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Autore: JulesBerry    09/03/2013    2 recensioni
Seguito di "I have finally realised I need your love".
[Prevista revisione - e anche piuttosto urgente, Santo Merlino - dei capitoli già pubblicati.]
- Dal capitolo 26 -
«Ci sono sempre stati troppi cocci di me, sul pavimento. Potresti farti del male tentando di raccoglierli e rimetterli insieme» sfilò la mano dalla presa di Fred, percependola più allentata, e si alzò sotto il suo sguardo attonito. «Non sentirti in colpa se non ce la fai più. Non sentirti in colpa se decidi di aprire quella porta. Fosse possibile, sarei la prima a varcarne la soglia per allontanarmi un po’ da me.»
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Che l'amore è tutto, è tutto ciò che sappiamo dell'amore'
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Capitolo 3

 


 
 
Si crede di inseguire la felicità;
non si inseguono che le emozioni


 
I want her everywhere and if she's beside me
I know I need never care
But to love her is to need her everywhere
Knowing that love is to share

 
Le deboli onde del mare si infrangevano contro la riva in quella calda mattina dei primi di agosto, e una giovane donna era intenta a osservare con sguardo entusiasta l’avviarsi dei lavori di ristrutturazione di quella splendida Villa che si affacciava sulla spiaggia. Quella casa era capace di trasmetterle un senso di grandezza e di sicurezza, nonostante le sue condizioni non fossero propriamente delle migliori: agli occhi di Margaret, essa aveva già preso forma, tanto da poter essere immaginata in ogni piccolo particolare, in ogni singolo dettaglio che l’avrebbe caratterizzata e resa unica e speciale.
Lei e Fred avevano assunto una ditta edile magica che era stata consigliata loro da Vittoria, con la garanzia che avrebbe reso la casa pronta a rispondere alle loro esigenze entro gli inizi di giugno, un mese prima del loro matrimonio. I due ragazzi si erano accordati affinché, ogni mattina, si alternassero per recarsi sul posto e per monitorare i progressi, e così Margaret – quel primo giorno – si era offerta di andare nel Devonshire per dare le giuste indicazioni necessarie e soprattutto per applicare degli incantesimi di protezione, cosicché nessuno potesse correre alcun rischio.
«Le porgo i miei omaggi, signorina Stevens!» la salutò cordialmente il capo della ditta – un signore in età avanzata, alto e panciuto – mentre lei toglieva le scarpe per affondare i piedi nella tiepida sabbia riscaldata dai raggi del sole.
«Felice di vederla, signor Perkins! Come stanno i nipotini?» domandò Meg, gentile, sfoggiando un gran sorriso.
«Crescono velocemente, ahimè! Sarà meglio che vada in pensione prima che diventino troppo grandi!» rispose l’uomo, allegro, prima di togliersi il cappello e congedarsi con un mezzo inchino.

Margaret tornò a fissare la casa con occhi felici ed emozionati, percependo un leggero moto di gioia dentro di sé, e lasciò che la sua sempre attiva fantasia andasse al galoppo: cercò di immaginare quale sensazione avrebbe provato non appena i lavori fossero stati ultimati, o una volta che avesse messo piede in quella dimora, il giorno delle sue nozze; pensò come avrebbe potuto essere fantastico passare il Natale in quel salone, davanti al camino, abbracciata al suo futuro marito, o a quanto splendidi sarebbero stati i compleanni dei suoi ipotetici figli festeggiati lì, in riva al mare, mentre lei faceva svolazzare un’enorme torta verso un tavolo addobbato e Fred insegnava ai bambini come soffiare le candeline.
E poi, improvvisamente, immaginò la sua stessa figura avvolta in un abito bianco camminare lentamente su un tappeto rosso – nettamente in contrasto con la sabbia fina e quasi bianca – e dirigersi, stringendo il braccio di suo padre, verso uno splendido arco completamente ornato da orchidee e rose rosse e bianche; arco sotto il quale si sarebbe trovato lui, Fred, l’uomo della sua vita, che la aspettava ansioso e con il piede tremante. Immaginò gli invitati tutti attorno a loro e la festa che cominciava, i tavoli adornati, la pista da ballo, la torta nuziale, i discorsi dei testimoni.
Visto così, era tutto dannatamente splendido, quasi surreale e impossibile da realizzarsi.

