Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Sophie Hatter    27/09/2007    1 recensioni
Lord Voldemort ha affidato il primo compito importante ad un suo giovane seguace.
Regulus Black si avvia verso la sua missione completamente ignaro di ciò che lo aspetta.
Genere: Sovrannaturale, Mistero, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro, personaggio, Regulus, Black, Regulus, Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nota dell’autrice: ringrazio molto SakiJune e FireAngel per le recensioni positive, ne sono davvero molto onorata

Nota dell’autrice: ringrazio molto SakiJune e FireAngel per le recensioni positive, ne sono davvero molto onorata. La storia prosegue con la seconda parte. Buona lettura.

 

 

 

 

Solo dopo diversi secondi i tuoi piedi toccano di nuovo terra.

Buio, intorno a te, buio e nebbia.

 

Non capisci dove ti trovi.

 

La pioggia scroscia insistente sopra la tua testa, ti guardi intorno voltandoti freneticamente da una parte all’altra. Intravedi delle sagome immobili intorno a te, luci di candela, cipressi neri poco lontano.

 

Un cimitero.

Sei in un cimitero.

 

I tuoi occhi si spalancano per l’orrore, mentre osservi una ad una le lapidi che ti stanno intorno.

 

Nomi sconosciuti, ceri accesi, fiori fradici d’acqua.

 

Siepi che circondano i viali.

 

È notte, e lì dentro non c’è nessuno.

 

 

Dove sei finito, Regulus?

 

 

Ansimi, mentre ti scosti i capelli bagnati dalla fronte. Impazzirai, ormai ne sei certo. Cosa ti sta succedendo, perché proprio a te? Perché quella Passaporta ti ha catapultato in un cimitero? Che vuole quella donna da te?

 

Getti via la fotografia. Nel fango. Non ti interessa. Che vada al diavolo.

 

Ne osservi i resti scomposti sparsi sulla ghiaia.

 

 

Sembra che ci sia qualcosa di strano.

 

 

Ti chini a terra, le tue ciglia grondano acqua, raccatti quel pezzo di pergamena che stava incastrato nella cornice, dietro la fotografia, e quella specie di ciondolo a forma di croce argentata. Fai luce con la bacchetta mentre ti rialzi, le ginocchia quasi ti cedono, quello che leggi sul foglio di pergamena è piuttosto chiaro. La calligrafia è giovanile, stretta e ordinata.

Ti proteggi con il mantello per evitare che l’acqua lavi via l’inchiostro.

 

Anno scolastico 1944/45

 

Da sinistra a destra:

 

Wilelmina Davies, io, Laura Burke, Rabastan Lestrange, Antonin Dolohov, Tom Riddle, Marcus Avery, Simon Pucey.

 

 

Tom Riddle.

 

Il ragazzo con il sorriso ammaliante, sinistro, quello che ti sembrava familiare.

 

Sai che quello era il vero nome dell’Oscuro Signore.

 

 

Probabilmente lui si sarebbe infuriato molto se avesse saputo che tu ne eri a conoscenza, ma non eri stato tu a compiere ricerche di tua iniziativa o ad intrometterti in affari che non ti riguardano.

Te l’aveva detto Albus Silente, una volta.

 

Quando ancora eri a Hogwarts, ti aveva convocato nel suo ufficio. Quel periodo lo ricordi bene, ti stavi preparando per il tuo imminente ingresso nella cerchia dei Mangiamorte. Tua madre e tuo padre ti avevano spronato a farlo, ad unirti all’Oscuro Signore, perché solo così la vostra famiglia avrebbe potuto conservare intatti i suoi antichi privilegi di sangue. Tu eri la loro unica speranza, dopo che Sirius vi aveva così vergognosamente abbandonati.

 

In realtà, altre motivazioni ti hanno spinto ad abbracciare la causa di Lord Voldemort in maniera molto più influente rispetto alle preoccupazioni per la tua Casata. Sirius si era definitivamente allontanato da voi e aveva trascorso un’altra estate a casa dei Potter, per poi tornare a scuola e vantarsi continuamente in tua presenza del fatto di aver trovato una famiglia normale che gli voleva bene per ciò che era; tu hai cominciato ad odiarlo, a giurare e spergiurare che mai saresti diventato come lui; alcuni dei tuoi compagni di Casa, come Severus Piton, Adam Wilkes, Evan Rosier, John Mulciber, avevano iniziato ad avvicinarsi a te, a smettere di storcere sottilmente la bocca quando ti parlavano perché eri il fratello di un reietto, a proporti un efficace metodo di riscatto della tua persona.

