo sudò freddo, chiedendosi perché diamine Akane fosse incapace di resistere alla curiosità.
“Allora è vero...? Ryoga, dimmelo per favore...”
Il ragazzo sentì le lacrime che minacciavano di scendere, ma cercò di trattenersi. Scoppiare a piangere in quel momento non sarebbe servito a nulla.
“Akane, forse è meglio tornare dentro a parlarne...” cercò di prendere tempo Ukyo, ma riuscendo solo ad alimentare il nervosismo di Akane ancora di più.
“Tu... tu lo sapevi...?” chiese, guardando l’amica con occhi sgranati. Ukyo stava per rispondere, quando vennero interrotte da Ranma.
“Finalmente vi ho trovate! Ryoga si può sapere dove cercavi di andare da solo rischiando di-”
“Anche tu lo sapevi, non è vero?!”
Ranma si trovò una Akane furente che lo fissava con le lacrime agli occhi. Non aveva idea di cos’era successo, ma qualunque cosa fosse non prometteva nulla di buono.
“Akane di che parli? Cos’è che so-”
“Perché non mi hai mai detto che anche Ryoga era finito a Jusenkyo?! Perché non mi hai detto che era lui P-Chan?!”
A Ranma saltò un battito.
Come diamine l’aveva scoperto? Che quel cretino di Ryoga avesse deciso, in un impeto di sincerità e autolesionismo, di confessare la verità ad Akane? 
No, impossibile. Si vergognava troppo per rivelarglielo e aveva sempre fatto in modo di nascondere la verità ad Akane, spesso con l’aiuto di Ranma - che nonostante la gelosia e l’astio iniziale, aveva sempre mantenuto il segreto per lui.
“A-Akane, io...”
Akane scosse la testa, incredula. Davvero lo sapevano tutti tranne lei? Corse in casa, inseguita da Ranma che cercava invano di calmarla.
Si sentì incredibilmente stupida.
 
“Akane! Akane per favore fermati!”
Ranma rincorse la fidanzata fin dentro casa, riuscendo finalmente a bloccarla sulle scale. Non che avesse idea di cosa dirle o come spiegarle la situazione, ma meglio non lasciare che la sua rabbia crescesse.
La afferrò per un polso e la bloccò contro la parete. 
“Akane ti vuoi calmare?!”
“In quanti eravate a conoscenza della maledizione di Ryoga? Chi lo sa, oltre te e Ukyo?”
Ranma distolse lo sguardo, indeciso su cosa risponderle. Ma ormai la frittata era fatta...
“Tutti quelli finiti a Jusenkyo... Ucchan lo ha scoperto per caso, non so come...”
“...e nessuno di voi ha mai pensato di dirmelo?”
“Non potevamo dirtelo! Ryoga sarebbe morto di vergogna, vive malissimo la sua trasformazione!”
“Ma non si faceva problemi ad entrare nel mio letto e dormire con me!”
Ranma venne preso in contropiede da quella risposta. Era una delle cose che più l’avevano infastidito, in passato, e Ryoga stesso non ne andava fiero.
“Beh, ti assicuro che se ne è pentito” balbettò “è molto dispiaciuto per questo, ed è uno dei motivi per cui preferiva non dirti nulla e far sparire P-Chan...”
“Io avrei preferito che me lo confessasse! Certo mi sarei arrabbiata, ma l’avrei perdonato! Non è colpa sua se è caduto a Jusenkyo... però avevo il diritto di sapere!”
A quella frase, qualcosa dentro Ranma si spezzò. Qualcosa che aveva tenuto dentro per tanto, troppo tempo, e che ora urlava e pretendeva di uscire fuori.
“Davvero? Ne sei proprio sicura? Sei proprio certa che saresti stata così comprensiva?!”
“Certo che si!”
“Non dire cazzate! Come fai a dire che l’avresti perdonato, quando a me non hai MAI perdonato di essermi presentato a casa tua sotto forma di ragazza e non averti confessato subito che ero un ragazzo?! Come puoi dirlo se per mesi mi hai fatto pesare l’avermi trovato in bagno già trasformato?! Credi che io non provassi vergogna per la mia maledizione, che mi divertisse?!”
Akane fissò il fidanzato sconvolta. Era la prima volta che lo vedeva così adirato con lei, così fuori di sé. Le stava rinfacciando avvenimenti così lontani nel tempo che quasi li aveva dimenticati, smettendo di dar loro peso... e forse era stato quello il suo errore.
“Ranma, io non sapevo...”
“Certo che non sai, non hai mai chiesto!”
E con quest’ultima frase piena di rancore, Ranma corse via.
L'altra coppietta non era in una situazione molto migliore, a dire il vero.
Ryoga si era appena alzato senza neanche spolverarsi gli abiti sporchi di terriccio, la testa bassa e un leggero singhiozzo a scuoterne il corpo. Ukyo lo osservava da breve distanza, incapace di dire o fare alcunché.
Si sentiva costernata e impotente per lui. Aveva appena assistito a una tragedia greca in grande stile e ci mancava giusto il morto per chiudere il pacco regalo con un bel fiocco rosso sangue.
Tentò un paio di volte di avvicinarsi per fare qualcosa, ma entrambi i tentativi cozzarono contro il muro di dolore che Ryoga non faceva alcuno sforzo nel trattenere.
Poi si disse che oh, basta così. Prese coraggio e lo abbracciò con tutte le sue forze, sussurrandogli all'orecchio promesse da marinaio su come le cose si sarebbero aggiustate in qualche modo. Era la prima a non crederci.
Non ci fu la reazione che si sarebbe aspettata... anzi no, che si sarebbe augurata. Ryoga, difatti, rimase immobile come uno stoccafisso, del tutto inerte a ogni sollecitazione esterna. Nella sua mente vedeva scene apocalittiche: Akane che in preda all'ira sfaciava casa Tendo maledicendolo a vita; Ranma che veniva punito duramente per averlo coperto e finiva col promettergli vendetta tremenda vendetta; per qualche motivo si immaginò anche Ukyo che, disgustata dal suo essere bugiardo, lo abbandonava a se stesso dopo avergli sbattuto la faccia in una pozzanghera.
