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Autore: Sophie Hatter    25/09/2007    3 recensioni
Lord Voldemort ha affidato il primo compito importante ad un suo giovane seguace.
Regulus Black si avvia verso la sua missione completamente ignaro di ciò che lo aspetta.
Genere: Sovrannaturale, Mistero, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro, personaggio, Regulus, Black, Regulus, Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota di inizio: nonostante io abbia letto il settimo libro, ci tengo a precisare che questa storia si basa su una speculazione da me sostenuta a prescindere dalla lettura del libro stesso, che faceva parte delle mie teorie già da prima di aprire Deathly

Nota di inizio: nonostante io abbia letto il settimo libro, ci tengo a precisare che questa storia si basa su una speculazione da me sostenuta a prescindere dalla lettura del libro stesso, che faceva parte delle mie teorie già da prima di aprire Deathly Hallows. Dunque, sentitevi liberi di leggere questa storia senza il pericolo di incappare in spoiler, perché non verrà tenuto alcun conto di ciò che è accaduto nel settimo libro. La maggior parte dei riferimenti riguardano Harry Potter e Il Principe Mezzosangue.

Questa fanfiction è stata scritta per partecipare al concorso estivo Storie Inquietanti, indetto da Harriet sul forum di EFP. Non posso certo dire che sia stata un’impresa facile, in quanto per me era la prima volta che sperimentavo questo genere di storia; in più, sono andata a scegliermi un personaggio protagonista e una forma (la scrittura in seconda persona) su cui non avevo mai lavorato prima (sicuramente una campionessa della furbizia). Però la pensata che ho avuto è stata questa, e per fortuna non ho avuto problemi a portarla fino in fondo.

Preciso che il titolo è ripreso da una canzone dei Paradise Lost, la stessa che cito anche in apertura alla fanfiction.

Altra piccola precisazione. Gli spazi nel testo sono voluti. Sono pause o respiri, che mi servono per dare una cadenza al testo.

 

Detto tutto ciò, vi auguro buona lettura.

Jane

 

 

 

 

Marzo 1979

 

 

 

I'm sent for eradication

By whom I cannot know,

But I'm lost without a chance in Hell,

I'm the last one out, I can't avoid this.

Exposed to fire, but I'll burn another way.

A victim of the future, I embrace the tourniquet.

(Paradise Lost, “Isolate”)

 

 

 

Sei stato scelto.

Da Lord Voldemort.

Non è una cosa che ti capita tutti i giorni, Regulus.

 

Ti senti eccitato. È la tua prima missione di una certa importanza, questa, e hai intenzione di svolgerla per bene.

Non farai errori.

 

 

La casa è stata evidentemente abbandonata da parecchio tempo. La pioggia di quel tetro pomeriggio oscuro scroscia con insistenza sopra il tetto scalfito dai colpi del vento, scivola freneticamente nelle grondaie e si riversa sul giardino incolto che ti toccherà attraversare per riuscire ad arrivare alla porta scardinata che ti attende all’ingresso.

 

Ti sporcherai tutti gli stivali di fango, Regulus.

 

Sospiri, rassegnato, solo una lieve smorfia a solcare il tuo volto signorilmente contratto. Devi fartelo entrare in testa. Per Lord Voldemort, questo e altro.

Sai che non puoi più scegliere cosa fare e cosa no.

Sforzarti di recitare sempre la parte del figlio ubbidiente ti è servito ad assuefarti in fretta ad una simile logica.

È solo la tua parte più sconsiderata che scalpita in simili frangenti.

 

 

Vai, Regulus.

 

 

Attraversi il viale calandoti con più energia il cappuccio del mantello da viaggio sulla testa, per poi scostarti una ciocca di capelli umidi dagli occhi. I tuoi piedi affondano nella melma in cui il sentiero si è trasformato e il picchiettio incessante delle gocce d’acqua ti riempie le orecchie, impedendoti quasi di udire il frusciare delle tue vesti appesantite.

 

Ancora poco e sarai all’asciutto, non preoccuparti.

 

I tuoi passi si sforzano di essere sicuri, a dispetto della scivolosità del terreno. Pare che il sole stia per tramontare; il cielo si è tinto d’un bigio più fosco, e la casa sembra essere diventata ancora più buia.

 

Il giardino è davvero in uno stato pietoso, comunque.