Presto, Margaret percepì due mani posarsi sui suoi fianchi e delle soffici labbra indugiare sul suo collo, provocandole dei piacevoli brividi lungo la schiena, mentre un profumo che conosceva tremendamente bene le invadeva i polmoni.
Girò lentamente il viso e fece incrociare i suoi occhi con quelli di Fred, permettendo al verde di fondersi con l’azzurro e annegando in tanta limpidezza. Gli rivolse uno dei suoi migliori sorrisi, quello che dedicava solo ed esclusivamente a lui, e lo baciò con dolcezza e trasporto.
«A cosa pensavi?» le sussurrò lui sulle labbra, curioso, senza mai perdere il contatto visivo.
«A quanto potrebbe essere bello questo posto, per il matrimonio» confessò lei, non rinunciando a sfoggiare quel suo sorriso contagioso. Fred, d’altra parte, mise su un’espressione decisamente sorpresa.
«Non ci avevo riflettuto, sai? Potrebbe essere un’ottima idea, in effetti!»
«La sabbia, il profumo del mare, l’atmosfera così leggera» commentò nuovamente Meg, sognante, al che il ragazzo iniziò a fissarla con fare divertito.
«Non accetterai un rifiuto, non è così?» le domandò, quindi, sfiorandole il viso per riportarla alla realtà. Lei gli rivolse uno sguardo complice e gli si avvicinò di nuovo, accarezzandogli i capelli.
«Il mio piccolo Zuccotto di Zucca perspicace» gli sussurrò con una dolcezza tutta particolare, prima di baciare avidamente le sue labbra. Si separarono solo quando la richiesta di ossigeno da parte dei loro polmoni sembrò esigere una risposta, ma non riuscirono a dirigere altrove i loro occhi, che si cercavano gli uni con gli altri e si attiravano come avrebbero fatto due calamite.
«Sai che giorno è oggi, giusto?» le domandò Fred, dandole un pizzicotto affettuoso sulla guancia.
«Il 7 agosto, no?» fece di rimando Margaret, al che il suo ragazzo inarcò le sopracciglia.
«Sì, ma cos’è successo in questo stesso giorno, l’anno scorso?» disse lui con tono inquisitorio, portando la giovane a una dettagliata riflessione silenziosa. Dopo qualche istante, finalmente, questa parve illuminarsi.
«Il giorno del mio ritorno in Gran Bretagna! Come ho fatto a non pensarci?» esclamò lei, d’altra parte incredula che lui si fosse realmente ricordato di un particolare simile.
«Cinquanta punti a Grifondoro, Stevens» bisbigliò Fred, riavvicinandosi alle labbra di Margaret per perdervisi nuovamente.
«Cento punti per il modo divino in cui baci, Weasley
«Centocinquanta punti se stasera mi concedi un appuntamento!»
«Duecento punti: accetto
«Allora passerò a prenderla alle sette, signorina.»
 

