Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: Aletheia229    21/02/2013    2 recensioni
SEQUEL DI ALL TOO WELL
SPOILER DALLA SECONDA STAGIONE
--------------------------------------------
Chi non ha mai letto una favola? Nessuno. Quando il viaggio a Storybrooke è iniziato abbiamo scoperto nuove sfacettature di storie a noi già note. Ma il libro non ne racconta una.
La Regina Cattiva è colma di odio per Biancaneve. Ormai sappiamo che non ha nulla da fare con la loro bellezza. Ma un motivo ancora più profondo è rimasto nascosto. Fino ad ora.
Katherine è tornata a casa, strappata via da Killian. Ma la ragazza arriva a Storybrooke pochi giorni prima del pirata. Ed è in quel momento che l'ultima storia viene svelata.
Vecchi segreti verranno alla luce, mescolando tutte le carte in tavola, creando alleanze e contrasti che sembravano impensabili e i due innamorati dovranno affrontare un nuovo ostacolo: il loro passato.
Ma loro non sono gli unici protagonisti di questa storia. Più destini s'intreccerano tra loro e nulla sarà più come prima.
Perché finalmente anche loro potevano avere il loro lieto fine, essere felici e tutto grazie agli errori da loro commessi: la promessa non mantenuta di lui e il sortilegio di lei.
------------------
Nulla che tu possa dire o fare cambierà ciò che provo per te
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'The Story Of Us'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Haunted (parte II)

C'mon, c'mon don't leave me like this 

I thought I had you figured out

Something's gone terribly wrong

You're all I wanted

C'mon, c'mon don't leave like this

I thought I had you figured out

Can't breath whenever you're gone

Can't turn back now

I'm haunted

(Haunted – Taylor Swift)


Neverland, trenta tre anni prima



<< Lo sai che Wendy ha tutta l’intenzione di venire con noi, vero? >>

Killian non si disturbò neanche a sollevare lo sguardo dalle carte. Sapeva a chi apparteneva quella voce: Jack, il suo secondo in comando; il suo migliore amico, secondo il medesimo, mentre per lui era una spina nel fianco peggio di Wendy, che però stava ben attento a non togliere.

I due erano cresciuti insieme e quando Killian, ormai pirata, era tornato a casa Jack non aveva esitato un attimo ad imbarcarsi con lui. Era l’unico che riuscisse a leggergli dentro e probabilmente lo conosceva meglio di chiunque, anche di se stesso.

<< Può pensare e fare quello che vuole, tanto non lascerà la nave >>.

<< Perché no? Potrebbe tornarci utile. È intelligente, astuta e con grandi rilessi… >> cercò di convincerlo.

<< Perché così ho deciso e la mia parola è legge a bordo di questa nave, chiaro? >> rispose autorevolmente.

Jack si limitò ad osservarlo con sguardo critico, come se stesse decidendo se dichiararlo danneggiato o irrecuperabile. Probabilmente la seconda. Se c’era qualcuno a cui il suo tono da capitano non faceva affetto quello era il moro. Poi c’era Wendy, ma ormai era scontato che lei si scontrasse su tutto con lui.

<< Sicuro di non aver sbattuto la testa da piccolo? Perché in tutta la mia vita non ho incontrato nessuno più testardo di te >>

Killian sospirò, avendo capito che ormai gli era impossibile leggere quelle dannate carte. Si rivolse verso l’amico cercando di mantenere un atteggiamento serio mentre un sorriso minacciava di comparire sul volto.

<< Io invece mi domando perché non ti abbia ancora gettato in mare >>

L’altro si limitò a scrollare le spalle << Semplice, perché sono il tuo migliore amico >>

Si guardarono, sfidando l’altro a gettare la spugna per primo, per poi scoppiare a ridere nello stesso momento.

Quando erano insieme non riuscivano mai a rimanere seri. Killian, per natura, adorava essere al centro dell’attenzione e fare lo sbruffone mentre Jack adorava prenderlo in giro. Ciò comportava situazioni esilaranti dove entrambi erano protagonisti.

<< Seriamente, lasciala respirare un po’. Se la vuoi davvero a bordo almeno considerala come un membro della ciurma. Oppure lasciala andare >> disse dopo aver ripreso fiato.

Killian lo guardò e capì di dover essere sincero. Perché lui l’aveva già capito. Aveva capito che non riusciva a considerarla come un sottoposto perché le era legato, molto più del dovuto, a tal punto da non volere che lei si mischiasse agli altri e per lo stesso motivo non poteva lasciarla andare

<< Non ci riesco >> ammise infine.