Naturalmente quest'ultima visione era di quanto più lontano dalla realtà potesse concepire, visto che in quegli stessi istanti la suddetta Ukyo stava buttando anima e corpo oltre l'ostacolo per cercare di essergli di conforto. Ma non lo vedeva, era completamente cieco ai suoi sforzi.
"Tesoro, vedrai che la sistemeremo...".
"Non succederà e lo sai".
"No, non lo so. Non accetto questa passività. Hai... abbiamo sbagliato nei suoi confronti, è vero. Ma piangersi addosso col vaso rotto per terra non ha mai giovato a nessuno. Bisogna inginocchiarsi, rimboccarsi le maniche e aggiustarlo come meglio si riesce. Anzi, adesso noi due torniamo là dentro e affrontiamo a testa alta e petto in fuori questa brutta situazione".
"Ukyo, io non ce la faccio...".
"Oh sì che ce la fai. Te lo dimostro che ce la fai".
E così dicendo sciolse l'abbraccio, gli afferrò una mano e lo trascinò a mò di peso morto.
Quel minuto del vecchio Ryoga sconsolato e intristito le aveva fatto un pessimo effetto e non lo avrebbe sopportato un solo istante di più. Anche a costo di litigare con Akane.
I suoi propositi bellicosi vennero interrotti da Ranma che sfrecciava fuori di casa urlando qualcosa ad Akane, e quest’ultima che lo inseguiva con le lacrime agli occhi.
Ok, perché la situazione si era ribaltata?
“U-Ukyo...!”
Non ebbe neanche tempo di esternare quel pensiero che si ritrovò Akane singhiozzante tra le braccia. Persino Ryoga, che fino a poco prima versava in uno stato quasi catatonico, ora osservava la scena esterrefatto. 
“Akane... Akane calma, cos’è successo?” chiese Ukyo, scostando dolcemente Akane per guardarla in viso.
“Ukyo io... credo di aver commesso il più grosso errore della mia vita...”
 
“Ho fatto del the, se vi va. Akane, ti senti un po’ meglio?”
Quest’ultima annuì verso Kasumi, che la osservava con aria preoccupata.
La lite con Ranma non era ovviamente passata in osservata, a giudicare dagli sguardi che si era ritrovata a fissare una volta tornata in casa. Per fortuna Kasumi ebbe l’idea di mandare il signor Genma e suo padre a proseguire la partita a Shogi in un’altra stanza, mentre Nabiki si defilò di sua iniziativa. Rimanevano solo Mousse e Shan-Pu, ma Akane non li considerava intrusi. E comunque avevano assistito a tutta la scena...
“Però... si è tenuto dentro quella roba per un bel pezzo...” commentò Ukyo, interrompendo quel silenzio. Non riusciva ancora a credere al racconto di Akane... soprattutto non aveva ancora capito come la tragedia di Ryoga e P-chan si fosse trasformata un triangolo di sofferenza composto dal lui, Akane e Ranma. Un po’ come ai vecchi tempi ma con meno tensione amorosa, pensò ironicamente.
Akane sospirò, continuando a fissare il suo the.
“Io non... non credevo di aver fatto tanti danni... non immaginavo di avergli fatto così male...”
“Io penso che sia l'eccitazione del momento. Conoscendolo non credo sarebbe stato disposto...".
"Ukyo, l'hai visto. Era furioso. Se non andasse contro il suo codice d'onore avrebbe potuto persino mettermi le mani addosso".
"Ok, era fuori di sé. Ma proprio per quello credo che si sia lasciato andare più di quanto realmente avrebbe voluto. E poi sul serio, Ranma che ingoia uno smacco del genere per anni e anni senza mai accennarlo o fartelo pesare subdolamente in qualche modo? Non è da lui".
Akane sorrise amaramente all'amica. Sin dal primo Gran Casino con i cinesi e il matrimonio e il Consiglio la presenza della cuoca era stata una specie di benedizione su tutti loro. Per carità, anche lei ha avuto i suoi momenti di sconforto e difficoltà, ma era sempre la prima a risorgere dalle ceneri portandosi dietro tutti loro. E anche in quel momento stava facendo tutto quanto era in suo potere per aggiustare, cucire, lenire.
Il cristianesimo ha delle figure bizzarre nei suoi precetti. Li chiamano "santi". Pensò che, anche se ne sapeva molto poco in merito, quel titolo sarebbe stato perfetto per lei.
Eppure, nonostante tutto questo, sentiva che qualcosa con Ranma si era rotto. Non sapeva dire se irrimediabilmente o no, ma non lo aveva mai e poi mai visto tanto adirato. Tutt'al più era stato il contrario, cioè lei che si incazzava oltre ogni dire.
"Ascoltami Akane" riprese la sua amica "cominciamo ad affrontare un problema alla volta. Per ora è meglio lasciare Ranma a sbollire, anche perché sono sicura che è diventato dipendente da te e non può riuscire a starti lontano per più di otto secondi. Tornerà. Per intanto ti pongo le mie più sincere scuse".
"Uh? E per cosa?".
"Per non averti mai detto che sapevo la verità su P-chan. Mi spiace. Non credevo si sarebbero raggiunti simili picchi di devastazione, ma ho agito in buona fede. Ogni volta che il suo alter-ego porcino saltava fuori in una discussione diventava viola e cominciava ad annaspare dalla vergogna. E se reagiva così con me non oso pensare cosa sarebbe successo in tua presenza, considerando che si credeva in grado di conquistarti, l'inetto".
"Ehi" protestò l'uomomaialino, dando un leggero pugno sulla spalla di Ukyo. Lei si limitò a lamentarsi per la botta e a sorridergli, contenta di vederlo ancora capace di agire autonomamente.