Le erbacce hanno invaso tutto il selciato. Un peccato, perché sembrava suggestivo. E a te piacciono le case ben tenute, Regulus. Ma non hai tempo da perdere in futili contemplazioni; hai un compito da svolgere per conto dell’Oscuro Signore, e hai la ferma intenzione di dimostrarti all’altezza delle sue aspettative.

Il tuo timore va di pari passo con la tua determinazione, del resto.

 

Ecco, sei sotto il portico. Sali i gradini, li senti scricchiolare. Sono di legno, marcio probabilmente. Non osi attaccarti al corrimano; di sicuro è ridotto anche peggio. Non sai da quanto questa catapecchia sia stata abbandonata; la persona a cui apparteneva è morta sei mesi fa, uccisa di persona dall’Oscuro Signore.

Particolare di estremo interesse, senza dubbio.

L’Oscuro Signore si scomoda personalmente soltanto per pochi, eccezionali soggetti, che tu sappia.

Per il momento, oltre ai Paciock e ai Potter, questa Dorcas Meadowes è l’unica che tu abbia appreso essere stata cacciata personalmente da Lord Voldemort. Non conosci i dettagli, non sei ancora arrivato così in alto da poterti permettere un simile privilegio, purtroppo; tuttavia, con la missione che ti è stata affidata, è probabile che finirai per scoprirne di più.

Per questo il tuo passo è sicuro e il tuo volto deciso, mentre entri dentro quella casa fatiscente.

 

All’inizio c’è solo il buio, il cigolio acuto dei cardini e il vento che ulula rabbiosamente all’esterno, dopo aver fatto richiudere la porta con un colpo secco che ti fa quasi sobbalzare.

Poi la tua vista comincia ad abituarsi, e comprendi di trovarti in un grande salone semivuoto illuminato dalla scarsa luce proveniente dalle poche finestre non sigillate.

 

 

La fretta di fuggire, forse.

 

 

Cominci a riflettere su quanto debba essere terribile essere braccati da Lord Voldemort in persona mentre compi i primi, esitanti passi nell’ingresso. La tua sicurezza è svanita quasi di colpo di fronte a quel vuoto fatto di mobili coperti da bianchi teli grezzi, con le finestre sigillate da una fuggitiva, con quel corridoio che là in fondo sembra condurre alle scale per il piano di sopra.

 

Avanzi, e uno spiffero gelido ti percorre sinuosamente la nuca.

Volgi lo sguardo attorno, una, due volte, estrai la bacchetta e sussurri Lumos.

Fuori ancora imperversa lo scrosciare dell’acqua.

 

Non ti ha detto che cosa cercare, Regulus.  

Sai soltanto che devi liberarti di tutto ciò che potresti considerare compromettente.

Riguardo l’Oscuro Signore, probabilmente.

Ti sembra tutto molto strano e non credi di aver davvero compreso qualcosa di quella storia, ma prosegui ugualmente.

 

 

Soltanto la tua fedeltà sarà ricompensata.

 

 

Le assi del pavimento scricchiolano. Come i gradini. Di legno marcio. Senti improvvisamente gocciolare, e ti accorgi che il soffitto ha un buco da cui entra l’acqua che infanga il mondo esterno.

È un ticchettio costante che rompe il silenzio come un fastidioso rubinetto che perde, solo più incisivo e amplificato dal vuoto.

 

Un altro soffio d’aria gelida ti induce ad infilare una mano in tasca, mentre l’altra continua ad illuminare il pavimento con quel flebile fascio di luce.

Forse devi cominciare a dare un’occhiata intorno.

 

Ci sono degli scaffali, alla tua destra. Immerso nel suono del pavimento che scricchiola, ti avvicini per esaminarli. Libri, fogli di pergamena, lettere, vasi da fiori, candelabri e statuette di porcellana. Decidi che brucerai tutto il materiale cartaceo; non puoi perdere l’intera nottata ad esaminare pagina per pagina tutta quella piccola biblioteca. Appena la pioggia cesserà, ammucchierai tutto quanto in giardino e accenderai un bel falò, così magari riuscirai a riscaldarti. Il freddo ti sta penetrando nelle ossa, e l’aria è interamente satura di umidità.