 

Poi, Albus Silente ti aveva convocato nel suo ufficio. Apparentemente senza nessun motivo.

 

Ti raccontò la storia dell’Oscuro Signore.

Tom Riddle.

Di come si fosse lasciato pervadere dall’odio e si fosse votato ad una causa di morte, di come non avesse mai amato né fosse riuscito a farsi amare.

Ricordi di essere rimasto piuttosto confuso nel sentire Silente parlare di Lord Voldemort in quei termini così umani, quando tutti lo temevano e nemmeno osavano pronunciare il suo nome, ma anche allora avevi capito di non avere scelta. Ascoltavi di continuo le fredde discussioni dei tuoi genitori riguardo a Sirius, quando eri a casa, il modo bieco e privo di pietà con cui parlavano di lui. Tu volevi essere il loro orgoglio. Il loro motivo di vanto. Segretamente hai sempre saputo di essere più debole di Sirius; meno coraggioso, meno pronto a rischiare. Ma poi è arrivata la tua opportunità. Quella di essere il figlio prediletto. Proprio dove Sirius aveva fallito.

 

 

Dunque, Dorcas Meadowes era una Serpeverde.

Ti sembra assurdo, o quantomeno anomalo; Serpeverde era la Casa dell’Oscuro Signore, e lei si era schierata contro di lui, morendo di sua mano.

 

Infili quel pezzo di pergamena e quel ciondolo nella tasca del mantello, poi ti rimetti in piedi e ti guardi intorno.

 

Sei costretto a non far mai smettere di vagare lo sguardo; hai paura, Regulus. Paura che qualcosa salti fuori da quelle tombe. Ti vergogni ad ammetterlo, ma è così. Non ami i morti, non ami nemmeno i cimiteri. Hai visto alcuni tuoi compagni Mangiamorte resuscitare dei cadaveri, ed è stato orribile. E ora, quella stramaledetta Passaporta di cui non avevi certo previsto l’esistenza ti ha condotto direttamente lì.

In mezzo a file di lapidi. Tremante per il freddo e grondante d’acqua.

 

 

Ci dev’essere un motivo se sei lì, Regulus.

 

Sicuramente ci dev’essere.

 

Finora, tutto ciò con cui sei venuto a contatto in quella casa aveva una consequenzialità, se non un senso. Dovevi scoprire degli Horcrux. Dovevi sapere che Dorcas Meadowes aveva conosciuto Tom Riddle.

 

Dev’essere stata lei stessa a predisporre tutto quanto. Prima di morire, evidentemente. Forse si aspettava che fosse qualcun altro ad entrare in casa sua, non un Mangiamorte, ad ogni modo. Tutto deve essere connesso, in qualche maniera. E ormai sta a te rimettere insieme i pezzi, Regulus. Non hai la forza di mollare tutto e andartene.

 

Rifletti. C’è qualcosa, lì dentro, che devi cercare. Il pezzo mancante che ti può essere d’aiuto per comprendere. Si tratta soltanto di…

 

 

Eccola.

La cosa che cercavi.

Proprio lì, davanti a te.

 

 

Un tuono squassa improvvisamente il cielo illuminando momentaneamente di una luce spettrale il cimitero, e in tutta la chiarezza del lampo leggi il nome scolpito sulla parete di quella cripta.

 

Meadowes.

 

La tomba di famiglia, in cui troverai le risposte.

 

Stringendo il pugno sulla bacchetta recuperi la calma in un sospiro, sussurri Alohomora di fronte al pesante portone ritrovando la sicurezza nella tua voce e a testa alta ti avvii verso le scale che portano al sotterraneo. Ti fai avanti con circospezione, ogni tuo passo rimbomba. Non è come il pavimento della casa; questo è in pietra, fredda, scivolosa per l’acqua che i tuoi stivali vi hanno trascinato dentro. Intravedi la luce dei ceri, in fondo. Il silenzio dell’interno ti fa rabbrividire, in confronto al rumore dell’acqua che scroscia alle tue spalle. Ti guardi indietro, soltanto una volta, per vedere il cielo squassato da un lampo che scompare dietro di te.