"Tranquilla, non devi chiedermi scusa. Non tu, perlomeno".
"Prego?".
"Sto parlando di te, Ryoga. Ukyo, fammi un piacere: vai a cercare Ranma. Io vorrei parlare a quattr'occhi con lui".
Ukyo guardò Ryoga preoccupata. Non credeva che Akane l’avrebbe picchiato, però non era sicura che il ragazzo fosse nelle condizioni migliori per sopportare una simile conversazione.
Quest’ultimo tuttavia le sorrise e la incitò ad andare.
“Tranquilla, so badare a me stesso” scherzò. “E comunque è giusto fare adesso questo discorso... dopo tutto questo casino, glielo devo.”
La cuoca annuì, un po’ riluttante, poi si alzò e corse a cercare Ranma.
Rimasti soli, i due si osservarono per qualche minuto senza proferire parola, poi Ryoga chinò il capo.
“Akane io... ti chiedo scusa. Mi vergogno da morire per quello che ti ho fatto, e so che le mie scuse non basteranno a cancellare il passato... ma credimi se ti dico che mi dispiace.”
Akane continuò ad osservarlo in silenzio, così Ryoga proseguì.
“Io... io mi vergognavo da morire per la mia maledizione... Inizialmente solo Ranma l’aveva scoperto, e nonostante all’epoca non corresse buon sangue tra noi ha sempre fatto in modo di mantenere il segreto per me. Non so cosa lo spingesse a farlo visto che odiava l’idea che ti stessi vicino come animaletto da compagnia, però non lo ha mai rivelato a nessuno e di questo gliene sarò sempre grato... “ disse tutto d’un fiato. “Forse più di tutti capiva cosa volesse dire vergognarsi della propria condizione... anche se l’ha spesso usata a proprio vantaggio. Ma chi sono io per scagliare la prima pietra?”
Akane rimase colpita da quella frase, così simile a quella che Ranma le aveva urlato poco prima. 
“Io... io non ho scusanti per il mio comportamento, per aver... approfittato della mia maledizione” continuò Ryoga, di nuovo sull’orlo delle lacrime “è solo che... all’epoca ero così innamorato di te e credevo fosse l’unico modo per rimanerti vicino...”
Trattenne a stento un singulto, temendo che l’ira di Akane si abbattesse su di lui.
Invece sentì le braccia della ragazza stringerlo a sé, a volerlo consolare.
E crollò, lasciandosi andare a un pianto liberatorio.
 
Non immaginava sarebbe crollato così.
Continuava a rivivere la scena come fosse fosse impressa su nastro, rivivendo ogni secondo.
Era la prima volta che urlava così con Akane. Anche nelle loro peggiori liti, non aveva mai alzato così tanto la voce con lei. E la cosa peggiore era che non si sentiva dispiaciuto come avrebbe voluto.
Perché quelle cose se le era tenute dentro per così tanto tempo che credeva se le sarebbe addirittura portate nella tomba. Fino ad ora aveva continuato a ripetersi che erano storia vecchia, che era passato tanto tempo ed era inutile discuterne ora che le cose con Akane andavano così bene. Errori di gioventù, si disse, come il suo chiamarla maschiaccio in continuazione. Acqua passata.
Ovviamente si era sbagliato, e ora che il metaforico vaso di Pandora era stato aperto non aveva idea di come richiuderlo, né se fosse possibile farlo.
“Sapevo di trovarti qui...”
La voce di Ucchan lo distolse dai suoi pensieri. Tuttavia non si mosse, ma rimase steso sul parquet del dojo a fissare il soffitto.
"Tsk. Dove volevi che fossi? O qui o sul tetto".
"Già. Conosco tutti i tuoi luoghi segreti".
"Bah. Lasciami in pace, per favore. Non è il momento e non sono dell'umore".
"Va bene" disse con falsa accondiscendenza lei, sdraiandosi al suo fianco.
"... mi prendi per il culo, Ukyo?".
"No" ridacchiò "O sì? Decidi tu, per me è indifferente".
"Te lo chiedo gentilmente: vai via. Non voglio gente fra le scatole".
Lei scosse la testa con un sorriso da faina: "Non posso. Un'anima in pena ha bisogno del magico unguento Kuonji".
Ranma lasciò che una rauca risatina gli sfuggisse dalle labbra, vetta massima di allegria che si sentiva in grado di esternare. Poi le diede la schiena, ribadendo che non voleva essere disturbato.
"Ranma" disse lei in tono più serio "pensi davvero quello che hai urlato in faccia a quella poveretta?".
Poveretta? LEI poveretta?
La gente ha deciso di morire male, per caso?
Devo incazzarmi sul serio?
"Sì, lo penso davvero. Akane mi ha reso la vita un inferno per mesi e mesi per questa cosa. Mi sono vergognato come un ladro quando mi sono presentato qui per la prima volta con le tette e i capelli rossi. L'ha scoperto per caso e me l'ha rinfacciato a ripetizione, nei gesti e nelle parole. Non posso dimenticare quanto sono stato male e quanto ho sofferto in quel periodo".
Ukyo si ammutolì, colpita da questo sfogo come un pugno direttamente sul naso. Non si aspettava tanto astio e tanto risentimento, davvero no. Pensava che il nocciolo del problema fosse di portata molto, molto minore.
Qua devo adottare una tattica diversa, altrimenti non me la cavo più.
"E dimmi un po'... perché hai aspettato tutto questo tempo per tirar fuori la questione?".
"Non lo so. Mi è sgorgata naturale dal petto. Cos'è, devo renderti conto anche dei miei tempi adesso?".
"No no, figurati. Era solo una curiosità. Ma mi stuzzicava capirne il perché, ecco".
"Non te lo so dire, davvero. E ora vedi di smammare, per favore".
"No Ranma, non vado da nessuna parte".