 

Il tavolino circolare è completamente vuoto, carico soltanto di polvere. Sollevi i cuscini delle poltrone uno ad uno e ottieni solamente di farti scappare un poderoso starnuto, che sembra rimbombare sinistramente in tutta l’abitazione per poi placarsi e ripiombare nel silenzio. Ti fermi un attimo a scrutare l’oscurità, senza emettere suono. Ricordi con fastidio quando tuo fratello Sirius ti prendeva in giro perché da piccolo avevi paura del buio, prerogativa che ti aveva evitato, fortunatamente, di possedere lo sconsiderato coraggio necessario ad essere Smistato a Grifondoro.

Non ti importa. Sai bene di avere qualità di molto superiori rispetto alla cieca audacia del tuo rinnegato consanguineo, e ormai il suo ricordo ti brucia soltanto un poco.

Per te è come se non esistesse più, dopotutto.

 

L’attaccapanni alla sinistra della porta è carico di mantelli, ma le tasche sono tutte vuote. Ti pulisci con una smorfia le mani impastate di ragnatele; una simile sporcizia non è certo adatta ad uno del tuo rango. Lord Voldemort avrebbe anche potuto mandare Travers o Rosier ad occuparsi di un simile compito, anziché l’unico erede della Casata dei Black; sei certo che se Walburga lo venisse a sapere s’infurierebbe non poco.

 

Peccato che tu non sia nella posizione più adatta per contestare gli ordini dell’Oscuro Signore.

Nessuno lo è.

Nemmeno tua cugina Bellatrix, che tanto si vanta della sua collocazione nella gerarchia dei Mangiamorte.

Poco ti importa anche di lei, ormai. Verrà il giorno in cui giungerà anche per te l’occasione adatta a dimostrare a tutti quanto vali davvero, e allora persino tua cugina ti porterà il rispetto che meriti.

 

La credenza sulla parete di fondo contiene solo un vecchio servizio da tè, perciò ritieni di poter passare a ispezionare il piano di sopra; più prosegui e più ti domandi che cosa Lord Voldemort vuole che tu estrapoli da quella casa, ma per poterlo dire con sicurezza sai di dover prima perlustrare tutte le stanze mancanti.

Conosci l’arte della pazienza, a differenza di tuo fratello Sirius, e non ti poni alcun problema.

Ti avvii verso il corridoio che dà sulla sala d’ingresso con passo sicuro e misurato, guardandoti attentamente intorno e indirizzando con mano ferma il fascio luminoso della bacchetta di fronte a te. L’androne su cui sbuca il corridoio è più illuminato della stanza all’ingresso, e sul fondo vi si affaccia una scala; ha delle grandi finestre, ma al suo interno vi sono solamente un vaso portaombrelli e dei quadri appesi alle pareti. Nulla si muove, lì intorno, soltanto la polvere vortica tumultuosamente illuminata dai fasci di luce che attraversano le finestre.

 

 

È all’improvviso che quel suono ti raggiunge l’orecchio.

Il suono di un pianoforte, limpido, triste e fioco al tempo stesso. Proviene chiaramente dal piano di sopra. Sul momento hai uno scatto, poi ti irrigidisci in un attimo, domandandoti chi diavolo ci possa essere in quella casa a suonare un pianoforte; ti viene in mente che potrebbe semplicemente essere stregato, ma procedi con estrema cautela nonostante i mille pensieri rassicuranti che la tua confidenza in te stesso ti espone razionalmente in sequenza per sedare la tua momentanea agitazione.

 

Una cosa è sicura, e te ne rendi conto, Regulus; devi andare al piano di sopra.

 

È una nenia cupa, quella che senti suonare. Una melodia ipnotica, insinuante, qualcosa che ti attira più di quanto vorresti. Il silenzio della casa ti pesa addosso mentre sali le scale. Sembra che ogni crepa nel muro ti osservi, che ogni lampada pendente dal soffitto tenga d’occhio i tuoi movimenti, pronta ad approfittare della tua prima distrazione. Tieni la bacchetta ben alzata di fronte al viso, preparato a reagire non appena ce ne sia bisogno; non sai che cosa ti troverai davanti, riesci a vedere solo la penombra delle scale e la polvere che vortica illuminata dai fasci di luce provenienti dalle finestre rotte, e più sali più il suono del pianoforte si fa limpido nelle tue orecchie.

I battiti del tuo cuore accelerano irrimediabilmente.