Jack lo colpì sulla spalla, facendogli segno di andare sul ponte. Lui annuì ed uscì dalla stanza, seguito dall’amico.

Sul ponte i suoi uomini si stavano preparando ad attraccare; chi si occupava delle vele, chi urlava direttive a destra e a manca, chi correva avanti ed indietro e chi stava affilando le spade. Poi c’era Wendy tranquillamente appoggiata al timone mentre guardava gli altri pirati. Si voltò nella sua direzione e gli rivolse uno sguardo di sfida: “Prova a fermarmi” dicevano i suoi occhi. Lui si rivolse a Jack che lo incoraggiò con un movimento del capo.

Killian sospirò e fece segno a Jack di dare l’ordine.

<< Gettate l’ancora! >>

In un attimo Wendy si materializzò davanti a loro. Il capitano la squadrò da capo a piedi: aveva messo da parte i completi succinti in favore di pantaloni e camicia, la spada era legata al suo fianco ed in testa indossava un cappello che, come gli aveva spiegato più volte, serviva affinché i capelli non s’impigliassero nei rami troppo bassi.

Appurato che il completo fosse adatto ad una scorazzata nella foresta, le diede il suo consenso, non senza richiami << Non ti allontanerai da me neanche di un millimetro, sono stato chiaro? >>

<< Non ho bisogno d’una balia >>

Il capitano lasciò cadere l’argomento e, portandosela dietro, scese dalla nave.

<< Uomini! Il nostro obbiettivo è l’oro. Ci sono molte leggende a riguardo, leggende il cui unico scopo è quello di tenere alla larga gli uomini; ma non importa quanto questa foresta sia insidiosa o che bestie dovremmo affrontare. Noi siamo i pirati più temuti dei sette mari. Per anni siamo stati messi alla prova ed ognuno di voi ha dimostrato di che tempra è fatto non una ma cento volte. E cento volte ancora! Non esistono uomini come noi in nessun mondo. I nostri nomi verranno scolpiti nella storia come coloro che hanno raggiunto i confini del mondo >> disse Killian, per incitare i suoi uomini.

I pirati lanciarono esclamazioni, sfoderando le loro spade e rivolgendole in alto.

Fece segno a Wendy, che durante il discorso era rimasta nelle retro vie, di raggiungerlo e poi incominciò a fare strada.

La foresta in cui si trovavano era davvero ritenuta essere ai confini del mondo: infatti si vociferava che quello fosse proprio il luogo attraverso cui i bambini dimenticati dai genitori arrivassero a Neverland. Era un portale tra l’isola, che a sua volta si collegava alle altre terre, e il mondo reale.

Le leggende narravano anche che ci fosse una caverna, nel cuore della foresta, in cui scorreva una cascata che formava un lago, al centro del quale c’era un isolotto. Lì c’era una montagna di monete d’oro alla cui cima era posto un forziere contenente il tesoro più prezioso d’ogni mondo.

Ma le leggende narravano anche d’una maledizione proveniente dal mondo reale. Si trattava infatti d’un tesoro atzeco, composto di 883 pezzi d’oro, consegnato a Cortèz per frenare il massacro delle popolazioni indigene. Ma l’avidità dell’uomo non aveva avuto freni così gli dei scagliarono un’orrenda maledizione. Ogni mortale che avrebbe sottratto anche solo uno dei pezzi dal forziere di pietra sarebbe stato punito per l’eternità: il bere non l’avrebbe dissetato, il cibo si sarebbe trasformato in cenere e la migliore compagnia del mondo non avrebbe appagato la sua lussuria. Quando poi la magia aveva abbandonato quel mondo il forziere era stato spostato nel luogo più vicino: Neverland.

Wendy la conosceva; infatti, come ogni cosa presente sull’isola, anche la maledizione era stata oggetto di libri. Ricordava ancora quando Richard glielo aveva regalato per il suo compleanno. Aveva letto ogni singola pagina più e più volte, arrivando ad imparare la storia a memoria. Perciò sapeva esattamente ciò a cui stavano andando incontro, a differenza di Hook, che sembrava non preoccuparsi della maledizione.

<< Non penso sia una buona idea >> cercò di farlo ragionare

<< E questo è l’esatto motivo per cui non volevo che tu venissi con noi >>

 Wendy lo superò di qualche passo per poi bloccarsi di fronte a lui, costringendolo a fermarsi.