 

Ti fai ancora luce con la bacchetta, ma per te non sarà mai abbastanza. Hai bisogno di vedere con chiarezza ciò che ti sta intorno, mentre quelle scale sono soltanto buie.

 

La porta sbatte violentemente, dietro di te.

Ti fa sobbalzare.

Scendi le scale aderendo con la schiena alla parete, pronto a lanciare un incantesimo contro chi si parerà sull’ingresso della cripta.

Ma evidentemente era soltanto il vento che senti fischiare là fuori.

 

Allontani di nuovo una ciocca di capelli bagnati dagli occhi. Scendi gli ultimi gradini, ormai la porta è fuori dalla tua visuale. Qualcosa in meno di cui preoccuparsi. Fai luce sui loculi all’interno, diverse generazioni sono sepolte lì. L’odore di chiuso ti dà la nausea, ma ormai ci sei. Devi avere le risposte. È lì che tutti gli indizi conducono.

 

La tomba di Dorcas Meadowes è l’ultima sul fondo. Ti guardi intorno, cercando un suggerimento per la prossima mossa, ma lì non c’è assolutamente nulla. Solo quella dannata nicchia contenente le ceneri del fantasma che ha deciso di perseguitarti. E se ci fosse andato Rosier o Travers, a perquisire casa sua, che accidenti sarebbe successo? Non avresti mai saputo nulla di tutto questo, lo sai per certo. Loro si sarebbero limitati ad incendiare la casa e ad osservarla bruciare. Tu invece hai voluto scavare nei segreti di una morta, perché, Regulus?

 

Oh, lo sai. Perché è lei che l’ha voluto.

 

Hai sempre fatto ciò che gli altri ti hanno ordinato di fare, Regulus. Ti sei unito ai Mangiamorte come i tuoi genitori hanno voluto, sei andato in quella casa come Lord Voldemort ti ha comandato. Sei stato cresciuto così. È una reazione automatica, per te, per l’educazione a cui sei stato sottoposto. Quando qualcuno più potente di te ti affida un compito, tu lo porti a termine. E ora, Regulus? Stai prendendo ordini da una donna che combatteva dalla parte opposta, te ne rendi conto?

 

Ma è più forte di te.

L’hai capito sin dall’inizio.

 

È lei che ti comanda.

 

 

Ti senti segretamente in colpa per quello che stai per fare, senti ancora il rumore della pioggia e puoi soltanto pregare che nessuno ti scopra, ma alla fine lo fai.

 

Diffindo!”

 

La copertura del loculo esplode in mille pezzi.

Ti proteggi il volto con un braccio, per evitare di essere colpito.

Poi ti avvicini, lentamente, e osservi con il volto contratto il contenuto della nicchia.

 

Una delle due urne contiene le ceneri di Dorcas Meadowes, com’è inciso sul coperchio. L’altra non reca alcuna iscrizione. La estrai lentamente, con attenzione, poi con un colpo di bacchetta risistemi la tomba violata. Non è colpa tua, del resto. È stata lei ad architettare tutto questo. Puoi solo immaginare come sarà sembrato strano, a chi ha ritrovato il suo testamento, leggere che voleva essere sepolta insieme a quel vaso d’argento.

 

Anche ora che tremi dal freddo e senti l’umidità colarti sotto i vestiti, si tratta soltanto di rimettere insieme i pezzi mancanti.

 

Ed è ora che tiri fuori dalla tasca il ciondolo a forma di croce.

 

Horcrux. Tutto è collegato.

 

 

Ti basta rigirare il vaso tra le mani mentre tieni ancora la bacchetta puntata a farti luce per trovare ciò che stai cercando.

È un’incisione scavata nella superficie, esattamente la forma giusta.

 

Inserisci il ciondolo, come se fosse la chiave di una serratura.

Mormori “Horcrux” a bassa voce.

 

È sufficiente.

Il vaso si apre.

 

 

Il suo contenuto è argenteo come il materiale di cui è fatto. Liquido, denso, non hai bisogno d’altro per capire di che cosa si tratta.

 

Lei vuole che tu veda.

È questa la chiave.