***
 
Margaret stava salendo su per le scale che conducevano all’ingresso del loro piccolo appartamento, e poche volte come allora aveva sentito il bisogno di distendersi sul divano e non far niente per un’ora o due, se non leggere un libro o seguire il flusso incessante dei suoi pensieri.
Di per sé, la giornata non era stata delle più dure, ma il caldo di quella mattina e i rumori incessanti degli incantesimi di ristrutturazione non avevano fatto altro che contribuire a spossarla, mentre la sua testa implorava un po’ di sano e salvifico silenzio.
Convinta di poter godere di qualche momento di solitudine, si affrettò a raggiungere la porta e a girare la maniglia, impaziente di crogiolarsi nella splendida arte dell’ozio. Proprio per questa ragione, una volta varcata la soglia, non poté non dirsi sorpresa di constatare che ad attenderla vi fosse già una persona, e che quest’ultima altri non fosse che sua madre, apparentemente parecchio interessata al colore del tendaggio. Non appena Gloria la vide, d’altro canto, le andrò incontro e la avvolse in un abbraccio, fingendo di non aver fatto caso alla sua espressione confusa.
«Mamma, non me l’aspettavo! Come mai qui?» chiese la ragazza, una volta liberatasi dalla stretta, palesemente stranita a causa di quella situazione notevolmente anomala: non era mai successo che sua madre non avvisasse prima di fare visita a casa di qualcuno.  
«Non posso venire a trovare la mia bellissima figlia? Amore, come stai?» fece quest’ultima di rimando, prendendo una bottiglia di Idromele dalla credenza. Dopo che ebbe riempito due bicchieri, ne porse uno alla figlia, che si sedette.
«Piuttosto bene, ce la caviamo. Tu, invece?»
«Non mi lamento, tesoro! La nonna mi ha detto dei lavori di ristrutturazione, sai? È un posto bellissimo, mi porta alla mente ricordi di quando ero piccola... sembra passato un secolo! Pensare che finalmente qualcuno tornerà ad abitarla, che voi vivrete lì, non può che rendermi felice» commentò la donna, non facendo nulla per nascondere quel pizzico di emozione che vibrava nella sua voce.
«Celebreremo il matrimonio proprio sulla spiaggia di fronte la villa, non esiste luogo migliore di quello» comunicò Meg, cogliendo la palla al balzo, al che dovette gustarsi l’espressione colpita e sorpresa della madre, che non esitò a mostrare tutta la sua approvazione.
«Merlino, Maggie! È una notizia bellissima, non avreste potuto fare scelta più azzeccata!» esclamò lei, rivolgendo alla figlia un dolce sorriso luminoso. Questa lo ricambiò, ma qualche istante dopo si fece seria e pensierosa.
«Mamma, mi fa piacere che tu sia qui, ma questa storia non mi convince. Sei venuta senza preavviso, un motivo deve pur esserci stato» buttò lì la ragazza, che capì dagli occhi della madre di aver colpito nel segno. Gloria, difatti, non riuscì a reprimere una smorfia contrariata – identica a quella che solitamente faceva la figlia – e sbuffò, scrollando le spalle.
«Credo tu possa immaginare le ragioni della mia visita.»
«Assolutamente no.»
«Farò finta di crederti. La frase “tu e tuo padre non vi rivolgete la parola da un mese” ti dice nulla?» fece la donna, ironica, ma a quel punto i lineamenti del volto di Margaret diventarono improvvisamente più duri.
«Va’ avanti.»
«Quando la smetterete? Non è una bella situazione, anzi è alquanto snervante, e sono certa ne siate entrambi perfettamente consapevoli. Il dramma è che siete troppo simili: troppo testardi, troppo orgogliosi, troppo dannatamente stronzi. Gli faccio lo stesso discorso ogni santo giorno, provo ad ammorbidirlo in ogni modo, ma lui fa finta di non sentire! Penso abbia bisogno di un altro po’ di tempo per metabolizzare tutta questa faccenda, ma io non ce la faccio più a vedervi così… Se solo tu tentassi un riavvicinamento, magari potrebbe sciogliersi un poco» spiegò Gloria, evidentemente esausta nel suo impeccabile autocontrollo.
Margaret, invece, parve punta sul vivo: si immaginò nuovamente mentre avanzava verso l’arco nuziale, il giorno del suo matrimonio, attaccata però a un braccio che non era quello del padre, incapace di accettare che sua figlia fosse ormai cresciuta e che stesse per metter su una famiglia tutta sua.
«Mamma, io non ho fatto niente di male per meritare questo. Tu sai meglio di chiunque altro quanto io gli voglia bene, e mi addolora constatare in tal modo come lui non riesca a capirlo e gli attribuisca così poca importanza. Merlino, mi sto per sposare! Dovrebbe condividere questi momenti di felicità con me, darmi dei consigli, aiutarmi nei preparativi, essere presente come te, come Molly e Arthur, come i nonni, come i fratelli di Fred! Si comporta in modo assurdo, sembra un bambino capriccioso!» esclamò Meg, furiosa, mentre il desiderio di lanciare un vaso contro una di quelle dannate finestre cresceva a dismisura.
Sua madre scosse la testa.
«Sei la persona che più ama al mondo, lo sai. Sono sicura che si sia pentito di aver fatto quella scenata, ma non credo ammetterà mai di essere nel torto, o quantomeno non adesso. Devi capirlo, è stata una notizia del tutto inaspettata, io stessa ne sono rimasta sorpresa… Siete ancora molto giovani, chi mai avrebbe potuto pensare che avreste preso una decisione del genere proprio adesso? Se solo tu…»
«Non ci provare, mamma!» la ragazza la interruppe, alzando il tono della voce. «Non provare a giustificarlo, non pensare neanche per sogno di poterci riuscire. È mio padre, ma questo non gli dà il diritto di trattarmi in quel modo, per di più per una cosa così normale come un matrimonio! Non mi pare di aver ucciso nessuno, sai? So che mi vuole bene, ma non è così che si dimostra l’affetto ai propri figli, così come non si ottiene il loro perdono mandando una terza persona a placare i dissapori. Se ha qualcosa da dirmi, sa perfettamente dove trovarmi. Spero di essere stata chiara» concluse, ma, sebbene avesse pensato di potersi liberare di quel peso enorme che le opprimeva lo stomaco, quello sfogo non aveva restituito i risultati sperati. Gloria, invece, aveva appena perso ogni forma di motivazione che, quella stessa mattina, le aveva consigliato di tentare un approccio con la sua unigenita.   
«Trasparente come l’acqua, Margaret» commentò, quindi, alzandosi e afferrando la borsa lasciata sul tavolo. «Devo tornare al Ministero, la mia pausa pranzo sta per finire. Salutami i ragazzi.»
«Senz’altro» mormorò Margaret, affatto entusiasta, mentre la madre si avviava verso la porta che conduceva alle scale. Non appena questa ebbe lasciato l’appartamento, la prima abbandonò la sua sedia e si diresse alla finestra, apprestandosi a osservare con svogliatezza la gente che passeggiava per le strade di Diagon Alley.
Nessuno avrebbe potuto comprendere quanto tutta quella faccenda la stesse snervando, ma soprattutto quanto volesse essere capace di mettere da parte l’orgoglio e andare da suo padre, dirgli che nulla sarebbe cambiato e che lei avrebbe continuato a essere la stessa Margaret che da bambina lo guardava con quegli occhi innamorati tanto simili ai suoi. E invece, sebbene la tentazione di andare contro se stessa si fosse fatta sentire già diverse volte, non riuscì a non dare ascolto alla sua testardaggine e a non assecondare le sue ferme convinzioni.
“Non sono io quella che sguazza nel torto”.
Scosse la testa, infastidita, e chiuse le tende rosse a pois della finestra della cucina: per quel giorno, aveva di meglio da fare che perdersi nei suoi pensieri.
 