<< Senti, dolcezza, non sarà di certo una stupida maledizione a fermarmi >> disse spazientito.

<< E se fosse vera? >>

<< è esattamente ciò che voglio >>

Quando lui e i suoi uomini erano arrivati a Neverland aveva subito appreso della maledizione e realizzato che era ciò che gli serviva per vendicarsi dell’Oscuro. Aveva trascorso molti anni in cerca della caverna, senza ottenere alcun risultato. Col tempo smise di cercarla così assiduamente, finché l’arrivo di Wendy non la tolse dai suoi pensieri. Ma un mese prima Campanellino era stata da lui, proponendogli un accordo: lui avrebbe dovuto lasciare in pace Peter e lei in cambio gli avrebbe indicato la strada per la caverna. Da quel giorno il pirata era diviso in due: una parte che desiderava proteggere la ragazza, l’altra che era ossessionata dalla maledizione.

Camminarono per circa mezzora; il capitano conduceva la fila con Jack e Wendy al suo fianco, seguito da Smee e gli altri. Nessuno parlava ma tutti i pirati continuavano a guardare prima il capitano e poi la ragazza.

Finalmente gli alberi incominciarono a farsi più radi ed arrivarono in prossimità della caverna.

<< Procuratevi delle torce >> ordinò.

Gli uomini si diedero subito da fare, staccando dei rami dagli alberi intorno a ai quali attorcigliarono pezzi di stoffa a cui diedero fuoco con dei fiammiferi. Smee porse una torcia al capitano che, passatola a Wendy e presala per mano, si addentrò nella caverna.

L’interno era un lungo corridoio stretto, le cui pareti di roccia erano umide a causa della presenza d’acqua.

Wendy non liberò la mano dalla presa del capitano ma la strinse maggiormente mentre cercava di calmarsi prendendo respiri profondi. Quella caverna non le piaceva e le piacque ancor meno quando giunsero alla fine del corridoio. Davanti a loro c’era un piccolo tratto di terra, dopo il quale l’acqua circondava un isolotto posto al centro. E senza dubbio davanti ai loro occhi si ereggeva una montagna di monete d’oro.

<< Smee, trova la barca >> ordinò.

Ma un forte vento giunse dalle loro spalle, spegnendo le torce. L’unica fonte di luce era l’apertura sopra le loro teste, dalla quale si poteva scorgere la luna. Erano in quella grotta da parecchie ore.

D’un tratto s’incominciò ad udire un leggero fruscio, come se qualcuno si stesse muovendo a cerchio intorno a loro. Wendy gettò la torcia a terra e sfoderò la spada, avvicinandosi ancora di più al capitano che le strinse la mano come per darle sicurezza.

Stava per lasciarla andare quando una voce interruppe il silenzio della caverna << Io sono la fame, io sono la sete. Se mordo qualcuno posso tenere la presa fino a morire,  e anche da morto dovranno strappare il boccone dal corpo del mio nemico e seppellirlo insieme a me. Posso resistere secoli senza mangiare, posso dormire notti e notti all’addiaccio e non congelarmi. E posso bere fiumi di sangue senza scoppiare. Preparatevi a morire! >> finì con un ruggito.

Dall’acqua emersero dei cadaveri che andavano verso di loro e tutti i pirati sfoderarono le loro spade. Tranne Hook. Il capitano invece aveva individuato la barca ed era deciso a raggiungere il centro della caverna. Non si preoccupò degli scheletri intorno a lui e le urla dei suoi uomini non riuscirono a fermarlo. Aveva occhi solo per il forziere.

Quando un cadere gli si avvicinò sfoderò la spada e gliela conficcò nel petto, inchiodandolo alla parete. 

Ormai era con un piede nell’imbarcazione quando Jack lo fece uscire dalla sua trance.

<< Killian! Wendy! >>

Fu come ricevere una secchiata d’acqua gelida. Il pirata si fermò all’istante e tornò a terra mentre con lo sguardo cercava la ragazza.

Incominciò a farsi strada tra i pirati e i cadaveri, senza curarsi di fermarsi ad aiutare i suoi compari. E poi la vide: aveva le spalle rivolte all’acqua, da cui stavano uscendo altri cadaveri e davanti a lei c’era una bestia nera, a metà tra lupo e uomo. Questa aveva le zanne spalancate verso Wendy che sferzò un colpo con la spada mirando alla testa. La bestia però catturò la lama e gliela strappò di mano facendola cadere a terra.