 

Ti chini sulla superficie del vaso e ti sembra di intravedere la Sala Grande, laggiù. Gli studenti ne affollano i tavoli, alcuni attendono in piedi, titubanti…

 

 

Ti chini maggiormente e vieni risucchiato all’interno di quei ricordi.

 

 

 

***

 

I ragazzi al centro della Sala sono in attesa di essere Smistati. È il primo di settembre di molti anni fa, una sera buia e grigia, ingannata dal finto cielo del soffitto. È un professore che non conosci a svolgere il compito che al tuo primo anno a Hogwarts era affidato alla McGranitt, quello di reggere il Cappello Parlante di fianco al famigerato sgabello con un foglio di pergamena nell’altra mano.

Dorcas Meadowes è in disparte, avvolta nel suo mantello. Fissa la Sala Grande con uno sguardo da adulta, che non si addice per nulla alla sua giovane età. Prima di lei sono in tanti ad essere chiamati. Poi viene il suo turno, subito dopo Lestrange, Rabastan. Il Cappello Parlante rimane sulla sua testa per diversi minuti.

Serpeverde!” è il grido finale.

Dorcas Meadowes raggiunge il tavolo, ed è solo poco dopo che a loro si aggiunge un giovane di bell’aspetto. “Riddle, Tom” aveva appena chiamato il professore. Non aveva dovuto attendere troppo per trovare il suo posto.

 

 

***

 

L’ambientazione cambia. Dorcas ora è seduta intorno ad un tavolino rotondo insieme ad altre cinque o sei persone, direttamente posta sotto lo sguardo penetrante di un professor Slughorn ancora biondo. Si lascia scrutare come se niente fosse, fissando il bordo della tovaglia, attendendo in paziente e rispettoso silenzio.

Meadowes, giusto? Tua madre è per caso Miranda Yaxley? Avevo sentito dire che si fosse sposata con un certo Meadowes, sì, me n’era giunta notizia… diversi anni fa, già…”

Dorcas attende pazientemente che il professore finisca di parlare. Poi riunisce le mani in grembo e annuisce.

“La notizia era esatta. Miranda Yaxley è mia madre”.

“Oh, bene, bene. Ho frequentato Hogwarts con lei. Molto dotata. È ancora iscritta al circolo dei Pozionisti di Manchester? Io ho dovuto abbandonare da quando mi hanno chiamato ad insegnare, troppo poco tempo libero, eh, sì…”

Dorcas non risponde, lascia parlare il professor Slughorn e lo osserva perdersi nei suoi ricordi di gioventù. Si guarda intorno e sospira, quasi impercettibilmente.

Gli altri ragazzi che le stanno intorno continuano a sorridere.

 

 

***

 

Ora è la sala comune di Serpeverde. Il gruppo di ragazzi dello Smistamento sembra più grande, devono essere al terzo o quarto anno. Tutti seduti in semicerchio attorno al fuoco, su poltrone e divani verdi con rifiniture argentate.

È Tom Riddle che conduce la conversazione. Molti dei ragazzi lo osservano con sguardi carichi di stima e di lode.

“Oh, io credo che Grindelwald sia un gran mago. Uno dei più grandi mai visti. È stato dotato di poteri assai grandi, e di idee illuminate. Ha tutta la mia più sincera… ammirazione”.

Dorcas guarda Tom Riddle con un disprezzo malcelato negli occhi, il volto contratto in una smorfia di rabbia. Si sforza di mantenere il controllo e di non dare nell’occhio, ma a Tom Riddle sembra non sfuggire nulla di ciò che gli succede attorno.

“Qualcosa non va, Dorcas?”

Suona gentile, comprensivo, quasi accorato. Dorcas recupera la sua espressione muta e solleva lo sguardo su Riddle, sfoggiando un lieve sorriso gelido.

“Assolutamente nulla, Tom. Solo, non sono certa di poter condividere la tua ammirazione per Grindelwald”.

 

La guardi, attentamente. Conosci bene quel modo di fare. Il manuale del perfetto Serpeverde, esattamente come te l’hanno insegnato. Se non sei d’accordo con qualcuno dei tuoi compagni di Casa, esprimiti in toni misurati e sottili. È l’etichetta. Le buone maniere.

 

 Tom Riddle lascia svanire a poco a poco il sorriso mellifluo.