Il ragazzo si voltò nella sua direzione. Sbavava.
"Ukyo, se stai cercando di tirarmi fuori dalla grazia dei kami sei già ad un ottimo punto. Vattene finché sono ancora abbastanza lucido o rischio davvero di non rispondere di me stesso".
Un sospiro. Un attimo di indecisione. Poi una certezza.
"Se mi vuoi fuori di qui dovrai buttarmici a forza".
Si chiese mentalmente se Ukyo fosse per caso uscita di senno. Lo stava provocando volutamente, conscia di rischiare grosso.
In realtà nemmeno Ranma credeva di essere in grado di torcerle un capello, se c’era un principio a cui era sempre stato fedele era proprio quello di non picchiare una donna. Ma d’altro canto, nello stato mentale in cui si trovava, non era sicuro di nulla.
“Ukyo, dico sul serio... va via.”
“Anche io sono seria e no, non me ne vado. Non ti lascio solo in questo stato!”
Quando Ranma sferrò un pugno contro il pavimento cacciò un urlo, più per la sorpresa che per reale paura.
“Ukyo... per favore...”
La ragazza fissò le assi di legno spezzate, domandandosi se non fosse meglio seguire il... consiglio di Ranma e andare via. Ma lasciarlo a macerarsi nella rabbia e nel nervosismo non avrebbe giovato a nessuno. Inspirò e cercò di racimolare un po’ di calma e coraggio.
“Mi dispiace, ma non mi muovo di qui.”
“Stai rischiando...”
“Non è vero e lo sai. Se avessi voluto davvero picchiarmi l’avresti già fatto, e non te la saresti presa col parquet. Tu non sei uno che picchia le donne.”
Ranma sollevò lo sguardo, ancora visibilmente nervoso, ma apparentemente più disponibile al dialogo.
“Che cosa vuoi, Ukyo?”
“Parlare. Voglio che mi parli, che mi dici perché il casino di Ryoga e P-Chan è diventato un dramma di proporzioni bibliche tra te e Akane, voglio sapere perché ti sei tenuto dentro tutto questo per più di un anno!”
“Te l’ho già detto, io... credevo di poter dimenticare. Di poterci passare sopra, ora che le cose con lei vanno... andavano bene. Era passato così tanto tempo che era troppo assurdo tirarle fuori! E anche in passato, ogni volta che pensavo fosse il caso di discuterne, finivo per dirmi che era inutile farlo, che lei non avrebbe ascoltato o si sarebbe arrabbiata inutilmente... e quando le ho chiesto cos’era successo con Ryoga, beh... sono esploso. Non ci ho pensato, è stato istintivo...”
“Non credevo che ti vergognassi tanto della tua maledizione...”
Ranma sorrise amaramente.
“Il fatto che la usi spesso a mio vantaggio non vuol dire che mi piaccia. Col tempo mi ci sono abituato ma... è comunque avvilente non poter essere un uomo al cento per cento. Credi che mi piaccia venir palpato costantemente da Kuno, o Happosai? O che non mi abbia infastidito anche Nabiki quando, arrivati qui in casa Tendo, mi ha toccato il seno prendendosi gioco della mia situazione? Se c’è uno che capisce la vergogna che prova Ryoga, ti assicuro che quello sono io. Per questo, nonostante tutto, l’ho aiutato a mantenere il segreto...”
Ukyo sospirò, incerta su cosa fare. Si era fiondata in palestra sicura di dover solo risolvere una scaramuccia tra due testoni innamorati, e che la situazione peggiore fosse quella di Ryoga... ma cominciava a credere di aver giudicato male la questione.
Ok Kuonji, il tempo delle chiacchiere è finito. Tempo di agire, adesso.
"Ranma" disse per l'ultima volta, con tono quasi scontroso "perché invece di sbraitare come un bambino viziato non hai mai pensato di appianare questa divergenza con Akane? Vi conosco abbastanza da sapere che se non sistemate subito il problema ve lo trascinate fino al punto di ebollizione. Piccolo tontolino che non sei altro. Adesso tu vieni con me e parli per bene con lei di questa cosa, possibilmente cercando di venirvi incontro invece di fare muro contro muro".
Non attese neanche una sua risposta, che probabilmente sarebbe stata di stizza, e lo afferrò cominciando a trascinarlo verso il soggiorno fra le sue proteste.
Naturalmente entrambi sapevano che gli sarebbe bastato uno strattone per liberarsi e tornare a fare lo zerbino intristito nel suo angolino sporco, ma pur non essendo particolarmente entusiasta all'idea di affrontare la sua dolce metà dopo così poco tempo... beh, diciamo che Ukyo Kuonji conosce bene i suoi amici d'infanzia. La previsione sulla durata del distacco fra i due piccioncini sbagliava giusto nell'ordine dei decimi di secondo.
"Su su, piantala di sgomitare inutilmente. Non può farti che bene".
"Cattiva!".
"Se fossi veramente cattiva ti avrei lasciato lì nel tuo brodo".
"Cattiva lo stesso!".
"Lo vuoi il ciuccio, bimbo Ranma, o stai bene così?".
E con questa riuscì a zittirlo definitivamente.
Quando giunsero dov'erano diretti, però, ciò che li accolse non ebbe un effetto propriamente positivo.
Akane stava abbracciando un Ryoga in lacrime.
Sentimenti contrastanti nacquero in entrambi.
“Beh questo... non me lo aspettavo.”
La voce funerea di Ranma distolse Akane e Ryoga, che subito scattarono in piedi.
“R-Ranma ti prego, non è come pensi...!”
Ma il codinato non volle sentire ragioni, e l’ultima cosa che i presenti videro fu la sua treccia prima che saltasse su un albero in giardino e si dileguasse.
Akane si lasciò cadere su uno dei cuscini, esausta.
“Ci mancava... ci mancava solo questa!”