***
 
Erano le sette e mezza di sera, e ovviamente Fred era in ritardo. Tanto per cambiare.
Meg, con indosso un tubino bianco e azzurro, era impazientemente seduta sul divano, e fissando insistentemente l’orologio pensava al modo in cui l’avrebbe fatta pagare al suo fidanzato: prima le chiedeva di essere puntuale, e poi il ritardatario era lui; bella coerenza, si disse lei.
Mentre, sbuffando, tamburellava con le dita sulla coscia, la serratura scattò e George fece la sua entrata più o meno trionfale; fu subito seguito da Fred, che sfoggiava un’espressione profondamente colpevole.
«Oh, eccolo: Mister Puntualità! Era ora!» esclamò lei, sarcastica, mentre le sue sopracciglia erano tanto sollevate da rischiare di attaccarsi ai capelli. Lui le sorrise amorevolmente – senza riuscire, però, a corromperla –, quindi filò via il più velocemente possibile per cambiarsi nell’altra stanza, mentre lei scuoteva la testa con rassegnazione.

Quasi cinque minuti dopo, i due fidanzati lasciarono l’appartamento e si Smaterializzarono, riapparendo in una trafficata via londinese. Fred prese per mano Margaret, ancora scocciata.
«Avanti, Maggie, non fare l’offesa» la pregò, rivolgendole il classico sguardo da cucciolo di cane bastonato, al che lei sospirò e rise tra sé.
«Ricordami di regalarti un orologio, eh?» scherzò, allora, scoccandogli un bacio sulla guancia e poggiando la testa sulla sua spalla. Lui sorrise e le passò un braccio attorno alla vita. «Allora, Messere, dove mi porta?»
«Lo vedrà, Madamigelle