“Accetto la tua diversità di vedute, ma ti sarei grato se tu mi chiamassi come abbiamo concordato, Dorcas. Lo preferisco di gran lunga. È un nome dal suono molto più originale”.

Sulla sala comune cala il silenzio. Dorcas contrae lievemente un muscolo sulla guancia. Tiene le mani strette in grembo, mentre distoglie lo sguardo da Tom Riddle; fissa con intensità l’orlo del tappeto come per ammirarne le decorazioni e poi sospira leggermente, tornando a fissare il suo interlocutore.

“Se la cosa è di tuo gradimento… Voldemort” risponde, scandendo attentamente le parole. Sorride, ma è solo apparenza. Le mani sono sempre più strette.

Tom Riddle non dice nulla. Annuisce, abbozza un sorriso compiaciuto e si volge verso Rabastan Lestrange, domandandogli qualcosa a proposito dei suoi cimeli di famiglia.

“Vogliate scusarmi” dice Dorcas con voce sottile, ricevendo in cambio il tacito assenso delle sue compagne. Si alza dalla poltrona con grazia e si dirige verso il dormitorio femminile.

 

Sai che devi seguirla, Regulus. Non sei altro che una presenza nei suoi ricordi, nessuno si accorgerà di te.

 

Dorcas è entrata nella sua stanza. È sola, ma se ne accerta gettandosi un paio di occhiate furtive alle spalle prima di inginocchiarsi di fianco a quello che dev’essere il suo letto. Tira fuori il baule, lo apre e corre con mani tremanti a svolgere un ritaglio della Gazzetta del Profeta conservato dentro un vecchio libro di scuola.

Una lacrima le scende sulla guancia, silenziosamente.

 

Ti senti terribilmente inopportuno, ma lo fai. Ti inginocchi di fianco a lei e sbirci sopra la sua spalla, per leggere la testata di quella pagina di giornale.

 

Thelonius Meadowes e sua moglie Josephine assassinati da Grindelwald

 

Trovati morti ieri notte, erano emigrati in Romania vent’anni fa

 

 

Dunque è questa la ragione per cui Dorcas Meadowes non è certa di poter provare ammirazione per Grindelwald.

 

Questo è il motivo per cui non entrò mai a far parte della stretta cerchia di Lord Voldemort.

 

 

***

 

Di nuovo, un cambio di scenario. Ora c’è l’ufficio di Slughorn a fare da contorno alla scena d’altri tempi. Intorno a lui sono seduti una dozzina di ragazzi, prevalentemente con i colori di Serpeverde indosso. È senza dubbio una delle sue riunioni. Il professore ridacchia sotto i baffi divertito dalle battute sofisticate del giovane Tom Riddle e tutti gli altri accompagnano la scena con sorrisi di partecipazione. Perfino Dorcas finge di farlo.

 

Osservi la scena con un’espressione accigliata. Non sei mai stato uno dei favoriti di Slughorn, nonostante ti sembrasse di non dispiacergli. Sempre per colpa di Sirius, immagini. Severus invece, lui sì che rientrava nelle sue grazie. Ti aveva introdotto ad uno di quei patetici festini, una volta. Da uno dei ricordi precedenti ti è chiaro il motivo per cui Dorcas Meadowes si trova lì, e non fai fatica ad immaginare le ragioni per cui il professore abbia richiesto anche la presenza di Tom Riddle.

 

Quando la riunione finisce, tutti sciamano verso l’uscita discutendo tra loro riguardo ad una relazione da consegnare. Dorcas è l’unica che se ne sta in disparte, senza parlare con nessuno.

Si chiude la porta alle spalle, lentamente, è stata l’ultima ad uscire. Non le dà un colpo abbastanza forte, però. Fa per rimettere mano alla maniglia quando trattiene il respiro e si ferma un attimo ad ascoltare, sentendo una voce giovanile provenire dall’interno.

“Signore, volevo chiederle una cosa”.

Dorcas si ferma, il freddo ottone della maniglia a contatto con la pelle. Rimane lì immobile senza respirare, per diversi istanti.

“Signore, mi chiedevo cosa sa degli… degli Horcrux”.