Sai che non devi aver paura, che sei un mago abile e che hai i riflessi pronti, all’occorrenza; ma l’inspiegabilità del fenomeno t’inquieta, e non riesci ad impedire al tuo corpo di reagire.

Senti le pupille dilatarsi e le ginocchia tremare, quando arrivi in cima.

Di scatto ti guardi indietro, giù, preso da un istintivo timore. Potrebbe essere una trappola, e ti rendi conto che devi stare molto attento. Lord Voldemort non aveva previsto tutto questo, ma la proprietaria della casa era una strega, e tu sei solo, lì dentro, solo con la tua bacchetta.

 

O almeno lo speri.

 

Deglutisci ed avanzi, determinato a non farti intimorire da queste sciocchezze, deciso a farla finita una volta per tutte. Il suono triste e ovattato ti guida fino alla seconda stanza sulla sinistra del corridoio del piano di sopra, e ad ogni scricchiolio del pavimento ti maledici e rallenti. La porta è aperta, lo vedi, dà sull’interno. Scorgi già un angolo del locale, ancora un pavimento in legno e un muro bianco e spoglio, il tutto immerso nella penombra. Il tuo cuore, ormai, batte al ritmo flebile e rapido della melodia. Abbassi la bacchetta, stringi i pugni, ti appoggi con la schiena alla parete e poi conti fino a tre, prima di agire.

 

Uno.

 

Due.

 

Tre.

 

Nulla.

 

Lì dentro non c’è assolutamente nessuno, perciò puoi riprendere a respirare. Il pianoforte ha smesso di suonare, come hai posato un piede all’interno della stanza. Non c’è altro, lì dentro; solo quello strumento a coda che, per quanto Babbano, ti è sempre sembrato oggettivamente piuttosto elegante. Ma nient’altro.

 

Decidi di entrare e ti avvicini, lentamente.

 

Il tuo mantello scivola sul pavimento al ritmo dei tuoi passi.

 

Il fruscio per poco non ti fa voltare.

 

Vorresti sederti allo sgabello e sfiorare i tasti d’avorio in preda a pensieri malinconici, ma ti rendi conto che tutto ciò a cui hai assistito finora non è immediatamente spiegabile e comprendi che quel nobile oggetto potrebbe benissimo essere stato maledetto per mettere fuori combattimento gli intrusi non graditi. Un piano piuttosto ben congegnato, senza dubbio. Ma tu sei un Mangiamorte. Non ti farai certo mettere nel sacco da una persona così stolta da schierarsi contro Lord Voldemort.

 

Non hai avuto molta possibilità di scelta, Regulus, e lo sai.

Era con lui, o contro di lui.

E non avresti mai potuto resistergli, se avessi optato per la seconda possibilità. Così come non potranno resistergli il tuo sciocco fratello e i suoi amici. Dicono di essere pronti a dare la vita, ma chi poi, di fronte al momento conclusivo, accetta con totale serenità il suo fato avverso? Chi può trattenersi dal protestare a gran voce nell’attimo in cui tutte le sue speranze future, i suoi progetti e i suoi anni ancora da vivere vengono stroncati con un colpo netto?

 

Nessuno sarebbe felice di andare incontro alla morte.

 

Ancor meno consapevolmente.

 

Perciò tu hai fatto quello che dovevi fare.

Hai scelto. In nome della tua pragmatica razionalità, non di qualche stupido e vanesio ideale.

 

E sarai tu che porterai avanti il buon nome della tua famiglia, non Sirius.

 

Sirius farà la fine del cane con il mero conforto dei suoi pseudo fratelli accanto a sé.

Tu non sarai così, Regulus.

Tu non hai nessuno per cui valga la pena dare la vita.

 

Decidi che è ora di proseguire. Quel pianoforte è riuscito ugualmente a metterti di malumore, anche se ti sei mantenuto a debita distanza. Ti incammini verso la porta, gettandoti un’ultima occhiata alle spalle per controllare che tutto rimanga immobile al suo posto, poi sollevi di nuovo la bacchetta ad illuminarti la via e ti dirigi verso la stanza di fronte a quella del pianoforte, dalla cui porta socchiusa filtra decisamente meno luce.

 

Anche stavolta ti avvicini con circospezione. Anche stavolta trattieni il respiro, mentre la mano sudata quasi ti scivola sulla maniglia. Spalanchi la porta con un colpo secco e illumini freneticamente ogni angolo, dopodiché puoi stare sicuro che anche lì dentro non vi è anima viva.