Ryoga, dopo la riconciliazione con Akane e il pianto liberatorio, non si perse d’animo e cercò di tirarla su.
“Niente panico” disse, asciugandosi il volto rigato di lacrime con una manica “lo cercheremo e lo faremo ragionare! Quel testone al solito ha interpretato le cose a modo suo, e nello stato in cui è ci starà costruendo sopra castelli di carte...”
Akane annuì, poco convinta.
“Vado a darmi una rinfrescata” disse “poi vado a cercarlo... o lo aspetto qui... insomma, non lo so.”
Ryoga la osservò incamminarsi lungo il corridoio, sinceramente dispiaciuto per quella situazione. I Kami avevano decisamente un tempismo tutto loro - e un senso dell’umorismo particolarmente crudele. Poi, sentendosi osservato, si voltò verso Ukyo: la cuoca stava facendo i salti mortali per sembrare tranquilla e non dare a vedere l’agitazione che la divorava dall’interno, ma ormai Ryoga aveva imparato a interpretare i piccoli tic che la ragazza faceva quand’era nervosa.
Si avvicinò a lei e, inarcando un sopracciglio, sorrise sornione.
“Non avrai mica pesato che...?”
“ASSOLUTAMENTE NO!” fu la risposta di Ukyo, in un tono di voce più alto del normale che fece scoppiare a ridere l’eterno disperso. La cuoca avvampò d’imbarazzo - e anche un po’ di fastidio, ma si sciolse come neve al sole quando sentì poggiarsi sulla sua spalla la fronte del ragazzo.
“Certo certo. Sei tutta d’un pezzo, tu.”
...stupido uomomaialino.
 
Quel pomeriggio andava cancellato dalla sua agenda, dal calendario, dall’universo.
Prima il litigio con Akane, poi... quello.
Razionalmente sapeva che non aveva motivo di preoccuparsi, eppure... era come se tutta la gelosia che aveva provato ai tempi verso Akane e Ryoga fosse tornata a galla tutta d’un colpo.
Cazzo è la giornata dei ritorni in grande stile, pensò.
Ranma sbuffò, e osservò il panorama dal tetto del Furinkan. Non avendo voglia di farsi trovare - non ancora, aveva evitato di arrampicarsi su quello di casa Tendo ed aveva corso fino a scuola.
Non aveva idea di cosa fare. Se non si fosse trovato a fissare Akane e Ryoga abbracciati a quest’ora probabilmente avrebbe parlato con lei e avrebbero fatto pace, e poi avrebbero ripreso a ingozzarsi di patate dolci - il suo stomaco non guardava in faccia i suoi problemi esistenziali.
“Certo che oggi hai dato proprio spettacolo, Saotome.”
"E adesso chi è che rompe, si può sapere?" disse scocciato voltandosi verso la fonte del disturbo.
C'era Mousse di fronte a lui, le mani nelle maniche e lo sguardo... divertito?
Una cospirazione nei miei confronti, non c'è altra spiegazione. I miei supposti amici si sono messi tutti d'accordo per cercare di farmi mangiare il fegato senza neanche un buon contorno. Bella gente che frequento.
"Come mi hai trovato?".
"Segreto segretissimo. Non lo saprai mai".
"Interessante, quasi quanto un documentario sulle otarie. Ora svanisci, grazie".
E come ormai si era abituato quel giorno, lui chiedeva una cosa e l'altra persona faceva l'esatto opposto. Difatti non si meravigliò neanche troppo quando vide il cinese avanzare verso di lui.
"Mi viene da chiedermi se ho cominciato a parlare in mongolo, oggi" rimarcò acido ad alta voce, anche se in realtà stava parlando con se stesso.
"Non conosco le tue acrobazie linguistiche. In compenso ho sentito, anche se solo di sfuggita, la mezza scenata che hai piantato con Ukyo e quella intera con Akane. Se posso...".
"No, non puoi. Volete mettervi in testa di lasciarmi in pace, una buona volta? Sono sovraccarico in questo momento e non voglio gente fra le palle, ok? Se mi concedeste un momento per riflettere e rifiatare...".
"... Nerima avrebbe una scuola in meno. Spiacente, ho abbastanza spirito civico da volerlo evitare".
Ranma sorrise di malavoglia. Capiva il tentativo di Mousse di farlo rilassare, e in parte stava anche funzionando, solo che... non ne aveva nessuna voglia. No, proprio nessuna. Si sentiva in pieno diritto di essere ferito, deluso, arrabbiato. Gli sarebbe passata, probabilmente, ma non aveva nessuna fretta.
"Tsk. Per quanto so di essere forte e figo nelle arti marziali neppure io riuscirei ad abbattere l'intero edificio da solo".
"Meglio non prendersi rischi inutili, non credi?".
"Chissenefrega".
"L'acido muriatico che hai ingoiato in grandi quantità doveva essere proprio buono. Emani simpatia da ogni poro".
"Forse perché non voglio essere simpatico in questo preciso momento, Mousse. Non ti è passato per l'anticamera del cervello? Il concetto di privacy ti è così estraneo?".
"Ascoltami bene, bamboccio. Puoi anche smetterla di succhiarti il dito rivendicando il tuo stupido diritto a voler essere furibondo quando sei il primo che ha fatto impazzire in ogni modo possibile e immaginabile quella povera ragazza. Ora non fraintendermi, so che spesso anche lei ci metteva parecchio del suo. Ma non sei nella posizione più comoda per fare il martire della situazione. Perché, invece di star qui a piangerti addosso come una mammoletta, non vai da lei a sistemare il danno? E possibilmente senza farti trascinare da Ukyo, un'altra donna che ha la sacrosanta pazienza di starti appresso nonostante spesso e volentieri non te lo meriteresti".
Ranma lo guardò come si guarderebbe il fantasma del proprio bisnonno che viene a farti una visita notturna per fare due chiacchiere in pace.