Si sente soltanto Slughorn borbottare qualcosa a proposito di “roba molto Oscura”, prima che Dorcas si decida a lasciar andare la maniglia e allontanarsi dall’ufficio del professore.

 

***

 

L’ufficio del Preside. È Silente che siede dietro alla cattedra.

“Voglio entrarci” sta dicendo Dorcas, lasciandosi sfuggire una certa trepidazione dalla voce. Silente la osserva con attenzione da dietro gli occhiali a mezzaluna.

“Signore… lei lo sa che non stavo dalla sua parte” mormora poi, in tono più composto, tentando di recuperare il contegno e di farsi valere su un piano più razionale.

“Questo lo so, Dorcas” le risponde il Preside.

“E allora perché non vuole dirmi di sì?”

Silente si porta una mano alla tempia, pensieroso.

“Non credo possa essere la migliore delle opzioni per te in questo momento. Tuo padre è appena morto, e…”

“È stato ucciso! Ucciso dai suoi sgherri, solo perché ha mandato al diavolo il fratello di mia madre… so che lui sta con loro, so che sono stati loro…”

Silente sospira. Dorcas ha il volto contratto dalla rabbia, come quando Riddle ha nominato Grindelwald.

“Ti sei mai domandata perché il Cappello Parlante ti abbia smistata a Serpeverde, Dorcas?”

Lei alza lo sguardo recuperando rapidamente il sangue freddo, non più alterata dalle emozioni.

“Sì, e credo anche di saperlo. Ho sempre ambito alla soddisfazione di una vendetta personale più di qualsiasi altra cosa”.

Silente continua a massaggiarsi la tempia. Il silenzio scandisce i secondi come un invisibile pendolo.

“Mio padre non meritava di morire. E nemmeno i miei nonni”.

“Lo so perfettamente, Dorcas, credimi. Ma anche tu non meriti di morire”.

“Lo farò, se è necessario. Non ho più paura di lui”.

Silente solleva lentamente il suo sguardo penetrante, fissandola diritto negli occhi. Per un attimo, sembra intuire qualcosa che prima non era nell’aria.

“C’è qualcosa che desideri dirmi, Dorcas?”

La donna esita per diversi istanti, stringendosi le mani. Poi sembra smettere di respirare.

“L’ho sentito, una volta, parlare con il professor Slughorn, quando eravamo a scuola. A proposito di qualcosa chiamato Horcrux”.

Il volto di Silente s’incupisce all’istante.

“Sa di che cosa si tratta, signore?”

“Sì, ma è ben lungi da me il divulgare ai miei ex studenti la sostanza di una simile mostruosità”.

“Ritenevo di avere il diritto di saperlo, signore, considerato che sono stata io a…”

“Lo escludo categoricamente, Dorcas”.

 

Ora comprendi perché si sia dovuta recare alla Biblioteca di Magia e Stregoneria di Londra per attingere informazioni a riguardo.

Tutti i tasselli cominciano ad andare al loro posto.

 

“Mi faccia entrare, signore. Vi fornirò tutte le informazioni utili che potrò ricordare. Gliel’ho detto, non ho più paura di lui”.

S’instaura ancora un muto scambio di sguardi della durata di diversi secondi, prima che Silente annuisca di fronte all’espressione determinata della donna.

“Va bene” sospira. “Dorcas Meadowes, da questo giorno fai ufficialmente parte dell’Ordine della Fenice. Ti presenterai stasera al quartier generale per la cerimonia d’iniziazione. L’ubicazione ti sarà comunicata segretamente quando sarai tornata diritto a casa”.

Dorcas esce dall’ufficio del Preside con un silenzioso sorriso sul volto.

 

 

***

 

Tutto sembra essere avvolto da un denso fumo, in quel luogo.

Si sentono volare incantesimi e maledizioni, e sagome in rapido movimento attraversano il campo visivo. Ogni tanto il tonfo di un corpo che cade a terra.

Dorcas Meadowes avanza, la bacchetta levata, con l’espressione ferocemente concentrata di chi sta cercando la sua preda in mezzo al branco.

Eccolo là, Lord Voldemort.

Sta combattendo spietatamente contro i Potter, ed è James che viene colpito all’improvviso dalla Maledizione Cruciatus. Lily getta un grido e corre in suo soccorso. Voldemort ride freddamente e avanza con la bacchetta levata, ma Dorcas non gli impedisce di fare quel passo decisivo che lo porterà a sovrastare i Potter per infliggere loro il colpo di grazia.