Fu un attimo: si udì uno squarcio seguito da un ululato e poi la bestia cadde.

Killian, aiutato da Jack e Smee, spostò l’animale da sopra la ragazza e le offrì la mano per aiutarla ad alzarsi mentre cercava di tenere l’uncino sporco di sangue il più possibile lontano da lei.

Wendy accettò l’aiuto ma una volta in piedi non esitò a lasciarselo alle spalle e a dirigersi verso l’uscita.

Gli disse solo quattro parole << Sei un idiota Jones! >>




Storybrooke, presente 



Katherine non era mai passata inosservata. In passato i lunghi capelli scuri, in contrasto con gli occhi azzurri, avevano attirato su di sé l’attenzione di ragazzi e l’invidia delle ragazze.

La sensazione di potere l’aveva sempre fatta sentire bene, completa, protetta. Aveva sempre fatto tutto il necessario per tenere tra le mani i fili che controllavano tutto ciò che la circondava. Si era imprigionata da sola.

La sua vita non era stata perfetta ma lei aveva preferito non vedere: era andata avanti sui suoi passi senza guardarsi indietro. In un certo senso spesso si era sentita come se quella era persona che era sempre stata destinata ad essere.

Ma poi la vera lei aveva preso forma nell’istante in cui aveva messo piede a Neverland. Niente più maschere, niente più bugie, niente più sotterfugi…era stata semplicemente se stessa.

Lei non era stata colpita dal sortilegio oscuro ma si sentiva esattamente come tutti gli abitanti della cittadina: da una parte c’era Katherine, la stronza senza cuore il cui unico desiderio era poter lasciarsi andare; dall’altra Wendy, la ragazza innamorata a cui non importava che difficoltà le proponesse la vita finché fosse stata al fianco del suo capitano.

Dal suo risveglio Wendy “aveva preso il controllo”: non era più riuscita a tornare la vecchia lei, ma in quel momento stava vacillando.

La conversazione con Jack l’aveva lasciata destabilizzata: era già distrutta e le sue parole non aveva fatto altro che confonderla ancora di più. Era fortemente tentata di abbandonare tutto, innalzare ancora una volta i muri intorno a lei e tornare ad indossare la maschera di sempre. Tuttavia c’era il pensiero di Killian che non le permetteva di farlo.

Chi l’avrebbe vista in quel momento, camminare a passo spedito per la via principale con la testa bassa, avrebbe capito all’istante che qualcosa non andava.

Tutto quello che voleva era arrivare alla biblioteca per poi cercare conforto tra i suoi amati libri. I libri non l’avevano mai delusa, a differenza delle persone: forse proprio tra quelle pagine c’era la soluzione a tutti i suoi problemi. Forse potevano dirle chi era davvero e cosa doveva fare.

Dire che giunta all’edificio aveva spalancato la porta era un errore. Si era letteralmente gettata all’interno, chiudendosi la porta alle spalle.

Subito chiuse gli occhi, cercando di darsi un contegno. Piano scivolò lungo al muro mentre l’ansia e la disperazione prendevano il sopravvento su di lei.

Non ebbe molto tempo per auto-commiserarsi poiché quasi all’istante due braccia forti si strinsero intorno a lei. Non aveva bisogno di aprire gli occhi per sapere chi fosse, le era fin troppo chiaro. Profumava come la brezza marina, mista alla menta: un odore che non aveva e mai avrebbe dimenticato.

Non era la prima volta che Killian la consolava, tenendola stretta e sussurrandole parole sconnesse solo per darle conforto con la sua voce, ma in quel momento Katherine non voleva essere consolata. Voleva sfogarsi, liberarsi di tutto ciò che l’aveva soffocata negli ultimi mesi. Ma non aveva le forze per cacciarlo e, anche se la sua presenza la costringeva a contenersi, doveva ammettere che le faceva bene, la faceva sentire a casa.

Nessuno dei due seppe per quanto tempo rimasero in quella posizione. Katherine era troppo presa dal turbino di emozioni che le occupava il petto mentre Killian aveva lo sguardo fisso in un punto indefinito sul muro mentre con la mano le accarezzava i capelli e ascoltava i loro cuori battere insieme.

Fu Katherine a spezzare la magia del momento. Aperti gli occhi ruppe l’abbraccio e si alzò senza degnarlo di uno sguardo. Killian tuttavia non si mosse, aspettando una qualsiasi reazione da parte di lei.

<< Vattene >> la voce era roca.