“Se hai sentito tutta la mia discussione con Akane, allora hai anche sentito che è partito tutto dal suo volermi rinfacciare uno stupido equivoco per mesi” rispose Ranma, senza preoccuparsi di nascondere il fastidio “e solo DOPO quell’evento ho cominciato a risponderle e prenderla in giro. E prima che tu lo dica” alzò una mano per zittire Mousse “no, non è una giustificazione a tutti gli insulti che le ho rivolto né per come mi sono comportato con lei. Sono perfettamente conscio dei miei errori - meglio tardi che mai, si!, e mi sono scusato più e più volte con lei perché sapevo di averle fatto male e volevo davvero che mi perdonasse.”
Parlò tutto d’un fiato, e Mousse stava per rispondergli per le rime quando Ranma riprese il suo monologo.
“Ma posso, per una volta, pensare a me e a come mi sento? Lo so che penso SEMPRE a me stesso perché mi ritenete un egoista infantile e bla bla bla, ma stavolta ci sto male sul serio e sarebbe carino se almeno provaste a lasciarmi sbollire - visto che a risollevarmi il morale non siete particolarmente bravi oggi!”
Mousse lo osservò in silenzio, l’espressione assolutamente neutra e impassibile. Eppure Ranma continuava a leggere nello sguardo del cinese una nota di divertimento che lo mandava fuori dai gangheri. Sbuffò e si alzò, camminando su e giù per il tetto senza apparente meta. Non aveva neanche nulla da prendere a calci per sfogarsi. Poteva prendersela con Mousse, in effetti, ma lasciò perdere per diverse ragioni: intanto non voleva aggravare quel casino solo perché gli prudevano le mani; poi, anche se lo infastidiva, sapeva che Mousse agiva in buonafede; e poi, aveva il vago sospetto che il cinese non avrebbe ceduto alle sue provocazioni come un tempo, limitandosi a fissarlo come stava già facendo.
“Non ho mai detto che non hai diritto di sentirti ferito” proruppe Mousse, dopo un silenzio che a Ranma parve lunghissimo “diciamo solo che volevo essere sicuro che non fossero stupide ripicche... mi perdonerai se non conosco tutti i retroscena della tua relazione con Akane.”
Ranma non rispose, ma si limitò ad annuire.
“E comunque sappiamo entrambi che avresti già fatto pace con lei, se non l’avessi vista abbracciare Ryoga.”
Ecco, quella frecciata faceva male.
“Questa potevi risparmiartela, che ne sai di come mi sento?”
Mousse si limitò a sorridere, senza cadere nel tranello delle sue provocazioni.
“Ranma, ricordi tutte le volte che ti ho attaccato perché avevo trovato te e Shan-Pu in atteggiamenti che a me sembravano compromettenti?”
“Oh certo, i vasi da notte che mi hai tirato in testa me li ricordo tutti.”
“Allora ti assicuro che capisco come ti senti. Hai travisato quell’abbraccio, sei fuggito senza chiedere spiegazioni convinto di aver ragione, ma quando ti sei fermato a riflettere hai capito che avevi sbagliato. E ti sei sentito un cretino.”
L’unico pensiero che attraversò la mente di Ranma, mentre ascoltava Mousse spiegargli i suoi atteggiamenti meglio di qualunque psicologo al mondo, era che si era rotto le scatole di essere sentimentalmente prevedibile per tutta Nerima.
E la cosa peggiore era che aveva maledettamente ragione.
"Ma in tutto questo la parte importante è una: hai frainteso. Per carità, capisco perché tu l'abbia fatto e, se al posto di Akane e Ryoga ci fossero stati Shan-Pu e un bellimbusto a caso, probabilmente anch'io avrei reagito così. Ma non lasciare che la tua gelosia ti accechi più del dovuto. Non so i particolari, ma presumo che Akane stesse cercando di consolare un Ryoga distrutto dalla vergogna e dal rimorso per averle tenuta nascosta la faccenda di P-chan. Visto che immagino tu e io siamo i primi a capire come si dev'essere sentito quando la cosa è venuta a galla, prova a mettere da parte il tuo risentimento e a far finta di nulla. Suvvia Ranma, lo sanno anche i muri che Akane ti ama pazzamente. Quest'ultimo anno e spicci è passato così inosservato nel tuo cervellino di gallina? Io non credo, per quanto ti piaccia atteggiarti da scemo del villaggio non sei poi così tanto stupido da non saperlo perfettamente. E allora perdonala, qualunque sia la sua colpa, e va' da lei. La giornata era cominciata così allegramente, non farla finire in un'immotivata nota triste".
E Ranma, come per magilla, sentì una parte della sua incazzatura sciogliersi da sola.
Mousse aveva ragione. Assurdamente ragione.
Se lui e Akane si fossero messi a rinfacciarsi tutto quello che di antipatico e brutto c'era stato fra di loro non avrebbero neanche avuto il tempo di godersi la loro storia. Sarebbero finiti all'ospizio a tirarsi gli aeroplanini di carta sbilenchi facendosi le pernacchie.
Hai avuto il tuo momento al centro del palco. Hai pianto, ti sei sfogato, hai urlato. Ora basta con le scene madri. Non perderci sopra ulteriore tempo prezioso.
Il ragazzo col codino si avvicinò al cinese, che per precauzione si mise in posizione di difesa. Temeva di aver dato troppo fiato alle trombe e di aver detto qualcosa di sbagliato. Si calmò quando l'altro si limitò a mettergli una mano sulla spalla, guardandolo fisso negli occhi, e disse semplicemente questo: "Grazie".
"Prego" recuperò velocemente l'aplomb.
"Ora scusami, ho una fidanzata da recuperare". E senza aspettare una risposta si voltò e zompò via dal tetto del liceo, lasciandovi un tutto sommato soddisfatto ragazzo orbo.
 
Akane passeggiava nervosamente per casa. Era stata fatta desistere dal proposito di correre a cercare Ranma, ma proprio causa immobilità si sentiva tremendamente agitata.