Si para nel mezzo e fronteggia il suo avversario senza battere ciglio, quel muscolo sempre contratto sulla guancia.

È faccia a faccia con l’Oscuro Signore, ora.

“Che sorpresa vederti qui… Dorcas” sussurra Voldemort, con un’intonazione sinistra. Lei sorride allo stesso modo.

“Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto rivederti… morto”.

Tra i due ha inizio un duello senza esclusione di colpi. C’è violenza e freddezza, c’è precisione e rapidità. Dorcas colpisce con la rabbia negli occhi, anche se Voldemort è più veloce. Con un colpo particolarmente abile la colpisce alla spalla, facendole schizzare sangue dal braccio e volare via la bacchetta.

Dorcas lo guarda con odio, mantenendo fieramente la sua postura eretta.

“Tu credi che il tuo segreto sia al sicuro… Tom. Fossi in te, starei attento a guardarmi le spalle”.

Il sorriso di Voldemort diventa una smorfia. Alza la bacchetta e fa per colpire, ma l’incantesimo viene improvvisamente deviato da un Sortilegio Scudo eseguito alle spalle di Dorcas contemporaneamente da Lily e James Potter. Nel momento in cui si Smaterializzano, tutto intorno diventa bianco.

 

 

***

 

 

 

 

Stai ansimando, Regulus.

Cerca di calmarti.

 

La serie di ricordi contenuti nel Pensatoio ha avuto fine, e tu sei tornato da dove sei venuto, dalla cripta nel cimitero. Hai visto ciò che dovevi vedere, appreso ciò che dovevi conoscere. Ora il quadro della situazione ti è molto più chiaro di quanto non fosse quando sei entrato qui dentro.

Ora hai tutti gli elementi per giudicare.

 

Eppure, ti sembra di impazzire. Ti porti le mani alla bocca, la nausea di quel luogo ti dà alla testa. Improvvisamente, il buio della cripta ti avvolge da capo a piedi, e tu non sei in grado di tollerarlo, è troppo per te. Vedi ombre ovunque, vuoi soltanto fuggire. Respirando forte corri su per le scale, raggiungi il portone e scappi via, sotto la pioggia, per trovarti nuovamente circondato da lapidi e siepi e tumuli e ceri.

 

L’ululato del vento è diventato terribile.

 

Non ci pensi su una volta di più. Afferri la bacchetta, la agiti e ti Smaterializzi.

 

Via, vuoi soltanto andartene via.

 

 

***

 

 

Ci vuole un attimo perché tu ricompaia di fronte a quella villa maledetta. Quella dove tutto ha avuto inizio, dove l’angoscia di quell’inspiegabile mistero ha iniziato a pervaderti fino a farti perdere il senno a tal punto. Ti sei messo a scavare nel passato di quella donna quando avresti dovuto soltanto distruggere tutto ciò che il suo cadavere si è lasciato alle spalle, non importava di cosa si trattasse. I tuoi ordini non erano questi.

 

Il buio del bosco e della strada deserta sono insopportabili. Il rumore della pioggia attutisce ogni cosa, per quanto ne sai l’Oscuro Signore potrebbe già aver mandato qualcuno a disfarsi di te perché non sei riuscito a portare a termine un compito così banale, in qualunque momento potresti essere attaccato nel cuore di una notte tempestosa e del tuo cadavere non resterebbe traccia alcuna. Non vuoi morire, sai soltanto questo. Tu non sei un fallito, Regulus.

 

Stringi forte la bacchetta mentre corri verso la casa.

 

I tuoi stivali scivolano pericolosamente sul selciato.

 

Il mantello grondante d’acqua ti si appiccica addosso.

 

Raggiungi i gradini del portico e infine l’ingresso, la porta è chiusa come l’avevi lasciata. Te la spranghi violentemente alle spalle con un gesto dettato dal terrore e dalla disperazione.

 

Ora sembra che le pareti ti si chiudano addosso.