Il pirata non si scompose minimamente, prendendo il suo tempo nell’alzarsi.

<< Vattene >> ripeté un po’ più forte

<< Non ho passato trent’anni col il pensiero del tuo corpo freddo ed immobile a tormentarmi, temendo di averti perduta per sempre per poi sentirmi dire di andarmene >>

<< Che cosa vuoi che ti dica? >> chiese alzando di scatto la testa con la rabbia evidente nella voce. Poi continuò con un tono più basso << Aspetta, farmi riprovare >>.

Abbassò di nuovo il volto e quando ripose lo sguardo sul pirata aveva uno dei sorrisi più falsi che si fossero mai visti << Killian! Non hai minima idea di quanto mi faccio piacere ritrovarti qui, intento a dare la caccia al tuo coccodrillo per vendicare la morte del tuo vero amore >> pronunciò queste due parole con disgusto << mentre io ho trascorso gli ultimi otto mesi nella più completa disperazione per averti perduto ed ho lasciato la mia famiglia alle spalle nella speranza di ritrovarti >>

Il sorriso si spense e gli occhi s’inumidirono di lacrime << Meglio? >> chiese sarcastica.

Il pirata non si mosse né parlo. Si limitò a guardarla combattere contro se stessa per non crollare. Non che non avesse parole da rivolgerle o che non stesse morendo dalla voglia di stringerla di nuovo. Semplicemente la conosceva, forse meglio di chiunque altro e gli era chiaro che fosse sul punto di esplodere.

Nessuno era capace di contenere tutto dentro di sé e lei era diventata una bomba ad orologeria.

Voleva parlarle, chiarire come stavano davvero le cose, ma sapeva che finché non si fosse sfogata non l’avrebbe ascoltato.

Era pronto a ricevere tutti gli insulti che voleva rivolgergli, tutto il dolore che voleva infliggergli, consapevole che poi sarebbe spettato a lui rimettere i pezzi insieme e farla tornare la ragazza sorridente di cui si era innamorato.

E non gli importava, per niente. Era un pirata, senza dubbio, ma il suo stato sociale non gli impediva di amare, di prendersi cura di qualcuno al di fuori di se stesso.

<< è sempre stata lei. Sarà sempre lei >> lei incominciò a dire abbassando lo sguardo << è per lei che sei venuto a Storybrooke. È per lei che hai quasi ucciso Belle. Quasi ucciso me >> 

E finalmente si lasciò andare. Le lacrime incominciarono a bagnarle le guance e i singhiozzi a scuoterle il corpo. Killian non perse tempo e la attirò di nuovo a sé mentre Katherine si svuotava di tutto ciò che aveva minacciato di distruggerla.

<< Sono qui. Sono qui con te. Non ti lascerò andare >>

Ricordava ancora l’incidente delle sirene: l’ennesima volta in cui la sua distrazione avrebbe potuto costarle la vita. Ricordava come, tornati sulla Jolly Roger, fosse stata lei a consolare lui. Non aveva potuto scacciare dalla sua mente la sua immagine mentre veniva trascinata sott’acqua così lei aveva deciso di dargli qualcos’altro a cui pensare. E così avrebbe fatto ora lui.

<< Mi hai sempre accusato di non fidarmi abbastanza di te, di non essere mai stato completamente sincero. Penso sia giunto il momento di farti cambiare quest’idea >> si fermò un attimo per vedere se Katherine avrebbe reagito in qualche modo. 

Lei si strinse di più contro di lui, dandogli così il suo consenso a continuare. Lui aumentò la stretta e riprese << Non sono sempre stato un pirata, sai? >>

<< Ma davvero? E chi l’avrebbe mai detto >> scherzò alzando lo sguardo verso di lui, con un lieve sorriso sulle labbra.

Si allontanò di poco da lui, solamente la distanza necessaria affinché potesse asciugarsi le lacrime.

<< Non voglio costringerti a raccontarmi il tuo passato. So che… >> disse ma venne interrotta dal pirata.

<< No, non lo sai. Il passato è passato e nulla può cambiarlo. L’ho imparato troppo tardi. Ciò che voglio è lasciarci alle spalle questa parentesi e non potremo mai farlo se ci saranno ancora della barriere tra di noi >>

Katherine resse il suo sguardo, cercando qualche briciola d’indecisione o rimpianto o qualsiasi altra cosa che avrebbe potuto convincerla del fatto che lui non fosse sincero. Invece c’era solo determinazione e sapeva che poi non avrebbe potuto tirarsi indietro. Erano ad un punto di non ritorno: potevano solo andare avanti, abbattendo tutti i muri, oppure andare per strade diverse.