Ancora abbracciati, passeggiarono per una mezz’ora fino a un locale dall’aspetto accogliente e familiare, dove decisero di entrare.
Una volta che ebbero preso posto al tavolo e ordinato la cena, i due si guardarono negli occhi e si sorrisero per un lungo istante. Fred le strinse dolcemente la mano e ne baciò il polso, provocandole un lieve tremore lungo il corpo.
«È già passato un anno: il tempo vola, non trovi?» considerò lui, mentre venivano servite loro le prime portate.
«Forse perché stiamo bene insieme» commentò Meg, i cui occhi brillavano allo stesso modo del sorriso. Fred le fece l’occhiolino, poi si sporse sul tavolo fino ad arrivare alle sue labbra e baciarle.
«Che ne dici di una bella serenata?» le disse quando fu tornato seduto in maniera composta. Lei, confusa, strabuzzò gli occhi, ma quando capì ciò che Fred aveva intenzione di fare era ormai troppo tardi.
Difatti, prima che riuscisse a fermarlo, questi si alzò e fece il giro del tavolo per inginocchiarsi accanto alla sua sedia; tra una risata e l’altra, prese a cantare a squarciagola, attirando inevitabilmente l’attenzione dell’intero ristorante, che iniziò a chiedersi cosa stesse succedendo.  
«Fred, alzati! Fred... santo cielo... sta’ zitto. Oh, Fred!» lo implorò Margaret, che tuttavia – seppure rossa come un peperone – non poteva fare a meno di ridere. Il ragazzo si mise in piedi, estremamente divertito, e avvicinò il volto al suo.
«Ti è piaciuta?» le domandò, ridendo ancora. Lei gli strizzò una guancia e gli stampò un bacio sul naso.
«Questa entra immediatamente a far parte della lista di cose che, prima o poi, dovrò farti pagare» gli sussurrò sulle labbra, ancora sorridente. Lui le passò una mano tra i capelli: aveva sentito quella frase così tante volte da non poterla neanche più considerare come una vera minaccia.

Circa un’ora dopo, i due lasciarono il ristorante e decisero di fare una passeggiata in un parco nelle vicinanze. Si sedettero su una panchina e Meg appoggiò il capo sulla spalla di Fred, prima di alzare gli occhi sul suo viso e incontrare quei due fari azzurri che sarebbero stati capaci di illuminare tutto il suo Universo.
«Riesci a pensare alla nostra futura vita da sposati? A cosa cambierà, a cosa rimarrà uguale? Puoi immaginarla?» gli domandò, e nella sua voce era possibile percepire un pizzico di divertimento.
«Assolutamente no, Pasticcino, ed è questo il bello: sarà un’enorme sorpresa» le rispose, sospirando con una vivissima nota di felicità.
Margaret, pensierosa, si strinse ancor di più a lui, poi sollevò lo sguardo per osservare le stelle; sentì un peso formarsi sul suo stomaco e trasmetterle un’incomprensibile angoscia, mentre gli occhi avevano iniziato a inumidirsi e la vista ad annebbiarsi.
«Fred... Ce la faremo?» esordì, dunque, cercando di impedire alla sua stessa voce di incrinarsi. Lui strabuzzò gli occhi e la fissò, perplesso.
«A cosa ti riferisci?»
«Alla guerra, Fred. Cerco di non pensarci, ma a volte è inevitabile, e quando succede... mi assale la paura di perderti, temo che possa accadere qualcosa che ti strappi via da me. Guarda adesso, ad esempio: siamo qui, in un parco della Londra Babbana, e la probabilità che qualcuno ci attacchi da un momento all’altro è tanto elevata che solo al pensiero mi vengono i brividi. Fred, promettimi... promettimi che... Dannazione, non ce la faccio…» confessò la ragazza, la cui voce si ruppe sulle ultime parole, le quali precedettero delle poche lacrime che le rigarono il viso. Lui, sbalordito, la abbracciò all’istante, affondando il viso tra i suoi capelli e respirandone a pieni polmoni il profumo di orchidea.
«Non devi pensarlo, intesi? Non permetterò mai a niente e nessuno di separarci, né tantomeno che ti succeda qualcosa quando ci sono io nei paraggi, chiaro? Noi ci sposeremo, avremo i nostri bei bambini dai capelli rossi e invecchieremo insieme, sommersi da una valanga di nipotini; poi, una mattina di Natale ci ritroveremo davanti al camino del nostro salone e ricorderemo tutto quello che abbiamo combattuto e superato insieme, e a quel punto sorrideremo, perché sapremo che nulla è stato mai tanto forte da riuscire a dividerci, neanche questa stupida guerra. Ce la faremo, Meg. Combatteremo con le unghie e con i denti» le sussurrò Fred all’orecchio, cercando di rassicurarla più che poteva. Immediatamente dopo, le prese il viso tra le mani e le asciugò le guance con i pollici, contemplando per pochi istanti i suoi occhi e il suo sorriso riconoscente; infine, la baciò intensamente, come a voler apporre simbolicamente la propria firma al discorso fatto in precedenza.
«Siamo già due pazzi – come mi hai fatto ben notare tu – a stare qui, da soli, come se nulla fosse... Che ne dici di fare un’altra cosa abbastanza incosciente?»
«Vale a dire?» chiese quindi Margaret, sempre in allarme ogni volta che Fred proponeva qualcosa – fosse questa pericolosa o meno. Lui, allora, si alzò, porgendole la mano; lei la prese, incerta, e lo guardò con fare perplesso, al che egli scoppiò a ridere e scosse la testa.
«Facciamo un salto nel Devon? A casa nostra, avanti! Deve essere bello stare sulla spiaggia di notte, che ne pensi?» propose lui, stavolta euforico. La fidanzata esitò un attimo, titubante, poi chiuse gli occhi e diede in una più che mai solare risata, al che egli capì che aveva accettato.