 

Questa stanza è decisamente più piena delle altre che hai esplorato finora. Ha un tavolo circolare, al centro, delle sedie intorno e sulla sinistra un camino in pietra. Un cassettone sulla destra, una credenza in fondo, un divano di fianco al camino e un comodino di fianco alla porta. E non è grande come le altre, anzi. Per questa volta ti è andata meglio, Regulus.

 

Ti avvicini lentamente al camino. Spazzi elegantemente via le ragnatele con una mano e ti trovi di fronte ad una serie di fotografie incorniciate. Sono tutte completamente prive di vita; soltanto un turbine di foglie secche vortica nell’angolo di un boschetto autunnale che si scorge nella terza da sinistra. Passeggi lentamente davanti a quelle immagini vuote, osservandole con un certo interesse; non hai mai visto verificarsi un fenomeno simile. Sei sempre stato abituato alle fotografie animate, anche se non hai mai amato molto farti ritrarre; il vanesio della famiglia è sempre stato Sirius, con la sua tracotante bellezza, la sua ostentazione ribelle.

Ancora pensi a Sirius, e un po’ ti brucia.

Non lo vorresti.

Ti sembra crudele che la memoria continui a tormentarti, perché tutta quella rabbia che covavi dentro di te quando il suo abbandono si è dimostrato definitivo è soltanto un ricordo umiliante, una manifestazione di una debolezza che non ti puoi più permettere; ora sei grande, Regulus, esegui gli ordini dell’Oscuro Signore, presto i tuoi meriti verranno riconosciuti e non hai certo tempo da perdere in simili elucubrazioni. Perciò, sarà davvero meglio per te che tu ci dia un taglio…

 

 

Un momento.

 

 

Il pizzicore alla nuca aumenta, mentre tieni gli occhi fissi su quell’ultima fotografia nell’angolo destro della mensola.

Fai un passo dopo l’altro, lentamente, per avvicinarti, ed è all’improvviso che lo noti; con il cuore in gola, ti sforzi di mantenere la calma ma hai paura di avvicinarti troppo.

 

Ragiona. Sei abbastanza sicuro che poco fa non ci fosse nessuno riflesso in quello specchio.

 

L’immagine ritrae una stanza, forse una camera da letto. Tutto ciò che l’inquadratura comprende è un muro spoglio, un attaccapanni con dei mantelli logori sulla destra, una cassettiera di legno con un candelabro acceso e un grosso specchio appeso sopra di essa, incrostato di vecchiaia e ormai appannato.

 

Distogli un attimo lo sguardo. Forse ti sei sbagliato.

No, ci hai visto giusto, Regulus: il cuore ti batte più forte e nello specchio è riflessa l’immagine di una donna, inquadrata dal busto in su, un volto magro e incavato incorniciato da capelli crespi.

 

Provi a pensarci. Forse prima l’hai confusa con le ombre riflesse, e non ti sei accorto della sua presenza. Forse non ci hai fatto caso perché eri distratto, forse hai solamente preso un abbaglio.

Eppure la donna ora è lì, nella foto, lo sguardo basso e l’espressione muta.

 

Ti sembra razionalmente ridicolo che qualcuno si faccia fotografare in quel modo, ma hai già sentito il pianoforte suonare da solo e questa potrebbe essere soltanto l’ennesima stranezza.

Fai ancora un altro passo e ora le sei di fronte, immobile, hai quasi paura di respirare per non svelare la tua presenza. Osservi in silenzio i suoi lievi movimenti, sforzandoti di trattenere il fiato.

 

Ma a un certo punto la donna alza il volto e ti guarda fisso negli occhi, con uno sguardo di fuoco che ti fa sobbalzare di colpo. Il tuo respiro accelera e ci metti un attimo a recuperare la calma, mentre il fascio di luce tremola nella tua mano destra.

 

Ti domandi come sia possibile che quel ritratto fotografico abbia avvertito che ti trovavi al suo cospetto, e non riesci a staccare gli occhi di dosso dal suo sguardo nero, da quel volto incavato, da quell’espressione di morte che ti guarda nell’anima.