Aveva la netta sensazione che entrambi sapessero che la decisione era sempre stata una sola.

Ritornò a sedersi sul pavimento, facendo segno a Killian di sedersi di fianco a lei. Lui la guardò con un sopracciglio alzato ma fece come richiesto.

<< Tanto vale metterci comodi! >> spiegò << Allora. Rincomincia. C’era una volta… >>  

<< Evita >> disse lanciandole un’occhiataccia che ebbe come unico risultato il farla ridere. Si mise poi a fissare dinanzi a lui, cercando di rimettere insieme i pensieri. Katherine gli prese la mano e gliela strinse.

<< La mia famiglia e dio non eravamo dei reali e neppure dei nobili. Mio padre era un mercante che commerciava spezie e tessuti mentre mia madre faceva da insegnante ai bambini del villaggio. Il lavoro di mio padre ci permetteva di vivere bene, tutto sommato eravamo una delle famiglie più benestanti. Non avevo mai avuto preoccupazioni, la mia era stata un’infanzia felice. Pensa che spesso fingevo di essere un pirata >> disse lasciandosi sfuggire una risata amara, seguita da una un po’ più sincera da parte della ragazza.

<< Anche crescendo ho condotto una vita tranquilla. Trascorrevo le mie giornate aiutando mia madre con i bambini, imparando a maneggiare la spada, a cavalcare e cose del genere. Non avevo neanche la preoccupazione di trovare una moglie. I miei genitori non avevano una mentalità chiusa, anzi, mi avrebbero permesso di sposarmi solo per amore. Sono sicuro che ti avrebbero adorato >> disse spostando lo sguardo su di lei e stringendole la mano.

Katherine si morse il labbro, un po’ per l’emozione e un po’ perché non sapeva cosa dire. Non riusciva ad immaginare come fosse stato possibile per lui passare da una vita del genere a quella di un pirata.

<< Ovviamente la vita felice ha subito una brusca interruzione oppure non sarei qui con un uncino al posto della mano. Un anno le navi di mio padre che portavano il carico arrivante da Agrabah furono attaccate dai pirati. L’inverno precedente era stato particolarmente rigido e, avendo speso tutti i guadagni dell’anno, avevamo chiesto alcuni prestiti rassicurando che avremmo pagato con l’arrivo delle navi. Non potendo ripagare loro si preoccuparono da soli di riprendersi ciò che gli spettava. Un giorno tornai a casa e trovai mio padre steso nel vialetto, con il volto in una pozzanghera e la gola sgozzata. Mia madre morì qualche giorno dopo per il dolore. Allora decisi d’imbarcarmi su una nave che era appena giunta in porto, con lo scopo di vendicare la morte della mia famiglia. Da quella prima nave mercantile passai da un vascello all’altro finché non arrivai a bordo della nave di Barbanera. È stato lui ad insegnarmi tutto ciò che so sulla vita di un pirata. Alla fine l’allievo batté il maestro e diventai a mia volta il capitano della mia nave. Il resto è storia e poi sei arrivata tu >>.

Katherine era senza parole. Spesso si era ritrovata a fantasticare sul Killian pre-pirata ma mai avrebbe immaginato ciò. Ora capiva perché non aveva mai condiviso la sua storia con lei: era troppo doloroso.

Killian era molto orgoglioso e testardo ed uno dei suoi peggior difetti era il fatto di non riuscire a lasciarsi il passato alle spalle, la sua voglia di vendetta ne era una prova. E certamente dover ripensare a quella vita felice che poi gli era stata strappata per poi risvegliarsi ed accorgersi di essere un pirata con un uncino al posto della mano sinistra era più di quanto potesse sopportare.

<< Mi dispiace >>

<< Il passato è passato. Ora è arrivato il momento di lasciarcelo alle spalle e di ricominciare >> disse alzandosi. Le porse la mano come chiaro invito ad intraprendere quella nuova fase della sua vita con lui.

Lei non esitò ad intrecciare le loro dita. Come una volta.



Neverland, trentadue anni prima



Quella sera la taverna era affollata. Mercanti che conducevano i loro loschi affari, contadini che si distraevano dopo una pesante giornata di lavoro, uomini che si davano da fare con le prostitute mentre le loro mogli li attendevano a casa e ubriachi che intrattenevano gli altri con le loro idiozie.