Stava per salire le scale per l'ottocentesima volta quando...
"Akane? Posso parlarti?".
Era la voce di Shan-Pu.
Con tutto quello che era successo si era totalmente dimenticata della sua presenza. Sentendosi un po’ colpevole, le chiese di cosa voleva discutere.
Shan-Pu inspirò, raccogliendo un po’ di coraggio e pensando bene a cosa dire visto che il suo giapponese zoppicante non l’avrebbe aiutata.
“Akane io... devo chiederti scusa.”
...EH?
Ok, in un anno a Nerima erano cambiate tante cose. Ma delle scuse da parte di Shan-Pu erano qualcosa ancora fuori dal mondo.
“Per... per cosa mi stai chiedendo scusa?”
“Se non avessi fatto stupido scherzo a Ranma lui non avrebbe usato Nekoken, e Ryoga non avrebbe parlato, e non avreste litigato e-”
“Ok ok Shan-Pu, hai reso l’idea.”
Shan-Pu si zittì, un po’ infastidita per l’interruzione - insomma, le costava fatica mettere insieme un discorso comprensibile in giapponese e nemmeno glielo facevano conlcudere?
Akane la osservò, riflettendo sulle sue parole. Da un lato era cosciente che tutto era cominciato a causa del pessimo senso dell’umorismo della cinesina, e trattenne a stento il desiderio di dirgliene quattro e azzuffarsi con lei, tanto per sfogare la rabbia. E tuttavia...
“Credo invece di doverti ringraziare.”
“Come...?”
“È vero, il tuo scherzo a Ranma ha scatenato un putiferio ma... se non l’avessi fatto certe cose non sarebbero mai venute fuori. E forse avremmo continuato a vivere tranquilli... o meglio, io avrei continuato ad essere serena e ignara di tutto. Ryoga invece avrebbe continuato a stare sul chi vive, e voi con lui nel cercare di reggergli la messinscena... e Ranma non avrebbe mai detto quelle cose, tenendosele dentro in eterno. Oppure sarebbe successo tra tanti anni, ma sarebbe stato ancora peggio di così. Quindi credo sia il caso di dirti grazie... davvero.”
Shan-Pu guardò Akane perplessa. Si era aspettata la sua solita reazione violenta, e invece... la stava ringraziando?
Stupido Mousse, avevi ragione.
“A quanto pare le rivoluzioni cinesi non bastano mai, da queste parti... se non ci sono loro in zona siamo incapaci di parlare sinceramente.”
Le ragazze si voltarono verso la voce, e videro Ranma sulla soglia della porta che le osservava.
“Io... credo andrò a cercare Mousse. Voi due dovete parlare.” disse Shan-Pu, e si defilò alla velocità della luce.
Akane guardò il fidanzato negli occhi, terrorizzata.
Non vi vedeva più la rabbia e il rancore che contenevano solo un paio d’ore prima, ma i sensi di colpa la stavano divorando viva.
“Ranma, io...”
“Akane ti prego... lascia che parli per primo.”
"Ok ok, hai campo libero. Prego" fece lei con un gesto teatrale, quasi a concedergli lo spazio sul palcoscenico.
Sperò che questa pantomima mascherasse la tensione.
"Akane... ho sbagliato. E hai sbagliato. Non nego di aver esagerato con la reazione, e anch'io devo ringraziare una persona che viene dall'altro lato del mare del Giappone per avermene fatto rendere conto, ma resta che potevi evitarti di farmi pesare come un macigno la mia maledizione, i primi tempi che ho vissuto qui. Detto questo, che era giusto per mettere i puntini sulle i, voglio chiederti una cosa: smettiamola di farci vicendevolmente del male. Il passato è quello che è e ormai certe cose non si possono più correggere. Accettiamolo e guardiamo avanti. Alcune ferite, alcune brutte parole, alcune situazioni spiacevoli... fanno ormai parte di noi e di come siamo fatti. E non possiamo cancellarle con un colpo di spugna. Io so solo che non voglio più stare così come sono stato oggi. Ero fuori di me e per un attimo, per fortuna durato lo spazio di un secondo, ho quasi pensato di... di farla finita fra di noi".
La pausa drammatica nel discorso di lui le diede il tempo necessario per galoppare con la fantasia macabra. Questo non fece altro che accentuarle il senso di colpa per quanto aveva detto e fatto.
"Poi sono rinsavito. Sono tornato in me. Ho accantonato quello stupidissimo proposito e, grazie ai saggi consigli di un certo papero e di una cara cuoca, ho visto le cose per quel che sono e non per quel che erano. Ho sbagliato a tirar fuori quella cosa dopo tutto questo tempo. Cancelliamola. Non è mai successa. Nascondere la verità sotto il tappeto è brutto, ma a volte necessario. Ti chiedo solo una cosa, d'ora in avanti".
"S-Sarebbe?".
"Facciamo del nostro meglio per evitare che si ripresentino momenti come quello vissuto oggi. Cerchiamo di non rinfacciarci nulla e, se c'è qualche problema, affrontiamolo al momento invece di seppellirlo e tenerlo da parte per sfoderarlo come asso pigliatutto durante un litigio. Non ci fa bene comportarci in questo modo dissennato. Io voglio solo amarti, non trovarmi a contare gli sgarbi che ci siamo fatti a vicenda. È triste. È ingiusto. È sbagliato".
Quell’ultima frase fece crollare la finta compostezza che aveva esibito solo per riuscire a parlare con Ranma senza singhiozzare. Senza neanche ragionarci si gettò tra le braccia del ragazzo, nascondendo il viso contro il suo petto.
“Mi dispiace, mi dispiace! Se... se solo me l’avessi detto io...” sussurrò tra le lacrime, mentre sentiva le braccia di Ranma stringerla ancora di più a sé.
