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Autore: Nikki Potter    04/03/2013    2 recensioni
"E' successo qualcosa, Sherlock".
Rimase zitto in attesa di altro. Perchè aveva un brutto presentimento? Centrava forse Moran?
"Non so come dirtelo, ma tanto se non lo faccio io presto lo saprai dai giornali..." Mycroft sospirò di nuovo. "Si tratta di John".
Non si rese nemmeno conto di aver trattenuto il respiro. Allora aveva ragione, era successo qualcosa a John...
"L'ispettore Lestrade mi ha appena chiamato dal S. Mary Hospital...John è morto, Sherlock"
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"Vogliamo che lei torni in Afghanistan a servire il suo paese, ovviamente sotto una falsa identità" rivelò Patterson.
"E se rifiutassi?" domandò per curiosità più che altro.
"Non credo che abbia molta scelta visto che tutti la credono morto" aggiunse Patterson.
Gli ci volle qualche secondo per comprendere appieno quelle parole prima di esplodere in un rabbioso "COSA?!"
Genere: Guerra, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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S&J2
2. I CRY FOR YOU

And this kind of pain, only time takes away
That's why it's harder to let you go
And nothing I can do, without thinking of you
That's why it's harder to let you go
But if there's a pill to help me forget,
God knows I haven't found it yet
But I'm dying to, God I'm trying to

Trying not to love you, only goes so far
Trying not to need you, is tearing me apart
Can't see the silver lining, from down here on the floor
And I just keep on trying, but I don't know what for
'Cause trying not to love you
Only makes me love you more
(Nickelback - Trying Not To Love You)

Fissò il suo nuovissimo passaporto. La foto l'aveva scattata solo mezz'ora prima, i capelli lunghi ora solo un paio di centimetri mettevano maggiormente in evidenza i suoi occhi azzurri che tanto erano piaciuti a Sherlock.

Osservò con orgoglio la scritta nero su bianco Holmes, come se in qualche modo fosse legato a lui.

Come se foste sposati, gli disse la sua voce interna che aveva lo stesso tono facilmente irritabile proprio del consulente investigativo.

Non aveva problemi a dire che aveva amato e amava Sherlock, ma allo stesso tempo non era nemmeno gay. L'unico uomo per cui aveva provato un'attrazione fisica che si era sempre ostinato a negare con ogni particella del suo corpo era Sherlock, solo lui e basta. Se ne era reso conto sempre di più in quei due anni di inferno, lui amava Sherlock e una parte di sè lo avrebbe sempre amato. Per questo era consapevole che non avrebbe mai potuto dimenticarlo, perchè lentamente come una droga era entrato dentro di lui, e non c'era più modo di farlo uscire.

Poi fissò l'altro nome, Harry...il diminutivo di Harriet, sua sorella, per ricordargli sempre chi era davvero e avere ancora un legame con la sua vecchia vita.

Non c'era nome più azzeccato.

Aveva visto dal Telegraph le immagini del suo funerale e gli dispiacque solo che in quel momento probabilmente sua sorella, Lestrade e Mrs Hudson stavano soffrendo per la sua presunta morte.

Ma ormai aveva deciso e non poteva più combiare idea.

Apprese anche dall'articolo di giornale che la sua tomba era stata posta proprio di fianco a quella di Sherlock, -perchè così avrebbero desiderato entrambi- aveva detto Mrs Hudson.

Ah, quella cara donna aveva proprio ragione.

Erano sempre stati loro due, Sherlock e John e John e Sherlock, punto e fine. Ed erano così anche da morti.

*

Era notte ed era riuscito a sgattaiolare fuori dall'enorme villa supersorvegliata di Mycroft. Si coprì meglio col cappotto e a passo sicuro entrò nel cimitero. Si guardò attorno con cura, ma non vide nessuno, e poi finalmente si fermò.

Davanti a lui una lapide identica alla sua, solo che su quella c'era scritto un nome diverso.

"John..." proruppe prima di inginocchiarsi a terra e appoggiare la fronte sul marmo freddo mentre le lacrime gli inondavano le guance e i singhiozzi uscivano dalla sua bocca senza che potesse bloccarli. Rimase lì per non seppe quanto tempo, era addirittura iniziato a piovere, ma non se ne curò.

John era morto, non riusciva a pensare ad altro.

Si rimise in piedi solo quando realizzò che la pioggia non lo bagnava più. Mycroft era dietro di lui, con un'espressione preoccupata e sofferente sul viso, e riparava entrambi col suo enorme ombrello nero.

Sentì la sua mano sulla spalla e forse per la prima volta sentì veramente Mycroft vicino e apprezzò sul serio che lui fosse lì e che non dicesse nulla di banale.

Tirò su col naso e quando si sentì pronto si allontanò da quella lapide, al suo fianco Mycroft che lo riparava dalla pioggia e che voleva impedirgli di spezzarsi.

*

L'aereo del governo britannico era appena atterrato nella base militare inglese a Lashkar Gah. Gli era stato detto che solo il capo del SIS (Secret Intelligence Service), ovvero John Sawers, e il capo dell'ISAF in carica sapevano la sua reale identità.

Per tutti gli altri lui era il Capitano John Holmes, medico militare.