Sembra passare un’eternità prima che la donna faccia qualcosa, poi la vedi voltarsi lentamente all’indietro e mettersi a sfogliare qualcosa che sembra un grosso libro poggiato su un tavolo, un tavolo che sta davanti a quella che, sullo sfondo, sembra essere la mensola di un caminetto.

 

 

Aspetta.

 

 

Pur avendo quasi paura di staccare gli occhi da quell’immagine, ti volti con circospezione e te lo trovi lì alle spalle, quel mobile, illumini lo specchio con la bacchetta ed esso ti restituisce l’ombra riflessa del tuo volto pallido e contratto in un irreale gioco di somiglianze, ed eccolo lì, tra te e la cassettiera, quel tavolo verso cui la donna si è voltata mentre ti guardava.

Non hai fatto molto caso a tutto questo, prima.

 

Ti avvicini, sei al centro della stanza. I cuscini delle sedie sono completamente tarlati, la polvere ricopre quell’unico, vecchio volume dimenticato sul bordo insieme ad una tazza da tè. Ne osservi la copertina, ormai pienamente coinvolto in ciò che quella casa ti sta svelando; il titolo è illeggibile, così ne sfogli le pagine, con febbrile curiosità. Improvvisamente, il contenuto ti fa pizzicare la nuca. Te ne accorgi. È un libro di magia nera, pieno di incantesimi in grado di far accapponare la pelle a chiunque; la tua fronte si corruga mentre lo osservi, ti domandi che cosa se ne facesse un membro dell’organizzazione che lotta contro il Signore Oscuro di un simile testo, e la paura comincia ad insinuarsi dentro di te. Non capisci che cosa stia succedendo, Regulus, la tua razionalità non ti è d’aiuto e tutto questo potrebbe farti impazzire, se tu non fossi perfettamente in grado di mantenere i nervi saldi.

 

Il controllo di te stesso prima di tutto, Regulus.

Te l’hanno insegnato bene.

E tu hai sempre imparato la lezione con diligenza e applicazione, a differenza di tuo fratello.

 

Respira. Prova a pensare, non fare caso alle atrocità che ti passano sotto gli occhi. La finestra è stata sbarrata e la poca luce che fino a un momento fa filtrava dall’esterno sta lentamente svanendo, insieme al sole che se ne va inghiottito dalle colline all’orizzonte. Puoi soltanto immaginarlo, mentre ascolti ancora il ticchettio incessante e confuso della pioggia. Ora si fa più forte, è uno scroscio continuo, ti invade le orecchie e sembra quasi rimbombare nella stanza, tra poco giungerà il lampo e poi il tuono, improvviso e terribile. Il freddo ti fa sudare e quasi non ti senti più i piedi, ma devi andare avanti, Regulus. Oramai la curiosità è troppa.

 

Le pagine sembrano intrise di gocce di sangue, in certi punti; alcune sono strappate in un angolo con il segno che pare quello di un morso, e le immagini sono soltanto buchi neri, tracce fumanti di teschi confusi sullo sfondo, un ghigno vuoto che perseguita l’immaginazione per poi svanire e lasciare il posto a grida sottili di sottofondo. Non hai mai sfogliato un libro come quello. Non c’è nulla che descriva minuziosamente gli effetti degli incantesimi, soltanto accenni mostruosi che fanno contorcere le viscere. Movimenti di bacchetta e formule sussurrate per riprodurre la morte. Hai sempre nutrito un certo segreto terrore per cose come quelle, Regulus, e mentre il silenzio ti circonda come una cappa di nebbia ti dimentichi che ti sei votato a quel genere di magia, stupefatto e inorridito.

 

Poi torni a riflettere, attentamente, con metodo.

L’Oscuro Signore voleva che tu trovassi questo libro e lo distruggessi, o non è neppure al corrente della sua esistenza? E se così fosse, che ne devi fare, tu, di una simile mostruosità? Che ne devi fare di quella casa? Perché…

 

Ti volti, improvvisamente all’erta, puntando con violenza il fascio di luce della bacchetta sulla fotografia in cui è apparsa la donna. Spalanchi gli occhi di colpo. Ti fissa, terribile, ti squadra da sotto in su, tenendo in mano il libro aperto circa verso la fine. Ne spiana le pagine con una mano, come per lasciare il segno, poi lo richiude e si volta di nuovo a posarlo sul tavolo, tornando a tenere lo sguardo immobile verso il basso.