Poi, seduto in un angolo con al suo fianco Jack, c’era Hook.

Il suo sguardo era diretto verso un gruppo di persone poco lontane dal punto in cui si trovava. I membri della sua ciurma erano raccolti intorno aWendy che, seduta sul tavolo, era presa dal racconto di una delle sue storie.

Sorrideva e con le mani faceva ampi gesti per dare enfasi al racconto e di tanto in tanto spostava una ciocca ribelle dietro l’orecchio.

Il pirata non poteva fare a meno di osservarla, di analizzarla in ogni singolo dettaglio.

Ormai erano lontani i tempi in cui mentiva a se stesso sostenendo che fosse una seccatura. Era fin troppo consapevole del fatto che lei fosse la padrona del suo cuore. Non riusciva ancora ad ammetterlo ma lo sapeva.

Lo aveva capito quella sera di qualche mese prima, mentre avevamo ballato al chiaro di luna. Quando l’aveva stretta tra le sue braccia gli era stato immediatamente chiaro che sarebbe dovuto essere sempre così. E quando si erano dati la buonanotte aveva giurato a se stesso che lei sarebbe stata sua.

Tuttavia la mattina dopo si era comportato come se nulla fosse accaduto, come se non avesse trascorso la notte sognandola. Aveva continuato a ripetersi che non era nulla se non una sensazione sgradevole.

Ma man mano che i giorni si erano susseguiti si era reso conto che stava combattendo una battaglia già persa in partenza.

C’era solo un piccolissimo dettaglio irrilevante: aveva paura. Aveva l’assoluto terrore di lasciarsi andare di nuovo e di rimanere ferito di nuovo. Non sapeva se sarebbe riuscito a sopravvivere se l’avesse persa. Gli bastava averla a bordo della sua nave, vederla sorridere e scherzare con lei. Gli doveva bastare. Perché nonostante si trovasse a Neverland ormai da decenni continuava a sentire la presenza dell’Oscuro e l’ultima cosa che desiderava era mettere in pericolo la sua Wendy.

Per questo motivo era seduto in un angolo lontano da lei, perché sapeva che se le si fosse avvicinato l’avrebbe monopolizzata e sarebbe stato chiaro a tutti che nutriva dei sentimenti profondi per lei che tuttavia cercava di soffocare.

Non poteva permettersi di avere una debolezza, doveva essere sempre vigile. Solo così sarebbe riuscito a proteggerla. E se si fosse lasciato coinvolgere troppo il suo giudizio sarebbe stato offuscato e non poteva lasciare che ciò accadesse.

Quando l’ennesima ragazza che aveva tentato di sedurre il capitano se ne era andata senza essere degnata di uno sguardo (troppo preso da una certa narratrice di storie) Jack decise di rompere il silenzio che aveva dominato la serata.

<< Ti sei deciso ad essere finalmente sincero con me? >>

Era giunto il tempo di gettare la maschera, non poteva più andare avanti così e ne era ben a conoscenza. Doveva prendere una decisione definitiva: dimenticarla o dichiararsi. La scelta era sempre stata una sola, fin dal primo istante in cui Wendy aveva messo piede sulla sua nave.

<< Anche a te erano giunte le voci sul suo conto. Si mormorava che fosse affascinante, intelligente, colta, gentile…al pari di una principessa. Ma nulla mi ha preparato alla sua bellezza. Una bellezza che viene dall’interno >> ammise, senza staccare gli occhi dalla figura della ragazza che si accingeva a terminare il suo racconto.

<< Ne sei innamorato? >> gli chiese Jack senza giri di parole, sapendone l’inutilità

<< Sì >>

<< Allora non lasciartela scappare >>



Storybrooke, presente



Erano nelle vicinanze del porto quando Katherine si fermò all’improvviso. Killian si voltò verso di lei confuso. Era sicuro di aver chiarito tutto, che non ci fossero più problemi ma qualcosa la turbava ancora.

<< Wen… Katherine? >> chiese, correggendosi a metà

Lei aveva lo sguardo perso nel vuoto. Dopo qualche secondo sbatté le palpebre un paio di volte riportando il suo sguardo su Killian. Gli bastò un istante per capire che cosa l’affliggeva.

<< Ti amo >> disse prendendole la mano e baciandole il dorso.

Con uno solo sguardo gli era stata chiara l’insicurezza che provava nei riguardi dei suoi sentimenti. Probabilmente aveva paura che non potesse amare questo nuovo lato di lei.