La sua nuova vita cominciò non appena poggiò un piede sul suolo afghano, per lui carico di ricordi di quella che sembrava una vita fa.

"Capitano Holmes? La stavamo aspettando, sono il Generale Arthur Richards, il capo della sua base" si presentò subito un uomo sui cinquanta, capelli neri con qualche striatura grigia, mascella notevole e un paio di baffetti che gli davano ancora una maggiore aura di autorità.

"Generale" John fece subito il saluto militare.

"Riposo Holmes. Venga con me, le spiego in cosa consiste la sua presenza qui" rispose Richards camminando verso una struttura di un piano solo, il centro della base attorno a cui c'erano nemerose tende in cui presto anche lui avrebbe dormito assieme agli altri.

*

9 mesi dopo...

281. 281 giorni senza John. A volte gli sembrava veramente di impazzire.

La sua unica ragione di vita era diventata arrestare Moran e farlo a pezzi. Sapeva che Mycroft era preoccupato per lui, soprattutto su cosa avrebbe fatto una volta dopo aver arrestato quel bastardo, ma nemmeno lui ne aveva idea. Probabilmente si sarebbe fatto sopraffare dalla sofferenza e dall'apatia, perchè se adesso la sua mente lavorava febbrile per scovare l'assassino di John dopo sarebbe stata in sovraccarico di lui, del suo John, a cui pensava già comunque sempre.

Mycroft aprì la porta della sua stanza, il cappotto al braccio. "Sappiamo dov'è".

"Dove?" Sherlock balzò subito in piedi.

"Bucarest, ha intenzione di eliminare un esponente politico di alto spicco..." rispose Mycroft conciso.

"Andiamo a prenderlo" Sherlock lo seguì fuori, negli occhi solo furia omicida.

*

John fissava da diversi minuti il soffitto che consisteva nel tessuto impermeabile verde della tenda dove alloggiava da svariati mesi.

Aveva stretto amicizia con tutti quelli della sua squadra anche se l'unica persona a cui aveva parlato di Sherlock era solo il suo compagno di tenda, un ragazzo di appena 22 anni, decisamente simpatico e un hacker pazzesco. Sherlock l'avrebbe definito a dir poco geniale nel campo dell'informatica. Si chiamava Robert Paxton, e conosceva anche Mycroft Holmes che gli aveva offerto un paio di volte di lavorare con lui.

Era l'unico a cui aveva parlato di Sherlock, una sera di due mesi prima.

Questo perchè tutte le sere prima di addormentarsi fissava una foto con uno Sherlock col suo classico ghigno furbo che portava sempre con sè, nelle tasche della divisa.

E quella volta Robert gli aveva semplicemente chiesto chi fosse, e gli aveva semplicemento risposto "E' Sherlock".

John gli aveva raccontato a grandi linee chi era stato Sherlock per lui. Il suo migliore amico, il suo confidente e per un anno e mezzo il suo compagno di vita in mezzo a quel casino criminale a Londra.

Rob era convinto che Sherlock fosse il suo compagno, e John per la prima volta non aveva smentito la cosa. Considerava Sherlock come il compagno che aveva perso, e per una volta non trovò strano che qualcuno li definisse una coppia. In fondo lo erano sempre stati, solo che lui non aveva mai voluto vedere le cose come erano realmente.

Era quello il rimpianto più grande della sua vita.

Il lieve russare di Rob gli indicò che si era addormentato.

Facendo meno rumore possibile si alzò dalla sua brandina e uscì fuori nell'aria notturna di Lashkar Gah. Il campo era silenzioso rispetto alle ore diurne dove c'era sempre un gran viavai di soldati che ridevano e parlavano, o di feriti nell'ospedale da campo che urlavano per le ferite subite.

Il compito di John consisteva nel fare da chirurgo nell'ospedale e anche di andare in missione a sud, al confine col Pakistan e bloccare qualsiasi incursione da parte dei talebani.

Faceva sia da medico che da cecchino, Patterson aveva ragione quando diceva che aveva sul serio una buona mira. Questo gli aveva consentito di salvare uno della loro squadra, il soldato d'assalto appena 25enne Scott Robins e anche un soldato americano dai colpi dei talebani.

Nel giro di sei mesi era stato promosso al grado di maggiore e tutti al campo lo stimavano considerandolo un uomo dal forte carisma e di saldi principi morali.

Senza nemmeno accorgersene era arrivato quasi alla fine del loro campo, in cima a una collina arida dove l'erba era assente. Faceva fresco, ma non aveva freddo, nonostante non avesse portato con sè nessuna giacca.

Si sedette per terra e tirò fuori di nuovo la foto stropicciata e consunta di Sherlock e sorrise malinconico quando fissò quegli occhi color ghiaccio. Sentì una lacrima rigargli la guancia e con il dorso della mano la cancellò.

"Mi manchi Sherlock" mormorò prima di alzare lo sguardo verso il cielo stellato afghano.

Non sapeva che Sherlock, anche se due ore indietro rispetto a lui, stava facendo lo stessa cosa, guardava il cielo sopra Bucarest pensando a lui.

ANGOLO AUTRICE

Spero che questo capitolo vi sia paciuto.

Ringrazio soprattutto Yami Hihara, stella13 e carelesslove per aver recensito.

Un bacio

Nikki Potter

  
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