 

Non dovevi essere tu a scoprire tutte quelle cose orribili, Regulus. Non eri tu che dovevi lasciarti toccare il cuore dalla storia di Dorcas Meadowes. Tu sei un Mangiamorte fedele agli ordini del tuo padrone, e tutto questo non ha alcun senso. Eppure, lo sai, hai provato pietà per quella donna. Pietà per il suo dolore. Per il suo desiderio di vendetta. Per il suo coraggio, il coraggio che tu non hai mai avuto.

 

Le lacrime iniziano a mischiarsi alla pioggia che ti bagna il volto.

 

“Che cosa vuoi?” mormori, sgomento, accasciandoti sotto un peso invisibile.

“Che cosa vuoi da me?”

 

È mentre ansimi così, che il pianoforte ricomincia a suonare.

 

 

Non vuoi andarci. Non vuoi sapere altro, basta. Con te ha chiuso. Non ti lascerai gabbare un’altra volta dalle sue bieche stregonerie, tu sei un suo nemico e la tua presenza qui non ha alcun senso. Sei tornato per distruggere tutto quanto, per fare sì che nessun altro possa scoprire quanto tu hai scoperto. Voldemort ha creato degli Horcrux, bene, e allora? È stato più furbo di quanto nessuno possa immaginare, ha fatto in modo di preservarsi dalla morte e ora ascenderà al potere senza che nessuno possa essere in grado di fermarlo, non dovresti essere felice per questo? Non dovresti smetterla di tremare, di farti invadere le orecchie dalla melodia fioca che ti giunge all’orecchio dal piano di sopra? Non dovresti gioire e sentire che non avrai mai più paura, perché sotto la sua protezione neppure a te potrà essere fatto del male?

Non era questo che volevano per te?

 

Cerchi di rallentare il respiro, mentre ti stringi spasmodicamente fra le tue stesse braccia.

 

L’unica soluzione che hai è scappare. Ma non ce la fai, Regulus, hai troppa paura di quello che c’è là fuori. Per quanto questa casa ti terrorizzi, lì dentro sei solo. Nessuno verrà a farti del male. Il buio che ti avvolge è soltanto una suggestione.

 

Tuo fratello Sirius ti prenderebbe in giro, se ti vedesse così.

Lui ha sempre saputo qual era la cosa giusta da fare.

E l’ha fatta, abbandonando te e la tua famiglia.

Ha fatto ciò che voleva.

 

“E va bene” mormori. “Va bene”. Le labbra ti tremano. Andrai di sopra.

 

 

Cammini lentamente. Il fascio di luce della tua bacchetta ti illumina scarsamente il percorso. Sali le scale con il volto contratto, guardandoti continuamente ai lati e alle spalle, sopraffatto dalla paura. Che cosa succederà, ora, dopo tutto ciò che è già successo prima? Dove andrai a finire, Regulus? Come puoi saperlo?

 

Di nuovo, intravedi la stanza del pianoforte. La parete spoglia, il pavimento. Rimbombano soltanto i tuoi passi nel vuoto di quel buio pesto.

 

Per caso, entrando e facendo cessare la musica e illuminando ogni angolo della stanza il più in fretta possibile per accertarti che lì dentro non ci sia nessuno, ti accorgi di una cosa che la prima volta non avevi notato.

 

Un gancio appeso alla parete sinistra, poco oltre il pianoforte.

Sopra c’è un panno bianco che sembra coprire qualcosa di molto simile a un quadro.

 

Ti ci porti di fronte con passi incerti.

 

Sollevi la bacchetta con mano tremante e lo scopri di colpo, rivelando il volto spigoloso e severo di Dorcas Meadowes.

 

Lo osservi per qualche secondo in silenzio, scrutando di nuovo nel suo sguardo terribile, che è stato capace di perforarti. Ansimi e poi decidi che sia meglio andare a controllare le stanze mancanti, per poter recuperare la calma e decidere sul da farsi.

 

Hai fatto in tempo ad abbassare lo sguardo per qualche secondo prima di riportarlo sul dipinto e notare che ti sta fissando con un ghigno sul volto.




 

 

 

 

 

Nota: giusto per fornire i credits, le battute pronunciate da Ridde nel quarto flashback di Dorcas Meadowes sono riprese dal capitolo del Principe Mezzosangue, in cui si vede il ricordo di Slughorn (mi rifiuto di chiamarlo Lumacorno, ne aborrisco la traduzione). A tra poco con la conclusione.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Sophie Hatter