Si Smaterializzarono, ritrovandosi poi sul sentiero che conduceva a quella che un tempo si chiamava Villa Diana.
Quando furono giunti sulla spiaggia, si buttarono a peso morto sulla sabbia, noncuranti dello stato in cui si sarebbero ritrovati i vestiti una volta che si fossero rialzati.
Entrambi avevano il viso rivolto verso le stelle, quella sera più luminose che mai.
«Come la chiamiamo?» domandò improvvisamente Meg, facendo sobbalzare il fidanzato.
«Cosa? Sei incinta quanto basta per sapere che è femmina e ancora non me l’hai detto?» domandò Fred, sconvolto e un tantino indignato quando sentì che Margaret aveva iniziato a ridere di nuovo. «Ridi? Sì, avanti, continua pure! Immagino deve essere proprio divertente prendere in giro il povero Fred!»
«Stupido, non sono incinta! Parlavo della casa! Ogni villa ha un suo nome, ed è giusto che l’abbia anche la nostra, no?»
«Villa Diana non ti piace?»
«No, dobbiamo sceglierlo noi. Pensa a un nome, Marshmallow
«Be’, solitamente si usano nomi da donna, no? Villa Margaret
«Non pensarci nemmeno, è orribile!»
«Scusa, scusa! Be’... Margaret significa Perla, quindi perché non Villa Perla
«È anche peggio di Villa Margaret, Fred» commentò lei, sconcertata, al che Fred sfoggiò un’espressione fortemente scettica.
«Proponi qualcosa tu, allora, visto che le mie idee fanno così schifo!»
«Ho capito, mi consulterò con qualcuno di molto più creativo di te. Sarà meglio parlarne con Abigail» buttò lì, noncurante, nell’evidente tentativo di pungerlo nell’orgoglio. Fred, invece, fu totalmente distratto da quel nome e non fece caso al resto.
«Abigail? Non mi è nuovo… Rinfrescami la memoria!»
«Mia cugina, Fred. È la figlia più piccola della sorella di mia madre, Regina. Non te la ricordi? Non ci vediamo da un anno e mezzo, adesso stanno in Italia.»
«Certo è però che siete tutti degli emigrati, eh? Voi eravate in Spagna, loro in Italia, tuo zio Nicholas in Germania!» commentò il ragazzo, divertito.
Meg rise nuovamente, poi tornò seria. «Spero riescano a tornare tutti per il matrimonio» disse, pensierosa, accennando dell’amarezza nella voce. Fred le strinse la mano nell’intento di rassicurarla.
«Verranno tutti, stanne certa. È un evento cui non possono mancare.»
«Cercherò di rimanere fiduciosa, promesso. È che Abbie mi manca da morire, non vedo l’ora di rincontrarla! Sei proprio sicuro di non ricordarti di una bambina biondina, con gli occhi grigi? Indossava sempre dei vestitini rosa o lilla e si divertiva a fare tutto il contrario di ciò che le dicevano i miei zii. L’avrai vista migliaia di volte, non puoi averla dimenticata» fece lei, esortando l’altro a sforzare le meningi e a mettere in moto i neuroni. Egli parve rifletterci per un po’ di tempo, fino a quando sul suo volto non si dipinse una luce di netta consapevolezza.
«Abigail Thompson? Quella che ha due fratelli gemelli più grandi?» le chiese, mettendosi seduto.
«Andrew e John, esattamente! Avranno circa ventidue o ventitré anni, mentre Abbie ne ha compiuti diciassette a gennaio. Mi dispiace non essere andata... Fred, ma mi stai ascoltando?! Che stai facendo?» esclamò la ragazza, contrariata, notando che Fred si stava spogliando e guardava le acque calme del mare con discreto interesse.
«Vado a farmi un bagno, c’è troppo caldo per i miei gusti!»
«Ti sei bevuto il cervello, non è così? L’acqua sarà fredda, e per di più non sono passate nemmeno tre ore da quando abbiamo mangiato! Vuoi lasciarmi vedova, per caso?»
«Avanti, Pasticcino, sei quasi peggio di mia madre!» le disse, ammiccando nella sua direzione e lanciandole addosso la biancheria, gesto che la fece diventare viola dalla rabbia.