“Va tutto bene, ormai è passata” le sussurrò all’orecchio “avrei dovuto parlarne prima. Ormai è tutto finito, non pensarci più.”
Akane annuì, tirando su col naso. Poi sollevò lo sguardo.
“Promettimi solo di non dirlo più.”
“Che cosa?”
“Che... che mi avresti lasciata...”
Ranma la osservò per un attimo, intenerito, e ridendo poggiò il mento sulla testa di Akane.
“Ma dove vuoi che vada, che uno che ti sopporta non lo trovi ad ogni angolo di strada...”
Akanè ringhiò, ma venne zittita prontamente dal fidanzato.
“...e soprattutto dove la trovo io, una donna che sopporta un rompiscatole come me?”
Akane sorrise finalmente e, assicurandosi che non ci fosse nessuno in giro, si alzò in punta di piedi e stampò un bacio sulle labbra di Ranma - che preso in contropiede arrossì come un peperone. Ma apprezzò, parecchio.
 
“Oooh, finalmente!”
“Shan-Pu, vuoi smetterla di spiarli?”
La cinesina si voltò verso Mousse, che era impegnato a divorare una delle patate dolci rimaste dal pomeriggio - augurandosi che decidessero di cuocerne altre, che quella era ormai fredda.
“Volevo solo vedere fino a che punto avevi ragione” borbottò Shan-Pu, avvicinandosi al ragazzo “e capire il senso del tuo consiglio.”
“Quale, il dover chiedere scusa ad Akane? Quello dovevi farlo a prescindere” rispose lui, pacato “...e comunque, io ho sempre ragione.”
Mousse sorrise, e Shan-Pu sbuffò. Detestava avere torto, e soprattutto detestava che Mousse glielo facesse notare.
“Scusate voi due, noi il mandarino non lo capiamo” si intromise Ukyo, osservando i due ragazzi parlottare in lingua natia. Ryoga li guardava con uno sguardo altrettanto stralunato di chi non ha capito niente.
“Oh perdono, stavo solo facendo notare a Shan-Pu che io avevo ancora una volta ragione.”
Ukyo sorrise e annuì.
“Dovrebbero proprio farci delle statuette votive, non trovi?”
“O un altare, anche.”
“O un tempio, perché no?”
“Perché non farvi beatificare direttamente e raggiungere i kami nell’alto dei cieli?” disse Ryoga, tanto per interrompere quell’emanazione di boria tra la sua fiamma-o-presunta-tale e il cinese.
“Suvvia Ryoga, dopo oggi ce lo meritiamo proprio” sorrise la cuoca “abbiamo fatto un lavoro enorme per tirarvi fuori da questo dramma. E non è mica una cosa da poco, con voi!”
“Esatto” aggiunse Mousse “due cervelli funzionanti su sei in proporzione sono pochi.”
“Mousse, sulla tua patata dolce ci vuoi mica del foie-gras?”
Ranma, insieme ad Akane, lo osservava dall’entrata della sala da pranzo. Il sorrisone che aveva stampato in faccia lasciava intendere che aveva decisamente fatto pace con Akane, e che l’ira se ne era andata lasciando il posto al suo solito senso dell’umorismo tutto personale.
Mousse stava per rispondergli quando si avvide di una mano all'altezza della sua faccia. Apparteneva ad Ukyo, che lo guardava come a dirgli "e allora, 'sto cinque me lo dai o no?".
Il fatto è che a Joketsuzoku non sono abituati a darsi il cinque. Società guerriera, vent'anni di scuola obbligatoria, tanta formalità. Pertanto la sua reazione fu di sincera confusione di fronte a quel semplice gesto.
Ranma, che aveva recuperato completamente il buon umore dopo la riappacificazione con la sua bella, non mancò di approfittarne: gli afferrò la mano e gliela alzò facendogliela sbattere contro quella di Ukyo. La quale, pur contenta di aver avuto il suo piccolo premio, rimproverò Ranchan per averlo dovuto imboccare come se fosse un bambino piccolo.
"Oh, che vuoi? Aveva la faccia di uno che ha visto un alieno verdognolo. Gli serviva una mano, è proprio il caso di dirlo".
"Sigh" rispose lei "quasi quasi ti preferivo cupo e arrabbiato. Il tuo umorismo è sempre di bassissima lega".
"Io so combattere, non far ridere la gente".
"E meno male. Se ne avessi fatto un mestiere saresti all'angolo della strada a chiedere la carità".
E tutti i presenti, vittima della battuta esclusa, presero a ridere.
Era bello stare insieme in maniera spensierata, specialmente dopo aver ricucito uno strappo così profondo che aveva segnato le loro vite per tanto tempo.
Un altro dei segreti di Nerima era emerso, come un tesoro dalla stiva di una nave pirata. Aveva portato baruffe, urla e incomprensioni ma anche gioia, allegria e momenti di tenerezza.
Sarebbe stato a quei sei giovinastri cercare di fare in modo che il futuro non riservasse altre brutte sorprese.


***
(1) Successo in Secret of the Heart Split in Two.
(2) Successo in Two-Part Secret Heart.



***
Prima storia di questa raccolta legata a Secretception, come annunciato all'inizio legata principalmente a missing moments sulle varie coppiette: tutto quello che avreste voluto vedere ma che Kaos e Mana non sono riusciti ad inserire!
Dato che sarò io (Mana) ad occuparmi di postare la raccolta, troverete note d'autore con chiarimenti vari (se la storia è legata a un pezzo specifico della saga, se è stata scritta a quattro mani o da uno dei due, ecc), e soprattutto niente titoli "sbarazzini" alla Kaos: stavolta decido io :D (La mia vita fa schifo. NdKaos)
Il titolo della raccolta viene dalla OST di Ranma, mentre il titolo della shot e la citazione iniziale provengono da Someone to Blame degli Entwine.
Spero sia stata una lettura piacevole, alla prossima!

Kaos & Mana

   
 
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