 

Dev’essere lei. Dorcas Meadowes. La proprietaria della casa. Ti sembra assurdo e incredibile ma qualcosa dentro di te sa che sta cercando di dirti qualcosa attraverso quella foto e quel libro e tutto il resto, e il tuo buonsenso improvvisamente svanisce. Ti sforzi di staccare gli occhi da quella fotografia, ormai del tutto terrorizzato da quello sguardo, assuefatto alla paura che torni a fissarti di nuovo mentre non te ne accorgi. Deglutisci, ti costringi a respirare e ce la fai. Apri il libro alla prima pagina e ci trovi dentro un foglio di pergamena, con la calligrafia minuta di quello che dev’essere stato il bibliotecario.

 

Londra. Data del prestito. Nome. Data indicata per la restituzione.

È evidente che quel libro non è mai tornato al suo posto.

 

Vai in fondo, cercando le pagine più segnate dalla piega di chi ci si è chinato sopra. Ignori i sussurri di morte, ti rendi solamente conto che la pioggia è cessata e che il silenzio ti fa paura, arrivi dove ti sembra di intravedere il calco maggiore sulle pagine e sfogli, febbrile, leggendo gli incantesimi riportati uno per uno.

 

 

Maledizioni. Anatemi. Cose orribili, Regulus.

Lo pensi, e ancora te ne dimentichi.

Che tu sei parte di questo mondo.

Ma cosa ha più importanza per te, Regulus? La purezza del sangue, o il vederlo sgorgare?

 

 

Ci sono delle macchie di inchiostro, lì.

Un’orecchia alla pagina, e delle macchie di inchiostro.

In un punto preciso.

 

L’intestazione della pagina dice Horcrux.

 

Horcrux. Non hai mai sentito nominare quella parola.

 

Il tuo sguardo si risolleva furtivamente dalle pagine, mentre ti accorgi del silenzio spettrale che ti è calato attorno. Scruti con un diffuso tremore la fotografia della donna, ma dopo diversi secondi in cui non osi sbattere le ciglia lei continua a rimanere con gli occhi fissi sul libro, apparentemente intenta a leggere.

Continui a pensare che sia assurdo, ma non hai altre possibilità davanti a te.

Non puoi mollare tutto e andartene da lì. Vorresti, Regulus, e lo sai, quella faccenda sta diventando molto più complicata del previsto; ma poi come faresti a presentarti di nuovo al cospetto dell’Oscuro Signore, sapendo che non hai obbedito ai suoi ordini? Non solo non ne sarebbe contento, ma ti farebbe del male, colpirebbe te e magari anche la tua famiglia soltanto per punirti della tua negligenza. Sai di che cosa è capace l’Oscuro Signore; l’hai visto scatenare tutta la sua fredda collera su alcuni dei tuoi compagni ben più di una volta. Non puoi permetterti di fuggire, e anche se ciò fosse possibile la tua smania di sapere che cosa c’è dietro tutto questo non potrebbe essere placata, lo sai. Vuoi trovare una spiegazione razionale a tutto questo, Regulus. Devi credere che ci sia. Il pianoforte stregato e la fotografia non stanno lì per caso. E anche quel libro. Quell’incantesimo che non hai mai sentito nominare.

 

 

Horcrux.

 

 

Sfogli le pagine all’indietro dopo aver gettato un’altra fugace occhiata alla porta, constatando che ormai il buio ha invaso la casa; arrivi all’apertura di quella sezione del libro, e un sospiro spettrale si innalza dalle pagine, facendoti sobbalzare e gettare il volume sul tavolo.

Sai che è normale, che è incantato. Hai sfogliato altri libri di magia Oscura, mentre eri a Hogwarts, approfittando del tuo incarico di Prefetto per trattenerti in Biblioteca oltre l’orario consentito. Tuttavia ora non riesci a mantenere il controllo sul tuo corpo, e questi scatti prevaricano la tua volontà; ti passi una mano sulla fronte, sotto la frangia ricciuta che te la ricopre, scendendo fino ad accarezzarti la gola mentre cerchi di calmare il respiro. È essenziale che tu mantenga la calma. Qualsiasi cosa ci sia sotto tutto questo lo scoprirai, ma non hai nulla di cui temere.

Quella donna è morta, la casa è vuota.

Non saranno certo una fotografia e un pianoforte a minare il tuo sangue freddo.