Lo osservò tuffarsi in mare con una bella espressione corrucciata stampata sul volto, ma non riuscì a trattenere un sorriso di fronte agli infiniti tentativi del ragazzo di corromperla.
«Cosa vedono i miei occhi! Una dolce donzella seduta tutta sola sulla spiaggia! Chi sta aspettando, splendida fanciulla? Che fine ha fatto il suo cavaliere?» provò lui, difatti, agitando le braccia con fare teatrale. Lei tirò la testa all’indietro e osservò il cielo con rassegnazione.
«Sta per morire annegato, probabilmente!»
«Che ne dice, allora, di raggiungere questo pover’uomo?»
«Non ci penso proprio
«Suvvia, Miss Stevens dalla Contea della Collina! Non mi abbandoni!»
«È lei che ha abbandonato me, compagno degenere! Potrebbero rapirmi da un momento all’altro, ma a quanto pare questa è un’eventualità che non la interessa affatto!»
«Non sarebbe colpa mia, Madamigelle: io le ho gentilmente chiesto di raggiungermi e di dilettarsi con il sottoscritto, ma lei ha sgarbatamente rifiutato!»
«Lei non ha mai parlato di diletto, Sir, altrimenti avrei accettato all’istante, mi sembra abbastanza ovvio» ribatté infine Margaret, che ormai non si sorprendeva neanche più delle sue stesse parole. Fred la fissò con meraviglia, aspettando una qualche sua reazione, che d’altra parte non tardò ad arrivare.