<< Ti amo. Non m’importa del tuo nome o del colore dei tuoi capelli, che per informazione ti rendono simile ad un angelo >> disse strappandole un sorriso << e neppure se in questo mondo ti comporti in modo diverso. Io ho visto la vera te così come tu hai visto il vero me e questo mi basta. Nulla che tu possa dire o fare cambierà ciò che provo per te. Mettitelo bene in testa >>

<< Dimostramelo >> sussurrò

<< Mi trovi estremamente d’accordo. Abbiano trent’anni da recuperare ed ho tutta l’intenzione di passare i prossimi giorni rinchiusi nella mia cabina >>.

<< Non voglio più sentirti parlare di vendetta nei confronti di Rumple >> disse lentamente, scandendo ogni parola così che non gli fosse possibile non capire o capire male. Sosteneva il suo sguardo, sfidandolo come era stata solita fare a bordo della Jolly Roger.

E proprio a causa delle loro esperienze passate che Killian sapeva che non aveva altra scelta che accettare. L’idea che il coccodrillo vagasse a piede libero e che fosse ancora vivo, felice gli faceva ribollire il sangue ma la sola prospettiva di perdere la ragazza che amava era mille volte peggio.

A causa di quell’uomo aveva perso molto. Aveva amato Milah e per un determinato periodo di tempo si era convinto che lei fosse stata il suo vero amore. Poi era arrivata Katherine e si era reso conto che l’amore che aveva provato per Milah era nulla in confronto al misto di emozioni che gli metteva in subbuglio l’animo quando Katherine gli era accanto.

Ciò non voleva dire che l’avesse dimenticata o altro. Milah sarebbe rimasta per sempre una parte importante della sua vita e ne avrebbe conservato il ricordo in nome dell’amore che li aveva legati.

Ma aveva passato anni meditando vendetta e non avrebbe permesso all’Oscuro di stappargli la felicità ancora una volta. Un giorno quel che legava, per qualche strano motivo, Rumplestiltskin e Katherine si sarebbe spezzato ed allora lo avrebbe ucciso, vendicando così la morte di Milah.

Ma fino ad allora non gli avrebbe concesso nessun vantaggio, nessuna influenza su Katherine e sulla loro relazione.

<< D’accordo. Hai la mia parola >>

Katherine lo studiò per poi decidere che era sincero. Intrecciò di nuovo le loro dita e riprese a camminare in direzione della nave.

A bordo li attendevano tutti i membri della ciurma, ognuno con in mano una bottiglia di rum per festeggiare il ritrovamento del loro capitano e della sua compagna. Smee porse una bottiglia a Killian mentre Jack a Katherine.

<< Attendiamo ordini, capitano >> affermò il nostromo, seguito da esclamazioni e cenni di consenso.

<< Mio caro Smee, tu e gli altri avete ancora questa notte per ubriacarvi e divertirvi. Da domani si torna al lavoro >> disse alzando la bottiglia e bevendone un sorso abbondante e a lui si unirono i presenti.

Mentre i pirati incominciavano a festeggiare e a riprendere il contatto con il loro stato di contrabbandieri Killian preferì rimanere con Katherine che l’aveva osservato per tutto il tempo con un sorriso sulle labbra.

Le cinse la vita con un braccio e le sussurrò nell’orecchio << Bentornata a casa >>.







Nuovo capitolo!

Mi scuso per la settimana di ritardo ma purtroppo ho avuto alcuni impegni che mi hanno tenuto lontano dal computer. Lo stesso succederà la prossima settimana, perciò molto probabilmente l’aggiornamento salterà.

Oggi abbiamo scoperto il passato di Killian: devo dire che non mi piace come l’ho scritto ma spero che l’idea sia stata apprezzata.

Al contrario penso che i flashbacks siano le parti scritte meglio.

Nel capitolo sono presenti citazioni tratte da “Pirati dei carabi: la maledizione della prima luna”, “Harry Potter: il principe mezzosangue”, “Le cronache di Narnia: il principe Caspian” e “I Tudors”.

I prossimi capitoli vedranno i nostri protagonisti alle prese con le rivelazioni dei vari segreti quindi questo è un punto di non ritorno.

Fatemi sapere cosa ne pensate tramite le recensioni.

Mi scuso per eventuali errori

Un bacio, Aletheia

P.S.

Vi ricordo la mia pagina autore su Facebook http://www.facebook.com/pages/Aletheia-EFP/143277042497828

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Aletheia229