 

Leggi bene l’introduzione della sezione, a cui prima avevi riserbato soltanto un’occhiata rapida e distratta. Parte VII. Magia Oscura di livello alto. Quindi, questa faccenda degli Horcrux è qualcosa di veramente terribile.

 

Torni alla pagina precedente, rintracci la macchia d’inchiostro. Il carattere è piccolo, ma tu hai ancora paura di avvicinarti troppo. Avvicini la bacchetta per farti più luce e sforzi la vista, bloccando il respiro, mentre ancora nulla si muove intorno a te.

 

 

Horcrux

 

Si tratta di magia Oscura di livello elevatissimo. La cultura magica ha spesso cercato di occultare l’esistenza di questo tipo di incanto, ritenendolo uno dei più abominevoli mai inventati da mago o strega esistiti. La sua genesi è tuttora incerta, essendo le fonti scarse e spesso di difficile credibilità; c’è chi lo vorrebbe attribuire a Salazar Serpeverde in persona.

Creare un Horcrux è uno dei metodi più efficaci per preservare l’immortalità dell’anima di un mago. Una volta creato un Horcrux, l’anima si scinde in due parti, e il mago o la strega non può essere annientato totalmente finché non vengono distrutte tutte le parti della sua anima.

Il primo e fondamentale passo per creare un Horcrux è compiere un omicidio, cosa che ha comportato, nel corso dei secoli, la denuncia, l’attacco e il bando di tale incanto. È l’omicidio a rendere possibile la scissione dell’anima. In seguito al complesso rituale sotto elencato, la parte di anima scissa viene confinata in un oggetto predestinato, oggetto che sarà possibile distruggere solo tramite incantesimi particolari e poco noti ai più. La procedura per creare un Horcrux richiede grande padronanza della magia Oscura e totale mancanza di scrupoli nei confronti della vita altrui.

 

 

 

Sollevi lo sguardo, mentre un brivido ti percuote.

La stanza è diventata nera come la pece.

 

 

Non vuoi sapere come si fa, Regulus. Provi una strana e spaventosa confusione di fronte a ciò che sta sotto i tuoi occhi, ma non desideri proseguire oltre. Non capisci perché debba essere importante sapere tutto questo. Non lo sai, non lo vuoi sapere e non vuoi più perdere tempo in quella casa fatiscente.

 

Richiudi il libro con un tonfo, e quello esala un gemito spettrale. Quando ogni rumore cessa, torni a fissare la mensola del caminetto. Dorcas Meadowes è scomparsa dalla fotografia.

 

Improvvisamente, però, ti rendi conto che un’altra di esse si è improvvisamente animata. Ti alzi dalla sedia facendo stridere le gambe contro il pavimento e ti avvicini sollevando la bacchetta, ad occhi sgranati. Dove prima non c’era altro che una sala comune di Hogwarts vuota, ora sta una piccola folla di ragazzi quasi immobili.

 

È Serpeverde. La sala comune di Serpeverde. Non è esattamente come la ricordi, ma le sembianze sono le stesse. I volti sono seri, d’altri tempi. Acconciature cotonate per le ragazze, scriminatura severa per i maschi. Dev’essere vecchia di molti anni.

 

Mentre i tuoi occhi si abituano lentamente al buio, fai qualche passo avanti per osservare meglio quelle facce compunte. Una di loro sembra la tua Dorcas Meadowes. Lo stesso viso spigoloso e appuntito, gli stessi capelli crespi, lo sguardo basso. Speri che non si alzi a guardarti. Gli altri non li riconosci, non hai idea di chi siano. No, un momento, forse lo sai. Uno di loro ti ricorda molto Rabastan Lestrange. Un altro sembra un Marcus Avery molto più giovane di com’è ora.

Un altro ancora ti fissa con uno strano sorriso sulle labbra e uno sguardo sinistramente ammaliante, anche se potresti giurare di non averlo mai visto in giro.

Eppure, qualcosa di lui ti suona decisamente familiare.

 

L’immagine ti attrae. Non hai più la forza di andartene. Ti chini maggiormente su di essa, sollevi una mano e la sollevi dalla mensola polverosa.

 

Un attimo dopo uno strappo allo stomaco ti coglie totalmente impreparato, e tutto intorno a te prende a vorticare furiosamente.

 

   
 
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