Meg, ormai pienamente convinta, si alzò e lasciò scivolare a terra il vestito, poi tolse anche le scarpe e la biancheria intima e – con i fischi e i commenti di approvazione del suo ragazzo di sottofondo – corse più velocemente che poté in acqua, tentando di resistere al freddo.
Fred la raggiunse fino alla riva e, ancora immerso, le avvolse le gambe con le braccia.
«Forza e coraggio! È questione di abitudine, sentirai meno freddo.»
Lei, prendendo per buone le parole del ragazzo, continuò ad avanzare, fino a quando l’acqua fu abbastanza profonda da permetterle di immergere tutto il corpo; così, dopo aver preso un profondo respiro, andò giù di colpo.
Quando, qualche secondo più tardi, la sua testa riemerse, il volto di Fred era a pochi centimetri dal suo e le sorrideva con fare soddisfatto.
«Non è poi così terribile, vedi?» le disse abbracciandola e lasciando che le gambe di lei si avvolgessero attorno alle sue e che le sue braccia si stringessero dietro il suo collo.
«In due non si sta male, proprio no» commentò lei, maliziosa, posandogli un bacio sulla spalla. A quel contatto, il corpo di Fred fu scosso da brividi di piacere.
«Merlino, quanto ti amo» fece lui, iniziando a baciarla.
«Ti amo anch’io» rispose lei, adesso completamente a suo agio tra le sue braccia. Poggiò la fronte contro quella di lui e lasciò che i loro occhi si fondessero: sembravano fatti gli uni per gli altri.
«Non l’abbiamo mai fatto in acqua, vero?» sussurrò Fred sulle sue labbra, tra un morso e un altro.
«Non tenendo conto delle vasche da bagno, giusto?» rispose Meg con allegria. Lui sbuffò e riprese a baciarla con molto più trasporto di prima.
«Giusto» mormorò, non riuscendo a nascondere un largo sorriso.
Entrambi si lasciarono andare alla passione, quella notte più presente e intensa che mai, mentre ogni parte del corpo di uno urlava quasi con disperazione di potersi legare indissolubilmente a ogni singolo centimetro dell’altra, e viceversa.
Quella notte fecero l’amore come mai lo avevano fatto prima, ma coinvolgendo come sempre corpo e anima. Lo fecero anche sulla spiaggia, in compagnia del fruscio del vento che scompigliava dolcemente i loro capelli e faceva rabbrividire la loro pelle, scatenando così in essi il desiderio di restare uniti l’uno all’altra per il maggior tempo possibile, lasciando riposare le loro mani intrecciate sulla sabbia.
Infine, sfiniti, si addormentarono così, facendosi scudo a vicenda, con la consapevolezza di appartenersi che si faceva più forte ogni singolo giorno passato tra le rispettive braccia.


- Angolo dell’autrice

Perfetto, ci mancava solo la febbre... La sfiga mi perseguita in questi giorni! Ma non potevo lasciarvi senza l’aggiornamento! *Informazione gratuita, si comunica che il prossimo capitolo verrà postato sabato 23 marzo. Ma tanto lo sapevate!*
Allora, visto che ieri era l’8 marzo: auguri a tutte noi Donne! Sì, sono femminista, quindi lo scrivo maiuscolo.
Invece “uomini” va minuscolo, perché in quanto tali non meritano considerazione. AHAHAH non sono riuscita a trattenermi, sono cattiva.
Ma dovete capirmi, sono abbastanza abbattuta... non è una cosa normale prendersi una pesantissima cotta per uno dei ragazzi tedeschi (che, dato il colore scuro di occhi e capelli, di tedesco non aveva proprio nulla) arrivati a scuola per lo scambio culturale e dopo una settimana riuscire a dirgli soltanto un misero, banalissimo e schifosissimo “Hello!” (non parlo tedesco, sigh! ç_ç) quando invece avrei voluto dirgli, con tanto di occhi a cuoricino, “I’D LIKE TO BE YOUR DAMNED GUITAR, BABY!” (non solo bello, ma anche chitarrista! L’uomo dei miei sogni è arrivato!), e via dicendo... Assolutamente incantevole... ç___ç
Okay, ma non mi sembra il caso di annoiarvi ancora. :D
Ora: che ne pensate di questo capitolo? Siete liberissimi di dirmi che fa orrido, vi capirei ahahah!
Il titolo è di Jean Josipovici, mentre la canzone è un altro capolavoro dei Beatles, Here, There and Everywhere.
Adesso, ringrazio 
EmmaDiggory15, JeckyCobainLoveLaw93MaryWeasleyMy smile is NiallNosferatuAbbyZakurio_Lucrezia97_ Allie_MalfoybridilepoChiaraColfer95Daniela_97DeaderFranChanMadHatterJoePolloGirl_98valepassion95Waindo18 _LenadAvena_, che hanno inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite, e di nuovo _LenadAvena_JeckyCobainEmmaDiggory15 e MaryWeasley 
che hanno recensito il capitolo precedente!
Se state leggendo quello che sto scrivendo, vuol dire che, nonostante tutto, questa povera esaltata un po’ la sopportate, quindi vi ringrazio ancora una volta! ;)
Vi ricordo nuovamente che le recensioni sono sempre accolte con grande spargimento di amore e dolciumi a vostra scelta.
Love you all,
Jules


- Curiosità:

Da bambina, Meg aveva una cotta per George. Lui non le disse mai che Fred gliel’aveva spifferato.


Ultima revisione: 02.05.2015

 
   
 
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